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Autore: gattaccionero87    09/12/2011    0 recensioni
Quando il più grande pregio si può trasformare nella propria rovina.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il piccolo libricino adagiato sul freddo tavolo alzò lo sguardo sull’alta figura che imponeva su di esso, e domandò:
“Quindi, papà, tu saresti un libro?”
“Ma che domande fai, figliolo, certo che lo sono! Cos’altro potrei mai essere? Non vedi la mia copertina? E le morbide pagine da sfogliare? E la solida rilegatura?”
Il giovane volume, dopo aver fissato con un briciolo di compassione il proprio genitore, abbassò gli occhi e fece un cenno di assenso, come se volesse evitare un discorso già più e più volte affrontato.
 
“Però sei un libro strano, papà” incalzò.
“E perché mai?”
“Guarda me, e tutti gli altri libri su questo tavolo”  gli spiegò “abbiamo tutti quanti le pagine stampate: io sono un piccolo giallo, laggiù c’è un saggio, quello là in fondo è una biografia … mentre tu … “ si fermò, nel tentativo di scegliere accuratamente le proprie parole.
“Io sono un tipo di libro molto raro,” continuò il padre “sono un libro dalle pagine bianche.”
“Un libro dalle pagine bianche? E a cosa serve un’opera del genere?”
“Piccolo mio, non sempre è necessario avere un’utilità. Sappi che il mio avere tutte le pagine bianche è un punto di forza tanto unico quanto prezioso “
“E perché mai?”
“Non capisci, figliolo? Niente risiede nelle mie pagine. Ma proprio per questo, io posso essere qualsiasi cosa. Guarda te stesso, e guardatevi, tutti voi” disse, alzando la voce, rivolgendosi agli altri libri impilati su quel tavolo asettico “siete già stati stampati, usati, letti, non potete essere nient’altro che ciò che è stato già deciso di essere scritto nelle vostre pagine. Ma io, io sono libero, posso ancora essere qualsiasi cosa io voglia!
Magari voi vi sentite sereni a sapere cosa siete e ad aver trovato il vostro posto nella letteratura, ma sappiate che io posso ancora ambire a qualsiasi genere letterario!”. Si fermò all’improvviso, e nei suoi occhi comparve un velo di tristezza.
“Che c’è papà? Perché ti stai rattristando?”
“Vedi, la mia enorme forza è anche la mia più grande debolezza”
“Com’è possibile, tu stesso hai appena detto che…” chiese preoccupato, il piccolo volumetto.
“Lo so cos’ho detto, ma guardami bene. Le mie pagine non sono più propriamente bianche, fissale attentamente: stanno cominciando ad ingiallirsi. Purtroppo, la mia potenzialità di poter essere tutto ciò che avrei voluto, con il passare del tempo, mi ha semplicemente portato a … non essere niente. Niente. Le mie pagine diventeranno sempre più gialle, fino a marcire, e non sarò mai niente.”
“Ma papà, la soluzione è semplice! Non aver paura di essere come tutti gli altri, rinuncia alle tue pagine bianche e lascia che l’inchiostro risieda tra esse.”
“Non posso, ragazzo mio, sebbene sia qualcosa che mi consuma, non posso rinunciare a questa mia qualità seppur , col tempo, sia diventata il mio tallone d’Achille. E’ tutto ciò che mi differenzia da voi.”
“Sarebbe un bel guaio se tu fossi veramente un libro, papà” disse il libricino quasi ridacchiando tra sé e sé, ma interrompendosi subito nell’accorgersi di quanto detto.
“Figliolo, ancora con questa storia?” disse con aria rassicurante ma leggermente scocciata il padre, mentre allungava la mano ad accarezzare la copertina del piccolo.
 
*Mio dio, ma questa è una mano. E il braccio parte da me. Ma non è possibile, io sono un libro, i libri non hanno  mani, non hanno braccia!*
“Cosa sta succedendo? COSA STA SUCCEDENDO?!” urlò ad lata voce.
Intorno a lui, nessuno dei libri appoggiati sul tavolo rispose.
Chinò lo sguardo su di sé
*Torace, addome, gambe… non può essere vero*
Prese in mano il piccolo libricino davanti a sé e urlò “RISPONDIMI!! PARLAMI!! SPIEGAMI COSA MI STA ACCADENDO!!”
 Al non udir risposta, le lacrime scivolarono violente sul suo viso, e in preda a un feroce attacco di rabbia, stracciò il libro, e urlando ribaltò il tavolo che gli stava davanti, indirizzando poi la propria violenza contro la sedia e i mobili nella stanza.
 
L’infermiera bussò agitata alla porta dell’ufficio dello psichiatra di turno, nell’ala est dell’ospedale psichiatrico Van Helsen.
“Avanti”
“Mi scusi dottore, abbiamo problemi nella sala biblioteca con il paziente 1802”
“Ancora? Quello che continua a credersi un libro?”
“Sì, lui. E’ in preda ad un violento attacco isterico, non sappiamo cosa fare, sta mettendo in agitazione anche gli altri pazienti”
“Immobilizzatelo e sedatelo, la sua lobotomia è comunque prevista per domani mattina”.
   
 
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