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Autore: Piccolo Fiore del Deserto    14/12/2011    2 recensioni
Avevano solo vent’anni quando il loro amore fu fisicamente distrutto, ma continuò a perdurare dentro il suo animo. Elise viveva in sé.
Elise, la sua Elise, era il suo cuore.
Un cuore racchiuso in una scatola, scrigno prezioso e simbolo tangibile dei loro ricordi e del loro amore.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Elise era il suo cuore

 

 

 

 

 

La luce della luna s’infrangeva sulla superficie liscia e imperturbabile del lago, proprio al centro della foresta. Sylvie amava ritirarsi in quel posto, al sicuro, lontano dal paese e dagli sguardi indiscreti e accusatori dei popolani, il cui unico scopo della vita era bisbigliare cattiverie o puntare il dito con fare accusatorio. In verità, erano anni che aveva scelto di ritirarsi in quella sorta di grotta, perfettamente arredata come una casa, ben lontana dagli altri e di fondare quell’ordine di streghe che era la sua ragione di vita da ormai più di ventiquattro lunghi inverni.

Forse era troppo giovane per quel suo ruolo da Gran Maestra, spesso si sentiva cedere, ma mai lo lasciava trapelare alle sue sorelle, a quelle creature che la Dea aveva condotto nella sua vita.

Loro erano la sua famiglia, il più prezioso dei tesori e le avrebbe protette anche a rischio della sua vita, se fosse stato necessario.

Sylvie puntò i suoi grandi occhi blu dinanzi a sé. Il suono soffuso delle acque infondeva in lei ricordi impossibili da assopire, e la leggera brezza – sua perenne compagna e amica – le sussurrava parole che serbava nel cuore.

Tra le mani aveva una scatola di legno scuro, che sfiorava con la dovuta cura, come se fosse una gemma preziosa che non volesse scalfire.

Sul coperchio v’era intarsiata un’immagine particolare: la luna calante e quella crescente contrapposte ma nel medesimo tempo unite. Quegli intagli, inoltre, erano adornati con piccole pietre di ametista, che ora sfiorava con delicatezza.

Le sfuggì un sospiro mentre i ricordi si facevano vivi come immagini, vane illusioni che aleggiavano come fantasmi di un passato lontano.

Elise…

Non si accorse se fosse stata lei a proferire quel nome o fosse stato trasportato dal vento che si era sollevato.

Di una cosa però era certa, e lo sarebbe stata fino alla fine dei suoi giorni: Elise era il suo cuore.

 

 

Si conoscevano sin da bambine e amavano scorrazzare per le vie di un piccolo paese della Bretagna. Elise era dolce, sognava mondi migliori, s’incantava anche per le piccole cose. Bastava una goccia di rugiada che rimaneva immobile come una piccola perla su una foglia, ad illuminare i suoi occhi verdi. Sylvie amava guardarla, sentirla parlare, ridere gioiosa, confessare i suoi segreti. Inizialmente pensava solo che fosse per la splendida amicizia e sintonia che si era creata tra loro sin dalla prima infanzia, ma con il passare degli anni il suo cuore le sussurrò un’altra risposta: quello che provava non era mero affetto ma intenso amore. Non poteva trascorrere un giorno senza di lei, senza osservare quei grandi occhi luminosi scrutare il mondo con gioia e curiosità, senza ascoltare il dolce timbro della sua voce, la sua risata cristallina, senza vedere la sua chioma di fluenti ricci ramati, senza passare le sue dita tra quei capelli che profumavano di lavanda. Elise, la sua Elise, che non voleva perdere per nulla al mondo e, per tal motivo, preferiva tenere i suoi sentimenti nascosti nel suo cuore, per non ferirla, per non turbarla, per non allontanarla da sé.

Avevano scelto l’ombra di un’imponente e rigogliosa quercia quale luogo dei loro ritrovi. Amavano trascorrere ore l’una con l’altra, lontane dai frastuoni del paese, in completa sintonia con la natura. Un giorno Elise giunse in quel loro angolo segreto con una scatola tra le mani. Il suo sorriso luminoso contagiò ben presto Sylvie, il cui cuore batteva con intensità, come ogni volta che la vedeva.

« Sylvie! »

« Ma douce, che cosa rechi con te e cosa ti porta a provare una tale gioia?» domandò, spostando lo sguardo sulla scatola.

« Ho un regalo per te, per noi. » replicò Elise, fermandosi a un passo da lei e ritrovando il respiro dopo la corsa.

« Un regalo? »

« Guarda qui. È una scatola, molto semplice lo so, ma l’ho realizzata io. Ti piace? »

Sylvie la osservò con estrema attenzione: si trattava di una scatolina di legno scuro, noce forse, sul cui coperchio erano intarsiate immagini particolari. Sembravano esserci due spicchi di luna, crescente e calante, che si opponevano, ma univano allo stesso tempo. Ma non finiva lì. Piccole pietre d’ametista, infatti, erano incastonate in quelle lune, come ulteriore adornamento a quel piccolo tesoro che l’amica amata conservava tra le sue mani.

« Sì, è incantevole… come ogni cosa che viene da te creata. » sussurrò con dolcezza Sylvie, sfiorandole delicatamente la gota destra in una carezza « Ma a cosa devo questo regalo? »

Elise socchiuse gli occhi per qualche istante, assaporando quel gesto di affetto dell’amica, e poi tornò a riaprirli e sorridere.

« Qui potremmo mettere ogni ricordo che ci lega. Certi momenti della vita non vanno dimenticati. Tra diversi anni potremmo riaprirla e rammentare episodi che ci fecero ridere, emozionare. La potremo nascondere sotto questa quercia, e riportare alla luce ogni qualvolta vogliamo introdurvi un pezzo delle nostre vite. »

La sua dolcezza provocò un’emozione intensa nel cuore di Sylvie, che dovette resistere al desiderio di baciarla, di liberare quei sentimenti che da tempo poteva solo celare.

I suoi occhi si fecero umidi e le parole uscirono con difficoltà.

« Hai un cuore così puro e una dolcezza così sublime, ma chère. Credo che sia un’idea splendida, e sono pronta a condividere ogni cosa con te.  »

Elise arrossì e chinò lo sguardo per qualche istante, e poi porse la scatola a Sylvie.

« Possiamo iniziare subito, allora! » esclamò e, frugando tra le tasche della sua semplice veste verde, ne estrasse un nastro rosso « Sin da bambine un nastro rosso ci ha unite. Esso spicca sul tuo e sul mio polso, ricordo tangibile di un’amicizia che non dovrà mai avere fine. Ne voglio quindi porre uno all’interno della scatola, come ricordo. »

Sylvie l’osservò, il suo sguardo era emanazione della più pura verità, esprimeva il sentimento più grande che si potesse provare. Annuì alle parole di Elise e si morse il labbro inferiore per non proferire altre frasi che potessero infrangere quel momento magico. Aprì la scatola ed Elise v’introdusse il nastro.

Le loro mani si sfiorarono nel chiudere di nuovo quel piccolo scrigno che custodiva i loro cuori, i loro ricordi.

La sotterrarono proprio vicino alla quercia e poi si fermarono a parlare tranquille, fino a quando Sylvie non riuscì più a trattenersi. Prese tra le sue le mani dell’amica, sfiorandole con gentilezza, e disse:

« Non ce la faccio più a celare quello che ho dentro. Elise, mia Elise, il mio affetto verso di te non è solo pura e grande amicizia, ma nel corso degli anni si è evoluto. Io… ti amo. Amo il modo in cui sorridi, in cui ti sfiori i capelli, in cui i tuoi occhi s’illuminano, io… »

Ma dovette interrompersi. Elise, che non ci aveva visto nulla di male in quel gesto, s’irrigidì totalmente nell’ascoltare quelle parole. I suoi occhi persero la luce e sembrò come se un velo nero li avvolgesse. La sua pelle, già chiara, sembrò divenire ancora più pallida. Con un gesto brusco si ritrasse da Sylvie e, senza dire una parola, corse via allontanandosi da lei, lasciandola da sola, immersa nella colpa, nel bruciante effetto del rifiuto, ma anche nella paura terribile di averla persa per sempre.

Sylvie entrò nell’inverno della sua vita. Pianse per giorni e quando tutte le lacrime furono esaurite, rimase muta al mondo. Sembrava malata, ma in fondo lo era. Senza Elise la sua vita non aveva più senso, quindi perché sforzarsi di reagire?

Non aveva perso solo l’amore, ma anche un’amica importante, la sua unica, deliziosa e preziosa amica.

V’erano momenti in cui riusciva a giungere fino alla quercia, e scavava a mani nude fino a che non poteva vedere la scatola. Allora la prendeva tra le mani e la sfiorava, come se così facendo potesse fare lo stesso con Elise.

Lacrime uscivano ancora, come se non l’avessero consumata abbastanza e la scena si ripeteva per giorni e giorni, fino a quando sentì qualcuno sfiorarle la spalla.

Sylvie si voltò e fu abbagliata dalla luce più piacevole che potesse esistere: Elise era lì.

Istintivamente si buttò tra le sue braccia, ma la sentì ancora rigida. Si scusò innumerevoli volte, cercando di farle capire che per lei avrebbe cancellato quei sentimenti, ma non poteva perdere la sua amicizia. Elise non disse nulla, ma d’un tratto pose le sue dita sulle labbra di Sylvie nel tentativo di porre fine alle sue scuse. Scosse il capo e la guardò con una dolcezza ancora più intensa del solito. I suoi occhi erano umidi per le lacrime, come quelli di Sylvie nei quali si riflettevano.

Rimasero alcuni istanti in silenzio, fino a quando le loro labbra non si sfiorarono. Il primo bacio di quelle giovani fanciulle, inesperte, ma guidate da un sentimento chiamato Amore che porta le anime ad incontrarsi e le unisce, plasmandole in una sola. Come le loro.

Elise aveva avuto paura. Due donne non potevano amarsi, sarebbero state ritenute strane, o addirittura soggiogate dal Diavolo. La paura l’aveva spinta ad andarsene, ma anche i sentimenti confusi che aveva provato. Solo quando si era fermata ad ascoltare il cuore, aveva compreso che anche per lei era lo stesso e niente e nessuno poteva impedire loro di amarsi, anche se non alla luce del sole. Era disposta ora a rischiare, pur di godere quegli attimi magici con la sua amata amica Sylvie.

 

 

 

Da quel giorno si erano amate, non solo emotivamente ma anche fisicamente. Erano giunte a oltrepassare quel confine che solo moglie e marito, in quella loro civiltà, potevano compiere. Sylvie ricordava ancora il sapore dei suoi baci, la morbida pelle del suo corpo, il profumo del loro amore. Ricordava i sorrisi e le risate, la luce dei suoi occhi, e la felicità immensa nel capire che tutto ciò era suo e da lei provocato.

Elise, la sua Elise.

Elise la coraggiosa, l’innamorata, la dolcezza fatta a persona.

Incontri al chiaro di luna, in luoghi nascosti. Baci fugaci, rapidi, e poi ore intense a conoscere ogni aspetto dei loro corpi.

Una vita difficile e rischiosa ma meravigliosa.

Ma dopo la luce arrivano sempre le tenebre, così come la notte prende il posto del giorno, e la tristezza distrugge la felicità.

 

« Sgualdrina, lurida figlia del Demonio! » uno sputo.

« Padre… » una supplica.

« Tu non sei mia figlia! Sei una vergogna per questa casa! »

Elise era stata scoperta. Un usignolo dispettoso aveva cantato e per il loro amore era la fine.

Sylvie non era con lei quando suo padre l’aveva presa con forza estrema per un braccio, e gettata fuori di casa come un oggetto rotto. Elise tremava come una foglia. Supplicava il padre di perdonarla, e piangeva. Sapeva quale sarebbe stata la sua fine, ma non voleva neanche ripudiare Sylvie. No, sarebbero fuggite, andate lontano dove nessuno avrebbe distrutto il loro legame.

Sognava Elise, ma spesso i sogni vengono infranti da qualcosa più grande di noi.

Il padre la condusse alla cappella del paese. Lì uomini di chiesa le posero domande intime e crudeli, alle quali spesso non sapeva o non voleva rispondere. Ma non v’era tortura per lei, giacché testimoni del suo misfatto esistevano e bastavano per arrivare alla sentenza definitiva.

Non appena anche l’altra concubina del diavolo fosse stata trovata, sarebbero state unite nella morte.

Ma Sylvie era riuscita a sfuggire dalle grinfie dell’animo umano corrotto. Si era nascosta nella foresta e mai più aveva fatto ritorno a casa.

Tentò di raggiungere la sua amata, ma le segrete non erano accessibili. Tremava, piangeva, e non riusciva a trovare una soluzione. Non poteva né voleva perdere il suo amore. La crudeltà umana non poteva portarla via.

Il giorno della sentenza, tuttavia, giunse. Il sole illuminava la terra con i suoi raggi, e sembrava un tempo troppo bello in contrasto al terribile evento che doveva accadere.

Sylvie, nascosta da un mantello, era tra la folla cercando di non dare nell’occhio. In una tasca della veste scura era nascosta la scatola, che sfiorava con la mano come se potesse infonderle la forza di reagire e di affrontare con coraggio ogni ostacolo. Voleva salvarla e, se non ci fosse riuscita, sarebbe morta al suo fianco.

Ecclesiastici accompagnarono, insieme a un altro uomo vestito di nero, la “strega” verso il patibolo. Una pira era pronta per lei, ceppi che aspettavano solo di essere arsi dal fuoco per poi purificare il peccato.

Elise procedeva a passo incerto, la sua veste verde era logora e strappata in alcuni punti, i capelli scompigliati, il suo volto pallido, emaciato e sporco di polvere e terriccio. Quando la vide, Sylvie provò una stretta al cuore e un desiderio estremo di gridare. Avanzò spingendosi più vicina al patibolo e, quando sollevò di nuovo lo sguardo verso il palco, incrociò quello di Elise. Quest’ultima spalancò gli occhi, turbata e spaventata nel vederla lì. Scosse impercettibilmente il capo e cercò di comunicare con il suo sguardo. Sembrava dirle di andare via, di non rischiare. Lacrime sgorgarono e, mentre i suoi aguzzini definivano i crimini ingiustamente commessi, lei non faceva altro che fissare Sylvie. Per un attimo fu come se una leggera brezza, che si era sollevata in quel momento, portasse la voce della condannata alle sue orecchie. Sylvie rimase impressionata, mentre la sentiva incitarla ad andare via.

“Non restare qui, ma douce, va via. È già difficile per me pensare di perderti, ma non voglio vederti morire al mio fianco. Va' via, non lasciare che il tuo cuore sia straziato dal mio supplizio. Ti prego. Vivi ed io vivrò con te. Se muori anche tu, che ne sarà stato del nostro amore? Va'.”

Sylvie scosse il capo e represse i singhiozzi che rischiavano di farla scoprire. Lacrime silenziose le rigarono il viso e, alla fine, seppur contraria, annuì. Guardò per l’ultima volta il suo amore, quegli occhi verdi e quel sorriso che ora sorgeva di nuovo, per lei, tutto per lei. Si allontanò prima che il fuoco venisse acceso. Dapprima lentamente, poi iniziò a correre. Quando ormai fu lontana, e solo la fiamma che si sollevava verso il cielo era distinguibile, si sfogò del tutto. Pianse per il dolore che le lacerava l’anima. Pianse per la morte della sua amata a causa dell’umana ingiustizia. Pianse per la fine di quell’amore e giurò a se stessa che mai avrebbe amato ancora.

 

 

Dovettero passare diversi inverni prima di riuscire ad emergere da quelle tenebre nelle quali era caduta senza il suo amore.

Fino a quando non incontrò Ophélie, un’anziana e saggia signora dalle grandi conoscenze delle erbe e dei misteri del mondo. Con lei trovò una casa, e formò una famiglia. Quell’Ordine che era diventato sua ragione di vita.

Non s’innamorò più. Provò grande affetto per le sorelle streghe, ma mai un amore così intenso come per Elise.

Avevano solo vent’anni quando il loro amore fu fisicamente distrutto, ma continuò a perdurare dentro il suo animo. Elise viveva in sé.

Elise, la sua Elise, era il suo cuore.

Un cuore racchiuso in una scatola, scrigno prezioso e simbolo tangibile dei loro ricordi e del loro amore.

 

 

 

 

 

 

 

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Questa è la storia di Sylvie, uno dei personaggi di una long che sto scrivendo (Il Lupo e la Rosa), ma che tarda ad arrivare perché ancora non ho raggiunto neanche la metà -.- Voglio completarla del tutto, prima di postarla qui.

Comunque, l'ho scritta come Fuori Concorso negli Original Concorsi di Eylis. Più precisamente, per il Mini Original 1 - Lo Yuri e ... la Scatola. Qui il link.

Questa storia non è proprio yuri, perché non mi sento in grado di scrivere cose più spinte, soprattutto tra donne (o ancor peggio tra uomini), quindi è molto più semplice, dolce, basata sui sentimenti.


E' la prima volta che scrivo qualcosa su questo tema, quindi non so se è arrivato quello che volevo trasmettere...


Spero che vi possa piacere, e se vi va lasciate pure dei commenti :) Finché sono commenti costruttivi, va bene.


A presto!

Ps. Apportate lievi modifiche grammaticali, grazie alla recensione costruttiva ricevuta :) Per il resto ho voluto lasciare così. Scelte stilistiche mie.



RECENSIONE FUORI CONCORSO

fuoriconcorsooc1ghen

Valutazione: 7,5

A livello di forma avrei pochissime note da fare, forse solamente un paio, il testo è scritto molto bene (e, se posso aggiungere, con uno stile davvero piacevole ed interessante).
A livello di contenuto il lavoro perde soprattutto nell'originalità, anche se devo dire che l'accostamento della caccia alle streghe con il rifiuto dell'omosessualità è interessante e decisamente poco comune. Trama e personaggi però vengono sviluppati quasi unicamente attorno alla loro storia d'amore, che estratta dal contesto è piuttosto semplice e lineare, simile a tante. L'espressività è invece un punto forte del racconto, che rimane dolce e in un qualche modo quasi "mistico". Molto interessante anche l'uso del tema "scatola".
Trovo che come primo esperimento sia riuscito abbastanza bene, personalmente la storia mi è piaciuta anche se, come detto, pecca un poco in originalità. Credo che un buon consiglio per chi vuole scrivere una yuri ed è alle prime armi è quello di immaginare la storia come una qualsiasi storia d'amore, perché di base le cose non sono molto diverse che in una relazione tra uomo e donna ;)

   
 
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