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Autore: Endo    11/12/2011    4 recensioni
Si sentiva un idiota.
Perché? Se glielo aveste chiesto, probabilmente non avrebbe saputo rispondere.
Era perché gli dispiaceva aver mentito al suo migliore amico? O perché stava realizzando che non era affatto contento del fatto che lui se la fosse bevuta così facilmente?
Come si fa ad essere così ingenui?
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mark/Mamoru, Nathan/Ichirouta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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One person can make you smile.

First half of the smile.


Silenzio.
 
Ok, c’era anche il ticchettio dell’ orologio da parete e il canto degli uccellini fuori dalla finestra ma per il resto silenzio.
Ogni cosa sembrava far bene attenzione a non romperlo. Eccetto. Per. L’ unica persona presente nella stanza, a cui non interessava minimamente il sacro silenzio mattutino.
 
Kazemaru, o meglio, il respiro di Kazemaru rompeva il silenzio ad intervalli regolari. Placidamente e lievemente, appena percettibile all’orecchio, segno che il sopracitato stava dormendo.
Come se non bastasse ad irrompere il bel quadretto serafico arrivò presto un raggio di sole che, con tutta la sua arroganza, centrò in pieno il viso del ragazzo.
 
“Hnnn...” mugugnò il suddetto e tentò di coprirsi con le coperte per evitare il contatto col raggio di sole che osava disturbare il suo sonno.
 
Ma questo aveva chiamato rinforzi.
Eh si, ora i raggi di sole erano due, tre, quattro.
Illuminavano tutta la stanza filtrando dalla finestra, scampando alle tende, facendo parecchia luce per essere solo i primi raggi del sole mattutino, tanto che il nostro Kazemaru dovette rinunciare all’idea di dormire ancora.
 
Si mise a sedere sbadigliando, si stiracchiò con calma e aprì un occhio alla volta.
Sporse i piedi oltre il bordo del letto ma appena questi vennero a contatto col freddo pavimento si chiese se era veramente il caso di trascinarsi fino a scuola.
 
Guardò la sveglia e contorse i muscoli della faccia in una bella smorfia nel vedere, con profonda amarezza, che erano solo le 6:30.
Ed ecco spiegato perché non aveva sentito quel fastidioso rumore intermittente che annuncia che è mattina.
Ma ormai di tornare a dormire non se ne parlava quindi optò per andare a farsi una doccia, prepararsi e uscire con tutta calma.
Poi, se anche muovendosi più lentamente di una tartaruga sarebbe stato ancora troppo presto avrebbe volentieri riposato gli occhi sul banco prima dell’ inizio delle lezioni.
 
Premette il tasto sopra la sveglia con noncuranza per evitare che suonasse anche se lui era già sveglio -cosa che sarebbe risultata alquanto fastidiosa- e si avviò verso il bagno facendo attenzione a non far pesare troppo i suoi passi.
 
Una volta dentro chiuse la porta e raccolse qua e là degli asciugamani puliti, si levò il maglione extraextralarge e i calzoncini che usava come pigiama lasciando che scivolassero sul pavimento. Regolò l’ acqua e ci si fiondò sotto senza nemmeno aspettare che raggiungesse una temperatura decentemente calda.
 
Col cervello non ancora del tutto in funzione Kazemaru non aveva nemmeno la voglia di pensare.
Quindi nella sua testa in quel preciso istante vi era il nulla assoluto, che dava una piacevole sensazione di relax a cui non era perfettamente abituato.
Ma che ci volete fare, far parte della squadra vincitrice del Football Frontier International ha il suo prezzo. E’ difficile avere momenti di totale e dolce far niente, specialmente quando stai anche preparando gli esami per il diploma.
O almeno così Kazemaru illudeva se stesso.
 
Con movimenti automatici e abitudinari si lavò e si asciugò senza nemmeno rendersene conto, poi avvolto negli asciugamani scivolò nella sua camera.
Tra uno sbadiglio e l’ altro si asciugò i capelli, si infilò la divisa, prese la borsa e uscì di casa.
Si sentiva troppo apatico persino per fare colazione o avvisare i suoi che stava andando a scuola.
 
Non che normalmente facesse nessuna delle due cose.
Non fraintendete, Kazemaru era un gran bravo ragazzo, ma i suoi genitori lavoravano all’ estero e la maggior parte delle volte uscivano quando ancora lui ancora dormiva lasciando un post-it colorato sul frigo ogni tanto. Così semplicemente non era abituato né a salutare, perché non c’era nessuno da salutare, né a fare a colazione, perché non c’era nessuno a preparargliela. E lui non ne aveva una gran voglia.
Non era mai stato un tipo mattiniero.
 
Mise le mani in tasca e si perse nei suoi pensieri. In quei giorni accusava uno strano senso di solitudine, una bizzarra sensazione di vuoto alla bocca dello stomaco che si propagava per tutto il corpo, iniziata più o meno da quando erano tornati dalla Liocott Island.
 
Ognuno era tornato alla propria vita di tutti i i giorni e ovviamente lo aveva fatto anche Kazemaru. Solo che per lui era stato particolarmente difficile. Una specie di trauma, forse. Diciamo nel senso più leggero della parola che riuscite a immaginare.
 
Da quando il campionato  mondiale era terminato insieme a lui lo erano anche tutte le visite dei suoi amici che non frequentavano la Raimon, gli allenamenti quotidiani, le sfide con le altre scuole e le avventure da vivere insieme ai suoi compagni. Ne sentiva terribilmente la mancanza.
 
E poi, si era ritrovato un sacco di tempo libero e non sapeva che farci. Lo avrebbe voluto passare coi suoi amici incontrati durante l’ FFI ma erano lontani km, o con quelli della Inazuma Japan ma senza gli allenamenti e con gli esami a mettersi in mezzo si erano persi di vista.
 
Poi, optare per gli altri suoi amici della scuola come i suoi ex compagni del club di atletica proprio non se ne parlava, si stavano allenando duramente per le prossime gare..Non se la sentiva di disturbarli.
I suoi genitori erano sommersi di lavoro, quindi anche i pomeriggi in famiglia erano da eliminare dalla lista.
E allora che avrebbe fatto? Si chiedeva.
La risposta era...Niente.
Non avrebbe fatto niente.
Magari avrebbe studiato un po’ ma per il resto tutto ciò che rimaneva era il niente.
Una prospettiva allettante eh?
 
Sospirò e continuò a camminare, varcando il cancello principale della sua scuola, ancora vuota e silenziosa.
Era arrivato troppo presto, prevedibile. Si fermò e si passò una mano nei capelli riflettendo.
Gli venne un’ idea, una piccola stupida autolesionistica idea.
I suoi piedi però la seguirono e lo guidarono verso la vecchia sede del club di calcio ormai in disuso.
Si fermò davanti alla porta scorrevole, accarezzò con una mano la tavoletta di legno che gli portava così tanti ricordi alla mente e sorrise malinconico. Ormai tutto quello che aveva passato non erano altro che dei bei ricordi, un mucchio di belle storie da raccontare ai nipoti da vecchi.
Ma Kazemaru non si sentiva ancora pronto a lasciar andare il passato.
 
Aprì la porta della sede con forza e non si curò di chiuderla, si guardò intorno nostalgico per un momento poi si accovacciò su una delle poche, vecchie e scricchiolanti sedie. Dopo un minuto era appoggiato al tavolino di fronte a lui con la testa comodamente adagiata sulle braccia.
Sentendo le palpebre improvvisamente pesanti chiuse gli occhi e si abbandonò ai ricordi, lasciando che lo cullassero dolcemente tra le braccia di Morfeo.
 
In principio fece un bel sogno. C’ erano tutti i suoi amici: quelli di Inazuma-cho, quelli incontrati in giro per il Giappone e quelli conosciuti durante i mondiali di calcio giovanile. Tutte le facce che potesse ricordare e anche quelle che credeva di aver dimenticato. Tutti in cerchio in un enorme campo da calcio.
Riuscite a immaginarlo?
 
E lui era lì, a ridere e scherzare con tutti, più allegro che mai.
Ahimè, d’un tratto sentì l’ impellente bisogno di sapere chi si trovava al centro di quel cerchio, non sapeva perché ma era come se ne avvertisse la presenza. La presenza di quella persona.
Si guardò in torno disorientato, rendendosi improvvisamente conto che tutti i suoi amici erano tutti in coppie o in gruppi di tre elementi. C’erano Hiroto e Midorikawa abbracciati, per esempio.
 
Ma questo non stupì più di tanto Kazemaru, in fondo quei due stavano sempre insieme.
Una volta gli era capitato di sentire Midorikawa al telefono e mentre stavano parlando del più e del meno era subentrato Hiroto e avevano iniziato a parlare tra loro, così alla fine aveva dovuto chiudere. Non ci era rimasto male ma da come parlavano sembravano piuttosto, ecco, intimi.
 
Ma c’erano anche persone di cui non sapeva un granché come Hera e Aphrodi, gli ex attaccanti di punta della Zeus e Marco e Gianluca della Nazionale Italiana.
E questo era strano.
Insomma, che ci facevano tutti vicini? E con vicini intendo Vicini.
Rendo l’ idea?
 
Sembra una qualche sottospecie di fiera del flirt, disse fra sé e sé Kazemaru, senza nemmeno chiedersi come facesse a sapere com’era una fiera del flirt o se mai ne esistesse una.
 
Scattò in piedi.
Aveva problemi più grandi adesso.
Tutte le coppiette diventarono presto un gruppo compatto lasciandolo in disparte e impedendogli la vista sul centro del cerchio ora non più molto omogeneo...Sembrava più una ciambella uscita male.
Un po’ improbabile e ellittica.
 
Si mise a correre tra la folla, scansando le persone che si mettevano sulla sua strada senza troppi riguardi, scoprendosi sempre più voglioso e intraprendente di vedere quella persona.
Mentre avanzava sentì chiamare il suo nome, cosa che inondò il suo corpo di una nuova scarica di adrenalina.
 
Spinse i muscoli delle gambe al massimo pensando distrattamente che aver fatto parte del club di atletica dava i propri frutti nelle occasioni più inaspettate.
Si disse che non doveva mollare e corse ancora più veloce, come se vedere lui fosse la cosa più importante della sua esistenza, come i fili che tengono in vita una marionetta.
Si sentì d’un tratto vuoto e solo e iniziarono inspiegabilmente a bruciargli gli occhi.
Ma continuò a correre, ormai era vicino..!
 
Scansò l’ ultima persona che si frapponeva fra lui e il centro dei suoi pensieri negli ultimi secondi. O erano minuti? Ore? Giorni? Oppure era da mesi che i suoi pensieri ruotavano costantemente intorno a lui?
Il tempo era perso, non aveva importanza ormai.
Lui era lì.
 
 
Kazemaru si svegliò di soprassalto.
 
 
Spalancò di colpo gli occhi  ma dovette battere le palpebre più volte per mettere bene a fuoco.
Un Endo Mamoru con faccia preoccupata troneggiava sulla scena occupando gran parte del campo visivo -leggermente ristretto per via dell’ acconciatura- di cui disponeva Kazemaru.
 
Scattò indietro spaventato, a scoppio ritardato, e cadde malamente dalla sedia su cui era seduto.
Endo si sporse verso si lui e gli afferrò il braccio prima che sbattesse la testa, in uno scatto fulmineo, merito forse dei riflessi da portiere e calciatore.
“Kazemaru! Ma che stai facendo?!” gridò mettendo il broncio, lo tirò su con entrambe le mani con tanta forza da rischiare di buttarselo addosso di peso.
Era arrabbiato.
Kazemaru se n’era accorto appena i loro occhi si erano incontrati in quel brusco risveglio.
Era strano vederlo arrabbiato, lui che era sempre sorridente e allegro.
 
“E-Endo! Che ci fai qui?” balbettò il turchino spiazzato. Era in imbarazzo, senza nemmeno sapere il perché.
L’ ultima cosa che ricordava era di essersi addormentato e di aver fato uno strano sogno. Si guardò intorno rendendosi finalmente contro di dove si trovata.
Ma mentre tentava di afferrare a pieno la situazione Endo sbuffò e rispose con un tono scocciato, per niente tipico di lui “Sono stato io il primo a farti una domanda” e afferrò Kazemaru per le spalle costringendolo a guardarlo dritto nei grandi occhi nocciola “Rispondi, che stavi facendo qui?” disse lentamente con voce decisa e chiara, scandendo bene le parole.
 
“Io...Sono arrivato troppo in anticipo e facendo un giro sono capitato qui, per caso. Poi mi sono addormentato, tutto qui”
Era una mezza verità, lo sapeva anche lui. Ma andava bene.
Non se la sentiva di dire che gli era presa una fitta di nostalgia, lo avrebbe solo fatto preoccupare.
Ed era l’ ultima cosa che voleva in quel momento.
 
Distolse lo sguardo da quello del castano e fece un passo indietro, verso la parete, mentre l’ altro rispondeva “Non è da te addormentarti così...Dormi poco ultimamente?”
“Mh? Si, di recente non riesco proprio a prendere sonno” disse Kazemaru mentre le sue labbra si incurvavano in un sorriso triste.
L’ altro aprì la bocca per replicare ma la campanella lo interruppe bruscamente risuonando dall’ esterno
“Ah, scusa, ora è meglio che vada, non voglio beccarmi una sgridata per essere arrivato in ritardo” ribatté prontamente l’ altro, e corse via veloce come il vento.
 
Si sentiva un idiota.
Perché? Se glielo aveste chiesto, probabilmente non avrebbe saputo rispondere.
Era perché gli dispiaceva aver mentito al suo migliore amico? O perché stava realizzando che non era affatto contento del fatto che lui se la fosse bevuta così facilmente?
Come si fa ad essere così ingenui?
Prese un bel respiro e aprì la porta della sua classe pronto ad una di quelle sgridate dove non fai altro che sorridere e annuire, fingendoti pentito per poi concludere con una bellissima e strafinta promessa che non capiterà mai più.
Ma appena entrò nessuno fece caso a lui.
L’ insegnante era in ritardo. Che fortuna sfacciata.
Esultò mentalmente e andò a sedersi al suo posto senza compiere altro che azioni meccaniche, come un automa.
 
Appoggiò la borsa mezza vuota sul banco, salutò dei suoi compagni senza prestare particolare attenzione a quello che dicevano e si sedette. Appoggiato il gomito sopra il duro legno, adagiò la testa sopra il pugno chiuso, rivolgendo lo sguardo verso la finestra.
Ripensò a quello che era successo con Endo.
Normalmente non ci avrebbe fatto troppo caso ma aveva visto poche volte quella scintilla di preoccupazione
negli occhi del ragazzo. Corrugò le sopracciglia.
 
In quel momento gli arrivò un foglio di carta appallottolato dritto in testa e atterrò sul suo banco. Stava per girarsi verso la direzione in cui era arrivato l’ indesiderato regalo per sfogare un po’ della sua frustrazione sul malcapitato mittente ma entrò il professore che, scusatosi brevemente per il ritardo, non aspettò un secondo di più per iniziare la lezione.
Kazemaru fissò corrucciato la pallina. Gli venne in mente che poteva essere un bigliettino e lo aprì sospirando.
Sospiro che venne subito cacciato indietro appena lesse le parole scritte sul biglietto.
Erano poche e scarabocchiate frettolosamente da una scrittura goffa e familiare al difensore.
 
Dopo la scuola, al campo di calcio. Dobbiamo parlare.
 


Note Autrice:
Oooook, questo dovrebbe essere il mio debutto nella sezione di IE ma una one-shot tagliata in due perchè troppo lunga non mi sembra un buon inzio *una nuvoletta di piogga le aleggia sopra la testa* ahahahahah *risata amara*
Per chiunque sia riuscito ad arrivare fin qua dico subito un enorme Grazie °^° E un Sappi che, per tua sfortuna, non è finita! Muahahaha(?)!
Eh si ._. Questa è una oneshot ma era troppo lunga così ho deciso di tagliarla a metà, ma i lettori sono una specie intelligente, c' erano già arrivati, vero? *passa una balla di fieno*
U-Urgh...
Piuttosto! Vorrei ringraziate Editor-san con tutto il mio cuore perchè mi ha aiutata a pubblicare mettendomi coraggio (e minacciandomi di morte se non scrivevo *risata amara*) e dinuovo voi lettori che siete arriva fin qui senza vomitare! *landa desolata* Oh-oh-oh.
In sostanza, ci vediamo tra, ehm, credo tre giorni, con la prossima parte! *non c' è comunque nessuno*
E ma così mi smorzate l' entusiasmo DDDD: 
Insomma, siate clementi e, se non vi da troppi disturbi, recensite *degluttisce*
A presto, si spera *inchino*

 E n d o 
  
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