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Autore: crownless    11/12/2011    6 recensioni
Reincarnation!Fic | AU.
"Ricordò gli occhi di Mordred quando lo colpiva, la spada che colava del suo sangue. E di aver boccheggiato dal dolore, voltandosi di scatto verso di lui, anelando il suo sguardo addosso un’ultima volta, che gettava Morgana per terra con il palmo della mano con uno scatto di magia potente e solenne, dorati i suoi occhi, il petto annaspante. La spada di Mordred ebbe la ferocia di trafiggerlo maggiormente. Ma Merlin si era voltato di scatto e lo aveva guardato  negli occhi, blu nell’azzurro, e Arthur ricordò di aver trovato la forza per colpire il nemico, una forza improvvisa nelle mani che stringevano Excalibur.
Poi era crollato sul terriccio, fango e sangue, un caldo letto, assieme a Mordred."
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Faccio la mia strada verso il centro
camminando velocemente
le facce passano
e sono diretta a casa
con lo sguardo perso nel vuoto
fisso in avanti
mi faccio strada
mi faccio strada tra la folla
e ho bisogno di te
e mi manchi
e ora mi chiedo...
se io cadessi nel cielo
pensi che il tempo passerebbe?
perché lo sai io camminerei per mille miglia
solo per vederti
stanotte
ci sono sempre periodi come questi
quando penso a te
e mi chiedo se tu pensi mai a me
perché tutto è così sbagliato
e io faccio parte
della vita nei tuoi preziosi ricordi
perché io ho bisogno di te
e mi manchi e mi chiedo…
se cadessi nel cielo
pensi che il tempo passerebbe?
perché lo sai io camminerei per mille miglia
solo per vederti
stanotte
(...)
disegnata nella tua memoria
io, io
non voglio che ciò finisca
non voglio....
faccio la mia strada verso il centro
camminando velocemente
le facce passano
e sono diretta a casa
con lo sguardo perso nel vuoto
fisso in avanti
mi faccio strada
mi faccio strada tra la folla
e ho ancora bisogno di te
e mi manchi ancora
e ora mi chiedo...
|| Vanessa Carlton ||



And I still need you. And I still miss you.





La memoria gli era tornata al compimento dei suoi venticinque anni. Allo scattare della mezzanotte, nel locale assieme ai suoi amici, mille drink che gli passavano tra le mani, le risate sguaiate di Gwaine e Percival, il volto di un ragazzo mingherlino si fece strada con prepotenza nella sua testa, ancorandosi nel suo cuore, che era scoppiato nel torace come una furia immediatamente.
Si era allontanato dalla folla di persone, la musica rimbombante nelle orecchie, ed era uscito fuori a prendere aria, scrutando il cielo scuro e pieno di stelle luminose, il vento che gli lambiva la pelle arrossata delle guance.
Da quel giorno erano passate due settimane.
Arthur si rigirò la tazza di tè tra le mani. Restare a casa da solo non poteva che riuscire a farlo pensare e ragionare.
Ritornare al mondo pregno di sensazioni familiari eppure così distanti.
Avere amici che aveva già incontrato. Sempre gli stessi, sempre loro.
Arthur scosse il capo, una tuta grigia addosso, avvertendo il mal di testa che lo seguiva dal giorno del suo compleanno (inutili le medicine) aumentare fino a spaccargli il cervello e gemette di dolore.
E poi c’era lui. Mio Dio, Arthur poté sentire il suo cuore ribaltarsi e frantumarsi.
Merlin.



“Mordred non vincerà, Arthur. Te lo prometto, andrà tutto bene... ti proteggerò io... a costo della mia vita. E’ il mio destino.”
Lo aveva attirato tra le sue braccia.
“Resta... stanotte.”





Arthur fece una smorfia. E poi la guerra era iniziata contro l’esercito di Mordred, cresciuto e folle, e Morgana e loro due assieme ai Cavalieri di Camelot e della neonata Albion erano stati gettati in un mondo pieno di sangue e dolore e perdite. Ricordò gli occhi di Mordred quando lo colpiva, la spada che colava del suo sangue. E di aver boccheggiato dal dolore, voltandosi di scatto verso di lui, anelando il suo sguardo addosso un’ultima volta, che gettava Morgana per terra con il palmo della mano con uno scatto di magia potente e solenne, dorati i suoi occhi, il petto annaspante. La spada di Mordred ebbe la ferocia di trafiggerlo maggiormente. Ma Merlin si era voltato di scatto e lo aveva guardato  negli occhi, blu nell’azzurro, e Arthur ricordò di aver trovato la forza per colpire il nemico, una forza improvvisa nelle mani che stringevano Excalibur.
Poi era crollato sul terriccio, fango e sangue, un caldo letto, assieme a Mordred.

Arthur finì il suo tè con lo stomaco in rivolta.

“No... Arthur... NO!”
Le sue mani addosso, sull’addome, cercando di frenare  la morte.
“Merlin...” parlare, pareva ad Arthur disteso in una pozza di rosso, come il mantello che portava addosso,  una fatica impossibile.
“Non posso perderti. Non posso, Arthur.”
“Non... avrei potuto... avere una morte migliore... di questa...” aveva rantolato per poi tossire sangue, le mani calde di Merlin sulla ferita mortale e lo sguardo accecato di un dolore d’oro.
“... guardandoti negli occhi...”
Merlin piangeva talmente tanto,  l’esile corpo sporco scosso da  singhiozzi che lo facevano tremare.
I suoi occhi di nuovo blu... e Arthur sospirava... la mente che si allontanava verso lande infinite, bianche e tiepide, come un abbraccio eterno e rassicurante.
“...Hai... hai cambiato... la...mia vita...”
“Non parlare,”  aveva singhiozzato Merlin, afferrandogli il volto, “ti prego... ti prego. Ti amo. Ti amo, Arthur.”
Con l’ultima forza rimasta, re Arthur lo aveva guardato.
“... guardami... Merlin...”
E con gli occhi blu di Merlin e il suo amore nel cuore, era morto tra le sue braccia.




Arthur si alzò di scatto, rovesciando la sedia, dando un pugno al tavolo. La tazza sobbalzò. Urlò e sfasciò il muro di pugni, ferendosi le nocche. Gli mancava così tanto, come poteva vivere serenamente, dopo che la sua vita era andata in frantumi ?
Come poteva trascorrere una vita normale ricordando tutto questo... senza di lui... come poteva semplicemente esistere senza Merlin?
Non era più un normale venticinquenne biondo che lavorava nella ricca azienda del padre, lui era Arthur Pendragon, re di Camelot. Il Re.
Con le nocche insanguinate afferrò la giacca, calcandosi il cappuccio della felpa sul viso, ed uscì di casa correndo.
Quando l’aria gelida gli trafisse un brivido sul corpo, Arthur era consapevole di non avere una meta precisa. Voleva solo camminare. Solo andare via.
Così solo... senza di lui.



Sentiva tra la gente londinese un mormorio dolce, un “testa di fagiolo” irriverente scaldargli il sangue come impazzito nelle vene. Respirò a fondo e si infilò le mani in tasca, gli occhi bassi.



Come poteva andare avanti dopo aver ritrovato ciò che aveva perso, la sua precedente vita? Come, come fare, senza il fondamento della sua esistenza, l’unica persona che lo aveva visto e trattato per ciò che era, un ragazzo, Arthur - non il Principe Ereditario di Camelot né il re?
Guardando Londra, Arthur sorrise un po’.

Era loro.

Le sue Nike consumate presero a viaggiare su mappe incoerenti, la mente sconnessa. Un’anziana signora con un cagnolino al guinzaglio gli passò accanto. Il semaforo da arancione scattò a verde. Le persone si affrettavano ad entrare e uscire nei negozi, nei bar.
Il cielo un immobile telo su cui disegnare il volto di Merlin.
Suo servitore, amico e mago di corte e compagno. Ridacchiò pensando alla bimba di Gwen e Lance, suoi amici, si chiamava Mary e lo chiamava zio.
Ma senza Merlin non vi era vita, vi era solo il nulla totale. Il suo petto si contrasse, sprofondando, lacerandosi.
Aveva bisogno di lui.
Aveva sempre avuto inconsciamente bisogno di lui, anche quando al tempo lo chiamava Idiota e gli abbaiava ordini solo per il gusto di poterlo vedere sbuffare.
Aveva avuto bisogno di lui scoprendolo la sua anima gemella, senza discussioni, senza rimorsi né colpe.
Merlin, l’ennesimo ricordo, prima del suo matrimonio con Guinevere, gli aveva lasciato una pergamena sul tavolo e l’aveva letta con un il fiato mozzato: “C'è un momento, quando ti guardo, in cui resto senza parole. Mentre la bocca tace il fuoco brucia sotto la pelle stravolta di emozioni e nel pallore del mio viso si specchia così il tuo amore,  immagine riflessa del mio.*”



Arthur sentì i suoi occhi pizzicare ed imprecò. Una ragazzina bionda gli passò accanto, ridacchiando scioccamente, ma lui non vi fece nemmeno caso.

Ora, senza più barriere, da parte prima di tutto di se stesso, e da nessuno, era libero.

Aveva amato Merlin.
Lo ama tuttora.
Lo amerà sempre.



Camminando, camminando senza una meta, camminando sentendo le gambe affaticate e pesanti, il ronzio della vita che gli passava attorno e lui... Arthur... che non la guardava nemmeno.




“Giovane Pendragon.”
Arthur alzò di scatto gli occhi dall’asfalto, arrossati. Un uomo anziano dall’aria importante lo guardava, un berretto sulla testa, con un sorriso enigmatico sul volto rugoso.
“La conosco?” chiese Arthur, stringendo i pugni ancora doloranti nelle tasche della felpa calda.
L’uomo rise; le persone continuavano, frenetiche, a vivere.

Vivere.
Arthur non poteva più.

“Ci siamo conosciuti in passato o, per meglio dire, io ho conosciuto te.” rispose l’uomo. “Nessuno può sfuggire al proprio destino.

Arthur sorrise.
Merlin gli aveva parlato di un Drago... la sua voce nella memoria... quelle stesse parole...
“E’ il drago?” rise dopo due settimane.
L’uomo ghignò. “Sono abituato ad avere due gambe su cui camminare dopo così tanti anni,” disse, leggero, “ma è certamente difficile portare il peso della memoria. Di una memoria perduta e ritrovata, ingabbiata, millenaria.”
Il viso di Arthur si oscurò.
“Ti ho ritrovato per questo,” disse l’anziano, “avvertendo con il poco barlume di magia in me che... eri tu, vivo, che ricordi tutto. Perdonami se non ti do del lei o del voi, ma temo suonerebbe strano.”
“Sono solo Arthur,” sussurrò il Pendragon, stringendosi nelle spalle. “Anche se, temo, di non esserlo al contempo, senza...” la sua gola si chiuse e non riuscì più a parlare.
“Strano ed ironico, il destino,” commentò l’uomo. “Perché, sai, mio nipote è un ragazzo dal cuore buono ma con un gran caratteraccio insolente... penso potreste andare d’accordo...” gli lanciò un’occhiata profonda.
E il cuore di Arthur si ritrovò a battere di nuovo, fortissimo.
“E questo suo nipote come si chiama?” mormorò, sentendo gli occhi inumidirsi.
L’universo di Arthur Pendragon si capovolse e si illuminò d’oro... ancora una volta.
“Oh, penso tu lo sappia già. Ma nel caso tu volessi sentirlo... il suo nome è Merlin.”

Merlin.

“E gli ho dato appuntamento proprio qui,” rise l’ex drago, godendosi l’espressione incredula ed emozionata di Arthur, “sapendo di trovarti esattamente in questo posto a quest’ora, in questo esatto punto, giovane Pendragon.”
“E’... sempre un ritardatario...?” sbuffò Arthur, cercando di scacciare via l’ansia.
“Perennemente. Quando viene a casa mia per il tè, non solo arriva in ritardo, ma parla e parla e non smette e...” l’uomo lo guardò negli occhi “... da quando ricorda anche lui parla sempre e solo di te.”
Arthur annaspò. “Ricorda anche lui? Si... si ricorda di me?” domandò, balbettando.

Dio, la ragazzina isterica che era diventata...

“Siete e sarete sempre due facce della stessa medaglia.” disse solo l’uomo, poi volse il capo verso la strada, le strisce pedonali pestate da mille piedi, ridendo in modo cavernoso.
“Penso andrò a bermi qualcosa in quella tavola calda laggiù.”


Arthur seguì il suo sguardo e il suo cuore, il suo mondo, la sua mente e la sua anima intera si fermò di colpo.
Per poi brillare, scalpitante, ed esplodere di colore.


Correndo, una sciarpa lunga e nera distrattamente avvolta al collo lungo e sottile, un berretto rosso calcato sulla testa, jeans larghi e un lieve accenno di barba, Merlin avanzava rapido verso di loro.
“Zio lucertola!” lo salutò allegro ed irriverente come al solito, correndogli incontro. “Scusa il ritardo, lo so che volevi prendere un caffè, ma la mamma non mi-” sciorinò ansante, e poi si bloccò quando si accorse della sua presenza. Vide il suo torace sobbalzare, quasi avesse ricevuto un potente colpo.

Arthur non aveva distolto lo sguardo da lui, bevendo con gli occhi ogni suo movimento, la voglia di stringerlo e baciarlo e farci l’amore e viverlo come un torrente impetuoso di emozioni in lui, con lui, per lui.

Lo zio batté una mano sulla spalla di Merlin. “Come vedi, mio caro ragazzo, non sono solo, cito le tue parole, ‘un ex lucertolona rompiscatole’. Penso proprio che la tua magia tornerà da te, ora.”
Con un cenno del capo, li lasciò soli, fischiettando, scivolando verso la tavola calda.
Un bel caffè era quello che serviva, pensò. E scoppiò a ridere.



Arthur ansimava, troppo emozionato, le labbra socchiuse. Osservò che il vento forte attorno a loro fece scivolare dei ciuffetti neri (più lunghi di come si ricordava) sugli occhi blu di Merlin che lo fissavano lucidi ed increduli, incollati alla fronte per la cuffia. Si avvicinò automaticamente e glieli tolse, potendolo così guardare bene.


Era lui.


Gli occhi di Merlin si incendiarono d’oro al suo tocco e il suo corpo sobbalzò, e la magia ritornò dentro di lui inondandolo, un altro respiro aggrappato al suo. Arthur lo intrappolò tra le braccia, stritolandolo con forza, facendolo alzare di qualche centimetro da terra.

Sei qui.” gli mormorò, le sue lacrime che cadevano come stelle infrante sulla giacca di Merlin. “Merlin.”
Le esili braccia di Merlin si allacciarono alla sua schiena, facendo pressione, attirandoselo vicino con disperazione,  ed i loro toraci vennero così a contatto che entrambi sentirono l’uno il cuore dell’altro battere.

“Arthur...  Arthur....”
E il viso spigoloso di Merlin era inondato dalle lacrime e Arthur sentiva le proprie sulla pelle e non gliene importava nulla, non importava il mondo, niente se non Merlin importava veramente.

L’importante era averlo ritrovato, l’importante era poterlo stringere nuovamente tra le braccia, sentendo il suo profumo, le sue labbra umide e salate sul collo.

“Idiota, idiota, il mio idiota, il mio idiota” sussurrava Arthur continuamente, la voce spezzata, la memoria ad invadergli le ossa che tremarono, e dovette stringerlo ancora e ancora.

Merlin si staccò da lui solo per poterlo guardare negli occhi. Gli posò le mani sul petto, vicino al cuore che esplodeva e le braccia di Arthur scivolarono attorno alla sua vita stretta.
“Non avrei potuto avere un ritorno alla vita migliore di questo” sorrise, quel sorriso... quello... il sorriso di Merlin. “Guardandoti negli occhi... Arthur.”

Arthur si chinò su di lui e lo baciò profondamente, ritrovando la vita, l’amore, la completezza del proprio animo, mai più lacerato, mai più diviso in due, mai più incompleto e sperduto.

E Londra parve sparire attorno a loro - l’ennesima folata di vento freddo, ma così caldo nel loro abbraccio, nel loro bacio.





io ho bisogno di te
[...]
io camminerei per mille miglia
solo per vederti ...


fine


*la poesia che Merlin dona al suo asino è presa da Xena. Dicono sia stata scritta da Saffo, ma chissà... un regalo di compleanno dalla mia amata principessa guerriera alla sua poetessa, anima gemella, Gabrielle.
Xena e Merlin is the way. Voglio una dannata crossover, mygod, scrivetemela. <3


  
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