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Autore: Emma Jcroft 90    15/12/2011    1 recensioni
Eccomi di nuovo qua, con un'altra one-shot su Sirius e Remus. Questa è ambientata sei mesi dopo la morte di Sirius. Che dire spero vi piaccia e recensite!
Sirius… Cercò di scacciare il pensiero, fastidioso come una mosca, ronzava senza sosta mentre lui cercava di concentrarsi sulle carte che stava studiando, ma niente continuava a beffarlo, senza sosta, senza dargli un attimo di tregua. Sirius… … Perché era in quell’Ufficio quel giorno? Perché accidenti, perché?? Per riscattare il proprio coraggio, il proprio valore, il proprio onore? Sì, era morto da eroe, il Ministero si era scusato pubblicamente per averlo considerato un traditore e un assassino, ma questo non gli aveva ridato la libertà, non lo aveva compensato di quei dodici anni passati rinchiuso in quella cella a consumarsi l’anima. E soprattutto non l’aveva restituito a lui.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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LASCIAMI ANDARE
 
  Remus Lupin era seduto alla sua vecchia scrivania, pensando a quello che fino a poco tempo prima era il suo migliore amico. Sì, stava pensando a Sirius Black, scomparso dietro quello stramaledettissimo velo sei mesi prima. La scena era ancora impressa nella sua mente.
 
  Sirius ride, una risata folle.
‹‹E’ tutto qui quello che sai fare, Bellatrix?››
L’urlo feroce della donna e quelle due parole pronunciate con foga la cui eco si perde nell’oscurità, nel rumore della battaglia che si combatte alle loro spalle, quell’incantesimo mescolato a decine di altri gridati tra quelle pareti.
‹‹Avada Kedrava!›› Due parole per spegnere la vita ad un uomo, quell’uomo, il suo amico. L’incantesimo colpisce Sirius sotto il braccio. L’uomo impallidisce, l’ombra della risata ancora sul volto. Piano come a rallentatore Remus lo vede cadere all’indietro, piegandosi con grazia. Lì, dietro al velo, dentro quel velo.
‹‹Sirius! Sirius!›› la voce di Harry non giunge alle orecchie del lupo mannaro, intontito dal quello che ha appena visto, ma il suo sguardo coglie il gesto disperato del ragazzo che vuole attraversare il velo per raggiungere il suo padrino. Lo afferra per le braccia.
‹‹Harry›› dice dolcemente.
‹‹E’ appena passato, possiamo raggiungerlo, portarlo fuori di lì!›› Harry non può sapere, non può capire. Remus lo stringe ancora più forte.
‹‹No Harry, non possiamo.››
Il ruggito spaventoso del ragazzo, un urlo disumano di dolore. Si divincola dalla sua stretta e prima che lui possa fermarlo sta già correndo dietro a Bellatrix, che sta scappando via per raggiungere il suo Signore.
‹‹Harry no, non ne vale la pena. Harry…›› Ma il ragazzo se n’è andato via, correndo verso una vendetta che lui non riesce a sentire. Non prova odio, né rancore, neppure dolore. Non prova niente. Il suo migliore amico è appena morto davanti ai suoi occhi e lui non ha potuto fare niente per salvarlo, niente. Ha sentito qualcosa spezzarsi nel suo petto. Sirius è morto. No, non può essere. Non Sirius. Non il suo Sirius. Sirius morto, quelle due parole insieme stonavano, non avevano senso. Sirius morto, no non poteva accettarlo, non ci riusciva. Segue gli altri come un automa.
 
  Erano passati sei lunghi mesi eppure nulla era cambiato nella sua mente e nel suo cuore. Sirius era ancora vivo dentro di lui, non riusciva ancora ad accettare l’idea che lui non sarebbe mai più tornato. Parlava ancora con lui nella sua mente, gli raccontava di sé, di quanto gli mancasse, ma soprattutto gli diceva tutto quello che non era mai riuscito a dirgli. Il suo affetto, soffocato durante gli anni in cui Sirius era ad Azkaban, sentendosi in colpa perché voleva ancora bene ad un assassino, e peggio ad uno sporco traditore, capace di far versare il sangue di colui che considerava un fratello, di sua moglie e del loro bambino di appena un anno, il suo figlioccio. L’averlo considerato un traditore era la cosa che lo faceva soffrire più di tutto. Sirius così leale, che l’aveva protetto e difeso quando per primo aveva scoperto il suo “piccolo problema peloso”, come lo chiamava James ridendo.
  Sirius… Cercò di scacciare il pensiero, fastidioso come una mosca, ronzava senza sosta mentre lui cercava di concentrarsi sulle carte che stava studiando, ma niente continuava a beffarlo, senza sosta, senza dargli un attimo di tregua. Sirius… Perché era in quell’Ufficio quel giorno? Perché accidenti,perché?? Per riscattare il proprio coraggio, il proprio valore, il proprio onore? Sì, era morto da eroe, il Ministero si era scusato pubblicamente per averlo considerato un traditore e un assassino, ma questo non gli aveva ridato la libertà, non lo aveva compensato di quei dodici anni passati rinchiuso in quella cella a consumarsi l’anima. E soprattutto non l’aveva restituito a lui.
  Ora basta! Non voleva ricordare. Voleva cancellare dalla mente quel ricordo che riviveva nei suoi incubi ogni notte, quando si svegliava sudato urlando fino a quando dalla sua gola non usciva più alcun suono. Riusciva a trovare un po’ di pace solo quando si trasformava, ma era una pace maledetta, priva di qualunque conforto. Era la pace che provava un ubriaco che, dimenticando per qualche istante la sua triste condizione, la ritrovava a deriderlo la mattina successiva.
  Si alzò e andò davanti all’armadietto dei liquori. Si versò un doppio whisky incendiario e lo vuotò d’un fiato. Tornò a sedersi, dopo essersi riempito un altro bicchiere. Lo poggiò sul tavolo, ancora pieno e riprese a leggere le carte che gli aveva mandato Silente.
 
Greyback come tu sai bene è un individuo molto pericoloso. Anche se umano, vive come una bestia e gode della carne umana, desiderando assaggiarla anche quando non c’è la Luna piena…
 
Greyback come tu sai bene è un individuo molto pericoloso. Anche se umano, vive come una bestia e gode della carne umana…
 
Greyback come tu sai bene è un individuo molto pericoloso…
 
Greyback…
 
  Lupin si riscosse. Si stava addormentando. Si passò le mani tra i capelli arruffandoli, poi si stropicciò gli occhi. Doveva assolutamente finire di leggere quel dossier su Greyback. Riprese a leggere da dove si era interrotto.
 
Greyback come tu sai bene è un individuo molto pericoloso. Anche se umano, vive come una bestia e gode della carne umana, desiderando assaggiarla anche quando non c’è la Luna piena…
 
Si riscosse e tese le orecchie. Un rumore ovattato di passi, che piano piano si avvicinavano, come in agguato. Un passo silente e felpato come quello di un animale. La sua mano scivolò sulla bacchetta, la strinse. I passi si avvicinavano. Remus non si voltò. Desiderava che fosse Sirius. Un desiderio stupido e totalmente irrazionale, ma lui si sentiva tanto solo. Non voleva voltarsi proprio per timore di scoprire che non era lui perché il suo amico era morto e non sarebbe tornato mai più, ma in quel momento voleva sognare. Un sogno che poteva costargli la vita, se l’uomo che si stava avvicinando era un Mangiamorte. Ma lui voleva davvero continuare a vivere?
La porta dello studio di Remus si aprì. Il lupo mannaro non si voltò. Desiderava così tanto che fosse Sirius. Lui sarebbe rimasto sulla porta, scostandosi i lunghi capelli neri dagli occhi. Sapeva anche cosa avrebbe detto.
‹‹A cosa stai pensando, Lunastorta?››
Lupin fece un balzo sulla sedia. Una voce rauca, quella voce. Non poteva essere. Si girò di scatto. Sirius era fermo sulla porta, un sorriso enorme faceva risaltare i lineamenti di quel volto incavato, gli occhi brillanti di gioia, pieni di malizia.
“Non è possibile” mormorò Remus a sé stesso, senza staccargli gli occhi di dosso. Sirius entrò nello studio e si sedette su una delle due poltrone che erano sistemate davanti al fuoco. Remus continuava ad osservarlo immobile, senza riuscire ad articolare alcun suono. Sirius, il suo Sirius era lì davanti a lui. Sirius, il suo amico d’infanzia, il suo migliore amico era lì, e si comportava come se fosse assolutamente normale che uno morto da sei mesi fosse andato a trovare un amico. Possibile che fosse sopravvissuto? Ma come? O stava solo sognando?
‹‹Sì, Remus, stai sognando.›› rispose Sirius con voce triste alla domanda inespressiva che leggeva negli occhi dell’amico.
‹‹Che vuoi dire, Sirius?›› chiese Remus, senza staccargli neanche per un nanosecondo gli occhi di dosso. Voleva correre da lui e abbracciarlo, ma aveva il terrore che fosse solo un’allucinazione, che sparisse non appena avesse solo provato a toccarlo. Un brivido gli percorse il corpo, scuotendolo per il desiderio di buttare le braccia al collo del suo amico e stringerlo. Ma doveva dominarsi. Se non fosse stato vero, se fosse svanito non l’avrebbe sopportato. E così rimase lì, immobile, con le mani che gli tremavano e gli occhi che avvolgevano l’amico in quell’abbraccio che si stava negando.
‹‹Voglio dire, Remus, che non sono reale.›› disse Sirius, ricambiando con la stessa intensità il suo sguardo.
‹‹S-s-sei…›› La voce gli morì in gola. Deglutì e si sforzò di continuare. ‹‹S-sei… un… fantasma?››
Sperava che non fosse così, non avrebbe retto neanche a questo. Credeva che Sirius fosse troppo coraggioso per decidere di non andare oltre e rimanere nel mondo sotto forma di fantasma. Credeva che Sirius avesse raggiunto James e Lily…
‹‹Certo, Remus, non vedi come sono perlaceo e trasparente?››
La voce ironica dell’amico e la sua risata divertita, quella risata così simile ad un latrato interruppero quei cupi pensieri e lo riportarono alla ragione. In effetti avrebbe dovuto pensarci da solo. Si diede mentalmente dello stupido. Sirius era lì in carne ed ossa, senza finzioni, inganni e soprattutto senza compromessi. Ma come poteva essere?
‹‹Sono un sogno, Remus, semplicemente un sogno.›› spiegò Sirius, ‹‹Ho avuto il permesso di venirti a trovare per l’ultima volta. Per dirti addio››.
La voce di Sirius si fece roca e si spezzò. Per il dolore, per la paura, per quella realtà che non voleva. Ma Remus aveva capito. Sapeva che quando un mago veniva ucciso poteva apparire in sogno a una persona con cui la sua vita era intrecciata. Solo una volta e solo ad un’unica persona.
Remus si sedette sul bracciolo dell’altra poltrona, senza ancora riuscire a staccare gli occhi dal volto di Sirius. I capelli lunghi e nerissimi, che scostava dalla fronte in continuazione, come un riflesso involontario, un atteggiamento che aveva assunto da ragazzo. La fronte spaziosa e nobile, gli occhi come pozzi profondi di un blu intenso, incastonati come turchesi nel suo viso. Quegli occhi così espressivi, così sinceri, occhi che potevano trafiggerti con la loro intensità e con quella falsa purezza, che poteva ingannare chiunque. Chiunque tranne lui e James. Ma James era morto e lui non avrebbe mai più rivisto quell’espressione, mai più.
La consapevolezza lasciò il posto ad un dolore, un dolore lancinante e quasi fisico.
‹‹Perché sei venuto da me, Sir? Harry ha bisogno di te…›› balbettò, ma Sirius lo bloccò con un gesto della mano.
‹‹Harry è ancora un ragazzo, se la caverà. Ha accanto Ron e Hermione e Silente. Ma tu…›› la sua voce si spezzò.
Si alzò e si diresse verso Remus. Si fermò a pochi centimetri da lui. Quella presenza così vicino quasi lo stordiva. Poteva sentire il suo profumo, quel profumo inconfondibile di muschio e di cane. Perché tutto questo se era solo un’allucinazione? Perché tutto questo se era solo uno stupido e insignificante sogno?
‹‹Perdonami Remus…›› mormorò. ‹‹Perdonami, ti prego…››
“Ti prego…” Sirius Black che pregava, il suo orgoglio svanito, il suo carattere altezzoso piegato, il suo egocentrismo inesistente. E poi le sue dita sul suo viso, quelle dita calde e morbide, che percorrevano il profilo del suo volto. Una carezza, quella carezza così delicata, come quella di un amante o di un amico, un vero amico. Remus chiuse gli occhi, per la prima volta da quando Sirius era entrato nella stanza smise di fissarlo e chiuse gli occhi, lasciando che il buio l’avvolgesse per pochi minuti, per godere di quel gesto così intimo e vero.
Allora poteva toccarlo! Riaprì gli occhi e lo strinse a sé, forte, fino a quasi stritolarlo. Il calore di quel corpo vivo, il battito di quel cuore pulsante. Era lì, ed era lì per lui. Era tornato a vivere per pochi attimi per lui.
‹‹Okay Sir…››
Sirius sorrise e si sciolse dall’abbraccio. Un lampo cupo gli passò negli occhi blu. Fu solo un attimo, ma Remus capì.
‹‹Devi lasciarmi andare, Rem›› disse piano.
‹‹Ti prego resta ancora un po’. Cinque minuti soltanto.››
‹‹Non posso.››
Nella voce di Sirius c’era disperazione assoluta, rabbia, dolore. Non voleva lasciarlo, ma ignorò le braccia tese e si voltò. Se ne andò via senza girarsi, in dignitoso silenzio, così come era arrivato.
 
Remus riaprì gli occhi, svegliandosi di soprassalto. Si era addormentato seduto alla scrivania, sul dossier su Greyback che gli aveva dato Silente. Accanto a lui il bicchiere di whisky incendiario era vuoto. Aveva sognato tutto? Probabilmente sì… Probabilmente no… Probabilmente… 
  
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