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Autore: IsaMarie    15/12/2011    33 recensioni
Bella e Jasper sono i gemelli Swan che vivono con il padre Charlie e la cugina Rosalie a Forks. Le loro vite si intrecceranno con i ragazzi Cullen: Edward, Alice e Emmett.
(Scritta con sara_cullen)
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Emmett/Rosalie, Jacob/Leah
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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EPILOGO FRUTTO PRIMA PARTE
BUONA LETTURA! CI VEDIAMO IN FONDO!

EPILOGO PRIMA PARTE




1°LUGLIO


Pov Bella

I passeggeri del volo 522, destinazione New York, sono pregati di raggiungere il gate 4 per l’imbarco.

Quella voce metallica gracchiò negli altoparlanti dell’aeroporto acuendo il mio mal di testa.
-Ehi, tesoro! Sei stanca? Mi sembri più pallida del solito-.
-No, tranquillo… è che… avrei bisogno di sdraiarmi e non ce la faccio più a stare seduta su questa maledetta sedia! Ci vorrà ancora molto per l’imbarco?!- risposi, irritata e nervosa.
-Coraggio, piccola mia… ancora un’oretta e ci siamo- mi consolò, accarezzandomi con dolcezza i capelli e facendomi rilassare un pochino a quel gesto affettuoso. Mi sforzai di sorridergli per cercare di rincuorarlo, senz’altro era più agitato di me all’idea della mia partenza.
-Senti Bella… mi dispiace davvero tanto non poterti accompagnare- si rammaricò per l’ennesima volta.
-Basta, papà. Ti prego, non continuare a crucciarti così. Manca poco più di un mese al parto ed Esme ha bisogno di te. Sai che non si deve alzare dal letto e fare sforzi- gli ricordai per cercare di alleviare il suo senso di colpa. La gravidanza di Esme era proceduta a meraviglia fino ad una settimana prima, quando la pressione le si era alzata a livelli improponibili e rischiava la gestosi. Da qualche giorno quindi le era stato ordinato riposo assoluto fino al parto.
Il suono del mio cellulare interruppe quello scambio verbale con mio padre.
-Pronto?- risposi, senza nemmeno controllare chi fosse il chiamante.
-Ehi, sorellina! Non sei già partita?- mi chiese Jazz con un tono forzatamente allegro. Sapevo che continuava a sentirsi in torto per non essermi accanto; ma la mia era una situazione che avrebbe richiesto parecchio tempo per risolversi… perciò non aveva senso che lui ed Alice si rovinassero le vacanze estive a causa mia.
-No, non ancora, c’è stato un po’ di ritardo… un po’ tanto! Uffi, è più di un’ora che aspetto!- mi lagnai.
-Ed io che volevo tenerti compagnia, visto che sei sempre un pochino tesa…- si angustiò. Che dolce mio fratello, lo adoravo incondizionatamente e mi mancava da morire; in realtà era solo una settimana che non lo vedevo: non eravamo mai stati così lontani così a lungo.
-Non fa niente, Jazz. E poi lo sai che finché sono per aria preferisco tenere il cellulare spento, quindi non preoccuparti. Mi aspettano tempi duri, lo sai… e il viaggio è il male minore. Ma me la caverò come sempre. Piuttosto, voi? Avete già raggiunto la Ville Lumiere?- gli domandai, tentando di cambiare discorso per non pensare a ciò che mi aspettava al mio arrivo a destinazione.
-Sì, ci siamo appena sistemati in albergo, vicino a Notre Dame. Alice sta facendo un sacco di foto e video per mostrarti poi ogni minimo dettaglio… e Parigi è fantastica! Comunque ti chiamo stasera, ok? Così mi racconti come sono l’ambiente e la tua camera- si raccomandò.
Mi morsicai il labbro con veemenza, deglutendo più volte per cercare di non far tremare la mia voce, nel rispondergli. Dovevo cercare di essere forte, come avevo fatto nei giorni passati. Ero sinceramente felice per Jazz ed Alice; ci avevo messo parecchio a convincerli ad accettare i biglietti del nostro viaggio da sogno. Jazz non ne voleva sapere di lasciarmi e, anzi, aveva tutte le intenzioni di trascorrere l’estate con me a Chicago. Ma gli avevo fatto comprendere che non ero più una bambina e che lui doveva pensare prima alla sua vita e alla sua fidanzata. Poi ci sarebbe stato anche il parto di Esme e Jazz avrebbe dovuto essere presente. Sarei già mancata io quel giorno, e forse anche lui, per quel che ne sapevo; e non mi sembrava giusto che Esme e papà dovessero rinunciare a qualcun altro dei loro figli in un momento così gioioso e importante per l’intera nostra famiglia. Alla fine Jasper si era arreso ed era partito, ma aveva continuato a telefonarmi tutti i giorni, più volte, anche in orari assurdi in cui avrebbe dovuto dormire, dato il fuso orario. Speravo solo che almeno stesse cercando di godersi il viaggio il più possibile.
-Va bene, Jazz. A stasera, e dai un bacione ad Alice da parte mia… e… ti voglio bene- mormorai, per poi interrompere la comunicazione e asciugarmi velocemente una lacrima sfuggita al mio controllo.
-Oh, Bells!- sospirò mio padre, tentando di abbracciarmi, ma non glielo permisi.
-No, ti prego papà. Se lo farai adesso sento che andrò in mille pezzi e non voglio! Tra qualche minuto starò meglio- lo supplicai; -Mi potresti andare a prendere un caffè? Ne ho davvero bisogno- lo supplicai.
Capì al volo la mia necessità di restare un po’ da sola per riprendermi, annuì e si dileguò all’istante.
Presi qualche energica boccata d’ossigeno per riuscire a calmarmi e poi mi spostai accanto alla vetrata ad osservare il cielo estivo ricoperto dalle solite nuvole cariche di pioggia a stento trattenuta.
Sospirai, sperando che almeno il volo risultasse tranquillo. Il dolore era già abbastanza lancinante così, senza che l’aereo dovesse subire anche degli scrolloni a causa di qualche turbolenza.
-Ehi, piccola! Speravo che per il viaggio ti avrebbero fornito un modello di macinino decisamente più moderno di quel trabiccolo!- la voce tonante e beffarda del mio migliore amico mi fece voltare di scatto.
-Jake! Cosa ci fai qui? Ti avevo detto, ieri sera, che non era necessario salutarmi all’aeroporto- lo rimproverai bonariamente, con un enorme sorriso sulle labbra, sollevata di poter trascorre ancora del tempo in sua compagnia.
-Ero qui a Port Angeles a comprare dei pezzi di ricambio per la golf del vecchio Bob… e ho chiamato tuo padre per chiedergli se eri già partita. Così quando mi ha spiegato del ritardo mi sono precipitato qui- mi chiarì.
-Come hai fatto a entrare? Questa è una saletta privata- mi incuriosii. Lui mi sorrise, ammiccando mentre si sfilava dalla tasca posteriore dei jeans il suo telefonino e lo appoggiava su un tavolino accanto.
-Ho le mie conoscenze, io!- dichiarò con tono misterioso mentre si accomodava su una sedia, facendomi ridere. Immaginavo quali conoscenze avesse ed ero certa che a Leah non sarebbero andate a genio se l’avesse saputo.
-Tieni- mi porse il caffè. Afferrai il bicchiere di plastica, guardando perplessa il mio amico: come diavolo..?
-Ehi, niente lettura del pensiero, non sono un pallido e smunto vampiro! Ho solo incontrato un baffuto sceriffo che te lo stava portando e così l’ho mandato a farsi un giretto e a comprarti qualche rivista per il viaggio, visto che non ci aveva pensato. Volevo restare un po’ solo con te, perché, negli ultimi giorni, eri sempre circondata da un sacco di gente e non ci sono mai riuscito. Così magari facciamo due chiacchiere in santa pace- mi spiegò.
-Grazie Jake, ma non dovevi disturbarti. E poi non ho bisogno di alcuna rivista, non credo che leggerò…- mormorai, sorseggiando la mia bevanda bollente. Non vedevo l’ora di essere nella mia poltrona di prima classe, senza avere gli occhi di qualcuno dei miei amici o familiari addosso, e poter sfogare tutte le lacrime che stavo tentando di reprimere da troppo tempo, ormai. Mi sembrava di trovarmi sul filo di un rasoio: ero maledettamente prossima al mio punto di rottura e ogni minuto che passava avevo la netta impressione che la diga si stesse per sgretolare in mille pezzi.
-Ah, è vero! Scusami, non ci avevo proprio pensato, Bells. Non avrai tempo per leggere perché sarai troppo impegnata a dare finalmente libero sfogo a tutte le tue lacrime, giusto?- sibilò. Sussultai al suo tono duro.
-Del resto nell’ultimo mese ti è capitato spesso, no? Hai pianto ogni volta che sei rimasta sola, quando nessuno ti vedeva. O più precisamente non fai altro, da quando hai commesso la cazzata più grossa della tua vita!- sbottò sarcasticamente. I miei occhi si sgranarono per lo stupore; Jake non aveva mai fatto cenno a nulla e pensavo che non si fosse accorto di quanto soffrivo.
-Pensavi davvero di darmela a bere? Pensavi che non vedessi come eri ridotta ogni volta che ti venivo a trovare: occhi gonfi, rossi, tristi, profonde occhiaie… devo continuare?- mi provocò.
-Jake, ti prego, non ora… non ce la faccio!- gemetti, di nuovo tremendamente agitata. Sapevo che non era mai stato concorde con la mia decisione: me ne accorgevo, ogni volta, da come stringeva i pugni e serrava la mascella quando sostenevo che non ci fosse più nulla da dire al riguardo o che non volevo sentire pronunciare quel nome. La decisione era stata presa da un pezzo e non sarei tornata indietro! Fino a quel momento c’era sempre stato qualcuno con me… e la sola presenza di un terzo aveva frenato i suoi tentativi di indagare; ma ora eravamo soli e nessuno lo avrebbe fermato…
-E allora quando, Bella?! È un mese che non ne vuoi parlare, che non si può neppure più pronunciare il nome di Edward in tua presenza! Tutti hanno cercato di comprenderti, di proteggerti, per via della situazione, e nessuno ti ha voluto dire come stanno veramente le cose; ma è ora che tu lo sappia!- tuonò, improvvisamente infuriato come mai lo avevo visto. Ero ammutolita e incapace di pronunciare anche solo una sillaba. Io sapevo tutto quanto… Jazz, l’unico (oltre a mio padre) a conoscere l’intera verità, mi teneva costantemente al corrente delle novità in famiglia e non avevo voglia di risentire le parole che Jake voleva gettarmi addosso. Mi sentivo già abbastanza in colpa, per non parlare dell’atroce sofferenza che mi dilaniava il cuore in maniera costante e profonda per la sua mancanza. Mi mancava tutto di lui: la sua voce, il suo odore, le sue carezze, i suoi baci, il suo sorriso; ero completamente annientata.
-Jake, per favore… non…- annaspai senza fiato; ma mi interruppe bruscamente.
-Eh no, Bella! Stavolta mi ascolterai fino in fondo! Sono passati quarantacinque giorni dall’incidente ed Edward è totalmente distrutto. Si sente responsabile per ciò che ti è accaduto. Alice ed Emmett pregano di continuo che non compia le stesse cazzate di quando è morto il loro padre. È così che lo vuoi vedere finire?! Tutto il tuo grande amore per lui è svanito come neve al sole?!- inveì fuori di sé.
-No!- urlai; -Lui mi ha promesso che non avrebbe fatto cazzate, per Esme e il bambino… ha promesso!- continuai scuotendo la testa, mentre le lacrime premevano furiose per uscire.
-Fanculo, Bells! Voi due siete nati per stare insieme e divisi siete persi, inutili, rotti! Lo vuoi capire?! Pensaci un attimo… se davvero non lo amassi più, non dovresti avere problemi ad udire o pronunciare ancora il suo nome, a sapere cosa sta facendo o con chi è!- mi provocò ancora senza pietà.
Sussultai, raggelata dalle sue ultime parole e Jake se ne accorse.
-Eh già, mia cara! Prima o poi quel ragazzo si rifarà una vita. Ci hai mai pensato?! Sei pronta a vederlo un domani con un’altra, magari costruirsi una famiglia senza di te… ed avere tanti bei bambini che avrebbero dovuto essere i vostri?!- continuò implacabile, causandomi delle fitte allucinanti alla testa, al cuore, ai polmoni al pensiero del realizzarsi di quella tremenda ipotesi.
-Ti fa male se lo nomino, vero? Dai, pronuncia quel dannato nome! Chiamalo, se non lo ami più! Edward, Edward, Edward! Ti importa ancora qualcosa di lui?- infierì senza remore.
-Bastaaaa!- urlai con tutto il fiato che avevo in corpo, portandomi le mani a coprirmi il viso, disperata. Tutte le emozioni che avevo cercato di nascondere a stento, indossando una maschera di finta indifferenza a rabbia davanti a tutti loro, esplosero più violente che mai.
-L’ho fatto solo per lui! Lo vuoi capire?! Come puoi pensare che non mi manchi l’aria al solo pensiero che stia con un’altra? Mi manca la terra sotto i piedi e mi sento sprofondare ogni giorno di più in un baratro senza fine! Come puoi credere che non mi importi nulla di lui?! Io lo amo più di ogni altra cosa al mondo e ho dato la mia vita per lui! Già Jake, la mia vita! Perché dal giorno in cui l’ho lasciato è come se fossi morta!- ammisi tra le lacrime che ormai scendevano inarrestabili.
Il mio amico mi fissava con gli occhi spalancati e lucidi, meravigliato dalla mia confessione.
-E allora perché, Bella? Dimmi solo per quale dannato motivo lo hai fatto, perché proprio non lo capisco… e non propinarmi la cazzata della sua gelosia perché non ci crederò mai…- si calmò, venendomi accanto e chinandosi accanto a me, racchiudendo le mie mani tra le sue grandi e forti.
-Per questa…- mormorai, indicandogli la sedia a rotelle su cui ero seduta; -Solo e unicamente per questa… non potevo rovinare anche la sua vita…- confessai, con un filo di voce, arrendendomi e iniziando a ripercorrere con la mente tutto ciò che mi era successo negli ultimi due mesi…



14 maggio


Digitai il numero di telefono, con il cuore in gola, pregando con tutta me stessa che rispondesse a quel dannato cellulare.
-Pr-pronto- rispose con voce spezzata. Meno male: stava bene!
-Embry, dove diavolo sei?! Tua sorella e tuo padre mi hanno chiamato preoccupati a morte! Hanno detto che eri sconvolto, quando sei uscito di casa, e che non rispondi alle loro chiamate- sibilai, incazzata nera, ma sollevata allo stesso tempo: non aveva combinato qualche cazzata!
-S-sono alla pic.. cola insenatura della… riserva…- mi rispose, singhiozzando disperato. Merda!
-Sentimi bene! Sono in officina da Jake e con la moto: in dieci minuti, sarò da te. Tu, nel frattempo, cerca di calmarti e ne parleremo insieme… vedrai, tutto si risolverà…- tentai di quietarlo.
-No! Cosa serve parlarne ancora?! Non ce la faccio più, Bells! Questo amore mi sta distruggendo ed io… non posso andare… avanti così…- gridò forte.
-Embry! Non ti azzardare a fare qualche cazzata o giuro che vengo a prenderti a calci nel culo persino all’inferno! Non è così che si risolvono i problemi. Ti chiedo solo di aspettarmi! Ti prego, me lo devi! Con tutti i guai che mi hai fatto passare con Edward, in questo periodo, me lo devi, cazzo!- lo scongiurai accoratamente.
-V-va bene- si arrese. Dio, ti ringrazio!
-Mi aspetterai? Me lo giuri?- chiesi con il cuore in gola.
-S-sì…- soffiò sulla cornetta. Tirai un sospiro di sollievo.
-Arrivo!- dissi e chiusi la comunicazione, saltando in sella alla moto e indossando velocemente il casco.
In pochi minuti arrivai a destinazione e, dopo aver percorso una striscia di sabbia di corsa, mi addentrai tra le rocce per raggiungere l’insenatura nascosta alla strada. Erano due mesi che io ed Embry avevamo allacciato una stretta amicizia, ed esattamente da quando avevo scoperto il suo segreto: Embry era gay.
Era stato difficile per lui accettarlo, ma alla fine ci era riuscito. Si era confidato con me una sera in cui mi ero attardata da Jake per una controllatina approfondita a Roxy, sera in cui Edward era uscito con Ben.
Mio fratello mi aveva accompagnata ed io, inevitabilmente, mi ero accorta dello sguardo adorante che aveva Embry, ogni volta che posava gli occhi su Jazz. Così avevo scoperto ciò di cui lui si era reso conto solo da pochi mesi. Forse lo aveva sempre saputo, ma il suo rifiuto verso quella sua condizione, lo aveva indotto ad ignorare la questione, facendo finta che fosse tutto normale. Ne avevamo parlato e riparlato più volte e avevamo ipotizzato che, probabilmente, si era intestardito con me perché, in fondo al suo cuore, sapeva che avrebbe sempre ottenuto un netto rifiuto da parte mia.
Il “problema” era emerso quando Embry aveva deciso di uscire con un’altra ragazza e non era riuscito ad andare fino in fondo con lei. Baciare una donna, qualsiasi donna, stare in intimità con lei… erano situazioni che lo disgustavano sempre più: non poteva più ignorare ciò che reclamava a gran voce il suo cuore.
Così, pian piano, si era reso conto di sentirsi scombussolato, emozionato, commosso solo in presenza di mio fratello… e quando comprese di essersi innamorato di Jasper ne soffrì moltissimo, consapevole che non sarebbe mai stato ricambiato. Più volte lo avevo tranquillizzato, tentando di fargli capire che prima o poi avrebbe trovato la persona giusta per lui; ma spesso entrava in crisi e aveva bisogno di me, negli orari più disparati; e io non avevo potuto ignorare gli appelli disperati di un amico in crisi.
Era stato a quel punto che avevano iniziato a sorgere i problemi con Edward: la sua gelosia era esplosa più irruente che mai. Ero stanca anch’io della situazione e avrei tanto voluto poter raccontare la verità al mio ragazzo e smetterla di litigare con lui; ma Embry ancora non se la sentiva di fare outing e quindi mi aveva pregato di concedergli un altro po’ di tempo.
Avevo cercato più volte di rassicurare Edward che, tra me ed Embry, non c’era assolutamente nessuna implicazione sentimentale, ma che lui stava attraversando un periodo difficile e aveva solo bisogno di un’amica fidata. Spesso mi ero irritata per l’evidente mancanza di fiducia di Edward nei miei confronti, ma dall’altra parte potevo anche comprendere il suo stato d’animo: come poteva credere che per Embry quello non fosse solo un modo per trascorrere del tempo con me, visto che mi aveva sempre corteggiata fino a qualche mese prima? Edward sosteneva che ero solo un’ingenua e che lui si stava approfittando della mia generosa bontà solo per riuscire a portarmi a letto. Nulla di più lontano!
Mi dispiaceva per Edward, ma l’unica soluzione era dimostrargli costantemente il mio amore e stringere i denti: prima o poi Embry sarebbe riuscito a confidarsi con tutti.
Quando giunsi all’insenatura, mi corse incontro.
-Bella, sei qui!- Embry, sconvolto, con gli occhi arrossati e gonfi di lacrime, interruppe il flusso dei miei pensieri. Chissà da quanto tempo stava piangendo…
Mi avvicinai e lo abbracciai, tentando di consolarlo. Mi spiegò che aveva raccontato alla sua famiglia la verità e che suo padre non l’aveva presa affatto bene. Erano volate parole grosse, offese pesanti e alla fine era uscito da casa, senza più rispondere alle loro chiamate.
Gli rivelai che in realtà suo padre era molto in pensiero e tentai di fargli capire che forse la sua era stata una reazione dettata dallo sconcerto e che non pensava realmente ciò che gli aveva riversato addosso.
Per fortuna alla fine le mie parole erano riuscite a calmarlo; e insieme telefonammo a casa sua. Parlò qualche minuto con suo padre che gli chiese di tornare a casa per discuterne con più calma e si scusava con lui per aver detto cose che non pensava assolutamente.
Ci alzammo e riattraversammo le rocce. Appena sulla spiaggia, Embry mi abbracciò forte.
-Grazie, Bella… scusami per tutti i casini che ti ho procurato… sei stata un’ottima amica e non so cosa avrei fatto senza di te. Ma ho approfittato fin troppo della tua disponibilità. Ti prego, stasera, racconta la verità ad Edward e scusami con lui per avervi creato tanti problemi. Non era mia intenzione… sono stato un cieco egoista…- si rammaricò.
-Non c’entra l’egoismo, Embry. Tu sei un ragazzo dolcissimo ed eri solamente confuso e triste. Hai faticato per accettarti e finalmente ci sei riuscito e hai trovato il coraggio di rivelare la verità prima a te stesso, poi alla tua famiglia. Ti ammiro, per questo! Meriti di trovare la tua perfetta metà, come io ho trovato la mia- lo rassicurai, baciandolo sulla guancia e abbracciandolo forte per un lungo momento; poi riprendemmo il nostro cammino mano nella mano.
Dopo pochi passi, il sangue mi si gelò nelle vene. Accanto alla mia moto, c’era quella di Edward, e lui, in piedi, ci fissava sconvolto e scioccato. Leggevo chiaramente nella sua espressione stravolta, tutto ciò che credeva di aver visto: io ed Embry che ci abbracciavamo, che parlavamo complici, sorridendoci e con i visi troppo vicini… e per giunta stavamo giungendo in spiaggia dal luogo in cui di solito ci si appartava per stare lontani da occhi indiscreti. Merda, merda, e ancora merda! Che sfiga maledetta!
-Edward, aspetta!- lo chiamai, correndo verso di lui, prima che decidesse di non concedermi neppure il tempo di spiegargli la situazione. Lo vidi sussultare al suono del suo nome e, come se si fosse risvegliato da un incubo a occhi aperti, si infilò il casco in testa e saltò sulla sua moto, correndo via in un lampo.
Fanculo, dovevo fermarlo!
Dopo qualche secondo ero anch’io sulla strada, tirando la mia Roxy al massimo, per tentare di raggiungere il mio fidanzato che, in quel momento, a causa di quella sfortunata coincidenza, ero certa stesse soffrendo come un cane. Appena pochi minuti dopo, riuscii a raggiungerlo proprio nel doppio tornante di La Push. Cazzo! Non riuscivo ad affiancarlo a causa della strada troppo stretta. Appena giunti a un tratto di rettilineo, ci riuscii, sollevando la visiera del mio casco per parlargli.
-Edward! Ti prego fermati! Non è come pensi tu! Ti prego, lasciami spiegare!- gli urlai per farmi sentire, ma lui non accennò né a decelerare né a guardarmi. Tentai ancora una volta, ma quando eravamo prossimi a una curva, spuntò un’auto sulla corsia opposta, corsia che io avevo invaso, e me la ritrovai di fronte in un lampo. A quel punto sentii solo la voce di Edward chiamare il mio nome in un urlo disumano, uno schianto assordante… e poi fu il buio.



24 maggio


Aprii gli occhi lentamente, mentre prendevo sempre più coscienza del tremendo dolore che sentivo in ogni punto del mio corpo.
-Ed-Edward- mormorai, con la voce impastata come se non avessi parlato da giorni.
-Oddio, tesoro! Ti sei svegliata!- gridò mio padre per poi pararsi di fronte a me. Notai che calde lacrime uscivano dai suoi occhi.
-Ehi, sorellina! Finalmente!- esclamò Jasper, anche lui piangendo.
-Come ti senti?- mi chiese mio padre.
-Ho… la gola… secca e mi fa… male dapper… tutto- gracchiai con un tono quasi cavernoso.
-Aspetta, ti do un po’ d’acqua… ecco, bevi dalla cannuccia…- si premurò mio fratello. Vagai con lo sguardo intorno a me e notai che mi trovavo in ospedale ed eravamo soli.
-Le ragazze sono a casa con Esme, ed Emmett ha accompagnato Edward a casa a farsi una doccia e a cambiarsi. Non ti ha mollata nemmeno per un attimo, ma sono due giorni che lo abbiamo convinto almeno a tornare a casa una mezz’oretta al giorno per cambiarsi d’abito e darsi una rinfrescata- mi spiegò Jazz. Pian piano la nebbia si diradò dalla mia mente, ancora piuttosto lenta, e ricordai con orrore ogni singolo evento. Mi voltai verso mio padre e lo guardai piena di sensi di colpa: chissà come aveva sofferto e quanto si era preoccupato… e tutto a causa mia!
-Ti ho… deluso! Sei… tanto… arrabbiato?- gli chiesi, mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime che cominciarono a bagnare il mio viso. Lo vidi sospirare e serrare le palpebre.
Poi mi guardò e tentò di abbozzare un sorriso.
-Diciamo che mi sono già sfogato abbastanza, strigliando a dovere tuo fratello, Jake e pure Edward per averti assecondata con la pazzia della moto. A te penserò dopo… quando starai meglio… ora voglio solo che tu guarisca… però sappi che ti ho ritirato la patente per sei mesi e che la tua moto è da rottamare e non posso dire che mi dispiaccia!- dichiarò, facendomi l’occhiolino e cercando di stemperare la tensione.
Ok, mi sarebbe toccata una di quelle punizioni coi fiocchi. Me la meritavo: gli avevo mentito per anni con quella storia e ora ne avrei pagato le conseguenze senza battere ciglio.
-Va bene… ma ora mi dite come sono messa?- chiesi titubante e impaurita dalla risposta, adocchiando il mio corpo dolorante sotto le lenzuola. L’idea di passare tutta l’estate a letto mi spaventava da morire: io ed Edward dovevamo partire per il nostro viaggio in Europa…
-Dopo che sei stata trasportata qui, ti hanno operata d’urgenza perché avevi il bacino fratturato. L’operazione è andata bene ma dovrai restare immobile a letto per un mese. Poi farai la riabilitazione. Ti hanno tenuto per una settimana in coma farmacologico a causa dei tremendi dolori che avresti patito se ti fossi svegliata subito e soprattutto perché dovevi restare ferma il più possibile. Il vero problema è giunto quando ti hanno risvegliata, perché tu non ne volevi sapere di aprire gli occhi. Ci hai fatto prendere un enorme spavento! I dottori ci hanno tranquillizzato, spiegandoci che a volte può succedere perché il corpo ha ancora bisogno di riposo e il cervello, per tentare di proteggerlo, crea questa sorta di coma naturale- mi spiegò mio padre. Cazzo! Dai dolori avrei dovuto capirlo che non mi ero sbucciata solo un ginocchio!
-Ma non è mica finita… hai anche un trauma cranico, una lussazione alla spalla, il polso destro rotto (da lì il gesso), due costole incrinate e parecchie escoriazioni- aggiunse Jazz. Doppio cazzo! Sospirai forte cercando di registrare tutto quello che avevo saputo.
-Ok… ce la posso fare…- mormorai, senza molta convinzione; -Papà… l’altra… sì insomma, l’auto… contro cui…- tentai di chiedergli, ma le parole mi morirono in gola. Il solo pensiero che qualcun altro si fosse ferito a causa della mia stupidaggine, mi faceva morire.
-Non ti preoccupare, Bells. Il conducente non si è fatto nulla: guidava un furgoncino abbastanza massiccio e, per fortuna, indossava la cintura. Se l’è cavata solo un colpo di frusta- mi tranquillizzò, mentre i miei muscoli si rilassarono all’istante.
-Sentite, io vado a telefonare a casa per annunciare la bella notizia a tutti e poi chiamo Tom che venga a visitarti- dichiarò mio padre, accarezzandomi una guancia e dirigendosi verso la porta.
-Papà, aspetta! Potresti tenere Edward all’oscuro? Vorrei fargli una sorpresa quando arriverà- gli domandai. Non aspettavo altro! Volevo rivederlo e desideravo chiarirmi con lui una volta per tutte. E soprattutto dovevo farmi perdonare a tutti i costi per la storia di Embry, per l’incidente e perché, a causa mia, probabilmente non avremmo potuto fare il nostro viaggio in Europa.
-Ok, Bells. Chiederò a Esme di non rivelargli niente e di dirlo agli altri solo quando lui sarà uscito. Tanto fra poco dovrebbe arrivare- mi rispose, con un sorriso per poi uscire.
-Bene, ora siamo soli. Bells, non farmi mai più uno scherzo del genere! Tu non hai idea di quanto sia stato male nel vederti inerme su questo letto, con tutti quei tubi che uscivano dovunque! Non ti azzardare mai più, chiaro?!- si agitò mio fratello, mentre le lacrime avevano ripreso a scorrere sul suo volto e, di conseguenza, anche sul mio.
-Sc-scusa-mi Jazz- pigolai, con la voce ridotta ad un sussurro. Mi asciugò il viso con delicatezza per poi prendere ad accarezzarmi i capelli. Restammo un pochino in quella posizione, fino a quando la porta non si aprì rivelando mio padre e un dottore con una cartella clinica in mano.
-Finalmente! Buongiorno, Isabella! Lo sai che hai fatto prendere a tutti quanti un bello spavento? Rischiavi di far venire tutti i capelli bianchi a Charlie!- mi salutò cordiale, schernendo papà: evidentemente si conoscevano bene e avevano confidenza.
-Buon… giorno- risposi, pregando con tutta me stessa che non avesse intenzione di farmi un’iniezione.
-Come ti senti?- mi chiese, tornando a essere professionale.
-Rotta… decisamente…- dichiarai con una smorfia dolorante.
-Immagino… ora, se volete accomodarvi fuori un attimo, vorrei visitarla- annunciò.
-No! La prego, possono restare?- mi agitai. Non conoscevo il reale motivo, ma non volevo rimanere sola.
-Oh bè… se non dispiace a te, per me non c’è nessun problema- accettò.
Il dottore iniziò la sua visita e quando arrivò alle gambe, lo vidi prendere un bel respiro e titubare un secondo.
-Isabella, potresti guardare nella direzione di tuo fratello?- mi chiese. Feci come ordinato e dopo qualche minuto notai Jazz sbiancare sempre di più mentre osservava il dottore. Mi voltai di scatto, spaventata dalla sua reazione, e vidi che il dottore mi stava punzecchiando le gambe con un attrezzo appuntito. Boh… ma che c’era di sconvolgente..?
Un momento… perché non sentivo la pressione di quella specie di uncinetto? Eppure sentivo dolore dappertutto, anche alle gambe… o forse alle gambe no… no, no, no, no, no!
-Tom, che diavolo succede?- si preoccupò mio padre, mentre mi accorsi che mio fratello mi stava asciugando di nuovo le lacrime con premura.
-Non sento niente! Perché non sento niente?- soffiai appena, non riuscendo ancora a realizzare ciò che mi stava succedendo. Cosa poteva significare? Che ero paralizzata?!
-Calmatevi… non vi avevo detto niente finora, perché non ero certo dell’esito di questa visita. Dovevamo aspettare che Isabella si svegliasse e non volevo aggiungere altre preoccupazioni. Vedi, Isabella… a causa del trauma che hai subito, si è formato un edema che preme sulla parte bassa della colonna vertebrale, proprio all’altezza del midollo osseo e in particolare del metamero midollare D1- blaterò; non ci capivo nulla! Lo interruppi bruscamente.
-Non ci sto capendo niente!- urlai improvvisamente, come se fossi appena stata catapultata in un incubo atroce; -Mi dica solo se potrò ancora camminare…- continuai, abbassando un po’ il tono di voce.
-Non lo sappiamo… dobbiamo aspettare che questo gonfiore si riassorba e se tra un paio di settimane ci sarà ancora, saremo costretti a operarti di nuovo per tentare di aspirarlo con un intervento. Solo allora potremo constatare se le lesioni sono permanenti o hanno causato una paralisi temporanea- mi spiegò in maniera semplice. Il mondo mi crollò addosso in quel preciso istante e cominciai a singhiozzare disperata. Mio fratello cercò di calmarmi e il dottore chiamò un’infermiera che armeggiò con la flebo.
Le tremende parole del medico rimbombavano nel mio cervello senza sosta… lesioni permanenti… paralisi… Dio, sarebbe stato quello il mio destino?! Essere un’invalida per il resto dei miei giorni?!
-Mi dispiace, Isabella, ma io sono molto fiducioso e vedrai che, una volta riassorbito l’edema, tornerai a camminare. Ma… dovrai avere molta pazienza: dovrai sottoporti ad una riabilitazione lunga e faticosa, che durerà alcuni mesi. Tuo padre mi ha raccontato il tuo bellissimo sogno… ma purtroppo non credo che potrai andare ad Harvard… almeno non per quest’anno- mormorò affranto.
Sgranai gli occhi e la mia disperazione si fece più acuta e straziante: il mio sogno di una vita… infranto!
E la concreta possibilità di non riuscire a camminare mai più con le mie gambe!
Ero precipitata all’inferno?! La testa mi girava, il cuore mi batteva all’impazzata… mille immagini di me e Edward insieme ad Harvard che si frantumavano… i miei sogni spezzati, i miei desideri sbriciolati, il mio futuro come un gigantesco buco nero…
Probabilmente mi avevano somministrato un sedativo, perché pian piano mi rilassai e sentii le palpebre farsi sempre più pesanti. Prima, però, di lasciare che il sonno mi trasportasse nell’oblio dovevo assicurarmi ancora di un’ultima cosa.
-Papà… non dire niente a nessuno, per ora… nemmeno a Edward… promettimelo- lo pregai. Ero certa che, conoscendolo, avrebbe rinunciato ad Harvard per me… come si sarebbe comportato non appena avesse saputo che mi sarebbe stato impossibile frequentare il college per quest’anno? Non avevo dubbi in proposito… e non potevo permetterlo! Ci eravamo giurati che i nostri sogni sarebbero andati a braccetto con il nostro sentimento… ma io non volevo essere un ostacolo per lui… lo amavo troppo!
Edward aveva un futuro radioso innanzi a sé… e l’avrebbe percorso, ad ogni costo!
Mio padre annuì alla mia richiesta, accarezzandomi una guancia: sembrava invecchiato di colpo di dieci anni.
-Ok, tesoro, come vuoi tu… ma ora dormi e riposati… ne hai bisogno…- accettò e dopo qualche secondo fui avvolta dal buio.



25 maggio


A fatica sollevai le palpebre e mi accorsi che la mia mano era appoggiata su una superficie morbida e setosa: capelli! Mi voltai lentamente in quella direzione e vidi Edward, seduto su una sedia accanto a me, con il busto chinato sul letto, la testa appoggiata sul mio materasso e le sue mani incrociate sotto di essa: stava dormendo. I suoi lineamenti distesi erano sereni, ma delle profonde occhiaie segnavano quel viso di solito perfetto; mi sembrava persino più magro ed emaciato.
Emozionata, mossi la mano e percorsi il suo profilo con un dito con delicatezza per non svegliarlo: volevo godermi quella vista meravigliosa il più possibile, almeno finché potevo. Già… ormai avevo preso la mia decisione: avrei tutelato e protetto il futuro del mio unico amore… e per farlo avrei dovuto indossare una maschera di freddezza nei suoi confronti… solo in quel modo avrebbe creduto alle mie parole. Una lacrima sfuggì al mio controllo, ma prontamente l’asciugai. A causa di quel movimento, Edward si mosse e cominciò a destarsi. Appena aprì gli occhi e notò che lo fissavo, il suo viso si illuminò e i suoi smeraldi guizzarono di una felicità senza fine.
-Bella! Oh, Bella! Amore mio… sei sveglia! Dio solo sa quanto ho pregato per questo! Ed è a dir poco meraviglioso vedere di nuovo il colore dei tuoi occhi! I tuoi laghi di cioccolato fuso mi sono mancati da impazzire!- esclamò colmo di gioia, provocandomi una fitta al cuore. Poi quelle splendide gemme verdi si riempirono di lacrime che traboccarono a lambirgli le gote.
-Oh tesoro mio, perdonami! E’ solo colpa mia se ti trovi in queste condizioni! Se solo ti avessi dato ascolto, se solo mi fossi fermato per lasciarti spiegare! Sono un bastardo e uno stronzo… un fottuto coglione! Embry è venuto in ospedale e mi ha spiegato ogni cosa. Tu non hai fatto niente di male, Bella! Sono io che…- si angosciò.
Interruppi quel fiume di parole, perché se avesse continuato ancora un po’ gli avrei buttato le braccia al collo in un abbraccio mozzafiato… e ovviamente non sarei riuscita a mantenere i miei propositi, né tantomeno a mentirgli…
-Basta, Edward! Ti prego, basta! Tu non sei il responsabile del mio incidente, non pensarlo mai! Sono io la stupida che ha oltrepassato la corsia, finendo dall’altra parte. Tu non hai fatto niente di male. Io avrei potuto limitarmi a seguirti e aspettare che ti fermassi, per poi parlarti. Se sono in questo letto è solo colpa mia e della mia incoscienza!- tentai di calmarlo. Non poteva anche sentirsi responsabile del mio incidente e delle sue conseguenze… non con ciò che dovevo dirgli.
Le sue lacrime continuavano a scendere copiose e dovetti trovare una forza sovrumana per non abbracciarlo e consolarlo, tempestandolo di milioni di baci.
-Grazie, Bella, grazie! Dio, sei così buona con me! Pensavo che non mi avresti perdonato mai più… sai… quando ti ho visto riversa su quel maledetto asfalto… Dio, ero convinto di averti persa e che non avrei mai più potuto stringerti, accarezzarti, baciarti…- mormorò con dolore, avvicinandosi al mio viso per poi poggiare delicatamente le labbra sulle mie.
A quel tocco di paradiso, strinsi i denti e bloccai ogni respiro, ogni muscolo del mio corpo… soprattutto congelai il mio cuore.
Quando si rese conto che io continuavo a rimanere immobile, si staccò per guardarmi negli occhi con timore, improvvisamente consapevole che c’era qualcosa che non andava.
-Bella…- sussurrò, con uno strazio nella voce mai udito prima.
-Mi dispiace, Edward… ma io non ce la faccio. Non posso più continuare così. Ho cercato di farti capire che ti amavo e che ti dovevi fidare di me perché non avrei mai fatto niente per ferirti. Non è la prima volta che succede… e in questi mesi non sei cambiato… quando ti comporti in modo così infantile mi esasperi! Sono stanca di ripeterti in continuazione di fidarti me… sono stanca che consideri le mie rassicurazioni come parole al vento! Il nostro rapporto non è maturato, questo è evidente, purtroppo. Tu non sei maturato! E mi sono resa conto che tu non sei la persona giusta per me. Ho bisogno di un compagno che si fidi di me e dei sentimenti che provo per lui, ho bisogno di un uomo, non di un ragazzino geloso!- mentii, mentre il mio cuore si frantumava un pezzo dopo l’altro a vedere l’espressione straziata sullo stupendo volto del ragazzo che amavo più di me stessa.
Lo fai per lui! Lo fai per lui! Lo fai per lui!; continuavo a ripetermi come un mantra per non crollare.
-Tu… hai… hai detto… ‘amavo’…- mormorò, come se parlasse più a se stesso che a me; -Non mi ami più, Bella? È davvero finita tra noi?! Io non ci posso credere… non ci voglio credere… ora dici così perché sei ancora confusa, ma quando starai meglio…- iniziò a ragionare, deglutendo a fatica e riprendendo a piangere, con un’atroce sofferenza nello sguardo.
-No, Edward! Sono sicura di quello che dico, non illuderti. E’ davvero finita per noi… Ti chiedo solo una cosa e penso che, con quello che ho passato, tu me la debba… immagino che la nostra rottura ti causi dolore… ma vorrei che non commettessi nessuna sciocchezza. Pensa a tua madre… le spezzeresti il cuore e non farebbe bene al bambino se lei si agitasse troppo a questo punto della gravidanza…- lo pregai, certa di premere sul tasto giusto affinché mi desse retta. Il mio maggior timore era che reagisse negativamente e commettesse qualche cazzata delle sue, simili a quelle del suo passato.
Serrò la mandibola e annuì in modo impercettibile, incapace di proferire parola; si alzò dalla sedia con movimenti lenti e impacciati, come se agisse in trance.
-Hai ragione su ogni cosa… mi dispiace… averti deluso, Bella… Ma io ti amo più della mia vita e non rinuncerò mai a te… mai! Forse un giorno riuscirò a dimostrarti che sono cambiato, che posso cambiare… e allora deciderai che sarò degno di essere il tuo compagno… mi meriterò di essere il tuo uomo, te lo giuro!- dichiarò, distruggendo una volta per tutte quel poco che era rimasto del mio cuore. Come poteva credere realmente di non meritare il mio amore? E per quale motivo voleva combattere ancora per noi, dopo la terribile sofferenza che gli stavo infliggendo?!
Nonostante il mio cuore traboccasse d’amore per lui, nonostante la mia anima mi implorasse di non staccarsi dalla sua gemella, mi imposi di resistere ad ogni costo, proprio per il suo bene: lui non si meritava che gli rovinassi la vita! Non potevo costringerlo a trascorrere la sua esistenza al fianco di una invalida! E anche se fossi riuscita a riacquistare l’uso delle gambe, lui, a causa mia, avrebbe deciso comunque di rinunciare al suo grande sogno di laurearsi ad Harvard. Non lo avrei mai permesso!
-Ti prego, Edward… ora voglio rimanere sola e vorrei che non venissi più in ospedale… non voglio più vederti…- tirai fuori a fatica quelle maledette parole pesanti come macigni.
Edward si chinò a baciarmi la fronte e poi, senza emettere un fiato, si voltò ed uscì dalla mia stanza.
Nel momento in cui la porta si richiuse dietro di sé, Isabella Marie Swan morì dentro.



Finii il mio racconto a Jake, spiegandogli anche le mie ragioni per l’allontanamento di Edward e, per la prima volta da anni, lo vidi piangere. Cercò subito di ricomporsi e poi mi abbracciò forte… troppo forte!

-Ahi! Piano, Jake…- mormorai, asciugando a mia volta le mie lacrime.
-Scusami, Bells! Ma l’operazione è andata bene, vero?! Io pensavo che andassi a Chicago per la riabilitazione in seguito alla frattura al bacino… Perché non sapevo che ti avessero operata di nuovo…- si preoccupò. Gli accarezzai una guancia, tentando di calmarlo.
-Mi hanno operato la settimana scorsa ed è andato tutto alla perfezione. Ora ho recuperato la sensibilità alle gambe: il midollo spinale non era compromesso, per fortuna. Però la riabilitazione sarà lunga e faticosa. Dovrò stare a Chicago almeno fino a fine agosto e poi dovrò continuare, tutti i giorni, in una clinica a Seattle. Ragion per cui, questa settimana, papà mi ha preparato tutti i documenti e mi ha iscritta alla Seattle University. Quindi abiterò anch’io in casa con voi, e Jasper si occuperà di accompagnarmi a fare la fisioterapia, siamo già d’accordo- conclusi la mia spiegazione.
-Mi dispiace davvero tanto che tu abbia sofferto così, da sola… ma… come mai non ti sei confidata con me, Bells? Ero convinto che noi due ci dicessimo sempre tutto- si rammaricò, con una profonda tristezza nella voce.
-Jake, non potevo… stavo già abbastanza male io, per non parlare di mio padre e di Jazz. Non volevo coinvolgerti fino a quando non avessi ottenuto delle risposte mediche certe. E poi so quanto sei legato ad Edward e non volevo costringere anche te a mentirgli. E saresti stato costretto a farlo, visto che spesso ha trovato rifugio da te, in questo periodo…- gli rivelai.
-Come fai a saperlo?!- mi chiese stupito.
-Mio fratello mi ha sempre raccontato tutto quello che riusciva a sapere su Edward; e il giorno in cui è venuto a dirmi che se ne era andato… così di punto in bianco… Dio, per me è stato l’ennesimo colpo al cuore. Almeno prima che se ne andasse riuscivo ad avere qualche notizia… sapere come stava, cosa faceva; ma ora invece… so solo che telefona a casa ogni tanto. Tu… ecco, tu l’hai sentito? Sai se si è sistemato ad Harvard? Ha già fatto amicizia con qualcuno?- gli domandai, ansiosa e nervosa.
-Mi ha telefonato l’altro ieri e mi ha raccontato che è riuscito a sistemare ogni cosa. E se per ‘amicizia’ intendi se ha conosciuto qualche ragazza, sei proprio fuori strada!- mi informò, mentre il sollievo si impossessava di me. Ero consapevole che prima o poi sarebbe successo, ma ora non potevo farmi sopraffare anche da quell’atroce sofferenza: dovevo concentrarmi sulla mia riabilitazione e ritornare a camminare con le mie gambe.
-Bells, tesoro è ora di andare. Sono venuti a prenderti- mi avvisò mio padre, entrando nella saletta. Improvvisamente le lacrime proruppero con rinnovato vigore, rompendo definitivamente gli argini.
Salutai mio padre e il mio migliore amico, abbracciandoli entrambi fino a farmi male alle braccia.
-Ti chiamo stasera, Bella! E impegnati per tornare presto a casa!- mi salutò Jake, schioccandomi due sonori baci sulle guance e asciugandole con dolcezza.
-Mi raccomando tesoro… appena atterri, fammi una telefonata, ok?- si raccomandò mio padre.
-Sì, papà, non preoccuparti. Starò bene e dai un abbraccio forte a Esme- risposi, cercando di riprendere il controllo di me stessa. Uno steward si presentò di fronte a me.
-Buongiorno, signorina Swan. Sono Steve e sarò il suo accompagnatore durante il volo, per qualsiasi esigenza si potrà rivolgere a me. Pronta per imbarcarsi?- si presentò.
-Grazie, Steve; e la prego di chiamarmi Bella. Sono pronta, possiamo andare- lo salutai educatamente.
Lui si mise dietro di me e, mentre mio padre e Jake mi salutavano, iniziò a spingere la mia sedia fino al gate di imbarco.
Sospirai e chiusi per un attimo gli occhi gonfi di acqua salata: ora sarei stata davvero sola.
Sola con me stessa. Sola con il mio atroce strazio. Sola, senza il mio cuore.
Edward non l’avrebbe mai saputo, ma lo avevo donato a lui. Per sempre.






Ok, ragazze! Calma e sangue freddo! Ricordate che si avvicina il Natale e si è tutti più buoni!
Deponete le armi e soprattutto frenate la lingua e le dita che fremono per battere sula tastiera del pc.
Vi ricordiamo il nostro famoso romanticismo, il fatto che amiamo profondamente i nostri personaggi e il lieto fine e per ultimo, cosa da non sottovalutare in alcun modo, che è necessario per voi che le autrici arrivini sane e salve alla prossima settimana se desiderate leggere la fine di questa storia!
Vi prego non lanciateci maledizioni perchè è già un periodo molto ma molto sfigato e non saremmo in grado di sopportare altro!
Ok, ora facciamo le serie. Il prossimo capitolo, quello conclusivo, sarà un pov Edward e riprenderà esattamente da dove è finito questo.
Bene, per ora vi lasciamo e vi avvertiamo che non ci sarà di nuovo nessuna anteprima, quindi a giovedì prossimo!
I ringraziamenti e i saluti li lasciamo alla prossima settimana!
Un bacione a tutte!
Manu e Sara


Vi ricordiamo l'altra nostra fiction Segreti e Inganni
la nostra OS Ritrovarsi


Alcune fiction ancora in corso che meritano di essere seguite!


L'altra metà del cuore di sara_g
From Juliet, with love di cloe cullen
Wish upon a star di
cloe cullen
332 di barbara_f

L'amore ai tempi della guerra di annalisa69
Diamante di keska
Come d'autunno sugli alberi le foglie di FunnyPink
Friday at Noon di troublefollows
Lividi di AnImoR_7
The Swan lake di pallina90
Scuola&Amore di maryc
L'amore sorprende tutti di nik81
Sakura - Fiore di ciliegio di gaccia
Ad alta quota di
Leelan Lisa
Loveless di
SerenaEsse

Matchmaker di difficileadirsi
   
 
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