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autori (Forum/EFP):
Katerine Bratt; Lilith De Lioncourt.
Titolo: Oblivion
Genere: Angst;
Drammatico.
Avvertimenti: Flash Fic; Missing
Moment
Rating: Giallo
Introduzione: La vita scorreva
tranquilla, quando tutto
crollò, seppellendo Xenophilus e la sua ragione.
“Dalle
pareti si staccavano farfalle candide,
lasciando il muro rosso di fuoco, mentre il pavimento viscido di
pozione e
sangue ribolliva ardente. Non riusciva a muoversi. L’inferno
lo circondava.”
NdA: Luna
sa che la madre le
è morta davanti agli occhi, ma non perchè ricordi
la scena, bensì perchè le è
stata raccontata dal padre -secondo la nostra visione ^__^-. Inoltre
-sempre
secondo la nostra noi u.u- Xenophilius è sempre stato un po'
"strambo", ma ciò che lo ha fatto impazzire davvero
è stata la morte
della moglie.
Oblivion
“Tutti
siamo costretti, per rendere sopportabile la
realtà,
a tener viva in noi la follia."
Marcel
Proust
Le
righe de “Nargilli: come evitarli” scorrevano
velocemente sotto gli occhi d’argento di Xenophilius.
Il tramestio della moglie al piano di sopra giungeva ovattato alle sue
orecchie. Quei suoni erano così familiari da aver perso
importanza.
Poi, ci fu il tuono. Squarciò l’aria, e il mondo
tremò. Il lampadario arancione
oscillò pericolosamente, fino a crollare al suolo, mentre
dal soffitto pioveva
polvere.
L’uomo si precipitò per le scale, la angoscia
aveva preso possesso delle sue
membra.
Lo sguardo si posò sul cadavere mutilato della moglie,
intanto che sentiva gli
urli disperati di una bambina bionda poco lontano. Ma lui non
ascoltava, era
lontano, intorno a lui l’universo sfumava, e la stanza gli si
stringeva
addosso.
Dalle pareti si staccavano farfalle candide, lasciando il muro rosso di
fuoco,
mentre il pavimento viscido di pozione e sangue ribolliva ardente. Non
riusciva
a muoversi. L’inferno lo circondava.
Chiuse gli occhi, un disperato tentativo di allontanare da
sé tutto l’orrore di
quel luogo. Doveva fare qualcosa, qualunque cosa, per non pensare, per
non
elaborare la tragedia: o sarebbe stata la fine.
E ricordò. Luna, c’era lei che stava piangendo.
Schiuse lentamente le palpebre,
mentre, cercando di non far caso alla distruzione intorno a lui. Le
suole delle
scarpe sdrucciolavano sul pavimento bagnato, e, ad un certo punto,
Xenophilius
scivolò. Alzò il viso, vedendosi coperto di
quella poltiglia di sangue e carne
che un tempo era stata sua moglie; non poté impedirselo:
rigurgitò tutta la
paura ed il tormento che lo possedevano. Quando riuscì a
rimettersi in piedi,
si sentiva vuoto, vuoto di sentimenti, vuoto di emozione alcuna, vuoto
di
tutto. Mosse qualche passo incerto verso la figlia, ormai senza voce e
con la
testa abbandonata sul seggiolone, mentre le lacrime continuavano
imperterrite a
rigarle il visetto arrossato.
Nelle sue orecchie, il grido di un corvo risuonava assordante. E
decise,
improvvisamente, in un ultimo lampo di lucidità: per lui non
c’era scampo, ma
avrebbe salvato sua figlia.
La sua mano corse alla bacchetta, mentre il suo sussurro spezzava quel
silenzio
che invece regnava nella stanza.
«Oblivion»
Xenophilius si accasciò al suolo. No,
sua
figlia non avrebbe fatto la sua stessa fine. Lui doveva
ricordare, e
abbandonare la realtà, ma la sua piccola luce doveva vivere.
Luna avrebbe vissuto.