Inverno – Nell’ombra incerta di un divenire.
She lives in a fairytale, somewhere too far for us to find. […]
Her prince finally came to save her, and the rest you can figure out.
But it was a trick, and the clock struck twelve.
Sansa Stark indossa un vestito da sposa bianco, lunghissimo, con un velo
che le ricopre dolcemente il viso.
Seduta ai suoi piedi c’è Lady, viva. Dev’essere un sogno.
Sansa sfiora con una mano il vestito, sistemando pieghe inesistenti, e chiude
gli occhi, ascoltando le voci attorno a lei. Sente distintamente Arya che parla
con quel suo maestro: parlano di spade e gatti e gli dèi soli sanno cos’altro.
Sansa sospira, nell’udirli: Arya non ha mai capito nulla del mondo, in fondo.
Non appena distoglie la sua attenzione da sua sorella, sente Jeyne che le
bisbiglia qualcosa all’orecchio e ride – parla di re e principi e fiabe e
ballate, oh, ballate, dice che
comporranno una ballata sul suo matrimonio.
In fondo Sansa sta per divenire regina, è
un evento importante e ne parleranno in ognuno dei Sette Regni.
Tra la folla c’è anche sua madre: non parla, ma persino ad occhi chiusi Sansa avverte
il suo sguardo su di lei ed il suo sorriso. E’ felice che sua madre ci sia; si
sa, le madri, nelle ballate, ridono e piangono sempre con le figlie, ai loro matrimoni.
Ed in qualche angolo della stanza c’è anche Robb e Bran e Jon e persino il
piccolo Rickon. C’è l’uomo che faceva la corte a sua madre, con la sua barba e
le sue parole ambigue, però è solo un’ombra.
C’è il Cavaliere dei Fiori, e tanti altri uomini in armatura, bellissimi e
valorosi e forti.
Sente la voce della madre del suo principe – no, il suo re -, Cersei: le sussurra parole dolci, ammaliatrici.
E poi, proprio accanto a lei, c’è Sandor Clegane. Anche senza vederlo, ricorda
ogni dettaglio del suo volto sfigurato e prova un brivido di paura. Ma lui le
parla quasi con cordialità e la
chiama little bird.
Ed ancora, c’è Robert, il vecchio re – lo
sente urlare e bere -, e suo fratello Renly – ne sente la risata – e tanti,
tanti altri. Poi, d’un tratto, cala il silenzio ed ogni voce si spegne. Infine,
Sansa apre gli occhi.
Davanti a lei, ora, c’è un solo uomo.
Eddard Stark l’osserva con un sorriso triste, ma nei suoi occhi risplende
l’orgoglio d’un padre, Sansa lo sa.
Allora lo guarda raggiante e gli prende la mano; “Padre”, gli dice,
“Accompagnami da Joffrey.”
Ned annuisce e la conduce a passi lenti attraverso la stanza. Solo in
quell’istante, si rende conto di trovarsi nella sala del Trono – le pareti
rosso sangue si stringono attorno a lei, opprimendola.
Ma non c’è nulla di cui aver paura.
Giunto davanti all’Iron Throne, Ned
si inginocchia di fronte alla figlia e le sussurra qualcosa.
E in un secondo, il sogno si capovolge. Joffrey appare alle spalle di Eddard e
lo blocca, fulmineo, sul viso il sorriso più dolce che Sansa abbia mai visto.
Estrae una spada - no, non una spada
qualsiasi, Ice - con una lentezza
incredibile e, declamando: “Ti amo, Lady Sansa”, stacca la testa a suo padre.
Sansa si sveglia di scatto, urlando.
Scossa dai singhiozzi, torna a raggomitolarsi su se stessa, scacciando le
coperte; è la quarta, la quinta, forse la sesta, forse la centesima notte che
sogna suo padre.
E sogna Joffrey – Joffrey che amava, Joffrey di cui si fidava, Joffrey che credeva
l’amasse, ci credeva, ci credeva!, Joffrey
che l’aveva fatta a pezzi. Lo odia,
pensa freddamente.
Riguarda il suo passato cieco amore per lui come fosse una canzone, una canzone
dalle parole vuote e dalla musica spenta, una canzone perduta.
E quasi vorrebbe ridere al pensiero che l’aveva trovato bello, amabile, dolce, perfetto. Ma le lacrime sovrastano le
risate amare, ogni volta.
S’asciuga il viso con un lembo del lenzuolo e d’improvviso scatta in piedi,
allontanandosi da quel letto che le ha portato solo incubi ed i sorrisi di
persone morte e persone odiate.
Corre alla finestra, in un impeto di follia, e spalanca le ante.
Sente il vento scuoterle i capelli rossi e per un attimo, un solo attimo, le
pare di udire la voce di Ned nell’aria.
“Che cosa devo fare, padre?” chiede con una nota di disperazione al nulla di
fronte a lei.
“Inchinarmi a chi t’ha ucciso e detesto, dir loro parole cortesi, essere la
Lady che mi insegnasti ad essere?”
Si volta verso la sua stanza, ordinata come sempre, con l’eccezione del letto.
Ogni suo vestito è piegato alla perfezione, ago e filo sono riposti con cura su
un tavolino. Ma non importa poi così tanto.
“Voglio tornare a casa, voglio solo tornare a casa.”
Con le mani tremanti, torna a guardare il cielo – ma il cielo è impietoso e non
dona risposta alle sue domande. Sansa volge il suo sguardo alla cruda terra
sotto di lei.
“Dovrei terminare la mia vita come in una ballata, forse. La triste e crudele morte di Lady Sansa di Winterfell, caduta dalla sua
torre in un palazzo che fu la sua prigione.”
Scuote la testa, stupita dalle sue stesse parole, facendo qualche passo
indietro. “Tu non lo vorresti.”
S’asciuga le lacrime, con un gesto deciso.
“No, e neppure io. La vita non è mai stata una ballata, sai, ora l’ho compreso…”
Scuote nuovamente la testa, con rassegnazione, e chiude di scatto la finestra,
rabbrividendo. A passi lenti, attraversa la stanza, torna al suo letto e
sistema con cura le coperte.
“Non voglio morire e non posso fuggire, non m’è concesso”, mormora. “Non da
questo castello che non è altro che un pozzo di atrocità. Oh, padre, come ero
cieca.”
Sospira, e torna a sdraiarsi – ma ancora non torna a dormire. Nel caldo del
letto, le rimane un’ultima preghiera agli dèi. “Fate che mio padre mi veda,
fate che mio padre mi protegga. Per favore, per favore, sarò forte. Sarò
forte.”
Sansa Stark indossa un vestito da festa, rosa, lunghissimo, con lunghe maniche
che le ricoprono dolcemente le dita e disegni che s’intrecciano nella seta in
una danza elegante.
Alza la testa, osservando il sole innalzarsi nel cielo al di fuori della
finestra dalle ampie ante ed inondare di rosso e dorato gli orli del suo
vestito. Sorride.
Riesce a fermare le lacrime, ora, riesce a udire i cupi sussurri del mondo
oltre le note ammalianti delle ballate. Riesce a sentire la voce di suo padre
nel suo cuore.
“L’inverno sta arrivando”, sussurra, “Ed io sono una Stark, sono una Lady,
anche senza di te, padre, anche senza l’amore. L’inverno sta arrivando e sono
pronta ad affrontarlo.”
Bussano alla sua porta; è pronta ad andare dal Re.
«That’s what I will
give you, Lady Sansa. Your brother’s head.»
«Maybe my brother will give me your head.»
©
Sansa Stark, Ned Stark, Joffrey Lannister, etc, etc, appartengono a George R.R.
Martin; la strofa iniziale appartiene ai Paramore ed è tratta da Brick By Boring Brick. Il titolo
appartiene a Fabrizio De Andrè, Inverno.
A interpretazione.