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Autore: gattaccionero87    15/12/2011    1 recensioni
Tanto era solo un barbone
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C’è un parco a pochi isolati di distanza dal mio condominio, con 32 panchine che il Comune fece a suo tempo numerare una ad una.
Non ho mai capito il perché.
Comunque, così ogni panchina ha sullo schienale una bella targhetta bianca con il proprio numero, ormai reso quasi illeggibile dall’usura del tempo.
Sulla panchina numero 21, in un piccolo spiazzo rialzato con una bella aiuola alle sue spalle, c ’è sempre stato un senzatetto. Ormai dimorava lì, come se in quell’angolino di mondo all’aperto di sentisse a casa. Non ha mai dato fastidio a nessuno, quindi nessuno aveva da lamentarsi né è mai andato a dirgli qualcosa.
E’ stato trovato morto assiderato l’altra mattina.
 
Si chiamava Franco.
Credo.
Non gliel’ho mai chiesto.
Anzi, ad essere sinceri, non gli ho mai parlato perché, come fanno tutti, quando capitava di dover passare nelle adiacenze di quella panchina, volgevo gli occhi altrove ignorandolo o facendo finta di essere sovrappensiero.
Si sa mai che in un pericoloso incrociarsi di sguardi potesse allungare con la mano un bicchierino di plastica, scuotendolo per sollecitare l’elemosina, come fa la maggior parte dei senzatetto.
Ma non ha molta importanza.
Tanto era solo un barbone, una di quelle persone inutili che si dimenticano più in fretta di un batter di ciglia.
 
Aveva sempre una coperta sulle gambe, sia d’inverno che d’estate.
Una coperta rossa. Oppure era blu. O verde.
Non ricordo, non ci ho mai prestato attenzione.
Tanto era solo la coperta di un barbone.
 
Aveva sempre con sé due borse, non troppo grosse.
La notte, una veniva usata come cuscino.
Chissà come si fa a raccogliere tutta la propria vita dentro due miseri borsoni.
O forse erano tre.
Non ricordo, non ci ho mai prestato attenzione.
Tanto erano solo le borse di un barbone.
 
Aveva l’abitudine di tenere pulito dai mozziconi di sigaretta e dagli escrementi dei cani tutto lo spiazzo intorno alla sua panchina, compreso la piccola aiuola retrostante.
Questo sono venuto a saperlo solo in seguito, infatti mi sono sempre chiesto perché quel piccolo angolino del parco fosse più pulito degli altri.
Ma non ha molta importanza.
Tanto era solo il modo di passare il tempo di un barbone, una di quelle persone inutili che si dimenticano più in fretta di un batter di ciglia.
 
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C’è un parco a pochi isolati di distanza dal mio condominio, con 32 panchine che il Comune fece a suo tempo numerare una ad una.
Non ho mai capito il perché.
E così, ogni panchina ha sullo schienale una bella targhetta bianca con il proprio numero, ormai reso quasi illeggibile dall’usura del tempo.
Oggi è una bella giornata di metà primavera, e tornando da lavoro sono passato per il parco per vedere un po’ i fiori e le piante che cominciano a germogliare.
Mi sono seduto sulla panchina numero 21, in un piccolo spiazzo rialzato con una bella aiuola alle sue spalle.
E’ proprio il punto ideale per abbracciare con lo sguardo tutto il panorama del parco nella sua interezza, mi è quasi sembrato di avere davanti a me una cartolina.
 
Che sciocco, chissà perché non mi sono mai seduto prima d’ora su questa panchina.
   
 
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