Capitolo 22
«Allora,
sono finiti i problemi in famiglia? Per la miseria se pesa questa
valigia
Testarossa!»
«A
cosa ti riferisci Stè? Vuoi una mano per
portarla?»
«Intendo
tra te ed Emile… è tutto tranquillo ora? Non
preoccuparti ce la faccio, dovrei
essere io quello forte qui.»
Testa
di Paglia mi stava dando una mano nel trasloco, per poter portare tutti
i miei
bagagli a destinazione in una volta sola, considerato che non avevo
molto da
spostare. Da quando mi ero trasferita da Rita, sentendomi sempre un
po’ ospite,
non avevo riempito il suo appartamento con effetti personali, anche
perché in
quella casa ci stavo solo per dormire, per cui oltre agli abiti al
beauty case
e agli accessori da toeletta, c’era giusto uno zainetto e la
borsa che avevo
riempito a casa dei miei genitori, con dei libri e altri oggetti vari.
In pratica
tutto il bagaglio era trasportabile da me e Stè in un solo
viaggio e così
facemmo.
«A
quanto pare sì, Stè, o almeno fino alla prossima
discussione!»
Emile
in quei giorni era impegnato con il lavoro e soprattutto con le
ricerche di un
nuovo batterista; non gli avevo chiesto altro in merito, sapendo che se
non avesse
voluto parlarmene, avremmo finito col litigare nuovamente, per cui
sapevo solo
che ogni sera al ritorno dalla bottega, si chiudeva in saletta col
gruppo e
teneva audizioni. Ovviamente in una situazione simile, avevo
completamente
dimenticato di dirgli del mio appartamento, così
arrivò il giorno del mio
trasloco (accolto da Rita con un viso sull’orlo del pianto) e
come sempre ad
aiutarmi fu quello che Emile aveva definito il mio Cavaliere Biondo.
«Si
dice che l’amore non è bello se non è
litigarello: il vostro sarà di sicuro un
grande amore!» Testa di Paglia si fece una gande risata
mentre aprivo la porta
della mia piccola tana:
«Già…
non so nemmeno se abbiamo trascorso più tempo a litigare o
in pace!»
Appena
mise piede oltre l’uscio, il mio amico dette in un sonoro
fischio di sorpresa:
«Testarossa
è davvero un buco!»
Considerato
che fosse sembrato piccolo a me che non avevo certo la sua altezza, per
Stè
quel luogo doveva sembrare un po’ più grande di
una cabina doccia!
«In
effetti per te che sei fuori misura non sarebbe comodo, ma per me va
benissimo!»
«Sai,
credo che a Simona sarebbe piaciuto arredarlo, stava scoprendo un certo
interesse
nell’architettura d’interni e per una persona
precisa come lei, doveva essere
uno spasso gestire gli spazi abitabili.»
Chiusi
la porta e mi avvicinai a lui portandogli un braccio alla vita: Simo
non lo
abbandonava mai, Testa di Paglia era visibilmente più
sereno, ma mia sorella
sarebbe stata sempre parte del suo cuore.
«Stè,
ti sembrerà assurdo che io ti dica questo ma…
puoi parlarmi di lei? Com’era
Simona davvero?»
«Eh?
Ma era tua sorella!»
«Sì,
ma lo sai meglio di me che non facevo altro che litigarci, invece tu
sei
riuscito a comunicare con lei… tu la conoscevi molto meglio
di chiunque,
Stè! Meglio
di me e meglio dei miei
genitori e vorrei sapere una volta per tutte chi era, cosa sognava,
cosa le
piaceva e cosa odiava; voglio avere altri ricordi di lei, seppure in
modo
indiretto!» Il mio amico fece un sorriso triste e
ricambiò il mio abbraccio:
«D’accordo
Testarossa, prendiamoci una birra e ti racconto tutto.»
A Simona piacevano i
bambini
A Simona piaceva il blu
e il grigio.
Simona sognava di
sentirsi libera, ma non
voleva deludere nessuno.
Simona teneva al
giudizio altrui e cercava
l’approvazione da tutti.
Simona sognava un
pomeriggio di shopping
con sua sorella, una gita in montagna in famiglia, una serata davanti
ad un
puzzle da 20000 pezzi da completare insieme.
Simona voleva vivere la
sua vita con le
persone che amava accanto a sé, voleva ridere, voleva
divertirsi, voleva essere
apprezzata.
Appuntai
ogni frase su un foglio, che piegai e misi nell’album in cui
avevo inserito le
foto mie e di mia sorella, in modo da ricordare ogni cosa che la
riguardasse
nel preciso istante in cui puntavo
gli
occhi sulla sua immagine. Volevo ricordare tutto di lei: il suo viso, i
suoi
capelli, la sua statura e il suo sguardo, il suo raro sorriso e le sue
mani
piccole e precise e volevo ricordare la sua voce, come parlava e
ciò che
diceva, insieme a tutto ciò che mi aveva raccontato
Stè. Emile avrebbe lottato
tutta la vita per non far cadere Claudine nel dimenticatoio; io nel mio
piccolo
avrei fatto altrettanto per far sì che mia sorella non
fuggisse mai più dalla
mia mente e dal mio cuore. Ti accorgi dell’importanza di una
persona solo
quando non l’hai più e il ricordo di Simona doveva
essere per me un continuo
monito a dare importanza a chi avevo accanto senza attendere che prima
andasse
via.
*****
«Ma
perché non me l’hai detto prima?!»
Qualche
giorno dopo il mio trasferimento, riuscii finalmente a vedere Emile.
Non ero
felice all’idea di lasciarlo solo in casa, ma con i suoi
impegni serrati le ore
di solitudine si riducevano a quelle notturne e come aveva gentilmente
tenuto a
sottolineare anche lui, non era un bambino in fasce
e qualche giorno da solo in casa non
l’avrebbe devastato o messo in pericolo di vita. Per cui
trascorse qualche
giorno prima che potessi vederlo e dirgli finalmente del mio trasloco.
Allo scoprire
del mio trasferimento, fu sorpreso e anche un po’
contrariato:
«Ti
avrei dato una mano a traslocare!»
«Ma
non c’era granché da trasferire, Emile! Avevo
qualche valigia e un paio di
zainetti e ce l’ho fatta da sola, Stè mi ha
accompagnato in auto così abbiamo
potuto trasportare tutto in una volta sola.»
A
quelle parole, vidi un’ombra passare sul suo viso:
«Già...
dimenticavo che Stefano è sempre pronto a darti il suo
prezioso aiuto!»
Il
suo tono si fece amaro, la gelosia stava nuovamente facendo capolino e
prima
che non riuscisse a controllarla, presi le sue mani nelle mie e passai
al
contrattacco:
«Ora
non fare l’acido! Lo sai quanto tu sia importante per me, non
ho ancora
organizzato una festa inaugurale per quell’appartamento, solo
perché voglio che
prima tu lo veda… e per di più non avrei mai
permesso che sforzassi la mano!»
Con
mio grande sollievo, nel giro di quei pochi giorni in cui non ci
eravamo visti,
la mano di Emile si riprese del tutto, tornando ad essere funzionale al
cento
percento; almeno questo problema era stato evitato e potevo depennare
dalla mia
personale lista della vergogna, uno dei possibili guai in cui avrei
potuto
cacciarlo! Dopo aver sentito la mie ragioni, Emile mi guardò
con un’espressione
indecifrabile, prima di alzarsi senza preavviso. Fece un sorriso sereno
e
luminoso e allungò una mano verso di me:
«Allora
andiamo a vederlo!»
L’appartamento
si trovava al secondo piano di un palazzo nuovo: la tromba delle scale
era
pulita e ben curata e tutto lo stabile aveva l’aria di essere
tenuto con cura.
Emile fu lieto di vedere che prima di giungere in casa mia la visuale
fosse
gradevole e si dichiarò soddisfatto della mia scelta
già da allora. Quando
entrò nell’appartamento, lo guardò con
occhio critico, controllò la stabilità delle
scale che portavano al soppalco, diede un’occhiata alle
tubature per osservare
eventuali perdite dal bagno, si assicurò che ci fosse acqua
calda e che la
chiusa del gas fosse ermetica: tutte queste attenzioni degne di una
mamma chioccia
mi sorpresero, non mi ero mai resa conto che fosse così
apprensivo!
«Emile…
vuoi per caso chiedere anche se il cemento usato per costruire
l’appartamento è
di buona fattura?»
Ero
ancora sull’uscio della porta, incredula ad osservare il suo
andirivieni,
divertita e soprattutto gratificata da quelle cure così
amorevoli. Mi tornò in
mente quella volta in cui mi disse che avrebbe accettato anche di
essere
soffocato di domande dalla madre pur di riceverne l’affetto e
mi resi conto che
era vero, che a volte è bello sentirsi circondare dalle cure
amorevoli di chi
ami, anche se sono soffocanti.
«È
possibile saperlo?»
La
domanda di Emile mi distolse dai miei pensieri e
per un istante non capii a cosa alludesse.
«Cosa?»
«Il
cemento, è possibile sapere di che qualità
era?»
Non
potevo credere che fosse serio!
«EMILE!
Smettila di essere così apprensivo! Io scherzavo, guarda che
è tutto a posto,
non corro alcun rischio!»
Si
bloccò sorpreso e fece un sorriso verso se stesso,
rendendosi conto di aver
esagerato:
«Scusami,
mi sono lasciato prendere… è che sento una strana
apprensione all’idea di
saperti qui da sola. Sarà che mi sento in colpa per non
averti aiutato...» si
grattò la testa con una mano con fare imbarazzato…
«Non
mi succederà nulla, salame! Stai tranquillo e rilassati e
poi hai controllato
tu stesso, è tutto in ottime condizioni!»
Fece
un altro dei suoi sorrisi ironici e venne a darmi un bacio sulla
fronte, prima
di aggiungere:
«Hai
ragione, ma c’è ancora qualcosa che posso fare,
vieni con me!» Mi prese per una
mano e uscimmo di casa.
Arrivammo
al centro d’ascolto ed Emile fermò
l’auto un istante prima di parlare:
«Ora
tu resti qui, trascorri un paio d’ore con i tuoi amici e poi
vengo a prenderti,
ok? Ah, queste le
prendo io.» mostratemi
le chiavi di casa mia, che avevo lasciato sul cruscotto, mi fece uscire
dall’auto, lasciandomi del tutto inebetita.
Quando
Fede mi vide comparire alzò le sopracciglia sorpreso:
«Che
ci fai qui? Non eri con Emile?»
Tra
me e i miei amici c’era una rete d’informazione
degna della CIA: tutti sapevano
di tutti, non c’era uno spostamento di uno di noi che non
fosse conosciuto da
almeno la metà del gruppo!
«Già…
ma all’improvviso mi ha sbarcato qui, dicendomi che sarebbe
venuto a prendermi
tra un paio d’ore… ha preso anche le chiavi di
casa mia!» Fede
fece un sorriso, probabilmente riusciva
a comprendere la mente del mio ragazzo meglio di me!
«Non
preoccuparti, starà preparando qualcosa
d’interessante per te.»
E
come al solito, Fede ci vedeva lontano: Emile venne a prendermi dopo un
paio
d’ore e senza dire una parola su ciò che mi
attendeva, mi portò direttamente a
casa. Mi lasciò fuori la porta per qualche minuto, sentii
che armeggiava con
qualcosa e la mia curiosità salì a livelli epici:
stavo per sbirciare dal buco
della serratura quando la porta si aprì e rimasi senza
parole. Tutto l’ambiente
era invaso dalla luce soffusa delle candele, veli rossi erano
drappeggiati alle
pareti e uno simile era steso sul tavolo, apparecchiato per due, su cui
campeggiava un candelabro.
«Benvenuta
a casa.» calò il viso verso di me e sentii
sussurrarmi all’orecchio quelle
parole con voce dolce e sensuale, mentre fece un sorriso che mi rimise
al
mondo: il mio Pel di Carota mi diede il benvenuto più bello
che avessi mai
potuto sognare!
«Emile…
tutto questo… è per me!?»
Portai
le mani al viso incredula, mentre lui sempre sorridente rispose:
«Per
chi sennò? La casa è la tua e dovevi avere un
benvenuto degno.»
Avevo
un magone alla gola che non mi permetteva di parlare e lo guardai
sperando che
i miei occhi riuscissero a comunicare per me. Non sentendo una risposta
da
parte mia, con un sorriso imbarazzato aggiunse:
«A
dir la verità il cibo è comprato, non ho avuto
abbastanza tempo per preparare
tutto, ma alla pasta ci penso io, conosco una ricettina davvero
saporita!»
E
chi ci pensava al cibo! Il cuore mi
martellava nel petto, le parole non mi uscivano di bocca e il suo
sorriso mi
fece sentire la donna più fortunata del mondo: gli saltai
letteralmente addosso
e lo costrinsi ad abbassarsi per avvinghiarmi a lui e dargli uno dei
baci più
appassionati di cui fossi mai stata capace.
«Ci
pensiamo dopo al cibo, ora voglio mangiare
te!*»
*****
Dopo
esserci saziati d’amore, passammo a saziare i nostri stomaci:
la cucina di
Emile era davvero deliziosa e anche il resto fu tutto ottimo e
quell’atmosfera
soffusa e rossastra mi portò a pensare di essere nel bel
mezzo di un sogno. Ero
convinta che quella serata non potesse
andare meglio, invece dopo cena, il mio adorabile Pel di Carota mi fece
un
altro regalo prezioso. Ci accomodammo rilassati e soddisfatti sul
divanetto che
ero riuscita ad inserire nella zona giorno, intenti a goderci quel
momento di
totale intimità e confidenza: ero del tutto rilassata nel
suo abbraccio, quando
mi resi conto dell’improvviso silenzio sceso tra noi. Alzai
la testa per
osservare il viso di Emile e lo trovai immerso in qualche pensiero
lontano:
«Ti
vedo pensieroso; qualcosa non va?»
«Stavo
pensando alle audizioni: sembrano non avere fine e non abbiamo trovato
ancora
qualcuno.»
Rimasi
sorpresa da quella frase: non mi aspettavo che mi parlasse del suo
gruppo, non
dopo la discussione che avevamo avuto l’ultima volta che
avevo messo bocca
nella sua vita professionale. Ero felice che avesse deciso di
parlarmene, ma
allo stesso tempo, sentii farsi largo anche l’insistente
senso di colpa e la
mia felicità si mischiò al peso che continuava ad
opprimermi, per avergli
causato quel problema.
«Pasi,
smettila d’incolparti.» dovevo avere la parola
“colpevole” scritta sul viso,
vista la repentinità con cui Emile capì i miei
pensieri. «Non è colpa tua se
Claudio è andato via, prima o poi sarebbe accaduto e tu sei
stata solo il mezzo
per colpirmi… nuovamente.»
«Sono
diventata il tuo punto debole!» dissi sconsolata.
«Sei
sempre stata il mio punto debole, l’unica in grado di farmi
vacillare. Se
questa storia fosse accaduta in un altro momento, forse ora non sarei
qui,
probabilmente ti avrei allontanato nuovamente per non essere
più soggiogato dall’influenza
che hai su di me. Ma ho poca fiducia sulla mia capacità di
resisterti e da
quando mia madre se n’è andata, sento un bisogno
disperato di averti accanto: tu
mi dai forza, mi sostieni e sento che in questo momento della mia vita
ne ho un
bisogno terribile, sento di non riuscire a farcela da solo…
e quando sto con te
non mi sento più lasciato a me stesso.»
Emile
stava aprendo un altro pezzetto di cuore ed io rimasi in silenzio
ascoltando
ciò che aveva da dirmi, felice come ogni volta che mi
permetteva di condividere
un po’ dei suoi tormenti.
«La
musica è sempre stata la mia unica compagnia. Sai meglio di
me quanto io sia
poco socievole e quanto sia difficile aprirmi agli altri. In
più, quand’ero
piccolo, i miei compagni venivano spinti dai genitori curiosi ad
entrare in
casa, per vedere chi fosse questa fantomatica cantante francese
ammalata e ben
presto ho capito che non avrei più aperto le porte di quella
casa a qualcuno,
così come non mi sarei più avvicinato ad anima
viva. La mia unica amica era la
musica. La mia unica madre era la musica: quando mi sentivo solo,
accendevo la
radio oppure ascoltavo qualche CD, quando cercavo il conforto di mia
madre
l’ascoltavo cantare… Tutte le mie emozioni le ho
accompagnate alla musica e lei
è diventata parte di me, parte di ciò che sono.
Ecco perché l’ho sempre messa in
primo piano. Per me c’è sempre stata solo lei.
Finché
non sei arrivata tu. Tu che hai destabilizzato tutti i miei equilibri,
che hai
minato i pilastri su cui si fondano le mie convinzioni, che mi hai
portato a
riconsiderare le mie priorità.
Io ho
bisogno di te Pasi, questa è la verità. Ho
bisogno della tua dolcezza, del tuo
sostegno… ho bisogno del tuo amore. Non riuscirei mai a
mandarti via da me.»
Mi
strinsi a lui col cuore gonfio di una gioia malinconica: era bello
sentirgli
dire che avesse bisogno di me, era bello sentirsi importanti al punto
da non
essere da meno della musica, che avevo sempre immaginato come una
rivale
impossibile da sconfiggere… Tuttavia sentivo anche che
dietro quelle parole,
c’era la sofferenza di Emile e il suo stato di estrema
fragilità… e ancora una
volta mi resi conto di aver gettato acqua sul bagnato istigando Claudio
alla
ribellione, dando al mio Pel di Carota un altro grosso problema da
affrontare
in quelle condizioni di fragilità emotiva.
«Oh,
Emile! Mi sento così in colpa! Se solo potessi rimediare in
qualche modo! Se
sapessi suonare la batteria ti giuro che verrei io a sostituire
Claudio!»
Emile
sorrise a quell’idea : «Saresti davvero buffa
dietro quei piatti e quei
rullanti.»
«Io
parlo seriamente e tu mi prendi in giro?»
«Troverò
una soluzione, stai tranquilla! Niente mi fermerà, a costo
di suonarla io
quella batteria!» Continuava a parlare in prima persona,
accollandosi tutti
problemi del gruppo senza doverli condividere con gli altri…
probabilmente si
sentiva responsabile per la defezione di Claudio e non era solo
l’egocentrismo
a muoverlo… almeno volevo sperarlo.
«Puoi
cantare e suonare contemporaneamente?»
«No…
la batteria è uno strumento che richiede l’energia
di tutto il corpo, quindi
difficilmente potrei anche cantare. Mi riferisco alle incisioni dei
brani; ne
restano ancora un paio e potrei suonare io per poi sovraincidere la mia
voce…
anche perché il tempo stringe e non possiamo permetterci
altre pause, o il
produttore s’insospettirà.»
«Non
gli hai ancora detto qualcosa?»
«No,
speravo di riuscire a trovare una soluzione prima di dovergli dire
tutto e
scatenare qualche casino, ma posso sempre raccontare qualche frottola
come una
malattia improvvisa e nel frattempo continuare a cercare qualcuno che
sostituisca definitivamente Claudio.»
«E
se non dovessi trovarlo in tempo per la tournée?»
«A
quel punto dovremmo assumere un tournista… come vedi le
soluzioni si trovano
Pasi, perciò smettila di flagellarti e non pensare
più che sia colpa tua… e poi
dimentichi che sono straordinariamente bravo! Niente si
frapporrà tra me e il
mio obiettivo, quest’album sarà lanciato e
avrà il successo che merita!»
Sentivo
emanare dall’animo di Emile un fuoco ardente, la sua
ambizione e il suo
desiderio di realizzarsi riuscivano ad accenderlo come
nient’altro al mondo e
la sicurezza che aveva in se stesso e nelle sue capacità, mi
lasciava ogni
volta senza parole.
«Sei
sempre il solito modesto!»
Mi accoccolai
di più accanto a lui, l’amavo al punto da adorare
anche quel suo lato, che prima
detestavo con tutta me stessa!
«Pasi
io so quanto valgo e non ne faccio mistero. La finta modestia
è ipocrisia bella
e buona; se sai di valere, perché devi sminuirti agli occhi
degli altri? Se non
credi in te stesso nessuno lo farà al posto tuo. Tu sei
l’unica persona che può
difenderti e farti emergere, non ti aspettare mai che qualcuno lo
faccia al
posto tuo!» Il suo tono era serio, ma come a contraddire le
sue parole, mi
strinse a sé protettivo.
«Questo
lo so Emile, lo so.»
Ci
fu un attimo di silenzio tra noi, immaginai che il suo pensiero fosse
rivolto a
sua madre, alla fragilità di Claudine che non le aveva
permesso di credere in
se stessa e di riprendersi una carriera già avviata e m’incupii al
pensiero di quel dolore così forte
che portava dentro di sé e che non avrei mai potuto lenire.
Ma
mentre ero preda della mia sensazione d’impotenza, Emile
tornò a parlare:
«Ora
però, vediamo come ti difenderai da questo.»
passò una mano tra i miei capelli
scostandoli dal viso delicatamente, procurandomi un brivido di piacere
che mi
percorse tutta la schiena e che aumentò
d’intensità quando sfiorò il mio
orecchio con le labbra, per poi scendere sulla nuca…
«Sei
proprio un diavolo rosso, mi hai preso sul punto debole!» gli
dissi con un fil
di voce, mentre sorridendo si gustò la sua vittoria: ero già stata
annientata prima ancora di
combattere!
*****
«Alberto!»
Era
trascorsa una settimana da quando il padre di Emile era partito per la
Francia
e finalmente quel viaggio triste e doloroso era giunto al termine:
quando seppi
del suo ritorno mi precipitai a salutarlo e appena lo vidi corsi in sua
direzione per abbracciarlo; solo in quel momento mi resi conto di
quanto mi
fosse mancato. «Bambina
mia!»
Con
un’espressione felice e carica d’affetto mi
circondò con il suo caldo abbraccio
da padre, regalandomi in un attimo tutta la sua gioia di vedermi.
«Mi
sei mancato tanto!»
«Pensavo
che non avresti avuto il tempo di sentire la mia mancanza;
evidentemente Emile
non ti ha intrattenuto come si deve!»
Eccolo
lì sempre pronto a fare qualche battuta che mi facesse
diventare un peperone!
Se la rise della grossa prima di aggiungere: «Anche tu mi sei
mancata piccola,
non vedevo l’ora di tornare dalla mia famiglia.»
Amavo quell’uomo sempre di
più. Aveva appena perso la sua ragione di vita eppure
riusciva ancora a donare
calore e affetto e a dire una frase simile, che mi commosse nel
profondo. Mi
strinsi di più a lui, per bearmi di quell’affetto
che sapeva donarmi.
«Grazie»
«Di
cosa, Pasi?»
«Per
avermi incluso nella famiglia.»
Con
un gesto che lo accomunava a suo figlio, mi accarezzò la
testa
affettuosamente prima
di rispondermi.
«Dopo
aver vissuto per qualche giorno in un altro ambiente, posso dire con
certezza
che i legami familiari non sono solo questione di sangue bambina
mia… e tu hai
il pieno diritto di far parte di questa famiglia.» Quella
frase mi riportò al
presente e al motivo per cui Alberto era andato via:
«Com’è
andata in Francia? Sei riuscito a parlare con loro?»
Non
riuscivo a dire “la famiglia di Claudine”,
perché nominare il suo nome davanti
a lui mi sembrava una pugnalata diretta al suo cuore.
«Diciamo
di sì… e no.» Alberto si
staccò dal mio abbraccio e mi fece accomodare per
potermi raccontare com’erano andate le cose in Francia.
«Sono
andato lì perché volevo dire loro personalmente
di Claudine. Non hanno dato
segno di aver ricevuto il mio telegramma, quindi ho voluto vedere di
persona se
l’avevano ignorato o se non fosse mai arrivato.» Il
viso di Alberto s’incupì:
Emile odiava il ramo familiare francese ma suo padre, sempre
così gioioso e
amorevole, sempre così buono e affettuoso, come considerava
la famiglia che
aveva ripudiato sua moglie?
«La
nonna di Claudine ha lasciato la sua casa in eredità ad
Odette, la sorella
maggiore di ma chère, così tornando in quella
casa dopo tanti anni, mi sono
trovato ad affrontare lei.»
La
sorella maggiore di Claudine… mi chiesi immediatamente che
aspetto potesse avere
e che tipo di donna fosse.
«Odette
sapeva, le era giunto il telegramma, ma non ha nemmeno avvisato i suoi
fratelli
e l’ha gettato via, come un qualsiasi oggetto privo di
valore.»
«Ma
non è possibile! Era sua sorella! Perché
comportarsi così? Non è possibile!»
Automaticamente pensai alla mia di sorella e al senso di colpa che mi
avrebbe
accompagnato per sempre, per non esserle stata accanto… come
poteva Odette, non
sentirsi minimamente in colpa? Aveva allontanato Claudine per tutta la
vita e
anche nel saperla morta continuava a comportarsi come se sua sorella
non fosse
mai esistita!
«Odette
serba rancore verso Claudine: ma chère era la più
piccola e la loro madre la
riempiva di attenzioni… soprattutto perché era
figlia di un uomo che doveva
aver amato profondamente. La madre di Claudine era stata cacciata dal
marito a
causa del suo adulterio e tornò a casa dei genitori con la
bambina piccola e la
vergogna addosso. Anche se non aveva mai mostrato un segno di
pentimento per
quello che aveva fatto. Odette però non glielo
perdonò mai, o meglio, scaricò
le colpe dello sfaldamento della sua famiglia su Claudine,
testimonianza
vivente dell’adulterio di sua madre.»
«Ma
Claudine non aveva alcuna colpa!»
«Lo
so, ma Odette ha preferito odiare sua sorella piuttosto che sua
madre.»
«Al
punto da non volerla nemmeno salutare un’ultima
volta?»
«Già…
ho incontrato anche suo fratello Jacques, che invece sembrava
sinceramente
dispiaciuto ed era arrabbiato con Odette per non aver detto nulla in
tempo per
il funerale… Mi ha detto che ha intenzione di venire a
trovare Claudine,
prossimamente.»
Lo
sapevo che non erano tutti delle iene!
«Che
bello! Allora Claudine non era odiata da tutta la sua famiglia! Sono
così
felice che ci sia un fratello che le voleva bene! Ma perché
non si è mai fatto
sentire prima d’ora?»
«Jacques
non ha vissuto molto con Claudine, per cui non ha instaurato un forte
legame
nei suoi confronti... però a modo suo le voleva bene, anche
se non al punto da
sentirla o da venire a trovarla… evidentemente ora si
è reso conto di aver
perso l’opportunità di conoscerla davvero e vuole
rimediare.» Proprio com’era
accaduto a me con mia sorella… Il mio pensiero si
spostò repentinamente su un
altro problema spinoso:
«Emile
che ne pensa?» Temevo di sapere già la risposta,
ma attesi la conferma dalla
voce di Alberto.
«Mio
figlio non vuole avere nulla in comune con quella parte della sua
famiglia; non
era d’accordo che andassi in Francia da loro e ovviamente non
è affatto
d’accordo all’idea di vedere qualsiasi parente di
quel ramo familiare.»
Sospirai…
Emile era sempre il solito testardo, chiuso nel suo rancore, che non
ammetteva
cedimenti e/o aperture di sorta.
«Bambina
mia, lo sai com’è fatto quel testone,
però io sono ottimista: Jacques è una
brava persona… un po’ sulle nuvole a volte, ma
è di buon cuore e saprà
conquistarsi l’affetto di quel cocciuto figlio che mi
ritrovo.»
«Lo
spero davvero… è pur sempre un legame con
Claudine, hanno lo stesso DNA! Sono
d’accordo quando dici che la famiglia non è solo
questione di sangue, ma c’è
anche quello! E quando qualcuno della tua famiglia mostra di tenerci a
te, non
è giusto respingerlo, è una cattiveria gratuita,
è sputare su un tesoro
inestimabile!»
Mi
resi conto di essermi agitata nel parlare: ciò che avevo
appena detto risuonava
in me perché mi sentivo coinvolta in quella situazione. Se
mia madre o mio
padre avessero fatto un solo passo per venirmi incontro, li avrei
accolti a
braccia aperte e non potevo minimamente pensare che Emile rifiutasse a
priori
la dimostrazione d’affetto di un suo familiare.
«Lo
so piccola, condivido pienamente le tue idee ed è per questo
motivo che sono
andato in Francia: la famiglia di Claudine non è piccola e
al suo interno ci
sono delle persone davvero belle e valide, non voglio che Emile li
detesti per
principio senza conoscerli veramente e sarò più
che felice di ospitare chiunque
di loro decida di venire qui da noi.»
Era
la prima volta che vedevo Alberto così fermo e deciso: il
suo temperamento
gioioso e allegro lo faceva apparire una persona
che non badasse molto ai problemi della vita,
ma quando era necessario, quell’uomo sapeva essere serio e
determinato al pari di
suo figlio: più li conoscevo e più mi rendevo
conto di quanto quei due si
somigliassero.
«Ti
aiuterò anch’io, farò quel che
potrò affinché Emile impari ad accettare la sua
famiglia, o almeno i membri degni del suo affetto.»
«Grazie
bambina mia, sapevo di poter contare su di te.»
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*Citazione per gentile concessione di Rei Kashino
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Eccoci qui con un nuovo capitolo: questo è un pò più corto del precedente, ma ieri mi sono resa conto di averne scritto uno anche più lungo tra i prossimi a venire... sto diventando logorroica??? O_o
Ormai siamo alle battute finali, anche se ancora non posso essere certa del numero totale di capitoli che comporranno questa storia. Di certo ce ne saranno 26, ma visto che due mesi fa l'avevo conclusa a 19 e a distanza di sessanta giorni se ne sono aggiunti 7, direi che è ancora tutto da vedere xD
La storia è abbastanza chiara nella mia mente, per cui la quantità di capitoli dipenderà solo dalla mia predisposizione a dilungarmi o meno in alcune situazioni. ^ ^
Angolo dei Ringraziamenti
Grazie alla mia Beta
Grazie mille alle mie sorelle affezionate: Saretta, Niky,
Grazie a Prim, che mi segue da tempo e che ha scoperto di avere il simil-Emile proprio dalle parti sue *me andrà a trovare Prim un giorno di questi*
E un Grazie anche a Dreamer_on_heart, la cui recensione sotto lo scorso capitolo, mi ha lasciato davvero commossa e orgogliosa di me!
kiki0882, lorenzabu,
samyolivieri,
Tattii,
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