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Autore: Burning    09/12/2011    2 recensioni
Dieci minuti. Questo è il tempo che vi è concesso per prepararvi per la festa più strepitosa dell’anno che si terrà nel locale più famoso della città, questo il tempo per passare da pigiama di flanella a vestiti decenti, da faccia da sonno a sorriso accattivante. Se poi si aggiunge un bell’armadio assassino e un’attitudine a ballare pari a quella di un orango sui tacchi, persino un paio di All Star diventano un’arma letale. Perciò la domanda finale è: se pestare gli uomini -come verrà dimostrato- porta bene, e pestare le cacche porta bene, gli uomini sono cacche..? Forse l’unica risposta è in quel paio di occhi blu cobalto.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 L: Bonsoir, Ally-chan! :)
Alice gettò uno sguardo divertito allo schermo del computer, digitando velocemente sui tasti, un sorriso lezioso e pigro dipinto sulle labbra piene.
A: Buenas noches, senorita Lus :)
Si alzò, a sedere, incrociando le gambe e spostando il portatile dallo stomaco al materasso, aspettando la risposta di Lucia.
L: What are you doing actually?
A: At the moment, I’m having a meeting with my bed. Mmm. I fucking love him. I think that I will ask him to marry me. What do you think about this?
Ridacchiò tra sé pensando allo stupido gioco che facevano di quando in quando.
L: Ok, basta, Ally, mi sono stufata, non ho il cervello in modalità anglicana at the moment xD
A: Che sfighesh di una Lus.
L: Cooomunque, per  quanto riguarda questa unione, sappi che approvo.
A: OMG, mi commuovi!
L: Alice, vuoi sposare questo letto, ed essergli fedele in salute e malattia, in ricchezza e povertà, in estate e in inverno, col piumone e col lenzuolo, finché la sveglia non vi separi?
A: Lo voglio!
L: E tu, letto, vuoi sposare questa cerebrolesa nevrotica, ed esserle fedele in salute e malattia, in ricchezza e in povertà, in estate e in inverno, col piumone e col lenzuolo, finché la sveglia non vi separi?
A: Lo vuole. Non può dirlo di persona dato che non ha un profilo su Facebook, ma lo vuole.
L: Allora il letto può baciare la cerebrolesa. Amen. Andate in pace e siate fecondi.
A: Yuppi!
Alice chiuse la finestra della chat, e si mise a girovagare sulla home. Lucia tardava a rispondere, ma lei non si preoccupò più di tanto: capitava che l’amica partisse per certi viaggi mentali e si ricordasse di risponderle solo dopo qualche millennio.
Ma quella volta la risposta fu diversa.
L: Ehi Ally… che ne dici di andare a ‘Les Pois’? Siamo ancora in tempo :D
Alice ci mise giusto un secondo a capire a cosa si riferiva Lucia, e le scappò un mezzo sorriso.
‘Les  Pois’, la discoteca più bella del paese, in cui, quella sera, si sarebbe tenuta la festa invernale del liceo.
Festa che sarebbe iniziata alle nove.
Gettò un’occhiata alla sveglia di fianco al letto: le otto e mezza.
Grattandosi la nuca, Alice ricapitolò tutti i pro e i contro di una possibile uscita.
‘Vediamo.. cominciamo coi contro: non ho niente da mettermi, non farei in tempo a prepararmi, che ci vado a fare dato che non ci va nessuno che conosco?, i miei non possono ne portarmi, ne venire a prendermi, e.. ah sì, non ho niente da mettermi. Aspetta. Forse questo l’ho già detto. Vabbé. E i pro? Pro, pro… uhm. Passerei una serata diversa dal solito, e… passerei una serata diversa dal solito. Uau. Proprio una scelta ardua.’
Alzò gli occhi al cielo e sorrise, poi posò le dita sulla tastiera e scrisse.
A: Ma certo Lus! Perché no? Tanto manca solo mezz’ora!
Solo poi le venne in mente che, essendo Lucia l’essere con cui stava chattando, avrebbe dovuto specificare che il tono era ironico.
L: Ottimo! Ti passo a prendere tra dieci minuti.
Lucia è off-line.
Alice rimase imbambolata davanti allo schermo, il sorriso pietrificato in volto.
Piano, l’immobilità assoluta venne sostituita da un’espressione di puro orrore, mentre si rendeva conto che, avendo il cellulare fuori gioco, non poteva nemmeno pensare di chiamare Lucia e convincerla a tornare sui propri passi.
<< Oh cazzo! >>
 
Il tempo sembra sempre troppo poco quando devi trasformarti in una ragazza bellissima. Potresti avere due ore a disposizione, o anche tutta una giornata: il tempo non ti basta mai. Eppure, dieci minuti sono veramente pochi.
Alice sfrecciava come una saetta per casa.
La prima tappa fu il bagno. Accese la luce e si guardò attorno con angoscia, gettando occhiate ansiose allo specchio dove il suo riflesso ricambiava il suo sguardo, gioendo e benedicendosi per l’improvvisa decisione pomeridiana di farsi una doccia. Prese una spazzola e iniziò a pettinarsi, mentre l’altra mano tirava fuori il beauty-case, frugava con forza ed estraeva vittoriosa la piccola matita nera e un tubetto di fondotinta.
Guardò l’orologio del cellulare: le otto e trentadue.
Aveva perso due preziosissimi minuti in cazzate!
Prese lo spazzolino e ci versò sopra una quantità industriale di dentifricio alla menta, schizzandolo un po’ ovunque. Poi se lo infilò in bocca e corse verso l’armadio: ora arrivava il dramma.
Aprì le ante continuando a sfregarsi i denti: dentro, il più completo disastro di vestiti ammucchiati gli uni sopra agli altri.
Un monte della sofferenza.
Si lasciò sfuggire un sospiro disperato, poi infilò la mano a caso, e, tastando un po’ ovunque, riuscì a raccattare qualcosa non meglio identificato. Lo tirò fuori velocemente, ma la mancanza improvvisa della base, portò la torre di vestiti a rovinare su se stessa. Un lampo di terrore attraversò gli occhi di Alice, ma un momento prima di venire sepolta, la mano – che tempestivamente  aveva molltato lo spazzolino per aggrapparsi all’anta ancora aperta - si mosse quasi di propria volontà, chiudendo quel luogo di terrore.
Senza nemmeno degnare di uno sguardo il tesoro conquistato a rischio della propria vita, schizzò di nuovo verso il bagno. Dimostrando la mira di un cecchino e l’abilità di un giocatore di pallacanestro, sputò che era a due metri dal lavandino, e centrò – per miracolo – il bersaglio. Si attaccò al rubinetto e, mentre l’acqua fresca correva a sciacquarle la bocca, si tolse i pantaloni del pigiama.
Poi sputò.
Prese altra acqua.
Si tolse la felpa.
E sputò.
Le otto e trentaquattro.
Prese i pantaloni appena conquistati e se li infilò, mugolando improperi quando si accorse che erano dei leggins e che lei odiava i leggins, anche se, dato che aveva le gambe magre, le stavano tutto sommato bene.
Poi prese la maglia, e vide che era a maniche corte, di quelle extra-large da spiaggia. Non fece in tempo a bestemmiare in turco che si vide comparire di fianco una cintura nera, ultima parte del bottino di guerra, e in un attimo ebbe l’intuizione geniale: mise la maglia, e sopra essa, appena sotto il seno,  chiuse la cintura.
Poi si sottopose all’esame dello specchio: i capelli erano meno disastrati, i vestiti decisamente decenti, ma la sua faccia continuava a fare paura.
Si schizzò dell’acqua per svegliarsi, poi, dopo essersi asciugata (le otto e trentacinque!!), osservò il fondotinta, lo soppesò per qualche istante, e alla fine lo infilò nella borsetta senza pensarci: per quella sera, solo matita.
Concluso il veloce make-up erano le otto e trentasei, e lei stava per avere una crisi di nervi.
Prese il profumo e se lo spruzzò in faccia, poi corse verso la scatola con tutti gli orecchini, e afferrò il cerchietto di legno che le aveva regalato Ambra, poi, mentre tentava con una mano di infilarlo e con l’altra di infilare la scarpa – l’altra era tenuta per i lacci tra i denti –,  saltellò fino all’attaccapanni e infilò dentro la borsa nera che avrebbe portato con sé venti euro e il cellulare.
Le otto e trentanove.
Infilò il giubbetto e, appena il tempo di fissarsi i capelli con una molletta, uscì di casa nel momento esatto in cui Lucia suonava il campanello.
Le otto e quaranta.
Che razza di maniaca della puntualità.
La raggiunse in macchina e la salutò con un’occhiata degna di Jack lo Squartatore.
<< Che c’è? >>  si difese quella, accendendo il motore.
<< ‘Ottimo, passo a prenderti tra dieci minuti’ >> la rimbeccò Alice << Lus, io scherzavo. >>
<< E io invece no, ma tanto ormai sei in macchina, no? Andiamo, dobbiamo passare a prendere Chiara.>>
<< Viene anche lei? >>, domandò Alice, smettendo il broncio con un sospiro.
<< Oh sì. Dobbiamo essere da lei tra dieci minuti >>
<< Perché? Lei abita a due passi da qua. >>
<< Perché >>, rispose Lucia lanciandole uno sguardo malefico e uscendo dal vialetto in una retromarcia molto poco ortodossa << le ho appena mandato un messaggio, e voglio darle il tuo stesso tempo per prepararti. Io sono imparziale >>
<< Come un arbitro comprato, Lus >>
 
‘Les Pois’ poteva essere descritto con tre aggettivi: enorme, colorato, rumoroso.
Ma soprattutto enorme.
Alice, Lucia e Chiara trovarono posto immediatamente, dopo aver subìto la ressa all’entrata per appoggiare il cappotto nel guardaroba.
Chiara fu la prima a gettarsi sul divanetto bianco di ottimo gusto e cominciare a muovere le dita al ritmo della musica che risuonava ovunque a millemila decibel.
Però erano solo le dieci e mezza, e nessuno aveva voglia di scendere in pista a quell’ora.
Lucia sgambettò ancheggiando verso il bancone che fungeva da bar, e lasciò alle altre due il tempo di lamentarsi:
<< Spiegami solo perché ci siamo lasciate trascinare qui >> chiese Chiara, ad occhi chiusi.
<< Perché lei è Lus, e un rifiuto avrebbe significato una rappresaglia senza quartiere, che, conoscendo me e te e lei, sarebbe sfociata nella terza guerra mondiale. >>
<< Oh, già. >>
 
La pista cominciò a popolarsi verso le undici e mezza, quando il dj palloso di poco prima venne sostituito da uno veramente geniale, e partì un remix di ‘Dynamite’.
Allora, Lucia trascinò in pista una carica Chiara – carica di alcolici, più che altro – e una recalcitrante Alice.
La musica cambiò, e il dj mise ‘Loca people’, con grande approvazione generale.
Pian piano, anche Alice cominciava a sciogliersi, forse merito del sorso di mojito che aveva fregato a Lucia, e quando partì ‘Don’t wanna go home’ era pronta a dare il meglio di sé.
Che poi il meglio di sé non fosse nemmeno lontanamente guardabile era un dettaglio.
Fu mentre si dimenava al ritmo di ‘Glad you came’ – e con quel titolo, doveva essere una specie di profezia – che il suo piede montò sopra quello di qualcuno con la delicatezza tipica di un elefante.
<< Ommioddio scusa >>, esclamò girandosi verso la vittima, e rimase folgorata.
<< Nulla >>, esclamò il giovane, sfregando la parte lesa sul polpaccio dell’altra gamba e  concedendole un sorriso  delizioso – malizioso, voleva dire malizioso, non delizioso –. << Ma visto che mi hai pestato, come minimo mi sento in diritto di chiederti un favore >>, e questa volta sì, questa volta era malizioso, malizioso al massimo, e Alice da piccola doveva aver bevuto un bicchiere di Pensa-sempre-male, perché anche sta volta si mise sulla difensiva.
<< Del tipo? >>, chiese, continuando a ballicchiare per inerzia.
Non l’aveva mai visto prima, di sicuro non era del liceo, e nemmeno di una delle scuole lì vicino. E di certo l’avrebbe notato, figo com’era: tratti delicati, ma non femminei, anzi, virili al punto giusto, capelli castani spettinati a regola d’arte, fisico da paura e occhi blu cobalto.
Occhi che le osservavano interessati la scollatura, eccheccavolo!
<< Del tipo… verresti con me a prendere del ghiaccio? >>
Maledettissimi occhi, quanto potevano annullare il suo istinto di conservazione?
<< Verrei, sì >>
Oh, a quanto pareva, fin troppo.
 
Alla fine, per qualche motivo che Alice non aveva bene capito, si erano ritrovati a mettere il ghiaccio sulla botta fuori dal locale, al freddo di dicembre, con le stelle come unici testimoni.
E immersi nel silenzio rotto solo dai loro respiri, che si tramutavano in nuvolette di vapore, e…
<< Quindi… tu sei? >>
…e dalla voce della bella vittima.
<< Alice. >> rispose lei, stupita più dal fatto che la voce le fosse uscita sicura che non da quello che aveva ignorato ogni prudenza e rivelato il suo nome ad un estraneo. << Tu invece..? >>
<< Marco >>, disse lui, la voce calda come la brezza estiva. Ad Alice vennero i brividi di freddo.
<< Mi dispiace per averti azzoppato, Marco >> ridacchiò imbarazzata.
<< Ti dirò, a me non più di tanto >>, ma Alice non fece in tempo a chiedergli perché che lui se ne saltò fuori con una domanda talmente azzardata che le fece andare di traverso l’aria. Anche se non era possibile. << Allora, Alice. Sei single? >>
E lei, dopo essersi ripresa, decise di essere il più sincera possibile.
<< No >>, vide il sorriso furbo sulle labbra di Marco – belle labbra, indubbiamente invitanti – scemare, e si affrettò ad aggiungere << Sono sposata >>.
Si accorse solo dopo di quello che aveva detto, e della reazione che aveva provocato.
<< Cos.. Ma quanti anni hai? >>, le domandò Marco, ghignando, mentre gli occhi esprimevano incredulità.
<< Diciassette >>, mormorò lei.
Lui parve pensarci un attimo, poi le si parò davanti con espressione seria e sguardo grave.
<< E da quanto tempo hai diciassette anni? >>
Alice scoppiò a ridere, rilassando i muscoli che aveva involontariamente contratto non appena lui si era avvicinato.
<< Non sono Edward Cullen >>, ci tenne a precisargli << e tu come Bella faresti pena >>
<< Probabile. >>
<< E tu, Mr Swan, quanto sei vecchio? >>
<< Ho diciotto anni, Miss Cullen. Anzi, Mrs Cullen. Quindi sei sposata? >>
<< Esatto. Mi sono sposata oggi. Una mia amica ha fatto da parroco, e io ho promesso eterno amore al mio letto >>
Toccò a Marco scoppiare a ridere.
<< Sai che mi hai fatto prendere un colpo? >>
<< Ma va là, sei ancora vivo. Questo può voler dire che in realtà, tra noi due, la parte del bel vampiro tenebroso tocca a te? >>
<< Una cosa è certa: tu come Bella saresti mille volte meglio >>
Alice sorrise: un sorriso enorme, che si arrampicò prepotente sul suo viso, stendendo le labbra, mettendo in mostra i denti perfetti e arrivando a contagiare gli occhi: il cuore cominciò a ballare la ula.
Marco, intanto, osservava quell’arrampicata veloce affascinato: quanto poteva una ragazza già bellissima diventare più bella solo sorridendo?
Alice si girò verso di lui, e glielo regalò, quel sorriso.
Oh, a quanto pareva, fin troppo.
 
Alice e Marco parlarono fino a notte fonda. Scherzarono, risero, rivelando attraverso battute e frecciatine molto più di quanto si aspettassero, e impararono a conoscersi.
Eppure, entrambi avvertivano un non meglio noto fondo di malinconia alla base della loro chiacchierata.
Che era tristezza, lo capirono solo quando Lucia uscì dal locale sorreggendo una semi-cosciente Chiara.
<< Ally, dobbiamo and… Oh. Ciao. >>, balbettò, vedendo che l’amica era in compagnia.
<< Marco >>, disse lui tendendole la mano.
Lucia l’afferrò a fatica.
<< Lucia. E il cadavere qui è Chiara. Mi dispiace interrompere ma davvero, Ally >> disse tornando a rivolgersi all’amica << con Chichi in questa condizioni non possiamo restare >>
Come per sottolineare la questione, Chiara alzò la testa e fissò Alice, lo sguardo annebbiato:
<< Tu >> le disse, tremendamente seria  << devi depilarti le ascelle. >>
Il silenzio accolse quella vitale informazione.
<< E’ proprio andata >>, constatò Marco, comprensivo, interrompendo la stasi cosmica.
<< Per questo dobbiamo andare >>, incalzò Lucia.
<< Ehm.. sì. Bene >>, disse Alice, ancora rossa in volto. Poi si rivolse a Marco << Io.. beh, grazie della compagnia. E scusa per il piede.>>
<< Di nulla >> rispose lui, sorridendo, e infilandosi le mani in tasca.
Alice lo guardò un’ultima volta, poi si girò e si avviò verso il parcheggio aiutando Lucia a sorreggere Chiara. Per questo, quando Marco parlò, quasi non lo sentì:
<< Per la cronaca… quel pestone è stata la cosa più fica di tutta la sera. Di tutta la giornata. >>
Si immobilizzò sul posto, e sentì Lucia emettere un piccolo ‘Awww’ di dolcezza – Marco aveva stuzzicato la sua vena pucciosa, e ora stava per cominciare ad emettere fiori moe ovunque –, poi,  prendendo il coraggio a due mani, gli rispose:
<< Per la cronaca… Oltre al matrimonio col letto, sono single >>
E, pur essendo girata, riuscì a percepire il sorriso che le sue parole gli avevano dipinto in volto.
In quel momento, Chiara parve riprendere vita.
<< Ehi ciccio >>, disse, rivolta a Marco << Prendi nota: 3475503456. E’ il numero della cerebrolesa qua. Vedi di chiamarla, posso già vedere tutte le mestruazioni mentali che le verranno se non lo fai, e ti assicuro, non è facile sopportarla quando ha il ciclo cerebrale. E sai qual è il problema? Il suo dura da diciassette anni, pff! >>
E mentre si allontanavano, prima che Alice potesse commettere un brutale Chiaricidio che avrebbe potuto costarle il bel ragazzo, Lucia fece una delle sue uscite geniali:
<< Ma se pestare un maschio ti ha portato bene, e pestare la cacca porta bene, i maschi sono cacca..?>>
 
Quella sera, toccava a Pietro guidare, perciò non aveva toccato un goccio da quando erano arrivati a ‘Les Pois’.
E quando finalmente riuscì a raccattare il resto della compagnia – tutti più morti che vivi a causa della sbronza epica –, era piacevolmente sobrio. E l’unico abbastanza cosciente da poterlo confermare era quello che si sedette davanti, nel posto di fianco al guidatore, ma che, stranamente, era silenzioso. Dopo un paio di minuti, Pietro si decise a chiedergli spiegazione.
<< Ehi, vecc, che hai? >>
Marco sorrise e gli rivolse uno sguardo imbambolato.
<< Una ragazza mi ha pestato. Credo di essere innamorato di lei. >>
 
 
 
 
 
 
KappaBi’s Corner
Sì, ho cambiato nickname, ma dato che l’altro iniziava con la K e con la B e c’ero parecchio affezionata – e quindi il fatto che io l’abbia cambiato non ha senso neppure per me D: –, queste poche righe di sani impulsi sclerotici continueranno a chiamarsi così – evviva la coerenza! :D –.
Che dire? Altra OS senza pretese. Ma se gradite – o non gradite – un commento è ben accetto:)
E sì, nel caso non si fosse capito, è un lieto fine. O almeno, per me lo è, ma chiunque è libero di pensare al finale che più gli piace. Tipo: lui perde il numero e non si vedono mai più, lui/lei ha un incidente mortale tornando a casa, lei trova un altro tipo più bello… Boizz, evviva l’ottimismo D: Comunque, io l’ho pensata bene:)
Au revoir:D
Un bacio e un inchino,
 
Burn.
  
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