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Autore: Night Sins    15/12/2011    0 recensioni
Peter e Debbie avevano preso l'abitudine di aprire i regali assieme, nella comodità del salotto della loro casa, anche se ora erano in una casa diversa, accoccolati sul divano o seduti sul tappeto davanti al camino - ma quella era più Debbie, come in quel momento.
In più, quell'anno c'era per entrambi una sorpresa in più.
"Chi vuole che gli prepari una tazza di cioccolato caldo, mentre la nostra principessa scarta i regali?" domandò Neal, sulla porta della cucina.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Neal Caffrey, Nuovo Personaggio, Peter Burke
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: In the still of the night
Fandom: White Collar
Personaggi: Debbie Burke, Neal Caffrey, Peter Burke
Pairing: Peter/Neal
Rating: G
Genere: fluff, romantico, slice of life
Avvertimenti: one shot, slash
Timeline: //
Spoiler: nessuno
Conteggio Parole:
Prompt: 3 - salotto con camino, per la Winter Challenge, sul forum di EFP.
Disclaimer: "Io scherzo... forse." (cit. A.Costa) // I personaggi non sono miei, ma degli autori e di chiunque ne abbia diritto; tanto meno sono utilizzati a fini di lucro, ma solo per mero piacere personale.
Note: oneshot parte della mia 'family!verse'. Ambientata tre anni e mezzo prima e nove mesi dopo Protego, non dice molto di più di quello che già è stato scoperto (giusto appaiono un altro paio di nomi, ma non a cosa son collegati esattamente XD) e non credo ci sia bisogno di averla letta per capire questa shot.
- partecipa alla challenge Genitori&figli sul forum di EFP.
- Il titolo è da una song di Frank Sinatra. ♥



18 Febbraio 2006

Quella sera Peter tornò a casa tardi, carico di ansia. Sapeva che il suo lavoro non gli permetteva una vita normale, con orari stabiliti e appuntamenti rispettati, ma ugualmente si sentiva in colpa.
Avrebbe dovuto fare di più.
Avrebbe fatto di più, si ripromise avvicinandosi al divano dove Debbie stava dormendo, raggomitolata in sé stessa e illuminata dall'abat-jour lì accanto. Il fuoco nel camino era spento, ma ancora emanava un piacevole tepore.
"Ehi, sei tornato."
L'uomo si voltò di scatto e sorrise a Elizabeth; non si era ancora abituato ad averla di nuovo in casa.
"Scusami, non sono riuscito a venir via prima."
Lei scosse la testa, minimizzando la questione. "Non è un problema."
"Come è andata?" domandò, un senso di urgenza che non aveva programmato.
Elizabeth spostò lo sguardo sulla bambina e si strinse nelle spalle. "Come sempre, non ha quasi aperto bocca..."
Peter sospirò.
"Dovresti svegliarla, non ha voluto aprire i suoi regali con me", continuò lei, guardando i pacchetti ammassati su un angolo del pavimento, sul lato opposto del divano, rispetto al camino.
Il federale seguì il suo sguardo. "Di chi è quello grande?"
"Nel pomeriggio hanno bussato alla porta ed era lì per terra. Non c'era nessuno, ma credo..."
"Ne sa una più del diavolo", la interruppe Peter che, mentre lei stava parlando, si era avvicinato al regalo e aveva preso il biglietto che c'era sopra.
Sorrideva, ma non era completamente gioia. La donna gli si avvicinò e posò una mano sul suo braccio.
"Hai mai pensato di andare a trovarlo?"
"E con quale scusa?" domandò lui, il tono mesto e nervoso assieme. Ovvio che ci aveva pensato. "No, no, no. È meglio di no. Anche per lei... Attirerebbe troppo l'attenzione, sarebbe strano..."
"Ho capito. È tutto okay, vedrai, quattro anni passano in fretta con una figlia."
Peter si voltò a guardarla, perplesso.
"O almeno mia madre ha sempre detto che le son volati gli anni in un soffio, quando io e Caroline eravamo piccole", spiegò con un sorriso. "Vuoi che resti ancora un po'?"
"No, hai già fatto tanto. Grazie, El."
"È un piacere quando posso, lo sai. Ci vediamo."

Dopo aver accompagnato la donna alla porta, Peter tornò in salotto e si mise a sedere sul bordo del divano dove dormiva Debbie.
Delicatamente, posò una mano sulla sua spalla e la svegliò.
La bambina lo guardò spaventata, ma quando lo riconobbe sorrise e gli si gettò addosso.
Peter le accarezzò impacciato i capelli. "È tutto okay", borbottò.
Nonostante i sei mesi passati, ancora non si era abituato a quella nuova presenza nella sua vita, e al modo in cui lei, nonostante il trauma subito e il suo non voler parlare, si fosse affezionata a lui.
"Buon compleanno. Ti va di aprire i regali?", domandò guardandola e poi li indicò. "Sono tutti tuoi, sai?"
Lei annuì e Peter si alzò per avvicinarli al divano.
"Da quale iniziamo?"
Debbie li studiò tutti attentamente e Peter, sperando di aiutarla, cominciò a elencare chi li aveva fatti. "Questo," prese un pacchetto rettangolare, grande quanto una risma di carta e avvolto in una carta rosa con degli animaletti sopra, "è da parte di Hughes, il mio capo. Ha l'aria un po' brusca, ma è bravo. Questo qui, invece, è il mio", e le indicò un sacchetto argentato che nemmeno l'intervento di Elizabeth aveva reso più gradevole di quello che era riuscito a fare - ma incartare un pupazzo non era cosa facile!
Il terzo pacchetto preannunciava al suo interno qualcosa di morbido. "Quello è della zia El", disse, spostando poi lo sguardo verso l'ultimo regalo rimasto, protetto da candida carta da pacchi. "E questo è di... una persona che ti vuole molto bene."

Il regalo di Elizabeth consisteva in un maglioncino di lana con cappuccio abbinato a un paio di guanti della solita, particolare tonalità di azzurro-viola dei disegni sulla maglia, di cui di sicuro lei avrebbe saputo dire l'esatto nome.
Hughes, invece, le aveva regalato una Barbie, correlata con un numero di accessori che Peter non avrebbe mai immaginato potessero servire ad una bambola.
Nessuno dei regali suscitò una reazione eccessiva in Debbie; solo il misterioso pacco bianco riuscì a farle tradire una più evidente emozione, ma Peter non avrebbe saputo dire se era stato un bene o un male.
Era una bambola di porcellana, poco meno grande di Debbie, e il federale poteva ben capire perché era stata scelta. Il volto perfetto, le labbra rosee e delicate, e gli occhi azzurri che sembravano quasi veri erano incorniciati da lisci capelli castani. Anche se erano ben lontani dall'essere neri, erano più scuri di quelli di Debbie ed era impossibile fingere di non notare la somiglianza con Kate.
"Perché, Neal?", fu l'unica cosa che riuscì a chiedersi.


18 febbraio 2010

Con il passare degli anni, l'insieme dei regali era aumentato, June, Diana e Jones avevano preso piacere nel fare regali a Debbie.
Quell'anno, inoltre, anche Mozzie aveva deciso di lasciare un suo dono, dato che si era affezionato anche lui alla bambina.
Ma Peter e Debbie avevano preso l'abitudine di aprire i regali assieme, nella comodità del salotto della loro casa, anche se ora erano in una casa diversa, accoccolati sul divano o seduti sul tappeto davanti al camino - ma quella era più Debbie, come in quel momento.
In più, quell'anno c'era per entrambi una sorpresa in più.
"Chi vuole che gli prepari una tazza di cioccolato caldo, mentre la nostra principessa scarta i regali?" domandò Neal, sulla porta della cucina.
Padre e figlia si guardarono un istante, poi Debbie si voltò verso il più giovane. "Devi restare qui anche tu", disse risoluta.
"Sicura?", domandò cautamente e Peter si chiese il perché di tanta esitazione. Erano quasi nove mesi che vivevano assieme, e Debbie era stata felice di ciò, e di 'nascondere il segreto' - a volte credeva che quella bambina fosse troppo sveglia.
"Certo che sì!"
E prima che la bambina potesse dire altro, Peter si era alzato, lo aveva raggiunto e aveva posato le mani sui suoi fianchi, per impedirgli di scappare.
"Abbiamo passato la giornata in una casa piena di bambini urlanti, stando dietro a più cose che nel peggiore dei casi al Bureau. L'unica cosa che dobbiamo fare adesso è goderci un po' di riposo su quel comodo divano e osservare nostra figlia che scarta i suoi regali", terminò baciandolo, per mascherare l'imbarazzo.
Non era il tipo da fare discorsi del genere, ma dover avere a che fare con una bambina lo aveva obbligato a cercare di sforzarsi di abbandonare la propria inettitudine con le parole e ad esprimere chiaramente quello che provava. Nonostante questo, e nonostante non fosse stata la prima volta che si riferiva a Debbie come loro figlia, era sempre una cosa che gli faceva effetto.
E Neal rideva.
Non era una risata rumorosa, era qualcosa di interno, ma Peter lo sapeva dal modo in cui non riusciva a non sorridere, anche mentre aveva le proprie labbra premute sulle sua.
"Papàààààààà!"
Peter si allontanò. "Debbie ci reclama", disse soltanto, guidandolo fino al divano con una mano posata sulla sua schiena.
Lasciò che Neal si accucciasse accanto alla bambina e quindi raggiunse il caminetto accesso per sistemare la legna e ravvivare il fuoco.
"Quale vuoi aprire per primo?", domandò Neal.
"Quello!"
Peter rimase ad osservarli. C'erano momenti in cui non riusciva a non pensare a come sarebbe stato se le cose fossero andate diversamente, se Kate fosse stata ancora viva.
Debbie non sarebbe stata sua figlia... E Neal?
Non ne aveva intenzione, prima, Kate era sparita con la bambina e si faceva vedere solo raramente, ma Neal era disposto a tutto per loro. Se solo avesse intuito qualcosa, sarebbe andato a vivere con lei e Debbie? L'avrebbe salvata?
"-er? Peter?"
Il federale si riscosse dai propri pensieri e incrociò gli sguardi preoccupati di Neal e Debbie.
"Scusate, stavo pensando ad una cosa."
La bambina sorrise e alzò verso di lui uno zainetto. "Guarda cosa mi ha regalato la zia El!", esclamò contenta.
"È magnifico, tesoro", rispose lui avvicinandosi e passandole una mano tra i capelli, prima di sedersi dietro di lei.
Il truffatore, invece, lo guardò sospettoso. Peter sapeva che non sarebbe finita lì.

*

Avevano appena messo a letto Debbie Peter stava raccogliendo le varie carte sparse per il salotto, quando Neal lo raggiunse. "Che cosa è successo prima?"
Il federale si voltò a guardarlo e gli sorrise. Poi scosse la testa, minimizzando la questione, e tornò a raccattare gli incarti.
"Ehi!"
Peter gettò la spazzatura in un sacchetto e tornò a rivolgere la propria attenzione al più giovane. Gli si avvicinò e gli prese il volto tra le mani.
"Neal, io..."
"Sì, anche io", sorrise. "È ancora il compleanno di Debbie. Deve rimanere la sua giornata. Non importa se dovrò aspettare altri sette anni per avere l'occasione di sentirtelo dire."
Peter rise e abbassò la testa, cercando le sue labbra.
Il ragazzo si allontanò. "Questo non spiega il tuo comportamento di prima."
Peter fece un passo indietro e spostò lo sguardo, ritrovandosi ad osservare la cenere nel focolaio dove i piccoli residui ardenti si spegnevano uno ad uno.
"Mi stai facendo preoccupare... Riguarda Adler? Diana ha scoperto qualcosa?!"
"No, no, no, niente di tutto questo!", rispose velocemente. "È una cosa stupida."
Neal gli si parò davanti e gli circondò la vita con le braccia. Sorridendogli si avvicinò a baciargli la mascella. “Hmm… Sei uno degli uomini più intelligenti che conosca, dopo di me, cosa puoi pensare mai di così stupido? Vuoi che ti prometta che non ti dirò che lo sei?”, rise.
“No.” Peter abbassò lievemente la testa, sfiorando la sua. “Pensavo a Kate. Debbie le assomiglia sempre più.”
“E questo ti ingelosisce?”
Il federale rise debolmente. “No… Però penso sempre a cosa sarebbe successo se Kate fosse ancora viva.”
“Semplice, non avresti mai adottato Debbie - la qual cosa è triste, ma sarebbe stato meglio per lei - e forse non sarei finito in prigione.”
“Oh, no, quello no. Ci saresti andato comunque”, assicurò Peter.
“Se non ti avessi lasciato scoprire alcune cose? Impossibile.”
“Oh, sì, certo…”
Neal sorrise. “Ma ancora non ho capito dove sta la stupidità di simili ragionamenti. A parte dove dici che mi avresti arrestato ugualmente.”
Peter ignorò quell’ultimo tentativo di provocazione. “Ho paura che saresti andato con lei… In qualsiasi altro luogo avesse deciso di nascondersi.”
Neal si allontanò un poco, gli prese le mani tra le proprie e abbassò lo sguardo.
“Ci avevo pensato, sai? Quando mi contattò dicendo che era tornata a New York… L’ho incontrata pensando di dirglielo, non sarebbe stato difficile fare tre passaporti falsi. Volevo portarla in Europa…”
“Perché non lo hai fatto? Era l’occasione della tua vita. Avresti salvato la donna che amavi e saresti scappato ad una condanna certa”, era una vittoria su tutti i fronti…
Il ragazzo tornò a guardarlo. “L’ho fatto. Avevo i documenti pronti e la valigia fatta.”
“E allora perché…”
“La sera prima che Larsen la uccidesse”, iniziò il truffatore con uno strano sorriso, “tu ed io eravamo a cena assieme, in un ristorante in cui probabilmente non sarei mai entrato da solo, e tu…”
Peter rise. “Ti dissi che avevo le prove che avevi rubato quel Raffaello.”
“Già.”
“Questo avrebbe dovuto spingerti a partire.”
“Non capisci? Non potevo. Se fossi andato via in quel momento, non sarei mai più potuto tornare indietro… Non ti avrei mai più rivisto…”
Neal intrecciò le loro dita e strinse la presa. “Qualche anno in prigione era un giusto compromesso… Non sarebbe stato per sempre.”
Peter abbassò lo sguardo, diviso tra la felicità di quella notizia e la consapevolezza che, se Kate era morta, era colpa sua, in qualche modo.
“Non farlo”, lo ammonì Neal. “Non pensarci nemmeno. Avrei dovuto incontrare Kate in quel parco in ogni modo. L’unico cambio di programma era che le avrei dato solo i passaporti per lei e Debbie.”
“Neal?”
“Hm?”
“Mezzanotte è passata”, lo informò, con un sorriso.
“Ti amo”, disse il ragazzo, cingendogli il collo con le braccia e baciandolo.
   
 
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