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Autore: Altariah    12/12/2011    1 recensioni
Un giorno feci un sogno strano. Sognai di svegliarmi e di essere in un posto che non conoscevo, immerso nella luce. Mi domandai se fosse il paradiso... ma provavo un'angoscia terribile mista ad un vuoto nel cuore che mi facevano convicere che fosse l'oblio, in realtà.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La dedico a me stessa, ammettendo che sia palesemente autobiografica. Spero che gradirete questo piccolo racconto che sembra quasi una favola... buona lettura.


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Are the dreams all made solid

{Peter Gabriel, Mercy Street


 


Un giorno feci un sogno strano. Sognai di svegliarmi e di essere in un posto che non conoscevo, immerso nella luce. Mi domandai se fosse il paradiso... ma provavo un'angoscia terribile mista ad un vuoto nel cuore che mi facevano convicere che fosse l'oblio, in realtà.  Poi incontrai un uomo dalla voce perfetta, nè troppo acuta nè troppo roca cominciò a parlarmi,  raccontandomi di un vecchio mondo in cui io vivevo. Ormai quel vecchio mondo per me era irraggiungibile, perchè non esisteva più. 
Mi disse poi che avevo soltanto un certo numero breve di ore da vivere, e che poi avrei potuto finalmente raggiungere quelle persone con cui avevo condiviso tanto, che mi aspettavano da secoli al di là della vita, mentre io ero rimasta incatenata e ghiacciata nel tempo. 
 
L'uomo mi raccontò chi fosse, ma io non lo ascoltai, perchè non mi interessava. Mi ricordavo bene le voci dei miei cari, e i loro visi; non volevo nient'altro in quel momento, ma avevo ancora delle ore da trascorrere. Vivere, in quel momento, la considerai la sofferenza peggiore.
Volevo morire e rivederli, stringerli, se avessi potuto. Volevo piangere con loro e passare con i loro spiriti il resto della mia eternità.
Però, in quel momento non potevo. L'uomo mi chiese di donagli qualcosa, mi disse di lasciargli una mia testimonianza, in modo tale che lui potesse comprendere gli umani, perchè erano tutti estinti tranne me... e dopo secoli e secoli dal ritrovamento del mio corpo e dopo miliardi di esperimenti raccontò di essere riuscito a farmi pulpitare il cuore, e respirare, e fare in modo che i miei neuroni mandassero i giusti impulsi al mio corpo. 
 
Potevo chiedergli ogni oggetto che desideravo, ma nessun essere vivente. Senza pensare gli chiesi un grande foglio bianco, più grande di me. E poi gli chiesi dei colori.
Mi sdraiai sul foglio tracciando un viso grande, che sorrideva. Gli occhi si assottigliavano agli angoli esterni, un accenno di barba sul mento, i capelli pettinati un po' male. Poi colorai tutto senza guardare le mie mani, che ormai avevano assunto dei colori indecenti così come le mie ginocchia e il mio vestito. I colori erano perfetti, sfumati alla perfezione... dopotutto perfetto era il soggetto. Mi alzai, guardando dall'alto il mio foglio ascoltando due lacrime ticchettare sull'angolo destro della carta; "è la mia firma" pensai. 
"Questa è la testimonianza della mia razza" Sussurrai, iniziando a sentire un sonno da cui capii che non sarei più uscita. 
 
Non seppi se l'uomo rispose o no. Non volli neanche sapere se avrebbe capito cosa significasse quella polvere colorata stesa su quel foglio... "Perchè", mi dissi, "l'amore forse è l'unica cosa che solo gli umani riescano a capire e ne trovino motivo per commuoversi." 








TeBe Altariah
  
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