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Autore: Oyessa    11/12/2011    7 recensioni
Natale.
C'è chi lo ama, c'è chi lo detesta.
C'è chi vorrebbe vivere questo periodo tutto l'anno, e chi più semplicemente vorrrebbe cancellare questa festività dal calendario.
Raccolta di one shot, protagoniste le coppie della nostra amata saga, alle prese con questa festività.
AU - OOC - AH
1) Rosalie/Emmett
2) Eleazar/Carmen
3) Irina/Laurent
4) Victoria/James
5) Alice/Jasper
6) Quil/Clare
7) Renee/Charlie
8) Emily/Sam
9) Renesmee/Jacob
10) Garrett/Kate
11) Esme/Carlisle
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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sotto il vischio
Sotto il vischio.



1. Rosalie/Emmett



Il campanello suonò, risvegliandomi dal torpore che si era impossessato di me.
Mi precipitai alla porta e la aprii. Sorrisi non appena vidi la figura mastodontica di mio marito Emmett. Anche lui sorrise, scrollandosi le goccioline di pioggia che si erano incastonate tra i suoi riccioli neri.
«Bentornato», sospirai mentre si abbassava per schioccarmi un bacio sulle labbra.
«Grazie, Rose», rispose, facendo scivolare la giaccia sul bracciolo del divano.
Poggiò la borsa di pelle a terra. «Uhm, che buon odore», annuì. «Che c’è per cena?».
«Polpettone», spiegai, dirigendomi in cucina per sistemare la pietanza nei piatti. Si sedette al tavolo, guardandomi impaziente come un bambino. Mi venne da ridere.
Lo guardai, perdendomi nella rete infinita di ricordi, pensieri, sensazioni. Quante persone mi avevano avvertito di non sposare Emmett? Quante volte la mia famiglia, come alcuni nostri amici, si erano opposti alla mia relazione con lui? Tante, troppe.
Tutti mi avvertivano che probabilmente lui mi avrebbe usato solo per i suoi sporchi comodi di uomo e che poi mi avrebbe abbandonata spezzandomi il cuore, e invece non fu così. Quando avevamo iniziato ad uscire sapevo benissimo a cosa andavo incontro, al ragazzo che portava dietro di sé una schiera infinita di conquiste, eppure avevo deciso di non sopprimere l’amore che mi stava crescendo dentro. Ero rimasta davvero troppo tempo senza amare nessuno e, dopo la prima volta che vidi Emmett, il mio cuore era come uscito dalla camera di ibernazione.
Avevamo iniziato a uscire insieme, a frequentarci e dopo poco scoprii che il mio sentimento era ricambiato. E, a questo punto, cominciò la nostra travagliata relazione.
Non avevo mai incontrato nessuno capace di amarmi più di lui. Di storie ne avevo avute abbastanza, ma tutte erano finite troppo velocemente, principalmente per colpa dell’amore che si era sciolto col tempo, ma nessuna di esse era stata intensa come quella con Emmett. Decidemmo di sposarci dopo nemmeno cinque mesi che ci conoscevamo. I nostri parenti si opposero fermamente: dicevano che eravamo troppo giovani, anche se eravamo entrambi ventiduenni, dicevano che non avremmo potuto farcela a pagare una casa nostra, anche se, sia io che Emmett, avevamo un lavoro fisso. Ogni scusa era buona per opporsi al nostro amore. Le difficoltà erano troppe per essere affrontate, nonostante la voglia di stare insieme fosse più forte di tutto. Discutevamo quasi ogni giorno su quale sarebbe stato il nostro futuro e, più di una volta, ci ritrovammo sull’orlo della separazione. Le proposte per trovare una soluzione a tutto ciò che stavamo vivendo erano tante, ma solo una sembrava quella più accettabile: la fuga. Mi opponevo fermamente, non potevo abbandonare tutto, il lavoro, gli amici, la mia famiglia, non riuscivo nemmeno a pensarci. Ma, infondo, se volevo vivere con Emmett dovevo fare una scelta. Qualche settimana dopo ci sposammo a Las Vegas, in una di quelle cappelle dove bisogna dare solo i dati personali e firmare un pezzo di carta, vestiti solo con un paio di pantaloni e una t-shirt. Non era stato un matrimonio da sogno, per niente, eppure mi bastava sapere di essere accanto a Emmett.
Ci trasferimmo in una piccola cittadina di provincia, lontano da tutta quella che prima era la nostra vita. Andai a lavorare in un piccolo ristorante caratteristico come cameriera, Emmett diventò il ragioniere di un piccolo ufficio.
Erano passati cinque anni che avevamo iniziato a vivere insieme e niente poteva andare meglio: eravamo felici, avevamo una bella casa e…
«Ancora con questo lumino?», domandò scettico Emmett, mentre accendevo la candela rossa al centro del tavolo.
«Esprime lo spirito natalizio. È un’usanza che ho da quando ero bambina e ho intenzione di continuare a rispettarla. E poi, è la vigilia di Natale, Emmett, fai uno sforzo», lo pregai, sedendomi al tavolo e punzecchiando la fetta di polpettone. Non mi era mai mancata molto la mia famiglia, ma i periodi di Natale la nostalgia diventava più forte: forse era perché passavamo questa fase tutti riuniti regalandoci amore a vicenda, oppure per il semplice fatto che la solitudine di non aver più un punto di riferimento come una madre o un padre cominciasse a bruciare dentro di me.
Finimmo la cena ponendoci poche e futili domande, tipo come era andata al lavoro o se avevo chiamato il signor Thompson per domandargli se aveva ricevuto il pagamento dell’affitto.
Congiunsi le posate sul piatto vuoto, mentre i suoi occhi neri come la pece mi trapassavano raggianti. Si alzò e mi prese per mano, trascinandomi in salotto. Ci sedemmo sul morbido divano in pelle chiara, comprato qualche anno prima ad una svendita di mobili lungo la superstrada.
Posi le mani in grembo, attendendo il magico momento. Sapevo esattamente cosa stava per succedere: da quando vivevamo insieme, non riuscivamo mai ad attendere la mattina di Natale per aprire i regali, già, eravamo proprio dei bambini, ma sedevamo insieme la sera della vigilia passandoci i doni.
Andò ad accendere la radio, sintonizzando un canale dove si mandavano le classiche canzoni natalizie malinconiche. Si sedette davanti a me. Ci guardammo per qualche secondo, indecisi nello scegliere chi dovesse farsi avanti per primo.
Emmett frugò nella tasca del giaccone, ancora posato sul bracciolo. Mi allungò una busta, una busta da lettera, allungata e liscia.
La rigirai tra le mani, perdendomi nella sensazione di incertezza che quei momenti si portavano sempre dietro. Gli lanciai uno sguardo dubbioso.
«Avanti…», esortò lui con un sorriso.
Aprii la busta piano, incerta se strappare la carta e porre fine alla magia che circondava il momento, oppure procedere più lentamente, come ad aiutare la mia memoria a imprimere questi momenti.
Quando tirai fuori da essa due biglietti aerei, rimasi sbalordita. Due biglietti aerei? Io ed Emmett non avevamo mai fatto un viaggio in vita nostra.
Li esaminai per bene. Andata: Denver, Colorado. Arrivo: Salt Lake City, Utah. Data di Partenza: 28 dicembre.
Le lacrime faticarono a rimanere al loro posto. Fissai con gli occhi appannati i biglietti che mi avrebbero riportato a casa. Le mani tremavano, la gioia trapelava da ogni poro.
«Buon Natale, amore mio», mormorò, avvolgendomi in un abbraccio.
«Oh, Emmett, grazie! Oddio, grazie mille! Grazie!». Non riuscii nemmeno ad articolare un discorso coerente, tanto l’emozione che mi scuoteva era forte.
Avrei rivisto la mia famiglia, dopo cinque anni di lontananza, avrei riabbracciato mia madre, mio padre, mia sorella, mio fratello. Era un sogno, ed Emmett lo aveva realizzato.
Mi scostai da lui, ancora col cuore palpitante. Ora era la volta del mio regalo. Non ero pienamente sicura che dirlo in questo modo sarebbe stata la scelta giusta, ma ormai non potevo più tornare indietro.
Estrassi la scatolina impacchettata da sotto uno dei cuscini e gliela porsi. Anche lui mi guardò con circospetto, dubbioso su cosa avrebbe potuto trovarci all’interno.
«Forza, tesoro, non essere timido», lo incoraggiai prendendolo in giro, cercando di ignorare il forte nervosismo.
Il mio cuore perse qualche colpo quando vidi quel piccolo cilindretto bianco stretto tra le sue mani. Lo guardò, inclinando la testa da un lato come se stesse decifrando la striscia rosa segnata.
«È positivo», sussurrai, la voce incrinata dall’emozione. «Sono incinta»
Sospirò profondamente, quasi come se stesse cercando di assimilare la notizia. «Sul serio?!», l’incredulità nella sua voce traboccava da ogni singola sillaba pronunciata. Annuii, scoppiando in lacrime.
Mi abbracciò, cullandomi come una bambina. «Dio, Rose», sospirò. «Questo è il regalo più bello che tu potessi mai farmi».
Poggiai la testa sul suo petto, rimanendo ad ascoltare il battito del suo cuore.
Sono io che ti devo ringraziare, Emmett, avrei voluto dire, sei tu quello che mi ha donato la felicità vera, la felicità pura, quella che fa battere il cuore per un piccolissimo gesto, per una piccolissima attenzione. Sono io che devo ringraziarti per avermi preso sotto la tua protezione, per avermi amato fino a questo momento, per avermi reso fiera di averti al mio fianco. Grazie, perché so che non vorrei passare il resto della mia vita con nessuno, se non fossi tu.
Grazie, grazie, Emmett.
Ma non aggiunsi niente, perché sapevo che sarebbe bastato anche così.

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Angolo autrici:
Hello :33
Allora, innanzitutto benvenuti :) Questa è una piccola raccolta di one-shot natalizie, dato che, ormai, manca ben poco a Natale! (Esattamente 2 settimane! *_* Okay... ehm.. u.u)
Che dire? Siamo emozionate, poichè è il ns. primo esperimento a 4 mani, così come lo saranno le nostre future long-fic. Diciamo che è stato grazie a S. se il progetto è stato avviato... lei, e la sua grande intelligenza u.u Bisognerebbe farle un monumento, sempre detto u.u
Al momento le parole sono poche: l'agitazione dei vostri commenti (si spera siano positivi, ovviamente) ci lascia così, senza nulla da dire.
La raccolta sarà aggiornata tutti i giorni(=sere) fino al 25 dicembre :) Un progettino per augurarvi un felice Natale, anche se la situazione attuale non è delle migliori. Ma c'è da sperare che tutto vada per la meglio (oddio, sembro pessimista .-.)
Ovviamente, da come avete letto, sono tutti umani.
Perciò, speriamo che la prima OS vi sia piaciuta :)
Attendiamo i vostri commenti (si spera siano numerosi!)
Un bacione,
S. & E.

  
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