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Autore: Acardia17    08/12/2011    13 recensioni
Per la prima volta dopo mesi si tratta di una deduzione logica, l'asterisco vergato a tratto fine in un angolo di pergamena della ricetta di una pozione.
Il mondo sta per finire. Morirai.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
Capitoli:
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Titolo: Le righe tra le piastrelle
Autrice: Acardia17
Beta: Nefene, che amo e amerò sempre, nei secoli dei secoli ♥.
Pairing:Draco/Hermione
Rating: 16+/Arancione
Genere:Guerra, Angst, Introspettivo, Sentimentale
Contoparole: 18.472 (tutti e tre i capitoli)

Note tecniche: (1) La storia è ambientata in un ipotetico futuro (Draco ha ventun anni) in cui la guerra è ancora in corso. Naturalmente questo significa che troverete tanto elementi tratti dal Canon quanto inventati di sana pianta: a me piace fare un po' di pout-pourri ;)
(2) "Le righe tra le piastrelle" nasce in occasione dell'invito a partecipare al "Calendario dell'Avvento" indetto da Fanworld.
(3) La fantastica Stitch-84 ha realizzato una splendida fanart per questa fanfiction: la trovate QUI. Naturalmente, come potete notare, Juniper Fox ne ha tratto alcuni bellissimi banner


Son passati quanti giorni, due? Avevo voglia di pubblicare anche l'ultima parte e mettere la parola "fine" a questa fanfiction. In fondo è nata come one-shot (lunghina, eh?), e la trama è tutta proiettata verso la risoluzione finale.
Grazie a coloro che mi hanno accompagnata in questi giorni, grazie a chi non mi conosceva come autrice ma mi ha seguita comunque, grazie a chi mi ha pubblicizzata in giro per FB.
Buona lettura!






Capitolo terzo









Quando riapre gli occhi si trova ancora all’interno dello schedario, ma non impiega più di qualche istante a comprendere che la stanza che vede attraverso la fessura è l’infermeria del futuro dal quale è venuto.
Spalanca uno sportello, e crolla sdraiato a pancia sotto sul pavimento. I frammenti di mattonella gli pungono la guancia. Stringendo un pugno su una manciata di polvere, si accorge che le mani gli stanno tremando.
É finita. É finita davvero. É finita nel passato, è finita nel suo tempo.
Entro poche ore, forse quella stessa notte, l’incantesimo che mantiene innalzata la barriera attorno all’infermeria collasserà, e le fiamme che stanno inghiottendo perfino la neve là fuori potranno cibarsi anche di lui, così come stavano per fare quando correndo a perdifiato attraverso quel campo si è lanciato al di là della soglia e ha trovato protezione in quella piccola e deserta base nemica, se così può dire un disertore.
Non deve fare altro che aspettare, sdraiato sul pavimento spaccato a pancia sotto, come lo era sul lastricato della via dove ha abbandonato una donna a morire. A faccia in giù su un tombino, pronto per un ingresso trionfale nelle profondità delle fogne.
Il mondo sta per finire. Morirai.
Eppure vuole vivere così tanto. Vuole vivere come Joe, come Wessex, come la Granger.
Vuole vivere come la maledetta Ivette. Anche come Theresa, se necessario.
Vuole…
L’orologio ricomincia a sferragliare.
Draco solleva lo sguardo sulle lancette, traendosi faticosamente in ginocchio. Stanno mulinando all’interno del quadrante, impazzite. Di nuovo.
Quando si fermano, sono le tre.
E lui ha ancora la catenella della Giratempo attorno al collo.





“Tu sei il Cavaliere Senzafortuna?”
Draco sbatte le palpebre, perplesso. Allucinazioni uditive, si dice. Non è la prima volta. Lascia strisciare le mani sul pavimento, riconoscendo in rilievo il bocciolo e i viticci dell’orpello dipinto sulle piastrelle. Niente polvere, niente frammenti.
É di nuovo…
“Io lo so dov’è la Fonte della Buona Sorte.”
Il lumino nel barattolo si accende all’improvviso. Draco sussulta.
Quella voce…
Amy è seduta composta sul suo letto, una mano immersa tra i capelli scompigliati. É girata verso di lui e lo guarda carica di aspettativa, come se fosse ansiosa di vedere comparire una spada tra le mattonelle.
Non è possibile.
Draco si alza in piedi barcollando, aiutandosi con la testiera di un letto.
Non può essere. Se davvero è tornato nel passato, nello stesso passato, Amy dovrebbe stare dormendo insieme agli altri pazienti, sepolta sotto strati e strati di coperte. É un sogno. La sua immaginazione. Entrambi.
“Non mi parli?”
Draco, incredulo, avanza un paio di passi. É davvero Amy, è davvero sveglia.
“Tu dovresti stare dormendo,” mormora, o meglio, gracchia. Sono due giorni che non emette un singolo suono: il rumore della sua stessa voce lo stranisce almeno quanto l’intera situazione.
Amy sbuffa, sistemandosi la larga maglietta di tessuto ospedaliero sulle spalle in un gesto vezzoso. “Ho dormito. Un po’,” risponde, cristallina.
Draco si porta una mano alla fronte, tirandosi indietro i capelli. “No, no. Tu dovresti stare dormendo, perché l’ultima volta…”
Mai cambiare il corso degli eventi e mai farsi vedere. Ha già violato entrambe le regole in un colpo solo, non può lasciare intendere troppo alla bambina.
“É solo un sogno, Amy,” balbetta allora, nella speranza di essere ancora in tempo per sistemare le cose. “Solo un sogno.”
La bimba scoppia a ridere. Draco per poco non impreca, facendole cenno di fare piano. Se la Granger dovesse svegliarsi sarebbe la fine.
“No che non è un sogno,” commenta lei, divertita. “Lo so com’è quando sogno il Cavaliere Senzafortuna.”
“Io non sono il Cavaliere Senzafortuna.”
“Sì, invece.”
“Non ho l’armatura.”
“Ma ce l’hai!”
Draco abbassa lo sguardo sui propri vestiti, corazzati da placche di cuoio e borchie. A ben vedere, potrebbero davvero essere interpretati come un’armatura, anche se non troppo lucente.
“Il Cavaliere di cui parli è Babbano. Io sono un mago.”
Amy pare delusa a quell’affermazione e sprofonda tra i cuscini, preda dello sconforto. Draco se ne sente quasi insultato.
Ma la bambina non impiega molto a riscuotersi. Dopo aver arricciato le labbra con espressione pensosa, fa spallucce e sorride ampiamente. Le manca un dente nell’arcata inferiore. “Non importa. Non sei Babbano e hai il naso tutto viola, ma vai bene lo stesso.”
Draco si tasta il naso dolorante: viola, eh? Non deve avere un aspetto meraviglioso.
Vai bene lo stesso. Paradossale. Il Cavaliere della favola è una specie di Babbeo codardo, credulone e senza poteri magici, ed è lui a cui quella bambina lo associa? Un balsamo per il suo ego.
“Mi serviva di più Altheda però, adesso,” prosegue Amy, assorta.
Allora Altheda corse a raccogliere tutte le erbe che ritenne più adatte, le mescolò nella borraccia di Messer Senzafortuna e versò la pozione nella bocca di Asha. Immediatamente Asha riuscì ad alzarsi. Non solo, ma tutti i sintomi del suo terribile morbo erano spariti.
Altheda
, ricorda Draco. La guaritrice. E Amy si immedesima in Asha.
All’improvviso, l’immagine del corpo della bambina riverso senza vita sul letto si sovrappone a quella di Amy così come lui la vede ora. É abbastanza doloroso da costringerlo a sedersi sul bordo del letto e a sfiorarle una mano.
“Potrei trovare la Fonte della Buona Sorte per te,” bisbiglia, le guance in fiamme. Non è abituato a questo genere di giochi.
Amy annuisce convinta. Ha davvero gli occhi grandi come cucchiai. “Mh mh, dovresti. Ma io lo so già dov’è la Fonte.”
“E dove sarebbe?”
“Là.” La bambina punta il dito verso il lavandino, sorridendo vittoriosa. “Solo che devi aspettare il giorno più lungo. Io non lo so quand’è.”
“Cos’è un soltizio?”
Solstizio. È il momento in cui il sole raggiunge il punto di de… è quando c’è più sole in assoluto o meno sole in assoluto, Amy.”
Deriva da ‘Tizio solo’?”
Draco scaccia il ricordo con un movimento secco del capo.
“Dovresti davvero dormire, sai?”
Amy sbuffa con un broncio colpevole. “Mh mh,” annuisce, rassegnata. “Tu però vieni a cercare la Fonte il giorno più lungo.” Crolla sul cuscino, una mano premuta contro il fianco.
La ferita non si rimargina.
Forse è quello il punto dal quale ha perso tanto sangue da avere bisogno di una trasfusione.
“Ciao, Cavaliere Senzafortuna.”
“Ciao Amy.”
Agli albori dello scontro, Draco portava con sé una borraccia stregata abbastanza grande da consentirgli di bere e di pulirsi viso, ascelle, il minimo indispensabile. Poi perfino quel minuscolo incantesimo era divenuto troppo rischioso.
Altheda corse a raccogliere tutte le erbe che ritenne più adatte, le mescolò nella borraccia di Messer Senzafortuna e versò la pozione nella bocca di Asha.”
Nel ricordare lo svolgimento della favola, non può fare a meno di rimpiangerla.





Trascorre il proprio ventitreesimo tredici dicembre rinchiuso nell’armadio di metallo dell’infermeria, esattamente come il ventiduesimo.
Nonostante tutto, il suo incontro con Amy è l’unico dettaglio davvero fuori posto.
Il signor Jenkins si lamenta allo stesso modo, Ivette chiacchiera allo stesso modo, Theresa piange allo stesso modo.
E la Granger continua a disorientarlo. Lo disorienta mentre per poco non sviene dopo essersi dissanguata per rimpolpare quell’idiota di Jenkins, lo disorienta mentre rassicura Ivette, o mentre medica l’Ardemoniato. Lo disorienta mentre sorride, ride, trattiene una smorfia di dolore, inciampa nei propri stessi piedi e quando Joe glielo chiede risponde che va tutto bene.
Va tutto bene.
É pallida, e ha occhiaie nere quanto lo dev’essere il livido che Amy gli ha visto poco prima sul naso. Di tanto in tanto è scossa dai brividi, nonostante il maglione enorme, la gonna lunga e le calze di lana appartenenti a una certa Molly, che le ha fatto il favore di prestarglieli e che a giudicare dalle apparenze non solo è una balena, ma ha anche un pessimo gusto in fatto di vestiti.
Non si siede mai a riposare, a differenza di Joe, Jack o Wessex.
Non può mangiare una bistecca al sangue per compensare almeno in parte la perdita del proprio, perché non ce n’è più, ma è comunque lei a cucinare, anche se da schifo.
Ha i capelli così spettinati da ricordare quelli di zia Bellatrix, ma pettina quelli della signora Callagher, rimproverando allo stesso tempo anche suo marito, che non ne vuole sapere di rimanere fermo per il bene dei punti di sutura.
E racconta “La Fonte della Buona Sorte” a Amy. Una, due, tre volte. Un’altra e un’altra ancora.
Solo dopo averne ascoltato il finale la sesta volta - Quando il sole scese oltre l'orizzonte, Messer Senzafortuna uscì dall'acqua della Fonte rivestito della gloria del suo trionfo e, con la sua armatura arrugginita, si gettò ai piedi di Amata, che era la donna più gentile e più bella su cui avesse mai posato gli occhi. Fulgido di successo, le chiese la mano e il cuore e Amata, non meno felice di lui, capì di aver trovato l'uomo che li meritava.– Draco si rende conto di aver osservato solo Hermione, quel giorno.





Ma non ti fa paura così, al buio?”
Mi fanno più paura le righe tra le piastrelle.”
Perché mai dovrebbero farti paura le righe tra le piastrelle, Amy?”
Perché stanno sparendo. E quando spariscono loro spariamo anche noi.”
Quando Draco scivola fuori dall’armadio dopo che tutti si sono addormentati, le righe tra le mattonelle sono ancora nitide. Lo saranno ancora anche il mattino dopo, ma Amy sparirà comunque.

I sintomi non combaciano: le macchie sulla pelle, la febbre alta, il cuoio capelluto dolorante, la ferita che non si rimargina… non sono così rari separatamente, ma insieme…

Non sappiamo da quale malattia sia affetta, ma quel che è certo è che accelera durante il sonno. Ha perso troppo sangue e aveva bisogno di una trasfusione, ma ora il mio sangue ha dato nuovo impulso al morbo. Tre ore è il massimo di sonno che le possiamo concedere. Ogni tre ore deve svegliarsi di nuovo, e rimanere sveglia. Deve, Jack, o morirà.

Stupeficium.

Quella notte, Draco non si limita a muovere qualche passo avanti e indietro lungo il corridoio dell’infermeria. Si dirige verso l’alta scaffalatura di libri di Medimagia, il cuore che rimbalza nel petto, e ne apre uno dedicato alle pozioni.
Macchie sulla pelle.
Febbre alta.
Cuoio capelluto dolorante.
Una ferita che non cicatrizza.
Il sangue dà nuovo impulso al morbo.

La Granger ha ragione: non esiste su un manuale una malattia che combini sintomi simili. Quel che la Granger non sa, tuttavia, è che ogni sintomo può essere placato con una diversa pozione, almeno momentaneamente. E che non è necessario recuperarle dall’altra parte del campo di battaglia, con un Pozionista a disposizione nella stessa stanza nella quale sta dormendo ora.
Scorrendo l’indice del volume, segna con una piegolina le pagine che gli interessano, poi si dirige verso la teca in cui sa essere contenute le erbe medicinali. Per quanto riguarda il distillatore, Jenkins ne dovrà fare a meno per qualche ora.





Nello stordimento del sonno, la Granger non si accorge dell’assenza del distillatore accanto a Jenkins, o della parte di trito di Elleboro che Draco ha abbandonato per sbaglio sul pavimento.
Va da Amy, la sveglia, le fa un po’ di solletico per dissipare la stanchezza. La bambina si lamenta e si fa promettere nuove storie, altrimenti non si alzerà. La Granger, nonostante possa, non la minaccia e non le rivela il pericolo che corre nel riaddormentarsi, ma l’accontenta in qualsiasi sua richiesta.
“Ma prima che potessero raggiungerla, incontrarono un ruscello che bloccava loro il passaggio. Nelle profondità dell'acqua limpida una pietra liscia recava le seguenti parole: Datemi il tesoro del vostro passato.”
“Io ho un sacco di tesori,” cinguetta Amy, sfogliando pigramente le pagine del libro che la Granger le ha affidato, non avendone ormai più bisogno. Esattamente come ha fatto anche lo scorso tredici dicembre. Poi, però, aggiunge: “Ho anche un Cavaliere Senzafortuna.”
Draco sussulta all’interno dell’armadio, le ginocchia premute contro il distillatore che ha nascosto con sé.
Messer Senzafortuna.”
“No, lui è proprio un Cavaliere.”
“E dove l’hai lasciato, il tuo cavaliere?”
Amy fa spallucce. “È dentro un armadio.”
Draco sgrana gli occhi, mentre la Granger sorride. “E pensare che io avevo un mostro dentro l’armadio. Sei proprio una bambina fortunata.”
“Devo esserlo io per tutti e due, no?”
“Giusto.”





Le prime tre pozioni che Draco prepara degenerano. Ribollono in modo inquietante, si tingono di nero e lentamente bruciano, brunendosi e raggrumandosi. D’un tratto capisce come mai la cucina della Granger fosse così pessima: quel marchingegno dalla fiamma istantanea – è bastato collegare il filo al muro e premere un bottone per accenderla – sarebbe in grado di mandare in fumo anche una semplicissima Pozione Pepata. Non è possibile regolarlo, non esiste modo di ottenere la giusta temperatura.
Babbani.
Draco impreca in ginocchio sul pavimento, mentre il contenuto delle fiale che ha riempito appena qualche minuto prima impazzisce e diviene inservibile.
Mai cambiare il corso degli eventi.
Pare quasi che sia lo stesso destino a cercare di ostacolarlo.
Osserva la Giratempo crepata appoggiata a terra, poi alza lo sguardo verso l’orologio: non ricorda a che ora è stato svegliato dalle urla di Amy la mattina del quattordici dicembre, ma di sicuro la Granger e gli altri inservienti si sveglieranno presto.
Non ha il tempo di ripreparare tutte le pozioni, e se anche l’Infuso Disurticante che sta bollendo in quella semplice pentola da cucina divenisse pronto in tempo – e non lo diventerà; non è ancora giunto neppure il momento di aggiungere l’Elleboro alla miscela - non sarebbe sufficiente da solo a placare la crisi della bambina.
Ha fallito. E qualsiasi cosa faccia, anche tornando indietro nel tempo più e più volte, non riuscirà mai a distillare tutte quelle pozioni di notte, senza farsi vedere, e sfornito della giusta attrezzatura.
Non può fare niente: anche provandoci, anche rincorrendo il macigno che in quel vicolo, di fronte a quella donna, ha gettato nel pozzo della propria indifferenza, non è stato in grado di salvare nessuno.
«Cuore pavido!» lo accusa la sua favola personale. «Sfodera la tua spada, Cavaliere, e aiutaci a raggiungere la meta!»
Non ha bisogno di trovare la Fonte della Buona Sorte: Amy gli ha già detto dov’è. Eppure, teme che non giungerà mai il giorno più lungo.





Attende le urla sveglio, con la testa china sulle ginocchia. Il primo strillo gli strappa un sussulto: la primissima parola che Amy grida, in preda ai deliri della febbre, è “mamma”.
“La terza, di nome Amata, era stata abbandonata da un uomo che amava caramente e pensava che il suo cuore non ne sarebbe mai guarito. Sperava che la Fonte la sollevasse dal dolore e dalla nostalgia.”
“Anche a me manca tanto la mia mamma.”

Prima che la Granger raggiunga il suo capezzale – la branda stride mentre per la foga di alzarsi in piedi la spinge di lato - Amy fa in tempo a urlarlo altre due volte.
“Amy, Amy, ascoltami!”
Draco non ha il coraggio di guardare. Preme più forte la fronte sulle rotule, la Giratempo stretta nel pugno. Se non fosse un dannato codardo, se non fosse così terrorizzato al pensiero di tornare nel proprio tempo e morire tra le fiamme, l’avrebbe già infilata al collo.
“La febbre è salita.”
Ha paura. Ha quasi più paura in quel momento di quanta ne abbia avuta quando ha temuto che Carrow l’avesse trovato.
Ora, Messer Senzafortuna, come il cavaliere era conosciuto nelle terre fuori dalle mura, si avvide che quelle erano streghe e, poiché egli non possedeva alcun potere magico…”
“’Non possedeva poteri magici’ vuol dire che è un Babbano, vero?”
“Sì. Un Babbano un po’ pauroso.”
“È normale avere paura.”
“Certo che è normale.”

“Un calmante, Joe. Un diavolo di calmante, ORA!”
Contro il pugno chiuso sulla Giratempo, Draco sente la superficie fredda della fiala contenente la pozione che non ha fatto in tempo a ultimare. Sbriciolare la Passiflora, scottare l’Agrifoglio nell’acqua. Dopo averli cosparsi entrambi di polline di Malva, miscelare e sminuzzare. Portare a cottura. Quando l’infuso assume una colorazione dorata, aggiungere l’Elleboro tritato.
“Amy, parlaci. Dicci cosa senti. Dicci dove hai male!”
Non ha fatto in tempo ad aggiungere l’Elleboro.
“Cosa succede? La bambina sta male? Sta male?”
“Fatela tacere!”
Passiflora, Agrifoglio, Malva. Con l’aggiunta dell’Elleboro sono in grado di placare pruriti, orticarie, bruciori.
Senza l’Elleboro…
“UN CALMANTE!”
un calmante. Senza l’Elleboro sono un calmante.
“Amy, Amy ti prego… ti leggerò la storia tutte le volte che vorrai.”
“Faccia qualcosa!”
Draco non si concede il tempo di pensare. Stringe la fiala nel pugno e apre lo sportello con un calcio, precipitandosi fuori dall’armadio.
Ivette grida, Jenkins strilla “Un Mangiamorte!” con quanto fiato ha in corpo.
“È un calmante!” urla, mostrando la fiala dorata. Le crepe sul pavimento si stanno ramificando tra le piastrelle, spezzando il reticolo di righe. La Granger ha sul viso un’espressione sconvolta. Wessex lo guarda come se fosse un Ungaro Spinato parlante. Amy grida, ma non pare averlo neppure notato.
“Lo giuro,” ripete Draco, avanzando verso il letto. Jack, a terra e sanguinante a causa dell’esplosione dell’ampolla del distillatore, gli punta contro la bacchetta che nel precedente passato ha usato per Schiantare la bambina.
Draco tiene la mani sollevate, in vista. “É solo un calmante,” ripete, mentre Amy scoppia nell’ennesima crisi di pianto. “Vi prego.”
“Prova a muovere un passo e sei morto!” gli intima Jack alzandosi faticosamente in piedi, la mano ancora premuta contro il collo.
Vi prego,” supplica lui per l’ennesima volta, gli occhi fissi sul corpicino contratto di Amy. L’aria si sta facendo elettrica attorno al nugolo di lenzuola, i mobili sospesi a mezz’aria stridono contro le pareti.
All’improvviso, la fiala gli viene strappata di mano. La nuvola di capelli della Granger gli sfiorano il viso, mentre si gira e si allontana correndo verso la bambina con la pozione tra le dita, la larga gonna che frusta l’aria a ogni falcata.
Wessex la osserva come si osserva un Patronus: immobile, incapace di proferire verbo. Joe, in ginocchio di fronte al mobiletto nel quale stava frugando alla ricerca dell’infuso che ora Hermione regge nel palmo, si lascia cadere a peso morto sul pavimento.
“Schiantalo!” urla Jenkins in direzione di Jack. “È un bastardo Mangiamorte, schiantalo!”
Ma Draco ha occhi solo per Amy. E per la Granger, che ora la sta tenendo stretta tra le braccia e le sta accostando la fiala alle labbra.
“Per favore,” la sente mormorare. “Per favore, per favore…”
Appena pochi istanti dopo che il liquido dorato ha cominciato a sgorgare nella bocca della piccola, il suo tremore si placa. I mobili sospesi precipitano di nuovo verso il pavimento, fracassandosi a terra e rompendo il silenzio delle grida improvvisamente cessate. L’alone luminoso attorno al letto si disperde, diramandosi nell’aria in una scia di minuscole e innocue scintille.
Amy respira affannosamente tra le braccia della Granger, le guance solcate da grossi rivoli di lacrime, ma il vortice di magia involontaria che l’aveva avvolta si è dissolto.
È viva.
Quando Draco incontra lo sguardo di Hermione, stanno piangendo entrambi.





Il sospiro di sollievo di Wessex si tramuta ben presto in un’espressione risoluta. “Devi portarla a Londra,”esclama rivolto alla Granger, drizzando il comodino rovesciatosi a terra. “Il canale di Smaterializzazione dev’essere pronto, ormai. Stamattina l’acqua del rubinetto era ustionante.”
Hermione non dice nulla, si limita ad annuire e ad avvolgere il corpo di Amy in un lenzuolo. Non smette per un attimo di fissare Draco negli occhi.
“Ha bisogno di cure immediate, quindi VAI,” aggiunge Camice Verde di fronte alla sua esitazione.
Draco la vede alzarsi con urgenza dal letto stringendosi al petto il piccolo bozzo singhiozzante che è ormai diventata Amy, e dirigersi verso il lavandino, il capo ancora voltato indietro verso di lui.
Non appena apre il rubinetto ne emerge un sottile rivolo di fumo identico in tutto e per tutto a quello che Draco ha visto quando l’ha aperto nel proprio tempo.
“Per quanto riguarda te…” sente insinuare Wessex con una mano stretta sulla spalla di Jack, la cui bacchetta è ancora tesa nella sua direzione.
La Granger pronuncia una breve sequela di parole incomprensibili nella bocca del lavandino. D’un tratto, il rivolo di fumo si allarga fino a formare una nebulosa azzurrina e opalescente.
Se l’atmosfera non fosse così tesa, Draco scoppierebbe a ridere.
Il lavandino. La Fonte della Buona Sorte. Il canale di Smaterializzazione protetto.
Attende solo di vedere la Granger e la bambina venire avvolte dalla nebbiolina azzurra, prima di infilarsi la Giratempo al collo e sparire.





L’infermeria non è poi così diversa da come l’ha lasciata nel passato: lunghe crepe percorrono ancora il pavimento, frantumando le mattonelle in frammenti di orpelli aristocratici; diversi mobili sono ancora riversi a terra, così come anche parecchi libri; il lume nel barattolo è ancora spento.
Ma soprattutto, i lampi di energia magica illuminano ancora a giorno la stanza e le fiamme corrodono ancora i bordi delle pareti, sempre meno vivide.
Potrà anche aver salvato la vita di Amy, ma non le ha impedito di avere la crisi che ha messo a soqquadro l’intera infermeria da campo e ha fatto collassare la concentrazione di energia magica nell’aria.
Forse in fondo è un bene: la vita di una bambina è già un enorme cambiamento nel corso degli eventi, senza aggiungere all’elenco anche la sua.
Si lascia scivolare disteso a terra, chiedendosi chi lo raggiungerà per primo, tra Carrow e le fiamme.
La Giratempo si è spezzata. Dopo l’ennesimo viaggio, giace ora nel suo palmo divisa in due pezzi distinti: il vetro aguzzo della clessidra gli punge la pelle.
La polvere, impregnata di magia, si è dispersa nell’aria.
Mentre il fuoco comincia a bruciare lo spigolo delle pareti come se fosse il margine di una pergamena, vorrebbe poter dire di sentirsi in pace, ora. Vorrebbe poter dire di non avere paura.
La verità è che sta tremando dalla testa ai piedi
È normale avere paura.
Respira, si dice sui frammenti di pavimento sgretolato. Respira, si ripete mentre il crepitio sinistro delle fiamme gli sibila dietro le orecchie.
Inspira.
Apre le palpebre sulla distesa di mattonelle al proprio fianco: l’arzigogolato disegno di un fiore blu è raffigurato sulla superficie polverosa di tutte le altre decine di piastrelle che lo circondano e viaggiano sul terreno come rotaie di un treno deragliato. Uno, due, tre… sei petali. Tre tralci, due foglie.
Espira.
Poi, una voce.
“Si può sapere cosa diavolo ci fai lì sdraiato?! Avanti, corri!”
Quando si solleva in ginocchio e alza lo sguardo sulla parete opposta dell’infermeria, il lavandino è avvolto da una nebbiolina azzurra. Immersa in quella strana foschia, c’è Hermione Granger. Ha un piede in bilico sul bordo del lavello, un braccio teso verso di lui. La manica è arrotolata fino al gomito: lascia scoperti grossi lividi scuri.
E Draco corre.
“Così il cavaliere sferragliò negli ultimi raggi del tramonto e si bagnò nella Fonte della Buona Sorte, esterrefatto di essere stato scelto tra centinaia e stordito dalla propria incredibile fortuna.”
Quello dev’essere senza dubbio il suo giorno più lungo.





“La Giratempo che hai usato. Era la mia.”
La Granger si è cambiata d’abiti. Ora indossa un semplice paio di pantaloni scuri e un maglioncino sottile di un fucsia caldo e acceso che le mette in evidenza il seno prosperoso. Draco non può fare a meno di notarlo.
La Giratempo era sua.
Ma certo, ha senso. Se quei pochi giorni gli hanno insegnato qualcosa su quella ragazza, con ogni probabilità deve aver provato a utilizzare la Giratempo per mutare il corso degli eventi che avevano condotto alla morte di Amy, e qualcuno gliel’ha impedito. Forse gliel’ha strappata di mano, gettandola dove Draco l’ha trovata.
Destino ha voluto che sia stato proprio lui a cambiare tutto.
Rimane in silenzio, seduto sul letto di una delle camere al piano di sopra di Grimmauld Place, dove il canale di Smaterializzazione li ha condotti circa tre ore prima.
Da allora è rimasto chiuso in quella stanza. Lui non ha cambi d’abito da indossare, solo la sua divisa.
Hanno trascorso gli ultimi due milioni di minuti – o così è sembrato a Draco – a parlare di quanto accaduto. O meglio, lei a fare domande, e lui a mugugnare risposte dopo lunghi istanti di panico totale.
Poi, all’improvviso, la Granger lo ha abbracciato. “Grazie,” ha mormorato commossa al suo orecchio, mentre lui immergeva il viso in quella nuvola vaporosa di capelli appena lavati e profumati di sciampo.
Ha sentito le placche della sua corazza penetrare fin dentro le ossa, per quanto ha desiderato che scomparissero per godere al meglio del contatto di quel corpo morbido e caldo premuto contro il proprio.
La Granger lo disorienta, si è ripetuto tra sé per l’ennesima volta.





Ha riflettuto a lungo prima di presentarsi al San Mungo, sotto gli sguardi di disapprovazione che serpeggiano fin all’interno della manica della sua giacca e seguono il marchio che gli deturpa il braccio.
Ha avuto parecchio tempo per pensare, mentre percorreva la strada da casa sua all’ospedale a piedi, in un mondo ancora in astinenza dalla magia e per questo nervoso, irrequieto, frastornato.
Ha riflettuto sul corso degli eventi, sul destino, sulla predestinazione. Lungo il percorso si è fermato presso una frontiera postale e ha inviato un gufo ai suoi genitori, agli arresti domiciliari all’interno del Maniero.
A quanto pare sua madre ha salvato la vita a Harry Potter, mentendo al Signore Oscuro - nonostante ci abbia provato, Draco non è in grado di chiamarlo “Voldemort”, non ancora.
Sono trascorsi cinque giorni dal quattordici dicembre, e dalla conclusione dello scontro. Il mondo è finito e ricominciato al tempo stesso: con la magia ancora off limits, Mezzosangue e Nati-Babbani hanno fondato gruppi di educazione domestica in ogni dove, istruendo i Maghi e le Streghe su come fare a meno del mezzo sul quale hanno fatto più affidamento da secoli a questa parte.
Draco deve ammettere che non sempre si è trattato di scoperte spiacevoli, anche se fortunatamente avere a disposizione un Elfo Domestico la cui magia non ha alcuna Traccia ha risolto parecchie delle sue lacune filoBabbane, così come quelle di numerosi altri Maghi i cui pregiudizi sono duri a morire.
Considerato tuttavia che, a parer di Draco, Beedle è l’Elfo Domestico più viziato sulla faccia della Mondo Magico – capita perfino che mangi alla sua stessa tavola, quando si sente di buon umore – le proteste di chi inneggia alla libertà delle bistrattate creature non lo tangono particolarmente. Perfino un’esperta conoscitrice in materia gli ha concesso il suo – temporaneo, sia ben chiaro - benestare.
L’atrio del San Mungo è gremito di persone. Il fiume di gente ansiosa di rivedere i propri cari ristabiliti non si placherà tanto presto: il conteggio delle vittime è giornaliero, enumerare i feriti è una follia alla quale molti hanno rinunciato da tempo.
Draco occhieggia il punto informazione, fronteggiato da una fila i cui ultimi rappresentati hanno strappato il biglietto in quattro e l’hanno contrassegnato con un nuovo numero a penna. Passa oltre, intimidito dal bagno di folla.
Il reparto “malattie rare” è in fondo a una rampa di scale abbastanza lunga da essere scoraggiante: al decimo gradino, Draco considera di affacciarsi soltanto sulla soglia della stanza, al centesimo di voltarsi, inciampare nei propri stessi piedi e ruzzolare lungo la scalinata onde avere una scusa per non tornare a salirla.
Una volta giunto in cima, chiede notizie di Amy a un’infermiera.
“È una bambina, alta così,” balbetta, a disagio. La donna lo guarda con sospetto, valuta il da farsi. D’altronde, con il viso illividito dalla botta sul naso non deve avere un aspetto troppo incoraggiante.
“Venga, la porto alla sua stanza.”
La camera di Amy è la numero tre, in fondo al corridoio. Il suo nome è vergato sullo stipite della porta in bella scrittura.
Quando lo vede, Draco non riesce a credere ai propri occhi.

Amata Kethleen Richards.

Quando il sole scese oltre l'orizzonte, Messer Senzafortuna uscì dall'acqua della Fonte rivestito della gloria del suo trionfo e, con la sua armatura arrugginita, si gettò ai piedi di Amata, che era la donna più gentile e più bella su cui avesse mai posato gli occhi. Fulgido di successo, le chiese la mano e il cuore e Amata, non meno felice di lui, capì di aver trovato l'uomo che li meritava.”
Amata. Amy. La bambina che lo ha insignito dell’onorificenza di Cavalier Senzafortuna porta il nome della sua sposa.
“Non importa. Non sei Babbano e hai il naso tutto viola, ma vai bene lo stesso.”
Una risata sincera e cristallina prorompe dalle labbra di Draco, che si appoggia con la schiena alla parete opposta del corridoio e si infila una mano tra i capelli. L’infermiera gli rivolge uno sguardo di profonda disapprovazione.
D’un tratto, dall’interno della stanza proviene una voce adulta e serena, recitante parole che Draco conosce fin troppo bene.
Le tre streghe e il cavaliere scesero insieme dal colle, a braccetto, e tutti e quattro vissero a lungo felici e contenti, senza mai sapere né sospettare che l'acqua della Fonte non possedeva alcun incantesimo.”
Il timbro squillante di Amy è un fiore sugli aculei di una pianta di cactus. “Di nuovo, mamma, ancora!”
Draco non può fare a meno di sorridere.
“Non entra?” gli chiede l’infermiera, sconcertata.
“No, va bene così,” risponde lui scuotendo il capo, ancora sorridente.
Ripensa al tavolo riservato per quella sera in un locale caldo e accogliente nel centro di Londra, uno che vanta nel proprio menù una grande varietà di ottime zuppe.
Forse non è il caso a un primo appuntamento, ma crede che più tardi si divertirà parecchio a prendere in giro la Granger per la sua pessima cucina.
Mentre si dirige ad ampie falcate verso le scale, riflettendo su cosa possa regalarle a Natale senza sembrare né insistente né presuntuoso, ascolta i propri passi riecheggiare lungo il corridoio.
Sul pavimento, le righe tra le piastrelle sono meravigliosamente nitide.








fine






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