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Autore: Deilantha    09/12/2011    8 recensioni
Pasi è una diciannovenne impulsiva e socievole, dal futuro incerto ma dal buon cuore, che vive una situazione di conflitto in famiglia, sentendosi sempre la pecora nera rispetto ad una sorella apparentemente perfetta. Provando un vuoto affettivo tra le mura domestiche, Pasi si circonda di amici, che reputa la sua vera unità familiare.
Emile è il suo esatto opposto: non è un tipo socievole e vive esclusivamente per la musica, sul cui argomento è terribilmente arrogante. Ma il suo modo di essere così rigido e poco aperto agli altri, nasconde un dolore che il ragazzo si porta dietro dall’infanzia, dovuto ad una madre caduta vittima della depressione quando lui era ancora in fasce.
Emile e Pasi si scontreranno la prima volta che si vedranno, ma le loro vite sono destinate ad incrociarsi e farli crescere nella reciproca conoscenza.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Filrouge'
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Capitolo 22







 

 

«Allora, sono finiti i problemi in famiglia? Per la miseria se pesa questa valigia Testarossa!»

«A cosa ti riferisci Stè? Vuoi una mano per portarla?»

«Intendo tra te ed Emile… è tutto tranquillo ora? Non preoccuparti ce la faccio, dovrei essere io quello forte qui.» 

Testa di Paglia mi stava dando una mano nel trasloco, per poter portare tutti i miei bagagli a destinazione in una volta sola, considerato che non avevo molto da spostare. Da quando mi ero trasferita da Rita, sentendomi sempre un po’ ospite, non avevo riempito il suo appartamento con effetti personali, anche perché in quella casa ci stavo solo per dormire, per cui oltre agli abiti al beauty case e agli accessori da toeletta, c’era giusto uno zainetto e la borsa che avevo riempito a casa dei miei genitori, con dei libri e altri oggetti vari. In pratica tutto il bagaglio era trasportabile da me e Stè in un solo viaggio e così facemmo.

«A quanto pare sì, Stè, o almeno fino alla prossima discussione!»

Emile in quei giorni era impegnato con il lavoro e soprattutto con le ricerche di un nuovo batterista; non gli avevo chiesto altro in merito, sapendo che se non avesse voluto parlarmene, avremmo finito col litigare nuovamente, per cui sapevo solo che ogni sera al ritorno dalla bottega, si chiudeva in saletta col gruppo e teneva audizioni. Ovviamente in una situazione simile, avevo completamente dimenticato di dirgli del mio appartamento, così arrivò il giorno del mio trasloco (accolto da Rita con un viso sull’orlo del pianto) e come sempre ad aiutarmi fu quello che Emile aveva definito il mio Cavaliere Biondo.

«Si dice che l’amore non è bello se non è litigarello: il vostro sarà di sicuro un grande amore!» Testa di Paglia si fece una gande risata mentre aprivo la porta della mia piccola tana:

«Già… non so nemmeno se abbiamo trascorso più tempo a litigare o in pace!»

Appena mise piede oltre l’uscio, il mio amico dette in un sonoro fischio di sorpresa:

«Testarossa è davvero un buco!»

Considerato che fosse sembrato piccolo a me che non avevo certo la sua altezza, per Stè quel luogo doveva sembrare un po’ più grande di una cabina doccia!

«In effetti per te che sei fuori misura non sarebbe comodo, ma per me va benissimo!»

«Sai, credo che a Simona sarebbe piaciuto arredarlo, stava scoprendo un certo interesse nell’architettura d’interni e per una persona precisa come lei, doveva essere uno spasso gestire gli spazi abitabili.»

Chiusi la porta e mi avvicinai a lui portandogli un braccio alla vita: Simo non lo abbandonava mai, Testa di Paglia era visibilmente più sereno, ma mia sorella sarebbe stata sempre parte del suo cuore.

«Stè, ti sembrerà assurdo che io ti dica questo ma… puoi parlarmi di lei? Com’era Simona davvero?»

«Eh? Ma era tua sorella!»

«Sì, ma lo sai meglio di me che non facevo altro che litigarci, invece tu sei riuscito a comunicare con lei… tu la conoscevi molto meglio di chiunque, Stè!  Meglio di me e meglio dei miei genitori e vorrei sapere una volta per tutte chi era, cosa sognava, cosa le piaceva e cosa odiava; voglio avere altri ricordi di lei, seppure in modo indiretto!» Il mio amico fece un sorriso triste e ricambiò il mio abbraccio:

«D’accordo Testarossa, prendiamoci una birra e ti racconto tutto.»

 

A Simona piacevano i bambini

A Simona piaceva il blu e il grigio.

Simona sognava di sentirsi libera, ma non voleva deludere nessuno.

Simona teneva al giudizio altrui e cercava l’approvazione da tutti.

Simona sognava un pomeriggio di shopping con sua sorella, una gita in montagna in famiglia, una serata davanti ad un puzzle da 20000 pezzi da completare insieme.

Simona voleva vivere la sua vita con le persone che amava accanto a sé, voleva ridere, voleva divertirsi, voleva essere apprezzata.

 

Appuntai ogni frase su un foglio, che piegai e misi nell’album in cui avevo inserito le foto mie e di mia sorella, in modo da ricordare ogni cosa che la riguardasse nel preciso istante in cui  puntavo gli occhi sulla sua immagine. Volevo ricordare tutto di lei: il suo viso, i suoi capelli, la sua statura e il suo sguardo, il suo raro sorriso e le sue mani piccole e precise e volevo ricordare la sua voce, come parlava e ciò che diceva, insieme a tutto ciò che mi aveva raccontato Stè. Emile avrebbe lottato tutta la vita per non far cadere Claudine nel dimenticatoio; io nel mio piccolo avrei fatto altrettanto per far sì che mia sorella non fuggisse mai più dalla mia mente e dal mio cuore. Ti accorgi dell’importanza di una persona solo quando non l’hai più e il ricordo di Simona doveva essere per me un continuo monito a dare importanza a chi avevo accanto senza attendere che prima andasse via.

 

 

*****

 

«Ma perché non me l’hai detto prima?!»

Qualche giorno dopo il mio trasferimento, riuscii finalmente a vedere Emile. Non ero felice all’idea di lasciarlo solo in casa, ma con i suoi impegni serrati le ore di solitudine si riducevano a quelle notturne e come aveva gentilmente tenuto a sottolineare anche lui, non era un bambino in fasce  e qualche giorno da solo in casa non l’avrebbe devastato o messo in pericolo di vita. Per cui trascorse qualche giorno prima che potessi vederlo e dirgli finalmente del mio trasloco. Allo scoprire del mio trasferimento, fu sorpreso e anche un po’ contrariato:

«Ti avrei dato una mano a traslocare!»

«Ma non c’era granché da trasferire, Emile! Avevo qualche valigia e un paio di zainetti e ce l’ho fatta da sola, Stè mi ha accompagnato in auto così abbiamo potuto trasportare tutto in una volta sola.»

A quelle parole, vidi un’ombra passare sul suo viso:

«Già... dimenticavo che Stefano è sempre pronto a darti il suo prezioso aiuto!»

Il suo tono si fece amaro, la gelosia stava nuovamente facendo capolino e prima che non riuscisse a controllarla, presi le sue mani nelle mie e passai al contrattacco: 

«Ora non fare l’acido! Lo sai quanto tu sia importante per me, non ho ancora organizzato una festa inaugurale per quell’appartamento, solo perché voglio che prima tu lo veda… e per di più non avrei mai permesso che sforzassi la mano!»

Con mio grande sollievo, nel giro di quei pochi giorni in cui non ci eravamo visti, la mano di Emile si riprese del tutto, tornando ad essere funzionale al cento percento; almeno questo problema era stato evitato e potevo depennare dalla mia personale lista della vergogna, uno dei possibili guai in cui avrei potuto cacciarlo! Dopo aver sentito la mie ragioni, Emile mi guardò con un’espressione indecifrabile, prima di alzarsi senza preavviso. Fece un sorriso sereno e luminoso e allungò una mano verso di me:

«Allora andiamo a vederlo!»

L’appartamento si trovava al secondo piano di un palazzo nuovo: la tromba delle scale era pulita e ben curata e tutto lo stabile aveva l’aria di essere tenuto con cura. Emile fu lieto di vedere che prima di giungere in casa mia la visuale fosse gradevole e si dichiarò soddisfatto della mia scelta già da allora. Quando entrò nell’appartamento, lo guardò con occhio critico, controllò la stabilità delle scale che portavano al soppalco, diede un’occhiata alle tubature per osservare eventuali perdite dal bagno, si assicurò che ci fosse acqua calda e che la chiusa del gas fosse ermetica: tutte queste attenzioni degne di una mamma chioccia mi sorpresero, non mi ero mai resa conto che fosse così apprensivo!

«Emile… vuoi per caso chiedere anche se il cemento usato per costruire l’appartamento è di buona fattura?»

Ero ancora sull’uscio della porta, incredula ad osservare il suo andirivieni, divertita e soprattutto gratificata da quelle cure così amorevoli. Mi tornò in mente quella volta in cui mi disse che avrebbe accettato anche di essere soffocato di domande dalla madre pur di riceverne l’affetto e mi resi conto che era vero, che a volte è bello sentirsi circondare dalle cure amorevoli di chi ami, anche se sono soffocanti.

«È possibile saperlo?»

La domanda di Emile mi distolse dai miei pensieri e  per un istante non capii a cosa alludesse.

«Cosa?»

«Il cemento, è possibile sapere di che qualità era?»

 Non potevo credere che fosse serio!

«EMILE! Smettila di essere così apprensivo! Io scherzavo, guarda che è tutto a posto, non corro alcun rischio!»

Si bloccò sorpreso e fece un sorriso verso se stesso, rendendosi conto di aver esagerato:

«Scusami, mi sono lasciato prendere… è che sento una strana apprensione all’idea di saperti qui da sola. Sarà che mi sento in colpa per non averti aiutato...» si grattò la testa con una mano con fare imbarazzato…

«Non mi succederà nulla, salame! Stai tranquillo e rilassati e poi hai controllato tu stesso, è tutto in ottime condizioni!» 

Fece un altro dei suoi sorrisi ironici e venne a darmi un bacio sulla fronte, prima di aggiungere:

«Hai ragione, ma c’è ancora qualcosa che posso fare, vieni con me!» Mi prese per una mano e uscimmo di casa. 

Arrivammo al centro d’ascolto ed Emile fermò l’auto un istante prima di parlare:

«Ora tu resti qui, trascorri un paio d’ore con i tuoi amici e poi vengo a prenderti, ok?  Ah, queste le prendo io.» mostratemi le chiavi di casa mia, che avevo lasciato sul cruscotto, mi fece uscire dall’auto, lasciandomi del tutto inebetita.

 

Quando Fede mi vide comparire alzò le sopracciglia sorpreso:

«Che ci fai qui? Non eri con Emile?»

Tra me e i miei amici c’era una rete d’informazione degna della CIA: tutti sapevano di tutti, non c’era uno spostamento di uno di noi che non fosse conosciuto da almeno la metà del gruppo!

«Già… ma all’improvviso mi ha sbarcato qui, dicendomi che sarebbe venuto a prendermi tra un paio d’ore… ha preso anche le chiavi di casa mia!»  Fede fece un sorriso, probabilmente riusciva a comprendere la mente del mio ragazzo meglio di me!

«Non preoccuparti, starà preparando qualcosa d’interessante per te.»

E come al solito, Fede ci vedeva lontano: Emile venne a prendermi dopo un paio d’ore e senza dire una parola su ciò che mi attendeva, mi portò direttamente a casa. Mi lasciò fuori la porta per qualche minuto, sentii che armeggiava con qualcosa e la mia curiosità salì a livelli epici: stavo per sbirciare dal buco della serratura quando la porta si aprì e rimasi senza parole. Tutto l’ambiente era invaso dalla luce soffusa delle candele, veli rossi erano drappeggiati alle pareti e uno simile era steso sul tavolo, apparecchiato per due, su cui campeggiava un candelabro.

«Benvenuta a casa.» calò il viso verso di me e sentii sussurrarmi all’orecchio quelle parole con voce dolce e sensuale, mentre fece un sorriso che mi rimise al mondo: il mio Pel di Carota mi diede il benvenuto più bello che avessi mai potuto sognare!

«Emile… tutto questo… è per me!?»

Portai le mani al viso incredula, mentre lui sempre sorridente rispose:  

«Per chi sennò? La casa è la tua e dovevi avere un benvenuto degno.»

Avevo un magone alla gola che non mi permetteva di parlare e lo guardai sperando che i miei occhi riuscissero a comunicare per me. Non sentendo una risposta da parte mia, con un sorriso imbarazzato aggiunse:

«A dir la verità il cibo è comprato, non ho avuto abbastanza tempo per preparare tutto, ma alla pasta ci penso io, conosco una ricettina davvero saporita!»

 E chi ci pensava al cibo! Il cuore mi martellava nel petto, le parole non mi uscivano di bocca e il suo sorriso mi fece sentire la donna più fortunata del mondo: gli saltai letteralmente addosso e lo costrinsi ad abbassarsi per avvinghiarmi a lui e dargli uno dei baci più appassionati di cui fossi mai stata capace.

 «Ci pensiamo dopo al cibo, ora voglio mangiare te!*»

 

*****

 

Dopo esserci saziati d’amore, passammo a saziare i nostri stomaci: la cucina di Emile era davvero deliziosa e anche il resto fu tutto ottimo e quell’atmosfera soffusa e rossastra mi portò a pensare di essere nel bel mezzo di un sogno.  Ero convinta che quella serata non potesse andare meglio, invece dopo cena, il mio adorabile Pel di Carota mi fece un altro regalo prezioso. Ci accomodammo rilassati e soddisfatti sul divanetto che ero riuscita ad inserire nella zona giorno, intenti a goderci quel momento di totale intimità e confidenza: ero del tutto rilassata nel suo abbraccio, quando mi resi conto dell’improvviso silenzio sceso tra noi. Alzai la testa per osservare il viso di Emile e lo trovai immerso in qualche pensiero lontano:  

«Ti vedo pensieroso; qualcosa non va?»

«Stavo pensando alle audizioni: sembrano non avere fine e non abbiamo trovato ancora qualcuno.»

Rimasi sorpresa da quella frase: non mi aspettavo che mi parlasse del suo gruppo, non dopo la discussione che avevamo avuto l’ultima volta che avevo messo bocca nella sua vita professionale. Ero felice che avesse deciso di parlarmene, ma allo stesso tempo, sentii farsi largo anche l’insistente senso di colpa e la mia felicità si mischiò al peso che continuava ad opprimermi, per avergli causato quel problema.  

«Pasi, smettila d’incolparti.» dovevo avere la parola “colpevole” scritta sul viso, vista la repentinità con cui Emile capì i miei pensieri. «Non è colpa tua se Claudio è andato via, prima o poi sarebbe accaduto e tu sei stata solo il mezzo per colpirmi… nuovamente.»

«Sono diventata il tuo punto debole!» dissi sconsolata.

«Sei sempre stata il mio punto debole, l’unica in grado di farmi vacillare. Se questa storia fosse accaduta in un altro momento, forse ora non sarei qui, probabilmente ti avrei allontanato nuovamente per non essere più soggiogato dall’influenza che hai su di me. Ma ho poca fiducia sulla mia capacità di resisterti e da quando mia madre se n’è andata, sento un bisogno disperato di averti accanto: tu mi dai forza, mi sostieni e sento che in questo momento della mia vita ne ho un bisogno terribile, sento di non riuscire a farcela da solo… e quando sto con te non mi sento più lasciato a me stesso.»

Emile stava aprendo un altro pezzetto di cuore ed io rimasi in silenzio ascoltando ciò che aveva da dirmi, felice come ogni volta che mi permetteva di condividere un po’ dei suoi tormenti.  

«La musica è sempre stata la mia unica compagnia. Sai meglio di me quanto io sia poco socievole e quanto sia difficile aprirmi agli altri. In più, quand’ero piccolo, i miei compagni venivano spinti dai genitori curiosi ad entrare in casa, per vedere chi fosse questa fantomatica cantante francese ammalata e ben presto ho capito che non avrei più aperto le porte di quella casa a qualcuno, così come non mi sarei più avvicinato ad anima viva. La mia unica amica era la musica. La mia unica madre era la musica: quando mi sentivo solo, accendevo la radio oppure ascoltavo qualche CD, quando cercavo il conforto di mia madre l’ascoltavo cantare… Tutte le mie emozioni le ho accompagnate alla musica e lei è diventata parte di me, parte di ciò che sono. Ecco perché l’ho sempre messa in primo piano. Per me c’è sempre stata solo lei. 

Finché non sei arrivata tu. Tu che hai destabilizzato tutti i miei equilibri, che hai minato i pilastri su cui si fondano le mie convinzioni, che mi hai portato a riconsiderare le mie priorità.  Io ho bisogno di te Pasi, questa è la verità. Ho bisogno della tua dolcezza, del tuo sostegno… ho bisogno del tuo amore. Non riuscirei mai a mandarti via da me.»

Mi strinsi a lui col cuore gonfio di una gioia malinconica: era bello sentirgli dire che avesse bisogno di me, era bello sentirsi importanti al punto da non essere da meno della musica, che avevo sempre immaginato come una rivale impossibile da sconfiggere… Tuttavia sentivo anche che dietro quelle parole, c’era la sofferenza di Emile e il suo stato di estrema fragilità… e ancora una volta mi resi conto di aver gettato acqua sul bagnato istigando Claudio alla ribellione, dando al mio Pel di Carota un altro grosso problema da affrontare in quelle condizioni di fragilità emotiva. 

«Oh, Emile! Mi sento così in colpa! Se solo potessi rimediare in qualche modo! Se sapessi suonare la batteria ti giuro che verrei io a sostituire Claudio!»

Emile sorrise a quell’idea : «Saresti davvero buffa dietro quei piatti e quei rullanti.»

«Io parlo seriamente e tu mi prendi in giro?»

«Troverò una soluzione, stai tranquilla! Niente mi fermerà, a costo di suonarla io quella batteria!» Continuava a parlare in prima persona, accollandosi tutti problemi del gruppo senza doverli condividere con gli altri… probabilmente si sentiva responsabile per la defezione di Claudio e non era solo l’egocentrismo a muoverlo… almeno volevo sperarlo.

«Puoi cantare e suonare contemporaneamente?»

«No… la batteria è uno strumento che richiede l’energia di tutto il corpo, quindi difficilmente potrei anche cantare. Mi riferisco alle incisioni dei brani; ne restano ancora un paio e potrei suonare io per poi sovraincidere la mia voce… anche perché il tempo stringe e non possiamo permetterci altre pause, o il produttore s’insospettirà.»

«Non gli hai ancora detto qualcosa?»

«No, speravo di riuscire a trovare una soluzione prima di dovergli dire tutto e scatenare qualche casino, ma posso sempre raccontare qualche frottola come una malattia improvvisa e nel frattempo continuare a cercare qualcuno che sostituisca definitivamente Claudio.»

«E se non dovessi trovarlo in tempo per la tournée?»

«A quel punto dovremmo assumere un tournista… come vedi le soluzioni si trovano Pasi, perciò smettila di flagellarti e non pensare più che sia colpa tua… e poi dimentichi che sono straordinariamente bravo! Niente si frapporrà tra me e il mio obiettivo, quest’album sarà lanciato e avrà il successo che merita!»

Sentivo emanare dall’animo di Emile un fuoco ardente, la sua ambizione e il suo desiderio di realizzarsi riuscivano ad accenderlo come nient’altro al mondo e la sicurezza che aveva in se stesso e nelle sue capacità, mi lasciava ogni volta senza parole.

«Sei sempre il solito modesto!»  Mi accoccolai di più accanto a lui, l’amavo al punto da adorare anche quel suo lato, che prima detestavo con tutta me stessa! 

«Pasi io so quanto valgo e non ne faccio mistero. La finta modestia è ipocrisia bella e buona; se sai di valere, perché devi sminuirti agli occhi degli altri? Se non credi in te stesso nessuno lo farà al posto tuo. Tu sei l’unica persona che può difenderti e farti emergere, non ti aspettare mai che qualcuno lo faccia al posto tuo!» Il suo tono era serio, ma come a contraddire le sue parole, mi strinse a sé protettivo.

«Questo lo so Emile, lo so.»

Ci fu un attimo di silenzio tra noi, immaginai che il suo pensiero fosse rivolto a sua madre, alla fragilità di Claudine che non le aveva permesso di credere in se stessa e di riprendersi una carriera già avviata  e m’incupii al pensiero di quel dolore così forte che portava dentro di sé e che non avrei mai potuto lenire.

Ma mentre ero preda della mia sensazione d’impotenza, Emile tornò a parlare: 

«Ora però, vediamo come ti difenderai da questo.» passò una mano tra i miei capelli scostandoli dal viso delicatamente, procurandomi un brivido di piacere che mi percorse tutta la schiena e che aumentò d’intensità quando sfiorò il mio orecchio con le labbra, per poi scendere sulla nuca…

«Sei proprio un diavolo rosso, mi hai preso sul punto debole!» gli dissi con un fil di voce, mentre sorridendo si gustò la sua vittoria:  ero già stata annientata prima ancora di combattere!

 

 

*****

 

­«Alberto!»

Era trascorsa una settimana da quando il padre di Emile era partito per la Francia e finalmente quel viaggio triste e doloroso era giunto al termine: quando seppi del suo ritorno mi precipitai a salutarlo e appena lo vidi corsi in sua direzione per abbracciarlo; solo in quel momento mi resi conto di quanto mi fosse mancato.  «Bambina mia!»

Con un’espressione felice e carica d’affetto mi circondò con il suo caldo abbraccio da padre, regalandomi in un attimo tutta la sua gioia di vedermi.

«Mi sei mancato tanto!»

«Pensavo che non avresti avuto il tempo di sentire la mia mancanza; evidentemente Emile non ti ha intrattenuto come si deve!»

Eccolo lì sempre pronto a fare qualche battuta che mi facesse diventare un peperone! Se la rise della grossa prima di aggiungere: «Anche tu mi sei mancata piccola, non vedevo l’ora di tornare dalla mia famiglia.» Amavo quell’uomo sempre di più. Aveva appena perso la sua ragione di vita eppure riusciva ancora a donare calore e affetto e a dire una frase simile, che mi commosse nel profondo. Mi strinsi di più a lui, per bearmi di quell’affetto che sapeva donarmi.

«Grazie»

«Di cosa, Pasi?»

«Per avermi incluso nella famiglia.»

Con un gesto che lo accomunava a suo figlio, mi accarezzò la testa affettuosamente  prima di rispondermi.

«Dopo aver vissuto per qualche giorno in un altro ambiente, posso dire con certezza che i legami familiari non sono solo questione di sangue bambina mia… e tu hai il pieno diritto di far parte di questa famiglia.» Quella frase mi riportò al presente e al motivo per cui Alberto era andato via:

«Com’è andata in Francia? Sei riuscito a parlare con loro

Non riuscivo a dire “la famiglia di Claudine”, perché nominare il suo nome davanti a lui mi sembrava una pugnalata diretta al suo cuore.

«Diciamo di sì… e no.» Alberto si staccò dal mio abbraccio e mi fece accomodare per potermi raccontare com’erano andate le cose in Francia.

«Sono andato lì perché volevo dire loro personalmente di Claudine. Non hanno dato segno di aver ricevuto il mio telegramma, quindi ho voluto vedere di persona se l’avevano ignorato o se non fosse mai arrivato.» Il viso di Alberto s’incupì: Emile odiava il ramo familiare francese ma suo padre, sempre così gioioso e amorevole, sempre così buono e affettuoso, come considerava la famiglia che aveva ripudiato sua moglie?

«La nonna di Claudine ha lasciato la sua casa in eredità ad Odette, la sorella maggiore di ma chère, così tornando in quella casa dopo tanti anni, mi sono trovato ad affrontare lei.»

La sorella maggiore di Claudine… mi chiesi immediatamente che aspetto potesse avere e che tipo di donna fosse.

«Odette sapeva, le era giunto il telegramma, ma non ha nemmeno avvisato i suoi fratelli e l’ha gettato via, come un qualsiasi oggetto privo di valore.»

«Ma non è possibile! Era sua sorella! Perché comportarsi così? Non è possibile!» Automaticamente pensai alla mia di sorella e al senso di colpa che mi avrebbe accompagnato per sempre, per non esserle stata accanto… come poteva Odette, non sentirsi minimamente in colpa? Aveva allontanato Claudine per tutta la vita e anche nel saperla morta continuava a comportarsi come se sua sorella non fosse mai esistita!

«Odette serba rancore verso Claudine: ma chère era la più piccola e la loro madre la riempiva di attenzioni… soprattutto perché era figlia di un uomo che doveva aver amato profondamente. La madre di Claudine era stata cacciata dal marito a causa del suo adulterio e tornò a casa dei genitori con la bambina piccola e la vergogna addosso. Anche se non aveva mai mostrato un segno di pentimento per quello che aveva fatto. Odette però non glielo perdonò mai, o meglio, scaricò le colpe dello sfaldamento della sua famiglia su Claudine, testimonianza vivente dell’adulterio di sua madre.»

«Ma Claudine non aveva alcuna colpa!»

«Lo so, ma Odette ha preferito odiare sua sorella piuttosto che sua madre.»

«Al punto da non volerla nemmeno salutare un’ultima volta?»

«Già… ho incontrato anche suo fratello Jacques, che invece sembrava sinceramente dispiaciuto ed era arrabbiato con Odette per non aver detto nulla in tempo per il funerale… Mi ha detto che ha intenzione di venire a trovare Claudine, prossimamente.»  

Lo sapevo che non erano tutti delle iene!

«Che bello! Allora Claudine non era odiata da tutta la sua famiglia! Sono così felice che ci sia un fratello che le voleva bene! Ma perché non si è mai fatto sentire prima d’ora?»

«Jacques non ha vissuto molto con Claudine, per cui non ha instaurato un forte legame nei suoi confronti... però a modo suo le voleva bene, anche se non al punto da sentirla o da venire a trovarla… evidentemente ora si è reso conto di aver perso l’opportunità di conoscerla davvero e vuole rimediare.» Proprio com’era accaduto a me con mia sorella… Il mio pensiero si spostò repentinamente su un altro problema spinoso:

«Emile che ne pensa?» Temevo di sapere già la risposta, ma attesi la conferma dalla voce di Alberto.

«Mio figlio non vuole avere nulla in comune con quella parte della sua famiglia; non era d’accordo che andassi in Francia da loro e ovviamente non è affatto d’accordo all’idea di vedere qualsiasi parente di quel ramo familiare.»

Sospirai… Emile era sempre il solito testardo, chiuso nel suo rancore, che non ammetteva cedimenti e/o aperture di sorta.

«Bambina mia, lo sai com’è fatto quel testone, però io sono ottimista: Jacques è una brava persona… un po’ sulle nuvole a volte, ma è di buon cuore e saprà conquistarsi l’affetto di quel cocciuto figlio che mi ritrovo.»

«Lo spero davvero… è pur sempre un legame con Claudine, hanno lo stesso DNA! Sono d’accordo quando dici che la famiglia non è solo questione di sangue, ma c’è anche quello! E quando qualcuno della tua famiglia mostra di tenerci a te, non è giusto respingerlo, è una cattiveria gratuita, è sputare su un tesoro inestimabile!»

Mi resi conto di essermi agitata nel parlare: ciò che avevo appena detto risuonava in me perché mi sentivo coinvolta in quella situazione. Se mia madre o mio padre avessero fatto un solo passo per venirmi incontro, li avrei accolti a braccia aperte e non potevo minimamente pensare che Emile rifiutasse a priori la dimostrazione d’affetto di un suo familiare.

«Lo so piccola, condivido pienamente le tue idee ed è per questo motivo che sono andato in Francia: la famiglia di Claudine non è piccola e al suo interno ci sono delle persone davvero belle e valide, non voglio che Emile li detesti per principio senza conoscerli veramente e sarò più che felice di ospitare chiunque di loro decida di venire qui da noi.»

Era la prima volta che vedevo Alberto così fermo e deciso: il suo temperamento gioioso e allegro lo faceva apparire una persona  che non badasse molto ai problemi della vita, ma quando era necessario, quell’uomo sapeva essere serio e determinato al pari di suo figlio: più li conoscevo e più mi rendevo conto di quanto quei due si somigliassero.

«Ti aiuterò anch’io, farò quel che potrò affinché Emile impari ad accettare la sua famiglia, o almeno i membri degni del suo affetto.»

«Grazie bambina mia, sapevo di poter contare su di te.»

 











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*Citazione per gentile concessione di Rei Kashino







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NDA
Eccoci qui con un nuovo capitolo: questo è un pò più corto del precedente, ma ieri mi sono resa conto di averne scritto uno anche più lungo tra i prossimi a venire... sto diventando logorroica??? O_o
Ormai siamo alle battute finali, anche se ancora non posso essere certa del numero totale di capitoli che comporranno questa storia. Di certo ce ne saranno 26, ma visto che due mesi fa l'avevo conclusa a 19 e a distanza di sessanta giorni se ne sono aggiunti 7, direi che è ancora tutto da vedere xD
La storia è abbastanza chiara nella mia mente, per cui la quantità di capitoli dipenderà solo dalla mia predisposizione a dilungarmi o meno in alcune situazioni. ^ ^


Angolo dei Ringraziamenti
Cosa potrei dire ormai che non vi abbia detto finora? DANKE, perchè in tedesco ancora non vi avevo ringraziato xD
Grazie alla mia Beta
Iloveworld, che ultimamente ha cambiato nick, ed ora è Fiorella Runco, ma che per me resta comunque la mia tomodachi, con cui divivdere la passione per la scrittura e per gli anime e che è sempre la prima della lista nell'infondermi sostegno ed entusiasmo per ciò che scrivo.
Grazie mille alle mie sorelle affezionate: Saretta, Niky,
Vale, Concy sempre presenti, sempre entusiaste e pronte ad infondermi la voglia di continuare e fare sempre meglio <3Grazie mille anche alle sister "sporadiche": Cicci, Ana-chan, Ely, che mi sostengono in silenzio <3
Grazie a Prim, che mi segue da tempo e che ha scoperto di avere il simil-Emile proprio dalle parti sue *me andrà a trovare Prim un giorno di questi*

E un Grazie anche a Dreamer_on_heart, la cui recensione sotto lo scorso capitolo, mi ha lasciato davvero commossa e orgogliosa di me!


Un Grazie immenso va anche a tutte voi che avete inserito questa storia tra le preferite, tra le ricordate, tra le seguite:
kiki0882, lorenzabu
, samyolivieri, Tattii, Thebeautifulpeople, Aly_Swag, ArchiviandoSogni_, green apple, Ami_chan, cara_meLLo, cris325, Drama_Queen, nickmuffin, Origin753, petusina, roxi, sel4ever, Veronica91, _Grumpy, _Calypso_

ARIGATOU GOZAIMASU!!!!

   
 
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