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Autore: LuluXI    14/12/2011    4 recensioni
Eppure se avessi agito allora, avrei parlato col cuore in mano e tutto sarebbe finito.
O iniziato.
Non posso saperlo, perché tutte le parole che avevo preparato non potrò mai dirtele: te ne sei andato troppo presto, come tutte le cose belle.

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Saga è morto ed Atena salva. Purtroppo però, molti cavalieri della dea sono caduti in battaglia. Milo, uno dei pochi superstiti, ripensa alla battaglia: si mischiano, nei suoi pensieri, ricordi e rimpianti.
[L'OOC c'è, siete avvisati sin da subito. Fic nata di getto]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Scorpion Milo
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Colours for Saints (Milo & Camus)'
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 NOTE PRE-LETTURA(VI RUBO GIUSTO 2 SECONDI): Eccomi qui… un’altra fic sui Saint, e nuovamente sono Milo e Camus, anche se cambia il punto di vista. Siamo DOPO la battaglia delle dodici case, la sera stessa, a battaglia conclusa. Non so se, effettivamente, quando accade tutto questo, è ESTATE… Però mi sono presa la licenza poetica di inventarmi tutto questo. Inoltre, stando al manga, Saga si suicida che già le stelline brillano nel cielo… Ma a me serviva il tramonto, quindi, altra licenza poetica… Perdonatemi! Inoltre, ho messo l’OOC, perché io non sono Kurumada… e a qualcuno potrebbe non sembrare Milo questo…(forse non lo è per niente…)
Le parti in corsivo sono le parole della canzone “Estate” dei Negramaro.
Dedico questa One-Shot a _camus_ , visto che un po’ dell’ispirazione mi è venuta leggendo la sua “Inverno”.
PS: Signori, io vi rimando sempre al tastino blu che c’è lì sopra: io accetto anche i pomodori, quindi, se volete aiutarmi a migliorare… Leave a comment ^^
ENJOY PEOPLE!

 

 
 
 

¤°.¸¸.·´¯`» ORO (ESTATE) «´¯`·.¸¸.°¤

 
In bilico
tra santi e falsi dei
sorretto da
un’insensata voglia
di equilibrio



Il sole non sembra voler tramontare, oggi. E’ ancora lì e con i suoi raggi illumina l’intero Santuario: si sta tingendo d’arancio e di rosso, pian piano, ma ancora esita a tramontare.
Sembra quasi che non voglia far finire questa giornata. E’ stata una delle giornate più brutte della mia vita, quella di oggi: ho dovuto combattere contro chi lottava per il mio stesso ideale, la giustizia. Ora, è finita.
 
La mia armatura è ricomposta, abbandonata nell’ingresso del mio Tempio; io sto fuori. Il sole con i suoi raggi, che sembrano diventare sempre più intensi anziché più deboli mano a mano che il sole viene inghiottito dall’orizzonte, mi illumina e illumina anche lei, che resta immobile alle mie spalle.
Sono ricoperto da quella luce dorata mandata dalla mia armatura, alle mie spalle, riflesso di quella luce abbagliante che emette il sole, davanti a me.
Oro sul viso, oro sulla schiena. Oro, oro ovunque: un colore che oggi non merito di indossare.
 
Perché oggi ho combattuto contro chi era nel giusto: mi sono lasciato ingannare, ignorando i miei sospetti.
“E’ per volere di Atena”, mi dicevo, mentre la mia dea giaceva immobile in fondo alla scalinata che porta fino a qui. Oggi ho combattuto per un uomo che si credeva un dio, girando le spalle alla vera dea.
La settima casa è ancora vuota: alla sesta Shaka si lecca le ferite come faccio io, come facciamo tutti. Anche colui che abbiamo sempre creduto l’uomo più vicino alla dea ha sbagliato, ingannato da un uomo che in passato tutti consideravano un santo.
La nona casa, a sua volta, è ancora vuota, come tutte le altre fino alle stanze del Sacerdote: ora sono io l’ultimo Gold Saint che si frappone tra l’invasore e Atena. Peccato che Atena non sia qui e che non ci sia nemmeno un invasore che ci attacca, ora.
 
e resto qui
sul filo di un rasoio
ad asciugar
parole
che oggi ho steso
e mai dirò



Doveva essere una giornata speciale, per me; una giornata da ricordare. Invece il Fato ha sconvolto i miei piani. La battaglia è arrivata prima del previsto, portando via le certezze: portandomi via te.
Era un discorso che mi ero preparato già da un po’, quello che volevo farti.
Se ci ripenso, ancora non mi capacito di quella decisione.
Non mi ero mai preparato un discorso, io, così impulsivo e abituato prima ad agire e poi a pensare, perché sapevo che, alla fine, non lo avrei mai seguito per filo e per segno.
Eppure, per una volta, volevo essere più riflessivo, come eri tu, perché era troppo importante ciò che volevo dirti, per affidare tutto al caso.
 
Non pensavo di vedere in lontananza i Bronze Saint già questa mattina: pensavo di avere ancora qualche giorno, prima di dover affrontare la battaglia… Lo credevamo tutti.
Invece, mentre di corsa venivo da te, sono stato bloccato dal mio dovere; richiamato a difendere l’ottava casa dagli invasori.
Se avessi agito d’impulso in passato, forse sarebbe stato meglio: ti avrei detto tutto subito, senza discorsi premeditati. Ma avevo paura della tua reazione: ero troppo orgoglioso e non avrei mandato giù un rifiuto, una derisione.
Eppure se avessi agito allora, avrei parlato col cuore in mano e tutto sarebbe finito.
O iniziato.
Non posso saperlo, perché tutte le parole che avevo preparato non potrò mai dirtele: te ne sei andato troppo presto, come tutte le cose belle.

in bilico
tra tutti i miei vorrei
non sento più
quell’insensata voglia
di equilibrio



Ora vorrei non averli fatti passare.
Vorrei averli fermati e averli lasciati agonizzanti in mezzo alla mia casa, morenti. Se lo avessi fatto, a quest’ora sarei da te e potrei finalmente farti quel discorso che avevo preparato, sconvolgendolo in ogni suo punto. Starei ammirando il sole morente con te, anziché da solo.
Vorrei non essere costretto a pensare a tutto questo, perché se tu fossi vivo, Atena sarebbe morta. E allora, a cosa sarebbero serviti tutti quegli anni passati ad addestrarsi sotto il sole caldo della Grecia, su quell’isola sperduta in mezzo al mare? A cosa sarebbero serviti tutti gli anni da te passati nelle inospitali terre della Siberia?
A niente, non sarebbero servite a niente: perciò preferirei non pensare a tutto questo, ma non ci riesco.
 
Vorrei non essere costretto a scegliere, nella mia testa, se amare di più la nostra dea o te.
Vorrei non essere stato costretto a scegliere allora. Se fossi morto in battaglia, non avrei fatto nessuna scelta. Ma non è andata così, no, io ho dovuto prendere la decisone e ho fatto la scelta sbagliata, la scelta giusta: ho fatto passare Hyoga.
Ho fatto la scelta giusta per Atena, la scelta sbagliata per te.
Ho firmato la tua condanna a morte, con le mie mani. E anche se so che, se tu fossi qui non me ne faresti una colpa non posso non sentirmi svuotato, frustrato.
Ora più che mai capisco perché i Saint sono generalmente degli orfani: non bisogna avere legami, ce lo dicevano sempre. Eppure non ritenevo che un solo legame affettivo potesse portarmi così lontano dal volere di Atena, anche solo nei miei pensieri.
Eppure ora mi rendo conto che, anche se ho agito per la sua salvezza, una parte di me vorrebbe non averlo fatto.
Si dice che un momento di dubbio riguardo alla propria scelta arriva, prima o poi, per ogni Saint: quest’oggi è toccato a me.

non senti che
tremo mentre canto
nascondo
questa stupida allegria
quando mi guardi



Se ripenso a tutto il tempo che abbiamo passato insieme, mi faccio solo del male, eppure non riesco a non farlo. Non posso non abbandonarmi alla dolcezza dei ricordi che ho di te, perché adesso non ho più nulla, niente, solo polvere. Mi ricordo quei tuoi timidi sorrisi, appena accennati: era raro vedere un sorriso sul tuo volto.
Eri sempre impassibile, glaciale, come il ghiaccio della Siberia: non volevi lasciar trasparire nessuna emozione, come ti avevano insegnato. Eppure dicevi sempre che io riuscivo a vedere tutto e tutti per ciò che erano in realtà, al di là delle apparenze. Riuscivo a leggere persino te, il gelido cavaliere dell’Acquario.
E sorridevo, sorridevo sempre quando mi guardavi, sia che tu stessi sorridendo o che vi fosse un’altra espressione sul tuo viso.
Perché io sapevo quasi tutto di te; tutto, tranne quell’unica informazione, quell’unica risposta alla domanda che forse neanche tu che prevedevi tutto, avresti previsto. Una risposta ad un quesito che volevo porti quest’oggi, e che rimarrà sempre una domanda senza risposta.
Vorrei essere riuscito a vedere chi era davvero Arles: se con questa mia abilità che tu tanto elogiavi, avessi visto la sua vera natura, tu forse saresti ancora qui.

non senti che
tremo mentre canto
è il segno
di un’estate che
vorrei potesse non finire mai



Tornerei indietro, se potessi, ma non si può. Vorrei che la giornata di oggi potesse non finire mai. Se si fermasse il tempo, potrei illudermi che non sei morto, e che domani non verrai seppellito insieme a tutti gli altri Saint che sono morti quest’oggi.
Non ho mai desiderato così tanto di non vedere la fine di una giornata d’estate. In passato, attendevo il tramonto, che in estate non arriva mai, perché il tramonto annuncia la fine del giorno.
E la fine di un giorno d’estate annuncia l’arrivo, sempre più imminente dell’autunno e poi dell’inverno.
Odi et amo, questo il mio rapporto con l’estate e l’inverno, l’uno l’opposto dell’altra.
 
Ho sempre amato l’estate per il calore del sole: come lo scorpione che rappresento, ho sempre amato il caldo. E odiavo l’inverno e il gelo, assieme alla neve, che per mia fortuna qui non cadeva quasi mai.
Eppure odiavo l’estate, perché non eri mai qui, in estate. E amavo l’inverno, perché in inverno tornavi: perché tu eri l’inverno.
Io, l’estate calda e assolata della Grecia, tu, l’inverno freddo e pungente della Siberia.
L’uno l’opposto dell’altro: eppure riuscivamo ad intenderci come nessun altro tra i dodici.

in bilico
tra santi che
non pagano
e tanto il tempo
passa e passerai
come sai tu
in bilico e intanto



Tu la odiavi, l’estate: dicevi che io ero l’unica nota positiva di questa stagione.
Eppure io non bastavo mai: non ero una ragione sufficientemente valida per restare, in estate. Fuggivi sempre in Siberia quando le giornate diventavano più lunghe e afose; tornavi solo all’inizio dell’inverno, per poi sparire ancora, fino a metà primavera. Poi tornavi, attendevi l’inizio dell’estate e ripartivi per la Siberia: tornavi tra i ghiacci, in attesa di un nuovo inverno. Con il freddo saresti tornato: non sarebbe stato un inverno freddo come quello siberiano, ma ti sapevi accontentare.
 
E in estate io attendevo, attendevo sempre l’arrivo dell’autunno, breve ed effimero, seguito a ruota dall’inverno. Passavo le estati da solo, fantasticando su ciò che avremmo fatto insieme al tuo ritorno in Grecia. Ti avrei seguito in Siberia tutti gli anni, ma mi dicevi sempre di no: non si poteva fare, nemmeno il Sacerdote voleva che i tuoi allievi vedessero più Saint del dovuto prima di aver conquistato l’armatura. Così io restavo in fermento, inquieto, fino alla fine dell’estate.

il tempo passa e tu non passi mai
 
Il sole ormai è sparito dietro all’orizzonte.
Non c’è più oro, solo il buio della notte e finalmente mi decido a rientrare nella casa che dovrò continuare a difendere. Io, l’ultimo baluardo di difesa tra gli invasori che verranno in futuro ed Atena. Tu e gli altri non ci siete più, Camus, ma ti prometto che difenderò la dea della Giustizia anche per te. Ti prometto che, anche se i ricordi sbiadiscono col passare del tempo, il tuo ricordo rimarrà sempre nitido nella mia mente. Non potrò dimenticarmi mai di te.
 
E’ arrivata l’estate, di nuovo, come ogni anno.
Sarà l’ennesima estate senza di te, ma sarà più grigia delle altre, perché questa volta so che attenderò l’inverno invano.
 
 
 
 
 
 
 
 

NOTE (GIUSTO DUE PAROLE):
 
Ok… in questi giorni invece di studiare non faccio altro che pensare a One-Shot sui Saint (povera me ç_ç). Un’altra pausa tra una materia e l’altra, ed ecco un’altra fic su Milo e Camus… Questa volta, al contrario di quanto accade in Dolore Rosso (Alla quale vi rimando, se volete leggere qualcosa sempre su Milo e Camus), è Milo a parlare di Camus (una volta per uno non fa male a nessuno no?). Qui mi sono concentrata, ancora una volta, sul dolore (sono un po’ fissata in questo periodo >.<).  Ma questa volta, è il dolore di una perdita: Milo che perde Camus, in un certo senso, per colpa sua. Avrebbe voluto dire molto a Camus, ma non ha fatto in tempo…
Il titolo non è solo “Oro”, ma c’è anche l’Estate, perché si suppone che sia estate; l’idea di far si che sia estate è nata dal fatto che spesso, quando si parla di Camus (e, magari, con annesso Milo), si parla sempre dell’Inverno.
 
Vi lascio alle vostre recensioni, se vorrete recensire… Probabilmente, scriverò ancora sui Saint e sui colori. (non so perché ve lo dico, ma lo dico.)
Grazie a tutti quelli che passano di qui, sia che si limitino a leggere, sia che recensiscano, mettano la storia tra le preferite/ricordate.
Thanks a Lot.

 

   
 
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