Silenzio.
Non si muoveva uno spettro nella fortezza e ciò lo inquietava solamente. Ma c’era abituato. Ogni notte tutto taceva nel castello, sebbene la situazione attorno fosse drastica e pericolosa. Il re, però, con attenzione maniacale, riservava ben dieci ore al sonno, esigendo lo stesso da quelli attorno a lui. Così, anche quella notte, la passava in silenzio, recidendo anche il legame con Castigo.
Specialmente quella notte, aveva bisogno di rimanere da solo.
Doveva riflettere, doveva pensare.            
Aprì piano gli occhi per osservare la sua stanza spoglia e triste. Assomigliava molto alla stanza in cui stava anni – che gli sembravano secoli, ormai – prima. Era piena d’armi, drappi neri e una scrivania consunta. Forse Galbatorix l’aveva messa lì per uno scopo sadico. A chi mai avrebbe dovuto scrivere? Non aveva amici. Non aveva una famiglia. Non aveva nessuno.
Ma una nuova presenza era entrata a forza. Non Castigo, no. Castigo era una benedizione e una maledizione allo stesso tempo. Un’altra, più leggera e fragile, tentava di illuderlo. Non ci sarebbe cascato, però. Non sarebbe caduto nella trappola. Eppure, non riusciva a sopportare la sua vista ogni volta che andava a trovarla. Le nuove ferite le laceravano il corpo, uccidendola pian piano.
Nasuada.
In quei giorni avrebbe preferito non vederla affatto, non entrare più nella cella a torturarla. Preferiva uccidere l’intero esercito dei Varden, ma non lei.
 
Lei no.
 
Da qualche giorno, dentro di lui, stava nascendo qualche cosa di strano, malsano. Un sentimento che non sapeva nemmeno definire. Aveva addirittura paura di concepirlo e renderlo concreto, nel definirlo. Cos’era? Affetto? No. Non aveva mai provato reale affetto per qualcuno se non per Selena, anni prima che ormai aveva rimosso dalla sua mente, ma per il resto, tutto il mondo gli era nemico. Tutto il mondo gli era estraneo. Tutto il mondo lo odiava.
 
Lei no.
 
Allora era quella cosa che gli uomini chiamavano amore? Ma cos’era l’amore? Lui non lo sapeva. Non voleva saperlo. Perché l’amore per Nasuada non l’avrebbero portato da nessuna parte. Presto sarebbe morta o sarebbe stata sottomessa e avrebbe sofferto inutilmente. Se Galbatorix avesse scoperto quel piccolo sentimento insignificante, l’avrebbe estirpato come una pianta selvaggia e pericolosa. Perché il suo unico guerriero non si poteva permettere distrazioni fugaci e insulse come l’amore. Oppure, nella peggiore delle ipotesi, avrebbe usato quella debolezza contro di lui. Doveva uccidere. Uccidere e seguire la sua strada. Ammazzare qualsiasi creatura insignificante gli si parasse contro. Elfi, cavalieri, uomini, nani, Uragli. Ma…
 
Lei no.
 
Si. Provava qualcosa per Nasuada. Qualcosa che andava oltre la sua comprensione ma anche qualcosa di effimero che doveva tenere nascosto da ogni pericolo. Nascosto. Protetto. Al sicuro. Doveva tenere lei al sicuro.
Così decise.
Decise che l’avrebbe aiutata, che l’avrebbe salvata, che l’avrebbe fatta scappare a tutti i costi.
Perché tutto il mondo gli era contro, perché si sarebbe logorato ad uccidere, perchè non poteva perderla. Perché l’amava.
 
Perché lui era sbagliato.
 
Ma lei no.


N.d.A. Salve! Cosa ne pensate? Ho voluto dare un po' di spazio ai pensieri di Murtagh durante la prigionia di Nasuada ed ecco cosa è venuto fuori... vi chiedo un piccolo favore... la potete recensire? Sarei contenta di sapere cosa ne pensate! Alla prossima! Se volete seguire qualcosa di più lungo, vi propongo la mia fanfiction:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=869779&i=1
A presto!
_Luna_