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Autore: Nebula216    15/12/2011    3 recensioni
"Riattaccò, iniziando a preparare qualcosa da mangiare e godendosi i vari documentari sul paranormale; mentre stava osservando dei testi antichi, notò con la coda dell’occhio un corvo che, tranquillo, si stava pulendo le piume sul davanzale della sua finestra.
Tempo di dedicargli totalmente lo sguardo che il volatile si alzò in volo lesto, dileguandosi con pochi battiti d’ali fra le nubi dell’autunno ormai alle porte. "
Genere: Comico, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hidan, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Black Feathers
 

 

Capitolo 1: Vite diverse
  

 
Il fumo acre della Lucky Strike lo fece riprendere del tutto dallo stato comatoso nel quale era caduto a causa dell’alcool, della musica a palla e della nottata intensa che aveva passato.
Dicevano, a ragion dovuta, che una sigaretta era sempre l’ideale dopo un rapporto, e mai come in quel momento condivideva tale opinione: quella notte si era divertito sì, non poteva dire il contrario, ma qualcosa iniziava in qualche modo a stancarlo.
La ragazza, ancora addormentata al suo fianco, aveva ceduto alle prime moine in quella discoteca, non aveva in alcun modo dato un senso alla caccia: una semplice scusa, qualche parola dolce e subito le loro labbra si erano trovate.
Baci intensi, mani dell’uno che esploravano il corpo dell’altra, ma nient’altro, nessun sentimento alla base di quei comportamenti.
Soltanto sesso.
Stanco di starsene sdraiato sotto le lenzuola del suo letto, decise di andarsi a fare una doccia che, se lo sentiva, gli avrebbe occupato diverso tempo: mal sopportava l’idea di dover aspettare la ragazza svegliarsi, di doverle raccontare pure stronzate della serie “spero di rivederti”… tutte cazzate. Tutte quelle che erano andate a letto con lui sapevano che non era tipo per continuare una relazione: se fosse vissuto durante la Rivoluzione Francese, non avrebbe esitato a farsi chiamare libertino.
Quando il getto della doccia, fatta completamente di marmo nero, si fece più sopportabile, spense il mozzicone della cicca ed entrò, lasciando che le gocce tiepide cancellassero dal suo corpo allenato ogni singola traccia di libidine e sregolatezza.
I capelli color luna, finalmente liberi dal gel che li costringeva a stare indietro, a non intralciare il suo sguardo color ametista, gli ricaddero sul volto pallido, un volto demoniaco ed angelico allo stesso tempo: angelico, per quei tratti troppo divini per essere umani… demoniaco per il velo di cattiveria pura che lo avvolgeva, che dominava i suoi occhi.
Un volto tanto temuto quanto desiderato.
Sentì la ragazza svegliarsi, vestirsi e, con la stessa velocità con cui l’aveva adescata la sera precedente, dileguarsi da casa sua: di nuovo solo, però libero fino al midollo.
La sua anima non conosceva alcuna regola, era sempre stato così: se voleva raggiungere uno scopo, non esitava ad agire in maniera meschina, non esitava a fregarsene di regole e leggi. Qualche volta era stato beccato per dei reati minori… e se l’era sempre cavata, un bel po’ per quella schiera di avvocati che gli paravano il culo, un altro po’ per la sua fortuna sfacciata. Un ghigno divertito si dipinse sul suo volto, prima che spengesse il getto d’acqua e prendesse dall’attaccapanni del bagno un asciugamano di morbido cotone nero.
Copertosi le parti intime, passò ad asciugarsi i capelli, ignorando totalmente i domestici che, ai piani inferiori, preparavano la colazione e quant’altro per la giornata che lo aspettava: nessuno osava fare delle domande su tutte quelle ragazze che entravano ed uscivano dalla villa, sapevano benissimo che non avrebbero ricevuto alcuna risposta.
A peso morto, si lasciò cadere sul letto, ignorando di sana pianta il cellulare che, ogni tre per due, faceva partire la suoneria; soltanto alla quinta chiamata si decise a rispondere, alquanto stanco e incazzato… si partiva bene, pensò sarcastico.
-Cazzo vuoi Akasuna?-
-Gentile da parte tua Hidan salutarmi così. La ragazza non ti ha soddisfatto?-
Il ragazzo sbuffò, scegliendo dall’armadio degli abiti puliti, optando per dei jeans scuri, una T-Shirt bianca con una scritta tribale bordeaux sul petto e un paio di anfibi del Dr. Martens. Indossò l’intimo e i jeans, prima di rispondere all’amico.
-Troppo facile. Ha ceduto alle prime moine.-
Una risata divertente, quasi a presa per il culo, gli giunse all’orecchio da parte del cellulare di Akasuna: Deidara.
Sbuffò sonoramente, preparando la sua microscopica pazienza alle frecciatine che lo aspettavano.
-Ehi Don Giovanni d’argento, fatto fiasco?-
-Stai zitto essere dal sesso confuso.-
Replicò Hidan non curandosi delle urla del biondo ed infilandosi la T-shirt che aderiva perfettamente al suo fisico allenato, tanto che sembrava direttamente dipinta su pettorali, addominali e spalle. Attese altri minuti, durante i quali l’amico gli sbraitò contro i peggio insulti, appellativi “gentili” e “amichevoli” che vennero totalmente ignorati.
Quando fu pronto, scese le scale, tenendo sempre il telefono incollato all’orecchio. La villa dove era cresciuto si trovava a qualche minuto dal centro: un vecchio maniero che suo padre aveva rimesso a posto per sua moglie come regalo di nozze.
Recintata per tutto il perimetro, con cani da guardia perfettamente addestrati e allarmi di ultima generazione, era considerato un fortino moderno inespugnabile… tanto che una volta un ladro stava per rimetterci una mano a causa dei Dogo Argentini e dei Rottwailer.
Ancora incollato al cellulare, si sedette nel loggiato, sorseggiando il caffè che un’anziana domestica gli aveva appena portato, con dei cornetti caldi dei tipi più svariati; ne prese uno ai frutti di bosco, rischiando seriamente di ustionarsi le dita.
-Ma porca putt… mh... allora, stasera?-
Domandò addentando la pastina, decisamente troppo affamato per poter fare un discorso sensato.
-Ma come? Ti sei già dimenticato che abbiamo fissato un tavolo al Miracle? Certo che in quanto a memoria fai pena Hidan.-
Rispose Deidara ridacchiando, con l’intento di farlo incazzare, riuscendo perfettamente nella sua impresa: l’argenteo posò di botto la tazza del caffè, rischiando di fracassarla contro il tavolo. La mascella, perfettamente lineare, era ben serrata e creava su quel volto tanto ambito una smorfia irritata; i suoi occhi color ametista erano inondati da un riflesso vermiglio che faceva ben intuire la sua ira sempre più crescente.
-Deidara… pensa, prima di parlare di me, a recuperare la mascolinità che hai perduto nell’utero materno.-
Esordì dopo qualche secondo di silenzio e, prima che l’amico potesse replicare, continuò il suo discorso.
-Ci vediamo stasera, ho una sessione di allenamenti che mi occuperà tutto il pomeriggio.-
 

              *** 
 

La sveglia le fracassò i timpani, e a nulla servirono i suoi tentativi di tornare nel mondo dei sogni.
Era così ogni mattina ormai: dormiva fino a tardi, pranzava velocemente, correva ad aiutare nella libreria della città, per poi tornare a casa, cenare ed andare a lavoro… se così si poteva chiamare.
Essere una cameriera del locale più in e frequentato dell’anno non era certo un vantaggio: certo, la paga era buona, le divise non male… ma la gente che incontrava non era certo delle migliori. Ragazzine non ancora maggiorenni viziate fino al midollo, ragazzi con gli ormoni costantemente in circolo o con un drink diverso ogni due minuti, persone che pensavano di fare un lavoro migliore di lei… se non fosse stato per i soldi si sarebbe licenziata subito dal Miracle.
Rimase sotto le coperte a fissare il soffitto, per riabituare gli occhi alla luce del giorno, e non a quella artificiale e psichedelica della discoteca. I capelli castani, precedentemente raccolti in una coda di cavallo, le ricadevano ormai sciolti sulle spalle, arrivando a toccare la zona lombare della schiena.
Una cascata di fili di seta bruna che avevano catturato i riflessi del tramonto.
Con la testa pesante e dolorante, si alzò, abbandonando il caldo delle coperte che l’aveva accolta alle cinque del mattino; lo sguardo smeraldino, nel camminare verso la cucina di quel piccolo appartamento che aveva affittato, le cadde sull’orologio a muro.
-Mezzogiorno…-
Disse, con voce impastata dal sonno: sette ore, aveva dormito per sette ore filate… senza ottenere poi tanto riposo. Ancora in uno stato catatonico, mise la moka colma di caffè sul fornello, ingannando l’attesa con qualche biscotto e una dose di Tv a basso volume. Saltò i telegiornali, stanca di sentire la solita cronaca noiosa e ripetitiva, soffermandosi sui programmi dedicati all’esoterismo e al mistero: stavano parlando della possibile reincarnazione dell’anima umana dopo la morte.
-Mh, allegria.-
Esordì addentando un biscotto con gocce di cioccolato fondente e ascoltando, con attenzione, ciò che stavano dicendo: teologi, studiosi, anche persone normali venivano interrogati su questa possibilità, ma nessuno sapeva davvero dare una risposta.
La moka la richiamò alla realtà con il suo gorgogliare continuo, accompagnata dal profumo del caffè che le solleticava i sensi: sì, una dose di caffeina era l’ideale per iniziare la giornata. Sorseggiò con calma, guardando il presentatore che, in quel momento, stava interrogando un teologo e uno scienziato: opinioni contrastanti, visione religiosa contro quella atea, un duello che, da sempre, tormentava la vita dell’uomo. Nessuno poteva sapere cosa accadeva dopo la morte, lei aveva questa certezza: l’uomo poteva fare tutte le ipotesi che voleva, ma non avrebbe ricavato alcuna conclusione.
La suoneria del telefono interruppe il corso dei suoi pensieri, costringendola a rispondere, per quanto svogliata.
-Pronto?-
-Lara! Oddio meno male hai risposto!-
Ino Yamanaka, una sua collega di lavoro. La castana, Lara Scarlett, sospirò, aspettandosi sicuramente una richiesta d’aiuto…
-Potresti fare il mio turno stasera?-
Per l’appunto.
-Ino, è il mio giorno libero lo sai…-
-Tranquilla! Ho parlato con il capo e ha detto che puoi prenderti ben due giorni liberi dopo stasera! Please, ti prego!!!!-
Lara sospirò, fissando con i suoi occhi verdi il lampadario che pendeva, come una ragnatela, dal soffitto: lei era troppo buona, lo sapeva, per quanto provasse a dire di no si ritrovava sempre ad accettare le proposte dell’amica.
-Va bene, ma un giorno mi ripagherai tutti i favori!-
-Ehm… allora mi sa che ci vorrà una vita!-
Pochi attimi di silenzio, poi la risata di Lara e della sua amica ruppero quell’immobilità: era inutile, la castana non ce la faceva ad odiare la bionda, erano sempre state delle buone amiche e sapevano che l’amicizia sarebbe durata ancora per molto tempo.
-Va bene, stasera ti sostituisco. Divertiti con Kiba.-
-Ma… LARA!-
La castana ridacchiò, immaginandosi la faccia paonazza dell’amica.
-Andiamo Ino, non raccontarmi balle, ormai ti conosco. Buon divertimento amica mia.-
Riattaccò, iniziando a preparare qualcosa da mangiare e godendosi i vari documentari sul paranormale; mentre stava osservando dei testi antichi, notò con la coda dell’occhio un corvo che, tranquillo, si stava pulendo le piume sul davanzale della sua finestra.
Tempo di dedicargli totalmente lo sguardo che il volatile si alzò in volo lesto, dileguandosi con pochi battiti d’ali fra le nubi dell’autunno ormai alle porte. 


Angolo Autrice: ... Che lo dico a fare ormai? Se un'idea mi sfrulla in testa difficilmente non la scrivo! Ok, spero di avervi incuriositi un poco (sono leggermente di fretta), ci tengo però a dirvi che le altre fic non le ho messe definitivamente da parte, quindi tranquilli torneranno anche quelle! ^^
Bacioni!
Nebula216

   
 
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