Questa è una FF con POV di Kaito (personaggio che io amo!). Ho deciso di scriverne una anche con POV di Kaname, e avevo pensato di metterle tutte insieme come raccolta...voi che ne pensate?
Prima di lasciarvi alla storia, le solite precisazioni: non holetto manga io visto anime, quindi qualcosa potrebbe non azzeccarci niente! I personaggi non sono miei (sennò era tutta un'altra storia) ma di chi ne detiene i diritti! Detto questo
*buona lettura*
Breathe
La prima volta che lo vidi era un
affaretto piccolo,
tutto intento a proteggere il fratello da qualsiasi cosa potesse
avvicinarsi.
Quegli occhi ametista riuscivano a perforarti ed entrarti dentro
nonostante la
giovane età: era già destinato a grandi cose.
Ichiru era più “indifeso”
rispetto a Zero, e sebbene non volesse pesare troppo sul fratello era chiaro l’attaccamento che aveva per l’altro. Aveva
deciso comunque di entrare a
far parte degli Hunter: perché ne faceva parte la sua
famiglia, perché non
voleva sfigurare, perché voleva essere all’altezza
di Zero e non l’eterno
secondo, perché voleva essere vicino al fratello in
qualsiasi caso. Il legame
tra due gemelli è difficile da rompere, nonostante le dure
prove cui sono
stati sottoposti entrambi.
Non penso che Zero si ricordi molto dei tempi in cui ci
allenavamo insieme, o in caso ne ha qualche ricordo sbiadito per quanto
riguarda me: sono stato una presenza di passaggio, prima che Yagari lo
portasse
da Kaien Cross quando morirono i genitori ed Ichiru. Nonostante tutto
ho sempre
ammirato la sua forza di carattere, il suo cercare in ogni modo di
ribellarsi
al giogo di Kuran e al suo continuo sfruttare le persone. La vita per
lui è
stata una continua lotta, eppure non ha mai smesso di
combattere…no, un paio di
volte è stato sul punto di buttarsi da quel precipizio che
lo circondava
costantemente: la prima volta, me lo raccontò Kaien Cross,
fu quando era stato sul
punto di uccidere un essere umano per dissetarsi col suo sangue. Penso
che
tutt’ora non sia capace di perdonarsi quel momento: per la
prima volta aveva
abbassato la guardia e aveva rischiato di uccidere un innocente.
La seconda volta…a quella dovetti assistere
personalmente, e la tenerezza e la compassione che provai furono
enormi. Come si può far del male
ad una persona del
genere? pensai. Nessuno si era mostrato all’altezza
di quel ragazzo che
cercava solo una costante a cui appigliarsi nella vita: quel piccolo
gesto
d’amore che gli potesse permettere di guardare al futuro con
un minimo di fiducia
in più.
Avevano saputo solo dargli odio e indifferenza; erano stati solo in
grado di voltargli le spalle.
Quando arrivai alla Cross Academy tutto era finito, tutto
doveva cominciare. Zero era stato abbandonato da Yuuki, colei che
diceva di
essergli sempre amica, colei che non lo avrebbe mai
lasciato…solo un mucchio di
bugie. E Zero aveva voluto crederci disperatamente. Ma
d’altronde, Yuuki aveva
sempre voluto un posto accanto a Kaname Kuran, e quando ne vide
l’opportunità
la colse senza pensare minimamente a chi le stava intorno e
l’aveva sempre
sostenuta. Kaname Kuran lo aveva utilizzato a suo piacimento,
costringendolo
addirittura ad uccidere il proprio fratello…il cuore di Zero
era diventato solo
un ammasso di pezzi e polvere incapace di essere ricostruito, non da me
comunque. Non ero io colui che voleva e cercava nei sogni disperati che
affrontava ogni notte. Lo sapevo benissimo, ma volevo comunque essergli
di
conforto; egoisticamente lo volevo per me e avrei fatto qualsiasi cosa
pur di
averlo. Non mi ero mai reso conto di amarlo, per me era solo il ragazzo
con cui
affrontavo gli allenamenti per diventare Hunter quando ero
più giovane; ma
quando quella scena si presentò ai miei occhi, capii che sin
dal primo momento
che quelle polle ametista si erano posate su di me, ero rimasto
prigioniero della sua rete di malia e mistero. Mi aveva catturato come
non pensavo si
potesse esser catturati.
Lo trovai sulla riva del lago, lontano dai due dormitori:
uno era completamente vuoto, vicino l’altro c’era
la casa del Direttore Cross;
sicuramente non voleva esser interrotto in alcun modo. Avevo deciso di
non
lasciarlo solo per molto, perché non era stabile in quel
periodo: non volevo
pensasse fosse veramente solo, anche se nel profondo era una parola che
gli riecheggiava
incessantemente. Lo vidi seduto su un masso, e mai visione fu
più scioccante di
quella: lui, così etereo con quei capelli argentei con cui
la Luna lo aveva
benedetto; gli occhi, capaci di rischiarare ogni cosa intorno a loro,
intenti
ad osservare assorti la Sfera argentea alta in cielo; una semplice
camicia bianca a
nascondergli il corpo, i primi tre bottoni aperti lasciavano
intravedere il
collo e l’enorme tatuaggio che ne colorava la pelle. Penso
che quella sia stata
la prima volta che il mio cervello ha sfornato la parola
“MIO” con un
tale trasporto ed una tale possessività che mi
lasciò
senza fiato e con gli occhi spalancati dalla sorpresa. Non sapevo cosa
pensare,
e neanche mi interessava conoscere il pensiero del mio cervello
razionale:
l’unica cosa che mi importava era quella forza irrazionale e
potente che mi
spingeva verso di lui. Solo quella era la cosa importante.
Mi freddai sul posto, nell’osservare quelle mani pallide
ed affusolate giocare con la Bloody Rose come se fosse un mero
sassolino piuttosto
che una pericolosa pistola ammazza-vampiri. I suoi occhi pensierosi
misero in
allarme il mio cuore, come mai era accaduto prima: quel miscuglio di
sentimenti
che Zero era riuscito a farmi provare nell’arco di una
manciata di secondi mi
lasciò spiazzato; non avevo mai permesso a nessuno di
entrarmi così dentro e
così in profondità. A quel ragazzo era riuscito
del tutto normale e senza
neanche averci provato.
Sbatté un pugno sulla pietra dura della roccia, senza
prestare attenzione a quel poco sangue che uscì dalla
ferita: aveva messo sin
troppa forza in quel pungo. Socchiuse gli occhi, come a ponderare una
decisione
difficile, per poi abbassarli sulla pistola, sua fedele compagna. La
portò
lentamente di fronte a sé, come ad esaminarla in ogni
dettaglio, ma non era per
questo (ne ero sicuro) che voleva osservarla da quella distanza
ravvicinata.
Quando iniziò a spostarla lateralmente, non mi trattenni
più
«Zero» il tono calmo; non volevo spaventarlo ma
solo
rassicuralo.
Posò quelle polle ametista su di me, come ad accertarsi
che io fossi veramente lì: gli occhi vacui, come se in quel
momento non fosse
presente.
«Cos’hai intenzione di fare?» gli chiesi,
più per fare in
modo che rispondesse che non per la risposta in sé.
Non parlò subito; piegò il volto leggermente
verso una
parte, come per cercare di capire le mie parole. Sembrava una bambola,
piuttosto che una persona. Mi fece venire i brividi, non lo avevo mai
visto
ridotto in quello stato.
Quando gli fui vicino, gli accarezzai la guancia, forse
per sincerarmi che fosse veramente lì. Sembrò
aiutarlo, perché improvvisamente
sobbalzò, come se si fosse reso conto solo in quel momento
della mia presenza;
si guardò intorno freneticamente, forse cercando di capire
dove si trovasse e
come fosse giunto fin lì. Quando i suoi occhi incontrarono i
miei potei scorgervi
una briciola di paura. Mi sedetti vicino a lui, prendendogli il viso
tra le
mani per far in modo che rimanesse con me.
«Cos’è successo?» chiesi
pacato, la preoccupazione
tangibile nelle mie parole.
«Non lo so di preciso…penso di aver avuto delle
allucinazioni» rispose aggrottando le sopracciglia, cercando
di afferrare i
propri ricordi.
«Ho seguito una figura fin qui. Continuava a ripetermi
che dovevo aiutarla, di non abbandonarla…poi ha iniziato a
parlare di quanto
dolore le avessi causato, di quanto fossi una persona inutile, che non
sarei
dovuto nascere…ed il viso cambiava continuamente:
Yuuki…Kaien…Yagari…Ichiru…quella
puttana di Shizuka…Kaname…»
quest’ultimo lo nominò esitante, mentre in me si
faceva
largo la gelosia: con tutto quello che gli aveva fatto subire, lo
chiamava
anche per nome!
«E non lo so...ho sentito l’impellente bisogno di
premere
il grilletto, perché in fondo hanno ragione: sono
inutile»
«Smettila di dire sciocchezze! Chi l’ha detto che
sei
inutile? Hai combattuto finora contro tutti quelli che hanno cercato di
farti
fuori, e vuoi arrenderti adesso? Perché, perché
Yuuki ti ha abbandonato? È
stato meglio così, non meritava la tua amicizia, o il tuo
affetto»
Ci andai giù pesante con le parole, ma avevo quasi visto
Zero togliersi la vita: poco mi interessava di tutti gli altri!
«Tu non sei inutile Zero, io ti voglio qui con me a costo
di tenerti legato mani e piedi. E non osare più pensare di
toglierti la vita o
seguire stupidi fantasmi senza senso!» ero alquanto alterato
ed arrabbiato, e
vedevo lo sconcerto nei suoi occhi: non avevo mai alzato la voce con
lui…non lo
avevo mai fatto con nessuno in verità. Mi vantavo di essere
una persona fredda
e pacata. Il ragazzino si era proprio fatto strada a suo piacimento nel
mio cuore!
Sospirai, per poter ricostruire la mia proverbiale
maschera di freddezza, i suoi occhi ebbero uno scintillio divertito:
beato lui
che se la rideva mentre a me scoppiavano i nervi!
«Zero…» il tono serio lo
riportò a prestarmi attenzione.
I miei occhi perforavano i suoi, cercando di fargli capire qualcosa:
nemmeno io
so bene cosa.
«So di non essere la persona che desideri avere al tuo
fianco, ma fino a quando potrò esserti di alcun conforto o
sostegno io per te
ci sarò sempre»
Annuì leggermente.
«Ti ringrazio per l’amicizia
Kaito…»
Non lo lasciai completare, che già scuotevo la testa in
segno di negazione.
«Sei innocente, Zero» lo presi in giro con un
piccolo
ghigno.
Mi sporsi verso di lui, gli occhi determinati e sinceri
di uno in quelli confusi e speranzosi dell’altro. Sfiorai
leggermente le sue
labbra, beandomi di quel tocco fievole: mille scariche che si
spargevano lungo
la schiena. Trattenne il respiro, non ancora capace di comprendere.
«Troppo
innocente» conclusi, prima di azzerare quella distanza
infinitesimale.
Approfondii il bacio, senza chiedergli il permesso.
Dovevo battere il ferro finché fosse stato caldo, il che
voleva dire non dare
il tempo a Zero di pensare, ma cercare in ogni modo di abbattere i suoi
muri
costruiti in anni di insicurezze.
Amavo quelle labbra delicate, il calore che si
sprigionava da quella cavità ed il tremore leggero che
sentivo provenire da
lui. Da focoso ed aggressivo che era, lasciai sfumare il bacio in uno
più dolce
e pacato. Non andavo di corsa, perché sapevo che gli ci
voleva del tempo, che
mi avrebbe accettato ma che
l’ombra dell’altro sarebbe stata
sempre sulle
nostre teste; poco mi importava…
Tutto sfumò nella nebbia quando sentii la sua lingua
cercare timida un contatto con la mia; timidezza che si
trasformò in curiosità
e poi in arroganza quando cercò di prendere il sopravvento
su di me e provare
ad assaggiarmi vorace. Le mani si attanagliarono intorno la mia maglia,
per
scivolare al di sotto e sentire quel calore che per tanto (troppo)
tempo gli
era stato negato. Ci separammo, con disapprovazione da parte di
entrambi, ma
sapevo (e comprendevo) che per lui certi passi sarebbero stati
eccessivi in quel momento…e per
quello che potevo, volevo fare le cose al meglio. Lui non si sarebbe
dovuto
pentire di niente.
«Kaito…» sussurrò, e mai
suono fu più bello del mio nome
sulle sue labbra.
Lasciai che le nostre labbra si sfiorassero un’altra
volta, prima di poggiare dolce la mia fronte sulla sua, e lasciare che
i nostri
occhi si cercassero e si esplorassero; volevo che tutto il mio essere
fosse
come un libro aperto per lui.
Con un dolce e leggero sorriso sulle labbra, mi sfiorò
nuovamente le labbra. Il mio sangue ruggì nelle vene, per la
bellezza che Zero riusciva
a sprigionare…
È troppo innocente,
pensai sorridendogli sfrontato e raggiante.
Spero che vi sia
piaciuta, fatemi sapere che ne pensate^.-
Ci vediamo alla
prossima!! Un bacione a tutti, ed un grazie particolare ad Asphodel per
aver recensito la precedente one-shot!