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Autore: Aerith1992    10/12/2011    3 recensioni
In un mondo fatto di magia, differenze ben marcate dalla forza delle persone in terra di nessuno, dove non esiste una legge, non esiste altro modo di sopravvivere se non fidandosi solo di se stessi e sfruttando al massimo la propria forza. Chi nasce debole non ha futuro davanti a sé oppure… può trasformarsi in un demone, essere odiato dagli umani, costretto ad una vita di solitudine.
Arthur è un demone. Viaggia da solo da ormai 50 anni quando trova in una foresta un bambino abbandonato. Non volendo che il bambino, Alfred, muoia o diventi un demone come lui, decide di adottarlo.
Strane forze si mettono in moto nel mondo intorno a Arthur ed Alfred.
[pairings solo in seguito!]
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Di amore e guerra

Capitolo 1 - Un tempo lontano, la sensazione dimenticata

 

Era il 4 luglio secondo il calendario dei Grandi Regni il giorno in cui la vita di Arthur cambiò irrimediabilmente, dopo 50 anni di lungo vagare.

Era partito quando ne aveva solo 10 e nessuno che avesse cura di lui. Adesso secondo gli umani avrebbe avuto l'autorevole e veneranda età di 60 anni, grazie alla quale sarebbe stato sicuramente rispettato per essere sopravvissuto con le sole propri forze per così tanto tempo. Eppure non c'era un singolo filo grigio nella sua capigliatura dorata. Non un singolo pelo era cresciuto sul volto imberbe se non quelli che insieme costituivano le enormi sopracciglia che adombravano gli occhi verdi, gli unici che rivelavano nella loro profondità la vera età di Arthur. Nessuna ruga segnava il suo volto giovanile dai tratti abbastanza dolci. Il suo corpo era come quello di un ragazzo appena alla fine dell'età dello sviluppo, potente e nel pieno delle sue facoltà, anche se magro e poco muscoloso. Sicuramente l'aspetto sempre giovanile era uno dei lati positivi dell'essere un demone, al prezzo però della solitudine di una vita immortale e di una vita "dannata". Dannata a causa degli umani che li mantenevano alla larga e dalla scarsità di altri demoni.

Solo ed immortale, legato a niente e nessuno, non appena era diventato un demone aveva deciso di vedere il mondo. Non solo le sue capacità offensive e difensive ma anche quelle magiche erano aumentate esponenzialmente così, finalmente capace di provvedere a se stesso autonomamente, la decisione era stata più che facilitata. Del resto, cos'altro avrebbe potuto fare in una vita infinita? In 50 anni di vagabondaggio aveva visitato i Grandi Regni e la Terra di nessuno, dove lui era nato e vissuto fino ad allora, dalle colossali montagne all'immenso oceano, così pericoloso che nessuno aveva mai osato avventurarvicisi, di fronte al quale aveva giurato a se stesso che un giorno sarebbe tornato per sfidarlo. Aveva anche imparato a leggere e scrivere, azioni completamente sconosciute nella Terra di nessuno.

Quel 4 luglio Arthur si svegliò ancora prima del Sole. Il suo riposo era stato costellato da sogni fin troppo strani e non appena si era svegliato si era alzato dal suo giaciglio, una serie di rami di una quercia intricati tra di loro, posto sicuro per proteggersi dagli animali della foresta della Terra di nessuno, provando una sensazione di allerta. Non era solo lui. Gli animali notturni, che proprio a quell’ora ritornavano nei propri nidi e tane, non emettevano un verso. Nemmeno l’allodola, adesso che si stava schiarendo il cielo, si sentiva cantare. Gli animali erano molto più sensibili a ciò che accadeva intorno a loro, Arthur lo sapeva bene e per questo avanzò con circospezione tra le querce, leggero e silenzioso come un gatto. Fu solo quando il Sole iniziò a fare la sua apparizione tra le fronde degli alberi tanto fitte che quasi coprivano il cielo che Arthur capì in parte quale era la causa. Sul terreno nello spazio vuoto fra gli alberi, giaceva un piccolo cumulo di coperte di lana celeste. Arthur le osservò attentamente e vi si avvicinò piano. Le coperte si mossero e Arthur vide sbucare dal loro interno il faccino tondo di un bambino che lo osservò con i suoi occhioni azzurri.

Un bambino abbandonato, nel mezzo della foresta. Un villaggio doveva essere lì vicino, e i suoi abitanti dovevano aver considerato quel piccolo bambino nato da poco troppo fragile per crescere e sopravvivere. In un flash improvviso ad Arthur sembrò di rivedere se stesso a 10 anni, quando avevano deciso che era solo un peso per il suo villaggio. Ricordò i momenti di terrore ed i momenti dolorosi che aveva dovuto passare, seguiti poi dalla sua trasformazione in demone. E poi, la solitudine. Gli umani erano terrorizzati da qualcuno che poteva rubargli tutto il cibo perché più potente di loro e non avevano perso tempo a cacciarlo a causa della sua natura.

Il bambino si mosse ancora, come per attirare la sua attenzione. Arthur si riscosse dai suoi pensieri e vi si avvicinò, osservandolo meglio. Era così piccolo, pensò. Le piccole mani del bambino sbucarono dalle coperte tendendo verso Arthur, come per invitarlo ad abbracciarlo. Il demone non sapeva come reagire. Con la massima cautela, come se il piccolo fosse un animale selvatico pronto a graffiarlo in ogni momento, lo sollevò da terra e lentamente lo avvicinò al petto. Le manine si strinsero immediatamente al tessuto che lo ricopriva, come a non volerlo lasciando andare mai più e, poggiato il volto proprio sopra dove batteva il cuore, il bambino si addormentò. Fu in quel momento che Arthur decise: quel bambino, così affettuoso con un demone, così piccolo, così fragile, non si meritava quello che gli era successo. Non si meritava di morire di fame o per azione degli animali selvatici, né di vivere una vita solitaria da demone. L’avrebbe cresciuto lui.  Avrebbe avuto vita davanti a sé, come meritava e Arthur sarebbe stato al suo fianco per accompagnarlo.

Stabilito ciò, iniziò a pensare di cosa avrebbe avuto bisogno. Cibo e acqua sicuramente, un posto dove stare... Sicuramente non avrebbe potuto viaggiare per lungo tempo. Una sistemazione fissa sarebbe stata la cosa migliore per il piccolo. Una casa. L'immagine di una radura poco lontano da lì, che aveva visto appena il giorno prima, gli balenò nella mente. La radura era vicina ad un fiume e un posto abbastanza tranquillo, nascosto dalla foresta. Era il posto più adatto.

Arthur si incamminò verso la radura con il bambino in braccio, talmente concentrato su di lui che a malapena si accorse che i suoni e rumori degli animali erano ripresi. I suoi occhi, le sue orecchie e la sua mente erano tutte per il piccolo che dormiva beatamente. Ora gli mancava solo un nome. Se la madre gliene avesse dato uno, Arthur non poteva saperlo. Era nella Terra di nessuno e sarebbe stato perciò improbabile trovare un nome scritto tra le coperte. Gli occhi di Arthur vagarono su di esse, ma niente; il compito di dare un nome al bambino sarebbe stato suo. Scartò immediatamente i nomi dei suoi fratelli. Nessuno di essi per lui era stato abbastanza meritevole. Decise invece di sceglierlo tra i nomi usati nei Grandi Regni. Voleva un nome che facesse subito venire in mente la forza fisica e d'animo. Un nome, un destino, dicevano da quelle parti.

Il vecchio re di uno dei Grandi Regni gli venne in mente: era morto da poco ma Arthur aveva avuto la possibilità di vederlo. Era diventato famoso per la sua saggezza nel gestire il suo Regno; il suo nome era Alfred il Grande.

- Alfred- sussurrò Arthur. -Ti chiamerai Alfred.

Il bambino continuò a dormire senza nemmeno muoversi.

Mentre il mondo trovava spazio per accogliere una nuova vita grazie all’intervento del demone Arthur altre forze si mettevano in gioco. Segreti che non sarebbero mai dovuti esistere erano nati e subito nascosti ma non lo sarebbero stati ancora per molto. Si sa, per questo esistono: per essere svelati. La percezione di qualcosa di diverso nell’atmosfera aveva già raggiunto gli animali ed altri esseri ne avevano colto i segni.

Non era saggio però indugiare nell’attesa di qualcosa del quale nemmeno si sapeva l’identità. Gli animali tornarono presto alle loro attività quotidiane e il così definibile incidente venne presto dimenticato: del resto, ciò che sarebbe successo sarebbe potuto essere qualcosa di catastrofico come una guerra o talmente leggero che nessuno l’avrebbe mai potuto notare, come il battito d’ali di una farfalla. Ma chissà, forse anche quel leggero battito condizionava a modo suo un intero mondo.

I demoni più anziani avevano rimosso la sensazione dalle loro menti, ma mai dimenticata. Qualche demone che non aveva nulla da fare era partito per scoprire cosa fosse; che alcuni poi dopo anni avevano dimenticato il motivo del viaggio è tutt’altra storia. Un gruppo di umani nella Terra di nessuno aveva trovato in essa una via per esaudire il loro più grande desiderio e i loro figli ne avrebbero presto risentito.

Niente di rilevante accadde però quel giorno: il Sole continuò il suo giro intorno alla Terra imperterrito, dettando l’inizio, la durata e la fine delle attività giornaliere. Nella Terra di nessuno continuò come sempre la tenace lotta degli uomini per la sopravvivenza, nei Grandi Regni furono aperti mercati, negozi, i campi furono coltivati con cura. Niente di eclatante.

Il mondo giaceva ancora in un perfetto equilibrio. O forse no. Gli umani non possono fare altro che rendersi conto di alcuni eventi solo dopo che sono accaduti. Lasciamoli perciò ignari del fatto che qualcosa invece si è mosso, qualcosa che ha intaccato l’equilibrio come una piccolissima, quasi invisibile, crepa in un vetro.

Adesso però insieme ai personaggi che già conoscete ed altri che presto vi saranno presentati, anche voi lettori godete con me, il vostro narratore, della calma che regna. I grandi cambiamenti sono dietro l’angolo, non allungate il passo. Cose da raccontare ce ne sono a bizzeffe, perciò non siate impazienti.

Vi attendo con impazienza al prossimo capitolo.

  
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