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Autore: Lexi Niger    11/12/2011    2 recensioni
Sono due storie, unite da un filo invisibile: una candela, una citazione di Shakespeare, un sogno, una generazione di distanza.
**Primo capitolo: ALGHE, di Beatriz Aldaya** (all'interno il link)
"Ti avvicini alla finestra, illuminando con la candela le acque sinistre e verdastre del lago, addormentate nella notte.
Le alghe si arricciano e aggrovigliano, fluttuanti nella leggera corrente lacustre: rimani a fissare il loro movimento, preso da una fastidiosa sensazione di déjà vu.
Chiudi gli occhi frustrato, sforzando di ricordarti quel maledetto sogno..."
**Secondo capitolo: ARSURA, di Lexi Niger**
"Con la mano tremante le scostò i capelli dietro un orecchio, accarezzandola fino a quando le dita trovarono la giugulare e si arrestarono per godere del battito accelerato del suo cuore.
«Non ho mai provato sensazioni così intese per nessuna» ammise sincero, fissandola negli occhi."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Questa one-shot è stata scritta per il contest "Vuoi ballare con me?" di Erica Weasley sul forum, a cui partecipo con la fantastica Beatriz Aldaya. Al primo turno ci siamo classificate seconde, con nostra somma gioia!
Per questa volta  non avevamo vincoli, ma abbiamo comunque deciso di darci delle linee guida comuni che rendessero le nostre storie più affini e il risultato ci ha soddisfatte.
Ecco gli elementi:

-prompt: Candela
-citazione: "Chi sei tu che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?" (W. Shakespeare)
-protagonisti: I protagonisti della mia storia appartengono alla Nuova Generazione, mentre quelli di Bea sono i rispettivi genitori appartenenti alla generazione intermedia

Se passate di qui vorrei invitarvi a leggere anche il primo capitolo di questa breve raccolta, perchè le due storie sono intimamente legate e perchè Bea è incredibilmente brava. Lo trovate qui: Alghe



Arsura

Ogni singolo muscolo doleva, rendendo persino l’atto del lavarsi quasi faticoso. Avrebbe dovuto essere una liberazione potersi rilassare sotto il getto caldo e ristoratore della doccia, ma, mentre cercava di insaponarsi la schiena, Scorpius sentiva solo un’infinita spossatezza.
Sarà il tempo, sospirò, con la stessa placida flemma degli anziani seduti sulle panchine lungo i viali alberati. Si rimproverò per quel pensiero stupido, poco calzante per un giovane attivo come lui, del tutto immune ai condizionamenti delle stagioni.
Stai diventando una femminuccia, pensò, scostando un ciuffo ribelle che gli si era incollato alla fronte, facendogli finire lo shampoo negli occhi.
Rimase ancora qualche secondo immobile, tentando di stemperare quell’insofferenza che provava e di cui non riusciva ad identificare la causa. O, forse, non voleva.
Finalmente, dopo un’ultima pigra esitazione, chiuse il getto e si avvolse rapidamente nell’accappatoio di spugna che aveva lasciato lì accanto, a portata di mano. Con gesti sbrigativi, dettati dai morsi della fame che avevano iniziato a farsi sentire, si frizionò i capelli biondi e asciugò le gocce d’acqua dispettose che erano rimaste lungo il corpo a infreddolirlo.
Avvicinandosi alle panche si denudò rapidamente, infilando boxer e pantaloni della divisa. Era ancora intento ad allacciarsi la cintura di pelle quando uno spiffero proveniente dalla porta alle sue spalle lo fece rabbrividire, strappandogli un lamento.
Si voltò subito, pronto a far scivolare fuori dalle sue pallide labbra un insulto che svanì non appena scorse la persona che era entrata nello spogliatoio.

«Rose?»
La ragazza indietreggiò impercettibilmente, mentre un evidente rossore le colorava le guance.

«Ti ho portato questo» annunciò a bassa voce, quasi tentennando, mentre esibiva il maglione della divisa di Serpeverde.
Che stupido, si rimproverò il giovane che si era completamente scordato di aver lasciato l’indumento all’amica durante gli allenamenti.
«Ho pensato che ti potesse servire» aggiunse Rose, come a voler giustificare la sua irruzione.
«Non so come farei senza di te».
Lo disse con un tono scherzoso, ma in cuor suo Scorpius sapeva che dietro quelle parole si nascondeva una sconcertante verità: la sua vita senza Rose non sarebbe stata la stessa.
La ragazza sorrise impacciata dal complimento, nel modo un po’ buffo che la contraddistingueva e che provocava a chiunque un moto di spontanea tenerezza nei suoi confronti.
Dal momento che Rose sembrava inchiodata sul posto, incapace di muovere un passo verso di lui, Scorpius le si avvicinò per farsi restituire il maglione. Fu allora che notò i tentativi di Rose di distogliere lo sguardo dal suo petto nudo per fissarlo su un punto indistinto dello spogliatoio.

«Ti metto in imbarazzo?» chiese il giovane, senza riuscire a trattenersi.
Rose lo fissò sconcertata, mentre il suo viso assumeva una tonalità ancora più accesa.

«No» si affrettò a rassicurarlo. «Solo non sono abituata a vederti mezzo nudo».
Scorpius sorrise divertito dal suo imbarazzo mal celato.

«Mi hai visto spesso in costume quando eravamo piccoli» le ricordò.
La ragazza sospirò, perdendosi in memorie del passato ed estraniandosi temporaneamente da lì.

«Appunto» esordì alla fine. «Sono trascorsi molti anni. Non siamo più gli stessi».
C’era qualcosa di fatalistico in quella frase, Scorpius lo percepì dal tono con cui venne pronunciata, che gli trasmise un senso di ineluttabilità.

«Hai ragione» si ritrovò ad ammettere. «Eri una bambina graziosa, ora sei una donna incantevole».
Rose spalancò i suoi profondi occhi azzurri, mentre la bocca si apriva e chiudeva senza emettere suono.

«Scorpius, io... » provò ad articolare un discorso sensato ma dovette rinunciare perché il giovane la interruppe.
«Mi piaci, Rose» confessò prima che il coraggio lo abbandonasse e quell’occasione andasse sprecata. «Non so com’è successo, né quando, ma mi sono innamorato di te. Perdutamente».
«Io non so.. » biascicò la ragazza incerta. «Noi siamo amici».
«E lo saremo ancora» confermò Scorpius per non spaventarla. «Ma non passa giorno senza che io mi chieda quanto le tue labbra siano morbide, quale sapore abbia un tuo bacio, quanto sia morbida la pelle del tuo collo».
Con la mano tremante le scostò i capelli dietro un orecchio, accarezzandola fino a quando le dita trovarono la giugulare e si arrestarono per godere del battito accelerato del suo cuore.

«Non ho mai provato sensazioni così intese per nessuna» ammise sincero, fissandola negli occhi.
Rose rimase immobile, stordita da quella dichiarazione inattesa.
Scorpius si beò di quello stupore per qualche secondo, esitando, poi decise che l’urgenza di baciarla sovrastava qualsiasi buon senso dettato dalla ragione. Avrebbe preso un sonoro schiaffo, forse avrebbe rovinato il loro rapporto, ma aveva bisogno di provarci per non impazzire.
Si avvicinò con calma, intimorito dalla possibile reazione di Rose, che tuttavia non si scostò né indietreggiò.
Le loro labbra si incontrarono in un bacio timido, esitante, finché Scorpius non l’attirò contro il suo petto avvolgendola in un caldo abbraccio e approfondendo il contatto.
Sapeva di fresco, Rose, di dolci al cioccolato e menta. Avrebbe potuto baciarla per minuti, forse ore, senza stancarsi della sua bocca morbida.
Sentì un tonfo, dannatamente vicino al suo orecchio, mentre qualcuno imprecava.
L’immagine di Rose si dissolse in fretta, sebbene lui tentasse di trattenerla aggrappandosi inutilmente alle sensazioni che stava provando.
Si alzò a sedere di scatto, non ancora perfettamente lucido. Lentamente si asciugò il sudore che gli imperlava la fronte, sforzandosi al contempo di ritrovare il controllo sufficiente per spegnere l’eccitazione che gli bruciava i lombi.
Si voltò verso il comodino, dove una candela giaceva consumata accanto al volume di Pozioni.
Ricordandosi del rumore che lo aveva svegliato, si guardò intorno, cercando di mettere a fuoco qualcuno nel buio della stanza. 

 
Chi sei tu che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?

 
«Mi dispiace averti svegliato» si scusò Albus, emergendo dalle ombre accanto al suo letto. «Ti eri addormentato con un libro e ho pensato di togliertelo di dosso ma mi è caduto».
Scorpius annuì. Avrebbe voluto urlargli un milione di insulti per aver interrotto il suo bacio con Rose, ma si limitò ad un’alzata di spalle indifferente.

«Non ti preoccupare» disse svogliato, voltandogli le spalle.
Avrebbe rivissuto quel momento, ne era certo.
Avrebbe continuato a sognarla, fino ad esserne consumato come la candela al suo fianco.

  
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