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Autore: Deilantha    15/12/2011    8 recensioni
Pasi è una diciannovenne impulsiva e socievole, dal futuro incerto ma dal buon cuore, che vive una situazione di conflitto in famiglia, sentendosi sempre la pecora nera rispetto ad una sorella apparentemente perfetta. Provando un vuoto affettivo tra le mura domestiche, Pasi si circonda di amici, che reputa la sua vera unità familiare.
Emile è il suo esatto opposto: non è un tipo socievole e vive esclusivamente per la musica, sul cui argomento è terribilmente arrogante. Ma il suo modo di essere così rigido e poco aperto agli altri, nasconde un dolore che il ragazzo si porta dietro dall’infanzia, dovuto ad una madre caduta vittima della depressione quando lui era ancora in fasce.
Emile e Pasi si scontreranno la prima volta che si vedranno, ma le loro vite sono destinate ad incrociarsi e farli crescere nella reciproca conoscenza.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Filrouge'
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Capitolo 23







 

 

«Pasi? Che ci fai qui?» 

«Ciao Sofi, avevo un po’ di tempo libero e sono passata a trovarti.»

«Hai litigato di nuovo con Emile?»

«No, sono venuta solo per vedere te.»

«Ah… prego, accomodati.»

Sofia era rimasta di sasso. La sua reazione confermò ciò che da un po’ di tempo temevo: la lasciavamo troppo in disparte e non si aspettava di essere considerata al pari del resto del gruppo… almeno per quanto mi riguardava.

Rita la conosceva da anni, era stata lei il tramite cui avevamo conosciuto Sofi: il padre di quest’ultima era un grande amico dei genitori della nostra amica e loro due si conoscevano da quando erano bambine. Rita, col suo modo di fare pacato e dolce era riuscita ad entrare subito in sintonia con quella ragazzina taciturna e poco socievole e ovviamente, lo stesso era capitato a Fede. Come al solito eravamo io e Stè ad avere qualche problema di comunicazione con lei, perché non riuscivamo proprio a capire quel suo modo di essere così solitario e tendenzialmente acido. Nonostante conoscessimo anche le sue buone qualità e il suo saper guardare alle cose della vita con raziocinio, senza distorsioni emotive, per me e Stè era difficoltoso riuscire a comunicare con lei e difatti, era raro che la cercassimo. Sofi però  era una buona amica, se avevamo bisogno di lei era sempre disponibile a dare una mano (impegni permettendo) ed ogni volta che trascorrevamo del tempo con lei, finivamo con l’imparare qualcosa che aveva appreso dai suoi amati libri… per questi motivi decisi di andare a trovarla e di cercare di instaurare un vero rapporto d’amicizia con lei. Dalla morte di Simona mi ero ripromessa di non dare più per scontate le persone care, di non attendere per avvicinarle e conoscerle e la morte di Claudine aveva rafforzato questa mia convinzione.

Non volevo più mettere in disparte nessuno, non dovevo più attendere per avere un vero rapporto umano con chi mi era accanto.  

«Pasi… sicura che non hai litigato con Emile? Sei stranamente silenziosa.»

«Cosa? Oh! Sì, sì, scusami Sofi, ero sovrappensiero…»

Ci eravamo accomodate in camera sua, un piccolo spazio abitato circondato da mensole piene di libri: non c’era una foto o un poster alle pareti perché queste erano totalmente occupate dagli scaffali! L’atmosfera generale di quella camera da letto era di austerità, che ben delineava il carattere della mia amica, ma che mi metteva improvvisamente a disagio: io ero abituata al caos, ad una stanza fortemente vissuta (che aveva costituito una fonte per i migliori mal di testa di mia madre) e trovarmi nella camera da letto di una ragazza che, seppur solo di un anno, era più piccola di me ma riusciva a vivere nell’ordine più asettico, mi faceva sentire fortemente in soggezione e non era quello lo stato d’animo con cui volevo parlarle.

«Sofi, che ne diresti se uscissimo a prenderci un gelato?»

 

*****

 

«Mmm, quant’è buono!»

Sono sempre stata una golosa, una zucchero-dipendente maniaca del cioccolato: probabilmente quando hanno distribuito le manie e le scelte gastronomiche, ero a corto di felicità o c’era troppa amarezza nella mia vita; sta di fatto che quando vedo una tavoletta di cioccolato, soprattutto se è al latte e con qualche cereale sparso all’interno, io vado totalmente in estasi! E quel gelato era l’apoteosi del piacere, in grado di rivaleggiare solo con i baci di Emile…

O forse no…

A quel pensiero mi bloccai e sentii di essere diventata improvvisamente color rubino!

«Pasi, stai bene? Sei tutta rossa.»

Sofia mi osservava sempre più sorpresa: non le avevo detto ancora nulla, in attesa di trovare un tavolo, una panchina o un qualsiasi ripiano cui appoggiarci per finire quella delizia e parlare. Il suo era un gelato molto estivo:  papaya e ananas, rigorosamente due gusti alla frutta che non mettevano chili qua e là. Osservai il mio cono che strabordava cioccolato e cereali e mi sentii d’improvviso un’ingorda insaziabile, mentre sul viso di Sofia fece capolino un’espressione d’insofferenza.

«Pasi ma che hai oggi? Piombi a casa mia, dicendomi di voler stare con me ma poi usciamo e una volta qui, continui a non parlarmi… Cosa ti è successo di così difficile da dire? Ti sei innamorata di un altro e non riesci a dirlo ad Emile? L’hai tradito forse?»

Come le veniva in mente una cosa del genere?

«Ma certo che no, Sofi! Non tradirei mai Emile, per niente al mondo!»

Come poteva solo pensare che avessi potuto fare una cosa tanto vile?

«Mai essere sicuri di qualcosa Pasi, non dare mai alcuna verità per certa, perché nel momento in cui lo fai, essa cambia.» Ecco la parte più odiosa di Sofia: l’uccellaccio del malaugurio, sempre pronta a vedere il lato cinico della vita…

«Sei sempre rincuorante Sofi… ma perché stiamo parlando di questo ora? Tra me ed Emile va tutto bene e non sono venuta per farmi jellare da te!» Quella conversazione stava prendendo una piega totalmente opposta a quella che volevo… parlare con Sofia era davvero difficile per me!

«Se fai scena muta, allora non posso che improvvisare e cercare di capire il motivo della tua venuta… ancora non sono riuscita a comprendere il perché tu abbia voluto vedermi.»

«Hai ragione Sofi, scusami… ecco io sono venuta proprio per questo… per scusarmi con te.»

«Scusarti con me? E di cosa?»

«Per averti messo sempre ai margini, per non essere una buona amica… L’altra sera quando ti ho chiamato… mi sono resa conto che non t’interpello mai, che quando ho bisogno di stare con qualcuno chiamo sempre Stè o Rita o Fede, ma con te non lo faccio mai… Tu invece sei sempre pronta ad ascoltarmi… Ti chiedo scusa!»

Ero così mortificata da non riuscire nemmeno a tenere il capo alzato, più le parlavo e più mi rendevo conto di quanto poco  l’avessi tenuta in considerazione in quei quattro anni di conoscenza.

«Hai fumato qualcosa, ieri?»

La risposta di Sofi mi lasciò così interdetta da farmi alzare la testa di scatto:

«Cosa?» Il suo viso era sorpreso e dubbioso, come se stesse valutando la veridicità delle mie parole.

«Sofi io sto benissimo! Sono totalmente in me, è in piena coscienza che sono venuta a parlarti!» 

Non sapevo se essere offesa da quella risposta o farmi una risata: era talmente strano per lei, pensare che mi fossi resa conto di essere stata così cattiva come amica nei suoi confronti? Che considerazione aveva di me?

«Scusami Pasi… è solo che mi sembra così strano questo tuo atteggiamento… Non capisco perché tu voglia scusarti per un comportamento che hai da quando ci conosciamo e che a me risulta del tutto normale e ovvio.»

«E a te sta bene che mi comporti così?»

«Non saprei… è da quando ti conosco che sei così, del resto conoscevi già gli altri ed è normale che tu abbia più confidenza con loro che con me… Certo non ti nascondo che alcune volte ci sono rimasta male per essere stata estromessa, ma del resto è una situazione che mi cerco io. Non sono proprio “l’anima della festa” e tante volte sono stata io a negarmi a voi, quindi è normale che dopo un po’ di tempo iniziaste a non includermi più nei vostri incontri… Quindi tutto sommato, non ho nulla da rimproverarti.»

Incredibile… certe volte quella ragazza sembrava priva di sentimenti umani, così imbrigliata nella sua fredda logica al punto da non alterarsi nemmeno quando si sentiva offesa… Come facesse a restare così impassibile, sarebbe stato sempre un mistero per me, che ero il suo esatto contrario!

«Sofi sei un enigma per me!»

«Ma no Pasi, quale enigma! Siamo semplicemente diverse, pensa a tutto ciò che tu non sei e troverai me!»  Sofi fece un mezzo sorriso e mi resi conto di quanto fosse raro vederla sorridere del tutto, così ricordai un particolare della sua vita, che in qualche modo l’accomunava ad Emile:

«Sofi… da quanto tempo non vedi tua madre?»

Erano anni che lei e suo padre vivevano da soli e Sofia non parlava mai di sua madre, mentre mostrava sempre un grande rispetto per suo padre… rispetto… ma non amore. Ed era peggio nei confronti di sua madre, che aveva abbandonato la famiglia quando lei era piccola e si era rifatta una vita lontano da loro. Forse quella razionalità estrema era nata proprio in quel periodo, come difesa per il dolore di vedere la propria famiglia spezzata…

«E cosa c’entra questo, ora?»

Immediatamente alzò delle barriere, la stessa reazione che ebbe durante il nostro pigiama party quando insinuai che fosse troppo acida verso i ragazzi… perché in quattro anni non mi ero resa conto di una realtà, che iniziava ad essere così evidente ai miei occhi in quel momento? Sofi si teneva al riparo dal dolore dietro la razionalità, aveva chiuso a chiave le sue emozioni all’interno della logica, per non dover soffrire a causa di qualcuno… Come probabilmente era successo quando i genitori si erano separati…

«Niente scusami, era una stupida curiosità… sai dopo la morte di Claudine, ho pensato a mia madre e mi sono resa conto che anche tu non la vedi mai… Forse volevo solo consolarmi, dicendomi che non ero l’unica ad averla ancora in vita e a non vederla… se penso che Emile non potrà mai più rivederla, mentre le nostre madri sono vive e noi le abbiamo allontanate… Mi sento un’ingrata, ecco tutto.»

Quel particolare non l’accomunava solo ad Emile… mi resi conto mentre glielo dicevo: io e Sofia avevamo deliberatamente lasciato andare i nostri genitori, anche se io attendevo ancora un gesto d’affetto da parte dei miei, mentre nel suo caso era lei a non voler nulla da loro.

«Mia madre non merita il mio interesse. Mi dispiace per la signora Claudine, non l’ho mai vista ma doveva essere una bella persona, considerato l’amore e il dolore che ho visto sul volto di Emile e di suo padre… ma mia madre non merita di certo le mie lacrime.» Il viso di Sofia, mentre parlava in quel modo così duro di sua madre era paradossalmente tranquillo e rilassato, come se stesse raccontando una favola e non stesse parlando con rabbia di un genitore che non voleva riconoscere come tale.

«Ma è pur sempre tua madre, Sofi! Come puoi dire una cosa simile?» Si girò a guardarmi e in quei profondi occhi scuri vidi l’espressione di una persona abituata ad essere guardata con costernazione… Evidentemente dovevo essere una goccia nel mare della “gente comune” che non riusciva a capirla e la giudicava.

«Non mi aspetto che tu mi capisca, ma è ciò che provo Pasi: il legame di sangue che unisce me e quella donna è l’unica cosa che può ancora dire che siamo madre e figlia, ma è solo un dato biologico e genetico, io non la considero più tale da anni ormai.»

«Hai ragione Sofi, io non ti capisco. Non riuscirei mai a parlare con tanto distacco dei miei genitori: anche se con loro non vado affatto d’accordo, anche se non hanno mai mostrato un po’ di orgoglio per me, io li amo, e per me saranno sempre due persone preziose perché mi hanno dato la luce e mi hanno cresciuto…»

«È proprio quello il punto Pasi, ti hanno cresciuto. Anche se non nel modo che avresti voluto, ma ci sono stati per te, ti hanno accompagnato durante la tua crescita e se ora sei lontana da loro è stato per una tua scelta, non perché loro ti hanno abbandonato.»

Quello era vero e non potevo permettermi di giudicare Sofia, perché probabilmente avrei sviluppato anch’io del rancore verso i miei genitori, se uno di loro mi avesse lasciato senza curarsi più di me… Emile aveva vissuto una situazione simile, ma in lui non era nato odio, non era nata indifferenza… Anche se di certo non era in uno stato migliore di Sofi…

Ecco perché ora la capivo! Attraverso il dolore di Emile, avevo finalmente compreso quello simile di Sofia! Forse avrei potuto aiutarla a sfogarlo…

«Sofi… e se provassi ad affrontarla? Se le dicessi cosa provi per lei, una volta per tutte? Magari in seguito ti sentiresti meglio, ti sentiresti più sollevata… anche Emile tende a tenere tutto dentro e…»

«Pasi, non siamo tutti uguali! E non ho proprio nulla da  sfogare! Sapevo che non avresti capito, come tutti del resto! Lasciamo perdere questo discorso, tanto non porta a nulla.»

«Sì certo, anche Emile diceva così, invece ne aveva da sfog…»

«La smetti di paragonarmi a lui?! Io sono io, sono un’altra persona e non pensare di avermi compreso, solo perché ho qualcosa in comune con quel tuo ragazzo problematico e lunatico! Io non sono come lui, non sono come nessuno di voi!»

Detto questo si alzò e si allontanò, lasciandomi del tutto stupefatta. Mi alzai in fretta decisa a seguirla e la raggiunsi in breve tempo:

«Sofi non mi sembra il caso di reagire così, io volevo solo aiutarti!»

«E chi ti ha chiesto aiuto, Pasi? Da quando sei diventata Madre Teresa? Io sto bene, se vuoi aiutare qualche povero bisognoso hai il centro, non c’è bisogno che tu venga a dare fastidio a me!»

«Ah, quindi ti do fastidio! Beh allora scusami tanto, scusami se volevo rimediare alla mia totale assenza e volevo essere un’amica migliore di quanto sia mai stata!»

Mi fermai mentre le urlavo contro la mia rabbia per essere stata rifiutata: Sofia procedette per un po’ e ad un paio di metri di distanza si fermò, si girò in mia direzione e con calma mi raggiunse:

«Hai detto bene, sono quattro anni e non puoi recuperarli in un giorno solo! Soprattutto non in questo modo!»

 Con quelle parole tornò sui suoi passi andandosene via verso casa sua.

 

*****

 

«Non pensavo che avrebbe reagito così, ero andata con le migliori intenzioni e invece ho solo fatto un casino… Ultimamente sembra che riesca solo a complicare la vita delle persone!»

Ero davvero delusa e frustrata da come erano andate le cose con Sofia… all’inizio mi sentii più che altro furiosa con lei perché non aveva compreso il mio gesto, ma poi le sue parole iniziarono a farmi capire quanto fossi in torto e quanto patetica fossi risultata… Dovevo cambiare atteggiamento con lei, se volevo davvero esserle amica… ammesso che lei lo volesse!

«Sono stata troppo aggressiva con lei, vero? Pensavo che funzionasse: quando lo faccio con te, alla fine ti apri, mi parli… forse ha ragione lei, davvero non la conosco e pensavo invece di averla capita!»

«…»

«Emile? Ma mi stai ascoltando?»

Eravamo a casa mia (quanto mi piaceva quell’idea!) e stavo preparando la nostra cena lamentandomi di Sofia ma mi resi conto solo dopo aver detto tutto quello che mi passava per la testa, che il mio interlocutore non aveva detto mezza parola…

«Emile!»

«Eh? Hai detto qualcosa?» Mi affacciai in sua direzione per capire cosa stesse combinando: doveva essere impegnato in qualcosa di grosso, visto che con tutta evidenza, non aveva sentito una sola vocale di tutto ciò che avevo detto! Lo vidi a terra a gambe incrociate, con un foglio davanti e un auricolare in un orecchio: probabilmente stava scrivendo ed era così preso da non ascoltare la mia minima lagna!

«Uff, no niente, continua pure.» tornai alle mie mansioni da perfetta casalinga pensando alle risate che si sarebbe fatto Stè guardandomi: avevo un grembiulino appositamente preso per le mie serate da chef e i capelli raccolti con mille mollette per evitare di farli cadere nel piatto: ci tenevo a mostrarmi una brava cuoca e non avrei mai voluto rovinare il mio operato guarnendo uno dei miei piatti con un liscio capello nero! Testa di Paglia non avrebbe mai dovuto sapere, e soprattutto vedere, in che condizioni ero quella sera, o il “Cabaret Pasi” sarebbe continuato per altri vent’anni, solo su quell’aneddoto!

D’un tratto sentimmo squillare un cellulare, era quello di Emile: la sua suoneria era riconoscibilissima, chi altri avrebbe messo un Capriccio di Paganini nel ricevere le telefonate altrui?

Il mio Pel di Carota rispose subito, ma poi sentii solo un innaturale silenzio che mi agitò istintivamente. Smisi di armeggiare in cucina e andai verso di lui: era in piedi e serrava la mano libera in un pugno, mentre quella che manteneva il cellulare dava l’impressione di volerlo rompere in un solo colpo… Il viso era una maschera di rabbia.

«Arrivo subito.» terminò la comunicazione con quella frase lapidaria, che a stento trattenne l’ira che vedevo salirgli sempre più in viso.

«Emile, cosa dia…»

«Devo andarmene da qui!»

Si chinò a prendere il foglio su cui stava scrivendo ma gli sfuggì di mano e lo vidi trattenersi, artigliando la mano che aveva fallito la presa… Rinunciò alla lotta con quel pezzo di carta e prese il resto delle sue cose,   mentre cercai di capire cosa fosse successo:

«Emile…»

«Non ora Pasi! Non ora… devo andarmene.»

Mi guardò chiedendomi silenziosamente scusa per quella fuga improvvisa, ma vidi sul suo volto che stava per scoppiare di rabbia e probabilmente, non voleva farlo in mia presenza… Gli feci un cenno di assenso col capo e si chiuse la porta alle spalle, lasciandomi con un grande punto interrogativo sul viso.

Raccolsi il foglio su cui stava scrivendo: da un lato c’era un elenco di nomi e alcuni di essi erano stati depennati; probabilmente erano gli aspiranti batteristi che stavano sostenendo le audizioni. Dall’altro lato del foglio invece, c’erano delle scribacchiature che sembravano essere il testo di qualche canzone; avrei dovuto restituirgli quel foglio il prima possibile, così lo conservai gelosamente, pronta a ridarglielo appena avrei potuto.  

 

Emile era la seconda persona in due giorni che andava via mentre cercavo di parlare e avevo anche un mucchio di cibo pronto per essere cucinato… Dovevo assolutamente chiacchierare con qualcuno disposto a sentirmi… e a mangiare!

 

*****

 

 

«Testarossa sei da incorniciare!»

Stupida Pasi. Avevo invitato proprio l’unica persona che avevo giurato non dovesse vedermi in quelle condizioni e non mi ero presa nemmeno la briga di togliermi quel grembiule! Ero talmente in pensiero per Emile, che non mi resi conto di dover celare quell’abbigliamento.

«Stè, se dici ad anima viva ciò che hai visto oggi, ti giuro…»

«Tranquilla, sto zitto, il tuo segreto morirà con me!»  Mi fece un occhiolino e sorrise bonariamente, riuscendo come sempre a rilassarmi. «Sono curioso di vedere cosa stavi preparando per il tuo Emile! A proposito, sei sicura che non torni affatto stasera?»

«Dall’espressione che gli ho visto sul viso, credo che non tornerà nemmeno a casa sua per prossimi cent’anni!»

«Addirittura? Doveva essere davvero furioso… Quel ragazzo dovrebbe farsi una cura di camomilla, è sempre così teso!»

«Già… sembra quasi che gli sia impedito dall’alto di rilassarsi!» Ogni volta che lo vedevo più sereno e tranquillo, puntualmente capitava qualcosa che tornava ad innervosirlo… Emile doveva avere davvero un brutto Karma!  

«Spero solo che di qualsiasi cosa si tratti, sia risolvibile.» Purtroppo, temevo di sapere che la realtà dei fatti fosse ben diversa…

«Allora, che hai combinato con Sofia?»

Le parole di Testa di Paglia mi distolsero dai pensieri su Emile e mi fecero tornare al mio cruccio precedente:

«Stè sono un disastro! Sono andata da lei per parlale con sincerità, volevo chiederle scusa per non essermi mai comportata da amica e alla fine sono risultata una stupida impicciona e l’ho fatta solo arrabbiare!»

«Scusa ma, per quale motivo sei andata a fare un mea culpa che non esiste? Sofia ha mai detto qualcosa contro di te?»

«Come, non esiste? Stè quella ragazza è sempre messa all’angolo, io non mi sono mai curata di lei in quattro anni che la conosciamo, sono sempre stata presa dai miei problemi e non le ho mai chiesto nulla dei suoi… ed ora temo di essere arrivata tardi!»

«Pasi, Sofia è taciturna di carattere, non parla con anima viva né tantomeno si confida! Forse Rita e Fede riescono ad avere un qualche ascendente su di lei, ma sono l’unica eccezione, non puoi flagellarti se lei non sente di voler parlare con te.»

«No Stè, non è così… è vero che è chiusa, ma io non ho nemmeno provato a farla aprire! Non mi sono mai interessata a lei, non le ho mai chiesto se soffriva per i suoi genitori, per un’amica, per un ragazzo! Mi sento davvero un schifo!»

«Ma dai! Non farla così tragica, non mi sembra che Sofia abbia mai mostrato ostilità nei tuoi confronti, secondo me sono solo tuoi sensi di colpa, stai vedendo qualcosa di tragico che non c’è.»

«Non sono convinta Stè… Sofia mi ha chiaramente detto che non potevo recuperare quattro anni di assenza in un solo giorno, quindi l’ha sentita anche lei la mia mancanza, non è solo un mio senso di colpa… Io l’ho trascurata, come ho trascurato Simona, sempre presa dai miei problemi!»

«L’unica cosa da fare allora, se sei così convinta, è di tornare a parlarle. Per fortuna Sofia è ancora viva e puoi evitare con lei la situazione che si è creata con tua sorella.»

«Hai ragione Stè… ma perché combino solo disastri?» Testa di Paglia mi venne accanto e mi abbracciò:

«Semplice, sei una Testarossa, l’hai dimenticato forse?»

Feci un sorriso e mi beai del confortante abbraccio di Testa di Paglia, sempre in grado di donarmi un po’ di pace e tranquillità.

 

Eravamo a fine pasto a raccontarci alcuni aneddoti del passato, quando squillò il mio cellulare: era Emile.

«Pronto?»

«Dormivi? Ti disturbo?»

«Ma no che dici, quale disturbo?! È tutto a posto?»

«Non proprio… Volevo scusar…»

«Testarossa ce l’hai un liquorino?»

«Scusami un attimo… No Stè, mi mancano ancora… forse c’è una birra in frigo…»

«C’è Stefano?»

«Sì, è venuto a farmi compagnia… stavi dicendo?»

«…»

«Emile? Mi senti?»

«Sì…»

«Cosa mi stavi dicendo?» Silenzio e poi un sospiro «Volevo chiederti scusa per il modo in cui sono andato via da casa tua… tutto qui.»

«Non preoccuparti, ho capito che c’era qualcosa di grosso sotto… non mi vuoi dire cos’è accaduto?»

«No… almeno non oggi e soprattutto non ora. Devo andare, buonanotte Pasi.»

«Buonanotte…»

Appena staccai la telefonata, feci un sospiro che echeggiò quello precedente di Emile: doveva essere davvero di pessimo umore e per concludere in bellezza, si era anche incupito nel sapere della presenza di Stè… c’era un limite al peggio ormai?

No, non c’era. Ma l’avrei scoperto solo in seguito.

 

*****

 

Con tutto quel parlare di legami familiari negli ultimi giorni, mi venne naturale andare col pensiero ai miei genitori, così decisi di tornare a trovarli. Era trascorso del tempo dall’ultima volta che l’avevo fatto e per telefono non riuscivo a parlare con loro serenamente… Non che ci riuscissi molto nemmeno di persona, ma tramite cellulare sentivo maggiormente la distanza tra di noi ed era l’esatto contrario di ciò che volevo stabilire con loro.

Emile dal canto suo si stava negando da qualche giorno, dicendo di essere troppo impegnato e ormai avevo capito che c’era qualcosa sotto di cui non voleva rendermi partecipe… Ero stata così felice di sentirlo aprirsi a me e invece eravamo tornati indietro, e purtroppo iniziai ad essere sempre più certa, che dietro quell’assenza e quel mutismo ci fosse Claudio… Cos’altro stava macchinando?!  Il mio senso di colpa mai assopito tornò ad invadermi e sapendo di essere del tutto inerme in quel momento e di non poter far nulla per aiutare Emile, decisi  di concentrarmi sul desiderio di rivedere la mia famiglia. Mi sarei distratta e avrei, nelle migliori e più rosee previsioni, fatto un altro piccolo passo verso la comprensione reciproca tra me, Adele e Vittorio.

Quella volta fu proprio quest’ultimo ad accogliermi. Avrei preferito vedere mia madre, l’ultima volta c’era stato un piccolo impercettibile avvicinamento tra noi e speravo di ripartire da lì… con mio padre invece c’era ancora l’astio del nostro ultimo colloquio di mesi fa e dire che ci fosse un baratro tra noi anche prima di allora, sarebbe descrivere una piccola percentuale della distanza che ci divideva…

«A cosa dobbiamo l’onore?»

Quello fu il suo caldo benvenuto: mio padre era impeccabile come sempre, con il viso curato, senza un filo di barba, i capelli ordinati e l’aria tipica di un professore di lettere qual egli era… Avrei potuto pensare che in lui non ci fosse affatto la sofferenza che mi aveva descritto mia madre qualche tempo prima, ma ad un’occhiata più attenta notai i profondi solchi scuri che aveva sotto gli occhi e capii che le notti di mio padre non erano più così serene.

«Ciao… papà… sono venuta a trovarvi; mancavo da un po’…»

«Tua madre non c’è, è ancora a scuola, ha una riunione degli insegnanti in corso.»

«Tu però ci sei… o stai per uscire?»

«No… io non devo uscire… io non esco.»

Ricordai le parole di mia madre: “Siamo in lutto, non possiamo mostrarci impegnati in qualcosa o addirittura come una coppia felice che va in vacanza, non sarebbe corretto!” e capii a cosa si riferisse mio padre con quel “Io non esco”; sarebbe stata un conversazione difficile, come sempre.

«Posso entrare? Disturbo?»

Stavo cercando di mantenere la tranquillità il più possibile, non volevo adirarmi, dovevo avvicinarlo e con la rabbia non ci sarei mai riuscita… Sapevo che sarei durata poco, ma sperai di riuscire a restare calma e ragionevole quel tanto che bastava per avere un dialogo di qualsiasi genere con lui. Ma già il fatto che mi stesse facendo accomodare in salotto, come un estranea in visita, minò profondamente il mio autocontrollo.

«Papà non c’è bisogno che ci accomodiamo qui, non...» calma Pasi, calmati o non riuscirai nemmeno a sederti che sarai già fuori da queste pareti. «…come stai?» Dissi sedendomi, in attesa che si accomodasse di fronte a me.

«Bene Pasifae, se non vogliamo contare che ho perso una figlia e l’altra ha chiaramente fatto capire, di non voler essere considerata parte di questa famiglia...» Serrai la mascella, cercando di ingoiare le parole velenose che mi stavano salendo alla gola e ignorai la sua risposta.

«Papà, io non sono venuta qui per litigare.»

«E cosa ti fa pensare che io voglia farlo? Non accetti la verità quando te la si mostra senza veli? Non è forse vero che hai preferito andare ad elemosinare un tetto da una tua amica, piuttosto che stare qui nella casa in cui sei cresciuta, pur di non averci tra i piedi?»

«Ho una casa mia ora, ero da Rita solo provvisoriamente e non ho elemosinato proprio nulla, non sono stata un peso per lei, mi ha accolto con gioia… Cosa che voi non avete mai fatto!»

Ecco, era fatta, il mio autocontrollo aveva resistito anche troppo e si era dovuto ritirare con la coda fra le gambe, nuovamente sconfitto dalle dure parole di mio padre. 

«Quanto sei infantile Pasifae! Non esistono solo la gioia e i sorrisi per dimostrare affetto! Credi che noi non ti amiamo, per il solo fatto che non ti sorridiamo ogni volta che ci vedi? Ma in quale mondo fantastico credi di vivere? La vita non è solo gioia e abbracci, devi saper guardare anche oltre questi stupidi desideri infantili.»

«Ricevere affetto non è un capriccio infantile! Tutti abbiamo bisogno di sentirci amati, tutti abbiamo bisogno di un sorriso e di un abbraccio, papà! Chiedi a mamma come si sente, chiedile se non abbia bisogno di ricevere un tuo sorriso, un tuo abbraccio di conforto, una tua parola di sostegno! Ma l’hai vista? Quando sono venuta qui l’ultima volta, era uno scheletro! Il dolore la sta consumando e tu non le stai accanto, non l’aiuti, non condividi la sofferenza con lei! Forse non ne saprò molto della vita, ma so che una coppia deve sostenersi fino alla fine, so quanto l’amore possa far del bene e quanto possa aiutare ad essere forti! E tu stai fallendo come marito!»

Probabilmente mi ero lasciata andare un po’ troppo, dire a mio padre che fosse un fallito come marito era la cosa più azzardata e offensiva che gli avessi mai detto e ovviamente, non potevo pensare di uscirne illesa. Mio padre si alzò dal divano e mi diede un  schiaffo in pieno viso:

«Non ti permetto di venire a sentenziare in casa mia sui miei comportamenti, sono ancora tuo padre fino a prova contraria e mi devi rispetto, piccola insolente! Il rapporto tra me e tua madre non è affar tuo, soprattutto considerato che hai abbandonato la tua famiglia!»

«Io non vi ho abbandonato! Ho cercato il mio posto nel mondo, ho iniziato a vivere per conto mio per sentirmi indipendente e adulta… Non è forse questo che vuole ogni genitore dal proprio figlio? Non volete sapere che sono in grado di badare a me stessa? Che sono capace di reggermi sulle mie gambe? Preferivi che stessi ancora qui, a casa, sulle vostre spalle, a fare la studiosa, vero? Questo importa per te, solo che io prenda un titolo di studio che ti renda orgoglioso, un pezzo di carta di cui vantarti con i colleghi, ecco cosa vuoi da me! Non t’importa di sapermi felice, non t’importa un accidenti di niente di sapere come sto, di sapere di me, del vuoto che sento perché non ho più una sorella e perché non riesco ad avere i miei genitori accanto a me, non t’importa sapere che ho dovuto veder morire un’altra persona cara e ho dovuto sopportare di vedere altro dolore intorno a me che non potevo mandare via… Lo so che la vita non è solo sorrisi e abbracci, lo so benissimo! E se solo ti fossi fermato un nanosecondo ad ascoltarmi, invece che bearti del tuo orgoglio offeso, sapresti quanto io so delle sofferenze della vita e quanto un abbraccio sia davvero di conforto!»

Ormai la rabbia mi stava consumando e parlavo senza più freni, davvero non c’era speranza di avere un confronto calmo e sincero con lui… L’amarezza e la delusione tornarono ad invadermi come l’ultima volta che ci confrontammo e mi resi conto che, se con mia madre potevo minimamente sperare di avere un qualsivoglia rapporto, con mio padre era sempre più palese che potevo solo contare i chilometri di baratro che mi separavano da lui.

Mi guardò con rabbia contenuta, vedevo nei suoi occhi il desiderio di dire altro, di inveire contro di me, ma sapevo che non l’avrebbe fatto: urlare avrebbe significato farsi sentire dai vicini, destare la loro curiosità e quello non era un comportamento degno del compìto ed impeccabile Vittorio Isoardi… No, non si sarebbe mai abbassato a fare le piazzate pubbliche tipiche di quella sua vergognosa figlia.

«Non abbiamo più niente da dirci Pasifae, se vuoi attendere tua madre fai pure, io vado nel mio studio.» Mi volse le spalle e sparì in quella che era diventata la sua personale torre, entro cui rifugiarsi per isolarsi dal mondo: come faceva mia madre a vivere in quella casa, con quell’atmosfera glaciale?

Mi sentii tremendamente a disagio e terribilmente sola in quel salotto freddo e vuoto; ripromettendomi di chiamare la prossima volta, per sapere quando mia madre fosse in casa, presi la direzione della porta e uscii da quell’abitazione così fredda e triste.



















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NDA

Bentrovate a tutte mie care, come va? Chiedo perdono per il ritardo con cui ho aggiornato, ma in questo periodo mi muovo al rallentatore e il mio cervelletto sfatto aveva dimenticato di mandare il file alla mia Beta, per cui, chiedo venia! C'è anche da aggiungere che dovendo ancora terminare di scrivere il capitolo 25, mi è salita una certa ansia all'idea che la pubblicazione dei capitoli abbia ormai raggiunto i mei bradiposi tempi di scrittura!
Per fortuna dovrei riuscire a completarlo a breve, per cui non mi resta che concentrarmi sull'ultimo capitolo...
Insomma spero di non farvi attendere troppo proprio sul finale, pregate la Musa con me! *me fa gli occhi dolci*
Per quanto riguarda questo capitolo, non ho particolari considerazioni di sorta, a parte il fatto che la gente intorno a Pasi sembra aver deciso di non voler parlare tranquillamente con lei... o è Pasina che non sa quando smettere di cercare una comunicazione con chi non vuol farlo?
Lascio le considerazioni a voi ^ ^


Angolo dei Ringraziamenti
Sono trascorsi tre mesi da quando ho deciso di pubblicare questa storia e da quel giorno l'entusiasmo che avete avuto verso i capitoli che ho pubblicato è sempre stato grande, senza il minimo sbalzo. Non posso quindi che continuare a dirvi quanto siate state preziose voi sorelle che mi avete appoggiato sin dall'inizio:
Iloveworld/Fiorella Runco, Saretta, Niky, Vale, Concy, Cicci, Ana-chan, Ely, e voi che vi siete aggiunte in seguito: ThePoisonofPrimula, Dreamer_on_heart.

Altrettanto preziose siete voi che avete aggiunto la mia storia tra le preferite, le ricordate e le seguite:

kiki0882, lorenzabu
, samyolivieri, Tattii, Thebeautifulpeople, Aly_Swag, ArchiviandoSogni_, green apple,
Ami_chan, cara_meLLo, cris325, Drama_Queen, nickmuffin, Origin753, petusina, roxi, sel4ever, Veronica91, _Grumpy, _Calypso_

Senza di voi, probabilmente questa storia non avrebbe visto la luce, o non sarebbe andata avanti.

ARIGATOU GOZAIMASU a tutte voi! <3

   
 
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