Di amore e guerra
Capitolo 1 - Un tempo lontano, la sensazione
dimenticata
Era il 4 luglio secondo
il calendario dei Grandi Regni il giorno in cui la vita di Arthur cambiò
irrimediabilmente, dopo 50 anni di lungo vagare.
Era partito quando ne
aveva solo 10 e nessuno che avesse cura di lui. Adesso secondo gli umani
avrebbe avuto l'autorevole e veneranda età di 60 anni, grazie alla quale
sarebbe stato sicuramente rispettato per essere sopravvissuto con le sole
propri forze per così tanto tempo. Eppure non c'era un singolo filo grigio
nella sua capigliatura dorata. Non un singolo pelo era cresciuto sul volto
imberbe se non quelli che insieme costituivano le enormi sopracciglia che
adombravano gli occhi verdi, gli unici che rivelavano nella loro profondità la vera
età di Arthur. Nessuna ruga segnava il suo volto giovanile dai tratti
abbastanza dolci. Il suo corpo era come quello di un ragazzo appena alla fine
dell'età dello sviluppo, potente e nel pieno delle sue facoltà, anche se magro
e poco muscoloso. Sicuramente l'aspetto sempre giovanile era uno dei lati
positivi dell'essere un demone, al prezzo però della solitudine di una vita
immortale e di una vita "dannata". Dannata a causa degli umani che li
mantenevano alla larga e dalla scarsità di altri demoni.
Solo ed immortale,
legato a niente e nessuno, non appena era diventato un demone aveva deciso di
vedere il mondo. Non solo le sue capacità offensive e difensive ma anche quelle
magiche erano aumentate esponenzialmente così, finalmente capace di provvedere
a se stesso autonomamente, la decisione era stata più che facilitata. Del
resto, cos'altro avrebbe potuto fare in una vita infinita? In 50 anni di
vagabondaggio aveva visitato i Grandi Regni e la Terra di nessuno, dove lui era
nato e vissuto fino ad allora, dalle colossali montagne all'immenso oceano,
così pericoloso che nessuno aveva mai osato avventurarvicisi, di fronte al
quale aveva giurato a se stesso che un giorno sarebbe tornato per sfidarlo.
Aveva anche imparato a leggere e scrivere, azioni completamente sconosciute
nella Terra di nessuno.
Quel 4 luglio Arthur si svegliò ancora prima del Sole. Il suo riposo era
stato costellato da sogni fin troppo strani e non appena si era svegliato si
era alzato dal suo giaciglio, una serie di rami di una quercia intricati tra di
loro, posto sicuro per proteggersi dagli animali della foresta della Terra di
nessuno, provando una sensazione di allerta. Non era solo lui. Gli animali
notturni, che proprio a quell’ora ritornavano nei propri nidi e tane, non
emettevano un verso. Nemmeno l’allodola, adesso che si stava schiarendo il
cielo, si sentiva cantare. Gli animali erano molto più sensibili a ciò che
accadeva intorno a loro, Arthur lo sapeva bene e per questo avanzò con
circospezione tra le querce, leggero e silenzioso come un gatto. Fu solo quando
il Sole iniziò a fare la sua apparizione tra le fronde degli alberi tanto fitte
che quasi coprivano il cielo che Arthur capì in parte quale era la causa. Sul
terreno nello spazio vuoto fra gli alberi, giaceva un piccolo cumulo di coperte
di lana celeste. Arthur le osservò attentamente e vi si avvicinò piano. Le
coperte si mossero e Arthur vide sbucare dal loro interno il faccino tondo di
un bambino che lo osservò con i suoi occhioni azzurri.
Un bambino abbandonato,
nel mezzo della foresta. Un villaggio doveva essere lì vicino, e i suoi
abitanti dovevano aver considerato quel piccolo bambino nato da poco troppo
fragile per crescere e sopravvivere. In un flash improvviso ad Arthur sembrò di
rivedere se stesso a 10 anni, quando avevano deciso che era solo un peso per il
suo villaggio. Ricordò i momenti di terrore ed i momenti dolorosi che aveva
dovuto passare, seguiti poi dalla sua trasformazione in demone. E poi, la
solitudine. Gli umani erano terrorizzati da qualcuno che poteva rubargli tutto
il cibo perché più potente di loro e non avevano perso tempo a cacciarlo a
causa della sua natura.
Il bambino si mosse
ancora, come per attirare la sua attenzione. Arthur si riscosse dai suoi
pensieri e vi si avvicinò, osservandolo meglio. Era così piccolo, pensò. Le
piccole mani del bambino sbucarono dalle coperte tendendo verso Arthur, come
per invitarlo ad abbracciarlo. Il demone non sapeva come reagire. Con la
massima cautela, come se il piccolo fosse un animale selvatico pronto a
graffiarlo in ogni momento, lo sollevò da terra e lentamente lo avvicinò al
petto. Le manine si strinsero immediatamente al tessuto che lo ricopriva, come
a non volerlo lasciando andare mai più e, poggiato il volto proprio sopra dove
batteva il cuore, il bambino si addormentò. Fu in quel momento che Arthur
decise: quel bambino, così affettuoso con un demone, così piccolo, così
fragile, non si meritava quello che gli era successo. Non si meritava di morire
di fame o per azione degli animali selvatici, né di vivere una vita solitaria
da demone. L’avrebbe cresciuto lui.
Avrebbe avuto vita davanti a sé, come meritava e Arthur sarebbe stato al
suo fianco per accompagnarlo.
Stabilito ciò, iniziò a
pensare di cosa avrebbe avuto bisogno. Cibo e acqua sicuramente, un posto dove
stare... Sicuramente non avrebbe potuto viaggiare per lungo tempo. Una
sistemazione fissa sarebbe stata la cosa migliore per il piccolo. Una casa.
L'immagine di una radura poco lontano da lì, che aveva visto appena il giorno
prima, gli balenò nella mente. La radura era vicina ad un fiume e un posto
abbastanza tranquillo, nascosto dalla foresta. Era il posto più adatto.
Arthur si incamminò
verso la radura con il bambino in braccio, talmente concentrato su di lui che a
malapena si accorse che i suoni e rumori degli animali erano ripresi. I suoi
occhi, le sue orecchie e la sua mente erano tutte per il piccolo che dormiva
beatamente. Ora gli mancava solo un nome. Se la madre gliene avesse dato uno,
Arthur non poteva saperlo. Era nella Terra di nessuno e sarebbe stato perciò
improbabile trovare un nome scritto tra le coperte. Gli occhi di Arthur
vagarono su di esse, ma niente; il compito di dare un nome al bambino sarebbe
stato suo. Scartò immediatamente i nomi dei suoi fratelli. Nessuno di essi per
lui era stato abbastanza meritevole. Decise invece di sceglierlo tra i nomi
usati nei Grandi Regni. Voleva un nome che facesse subito venire in mente la
forza fisica e d'animo. Un nome, un destino, dicevano da quelle parti.
Il vecchio re di uno
dei Grandi Regni gli venne in mente: era morto da poco ma Arthur aveva avuto la
possibilità di vederlo. Era diventato famoso per la sua saggezza nel gestire il
suo Regno; il suo nome era Alfred il Grande.
- Alfred- sussurrò
Arthur. -Ti chiamerai Alfred.
Il bambino continuò a
dormire senza nemmeno muoversi.
†
Mentre il mondo trovava
spazio per accogliere una nuova vita grazie all’intervento del demone Arthur
altre forze si mettevano in gioco. Segreti che non sarebbero mai dovuti
esistere erano nati e subito nascosti ma non lo sarebbero stati ancora per
molto. Si sa, per questo esistono: per essere svelati. La percezione di
qualcosa di diverso nell’atmosfera aveva già raggiunto gli animali ed altri
esseri ne avevano colto i segni.
Non era saggio però
indugiare nell’attesa di qualcosa del quale nemmeno si sapeva l’identità. Gli
animali tornarono presto alle loro attività quotidiane e il così definibile
incidente venne presto dimenticato: del resto, ciò che sarebbe successo sarebbe
potuto essere qualcosa di catastrofico come una guerra o talmente leggero che
nessuno l’avrebbe mai potuto notare, come il battito d’ali di una farfalla. Ma
chissà, forse anche quel leggero battito condizionava a modo suo un intero
mondo.
I demoni più anziani
avevano rimosso la sensazione dalle loro menti, ma mai dimenticata. Qualche
demone che non aveva nulla da fare era partito per scoprire cosa fosse; che
alcuni poi dopo anni avevano dimenticato il motivo del viaggio è tutt’altra
storia. Un gruppo di umani nella Terra di nessuno aveva trovato in essa una via
per esaudire il loro più grande desiderio e i loro figli ne avrebbero presto
risentito.
Niente di rilevante
accadde però quel giorno: il Sole continuò il suo giro intorno alla Terra
imperterrito, dettando l’inizio, la durata e la fine delle attività
giornaliere. Nella Terra di nessuno continuò come sempre la tenace lotta degli
uomini per la sopravvivenza, nei Grandi Regni furono aperti mercati, negozi, i
campi furono coltivati con cura. Niente di eclatante.
Il mondo giaceva ancora in un perfetto equilibrio. O forse no. Gli umani
non possono fare altro che rendersi conto di alcuni eventi solo dopo che sono
accaduti. Lasciamoli perciò ignari del fatto che qualcosa invece si è mosso,
qualcosa che ha intaccato l’equilibrio come una piccolissima, quasi invisibile,
crepa in un vetro.
Adesso però insieme ai
personaggi che già conoscete ed altri che presto vi saranno presentati, anche
voi lettori godete con me, il vostro narratore, della calma che regna. I grandi
cambiamenti sono dietro l’angolo, non allungate il passo. Cose da raccontare ce
ne sono a bizzeffe, perciò non siate impazienti.
Vi attendo con
impazienza al prossimo capitolo.