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Autore: MonicaLaBuona    16/12/2011    2 recensioni
Riuscite a sentire la gente cantare? Cantano la canzone della rabbia, con le mani portano il tempo: un battito simile a quello dell’arteria della bella e terribile Parigi che, come una donna in collera, s’inonda improvvisamente di rosso. Luce del nuovo giorno o sangue di chi non riesce più a vederlo?
Terza classificata al contest Paris mon amour indetto da Primavere rouge.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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Autore: Eliezer
Titolo: “Nella suola delle scarpe”
Genere: Introspettivo
Avvertimenti: One-shot
Sezione scelta: Storico
Nota: Sono ancora indecisa sulla sezione, non sono sicura che sia quella giusta. In ogni caso il protagonista della storia è un alter ego di Jean Valjean, protagonista del romanzo di Hugo “Les Miserables”. Il testo in francese (con traduzione – fonte: Wikipedia) è preso dall’iscrizione tracciata a matita sulla tomba del protagonista – come ci informa Hugo nell’ultimo capitolo del romanzo.



”Nella suola delle scarpe”


« Il dort. Quoique le sort fût pour lui bien étrange,
Il vivait. Il mourut quand il n'eut plus son ange;
La chose simplement d'elle-même arriva,
Comme la nuit se fait lorsque le jour s'en va. »

 

« Riposa: benché la sorte fosse per lui ben strana,
pure vivea: ma privo dell'angel suo morì:
La cosa avvenne da sé naturalmente
come si fa la notte quando il giorno dilegua 
»






E’ ancora buio, ma Parigi è già sveglia. Il sole, prima di mostrarsi e irrompere nelle case e sulle piazze, tentenna. E’ un mattino freddo, quello che sta per sorgere sulla nuova, bella e terribile Parigi. Solo un uomo ha il coraggio di irrompere nella scena, disturbando la quiete non ancora albeggiante della città. Solo un uomo ha la forza di passeggiare per le strade ancora scure della capitale francese, gettandosi tutto il resto alle spalle. Dolore, ingiustizia, bellezza e misericordia, persino. Quella misericordia che il mondo non gli aveva concesso. Solo un uomo ha la voce capace di zittire tutte le altre, urla o sussurri che siano. Una voce per riuscire a definire inutili anche le parole. Un uomo solo ha lo sguardo che riesce ad indugiare sulla parte peggiore di quel mondo: quella che tutti si rifiutano di vedere. Un solo uomo ha le mani che no, non serviranno a coprire i suoi stessi occhi, ma quelli di chi ha davvero il diritto di non stare a guardare. Le mani di chi è pronto a proteggere, pur non essendo mai stato protetto. Un solo uomo ha la ragione, in quelle vie di Parigi che, intanto, stanno iniziando ad accogliere un nuovo giorno. La ragione, che troppo spesso viene soffocata. Solo quell’uomo ha persino i passi, quelli troppo numerosi da contare, che nel pallido chiarore estivo sono il battito del cuore di Parigi.
Tac, tac, tac.

Un passo dopo l’altro, tiene in vita la città. La stessa che, un tempo, è stata sfondo di guerre e tormenti, vittorie e sconfitte, sangue, lamenti, sogni, parole non dette e cuori spezzati. Capitale della giustizia, Parigi ha un cuore pulsante grazie al passo lento e regolare di quell’uomo che, da solo, teneva in vita una città intera. Poteva sentirla pulsare, tenuta viva proprio dai dolori e dalle guerre passate; dai respiri spezzati degli uomini vissuti e da quelli di chi si rifugia in casa, dalla tormentata quiete di un sole che non ha il coraggio di sorgere. Non vuole sorgere perché anch’esso triste spettatore di eventi passati, battaglie notturne sfociate in grida di morte e paura. Parigi perde un battito, quando l’uomo si ferma ad osservare le prime luci dell’alba. Luci timide e opache: lo sguardo di un sole troppo dolorante per splendere di gioia. Parigi sembra sospirare, debitrice di quell’uomo che, coi suoi passi, continua a tenerla viva e gelosamente custodita nella suola delle scarpe. Eppure quell’uomo commina solo, privo di luce, più coraggioso del sole e più forte di un titano, si libera dalle catene del presente, per legarsi ad una Parigi passata ma sempre viva, grazie al suo passo. Ricomincia, questa volta un po’ incerto. Sembra danzare sulle note di una musica sconosciuta: forse anch’essa passata, e il cuore di Parigi riprende a pulsare più forte di prima, mosso da un’emozione già conosciuta e mai dimenticata. Riuscite a sentire la gente cantare? Cantano la canzone della rabbia, con le mani portano il tempo: un battito simile a quello dell’arteria della bella e terribile Parigi che, come una donna in collera, s’inonda improvvisamente di rosso. Luce del nuovo giorno o sangue di chi non riesce più a vederlo? Nonostante il suo fisico imponente, l’uomo è costretto a chiudere gli occhi, colpito dalle pallottole invisibili della luce. Un atto umano, quello di piegarsi al volere della natura; come si fa la notte, quando il giorno dilegua.

   
 
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