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Autore: Unknown Amos    17/12/2011    6 recensioni
Sì, avete sentito bene: durante "Space Dementia" al Reading 2011 Matt ha sostituito "It/He" con un banalissimo "She".
Mi sono armata di rimpianti ed ho scritto questo amaro dialogo fra un Dominic infuriato dal presente ed un Matt così ancorato al passato da fuggirgli via in ogni modo possibile, persino cambiando il testo della "loro" canzone.
"Dimmi una sola volta in cui ci saremmo lasciati andare per il glorioso viale dei ricordi! Ecco, finiamola di parlare così: i "bei tempi" non devono per forza essere "andati". L'epoca d'oro ce la dobbiamo costruire noi, non è un'isola spazio-temporale a cui si approda una sola volta nella vita per poi lasciarla andare. Scordati Platone e le sue boiate: non c'è più stata alcuna Atlantide perché nessuno l'ha più voluta rifare veramente. Noi possiamo opporci a questa mentalità, possiamo fare meglio e di più; e fidati, non lo stiamo facendo. Scappare dalle note che più ci piacciono, scappare dai nostri sentimenti non è di aiuto!”
Genere: Malinconico, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Space Dementia.

 

H8,

It's the one for me,

It/He gives me all I need

and help me co-exist with the chill

 

“Dimmi perché! dammi un solo, stra maledetto, motivo.”

La sua voce lo colpì con la violenza e la cattiveria di una frustata. Matt si voltò, sentiva una strana sensazione di tristezza risalire fino a soffocargli il respiro mentre guardava uno dei suoi due migliori amici scrutarlo con una rabbia e un dolore che non gli appartenevano.

Lo supplicò mentalmente di lasciarlo perdere, di andarsene dalla sua camera d'albergo e di farlo navigare nei suoi problemi e rimpianti con la sola compagnia di una bottiglia di champagne.

Perché cosa, Dommeh?”

Che domanda stupida.

“Non fare l'idiota che non sei e spiegami per quale ragione prima, sul palco, hai cambiato il testo di quella canzone.”

“Non me lo ricordavo.”

“Oh!” Sbottò il batterista mentre in uno sbuffo di rabbia abbatté un pugno contro lo stipite della porta. “Non mi prendere per il culo. Come potresti esserti scordato quella sola parola, quel misero onnipotente pronome che faceva di Space Dementia la nostra canzone?”

“I-io...”

Per una volta Matthew Bellamy rimase senza parole; nessun caotico ed inconcludente discorso, nessuna battuta. Solo silenzio, muto e colpevole.

You make me sick,

because I adore you so

I love all the dirty tricks

and twisted game you play on me.

 

“Tu sei uno stupido imbecille ed io forse lo sono perfino più di te.”

“Non siamo stupidi...”

“E invece sì, lo siamo .” Le pupille di Dominic si dilatarono presi da buia malinconia e rabbia. “Possibile che non te ne renda conto? Sono passati dieci anni, dieci fottutissimi anni! E siamo ancora qui senza aver concluso nulla!”

“Cinque album, due raccolte live, non so quanti milioni di sterline di fatturato non sono propriamente nulla.”

Matt provo a fare dell'umorismo a sproposito, si gettò sull'ironia nell'ultima speranza che il compagno capisse quanto non avesse la minima voglia di intraprendere quella lancinante discussione che alla fine lo avrebbe fatto sentire una non più giovane rock-star, gonfia di birra e vigliaccheria.

“Sei un vecchio, grasso e codardo.”

Space Dementia in your eyes and

Peace will arise

And tear us apart

And make us meaningless again

 

“Grazie Dom, riesci sempre a capire quello che mi passa per la testa. Nel bene e nel male.”

Dominic avrebbe voluto urlare, piangere, sbattere l'amico alla parete e riempirlo di botte almeno fin quando non fosse riuscito a farlo soffrire almeno un quindicesimo di quanto pativa lui. Queste le sue intenzioni che si nascosero dietro due passi agitati mossi fino al letto.

“Ti sbagli. Se davvero fosse così in questo momento non starei qui, in questa bettola di Leeds, a domandarmi per quale cazzo di ragione hai dovuto distruggere anche l'ultima reliquia di ciò che c'è stato fra noi.”

Il suo sforzato controllo si contrapponeva, crudele, all'irrequieto romanticismo di Matt nell'eterno conflitto fra ragione e sentimento; fra il lasciarsi andare a ciò che si sente nel profondo e quello che invece si fa solo perché la quotidianità ci ha insegnato che è buono e giusto.

In poche parole la nostra storia.” Commentò, Dominic fra sé.

 

You'll make us wanna die,

I'd cut your name in my heart

We'll destroy this world for you

I know you want me to

Feel your pain

 

“Ma cosa c'è stato? Cosa Dom?” Gridò in risposta il chitarrista mentre gli occhi blu gli si gonfiavano di lacrime “Perché celebriamo i dieci anni di Origin of Symmetry con un simile mega-concerto che è alimentato più dalla nostalgia che dai watt? Perché siamo sempre stati spaventati dalla monotonia, dalla ripetizione – che sia di note o di comportamenti o di emozioni poco cambia – e adesso ci ritroviamo qui a ripetere una scaletta con brani che non suonavamo da non so quanti secoli? Perché non riesco a comprendere se abbiamo suonato per due ore abbondanti in una specie di nostro funerale o di una nostra resurrezione dalle ceneri?”

Riprese fiato, il petto che si alzava e di abbassava velocemente e l'ossigeno gelido - troppo per una nottata d'agosto- che gli incendiava le narici e la gola.

Era disperato, erano due disperati.

 

Space Dementia in your eyes

Venus will arise

And tear us apart

And make us meaningless, again...

 

“Vuoi sapere per quale schifosa ragione ho detto: “lei mi da tutto ciò di cui ho bisogno” invece di quell'ambiguo “questo” che biascicato sotto le vibrazioni di un pianoforte pareva un: “lui mi da tutto ciò di cui ho bisogno”? Non lo so, cazzo non lo so! Mi sento in colpa! Nei confronti di Kate, di mio figlio, nei tuoi confronti! “

Le parole bruciavano, mangiavano dolorosamente le corde dei loro rispettivi sentimenti. E se Matt urlava, la statua di sale dalle appuntite somiglianze di Dom giaceva paralizzata sul ciglio del letto.

“ Io ti...ti amo Dominic, e lo farò finché ne sarò capace però alla mia maniera. Maniera che non comprende più il saltarti addosso dopo un concerto nella timida imitazione di un bacio o nel prenderti a morsi la pancia. Io ti amo in un modo assurdo che immagino non esista sulla faccia dell'universo; nemmeno mi ricordo cosa io facessi prima di conoscerti... e nemmeno riesco ad immaginare un'esistenza priva di te, ma devi prendere atto che siamo cambiati. Il nostro è un sentimento che ci inchioda al nostro universo in continua restrizione. È qualcosa di alienato dalla realtà! E finché eravamo ragazzini poteva funzionare. Sì, poteva funzionare quella leziosa ambiguità da adolescenti indecisi... ma ora? Chi siamo? Chi siamo stati?”

 

Era come se quel caos di note, quell'improvvisazione ostentata, quel delirio musicale dell'ultimo minuto di Space Dementia si fosse liberato nell'aria come una bomba atomica il cui fungo era intriso di parole che dovevano essere decodificate.

Volavano pianoforti, chitarre, stracci.

 

“Vorrei tanto saperlo anch'io...” Soffiò Dominic alzandosi di scatto e avviandosi alla porta. Il sentirsi sbattere in faccia quel “ti amo” non lo aveva placato, esigeva di più.

Voleva che Matt riprendesse il controllo di quel lato di sé, quello spontaneo e più folle, che aveva accantonato, confondendo i difetti con le qualità e la maturazione con il regresso.

Quell'universo – come Matt aveva chiamato l'idiosincrasia1 fra lui e Dom – poteva restringersi fino quasi a sparire oppure poteva esplodere per diventare qualcosa di più meraviglioso.

Arriva sempre il malefico momento in cui bisogna scegliere cosa tranciare – se il filo rosso o il filo blu– per non finire in mille pezzi, colpiti dalle schegge impazzite di una bomba che si è provata a disinnescare troppo tardi.

Ed il loro tempo era quello.

“Vorrei anche,di nuovo, rivivere qualcosa come nel tour di Origin of Symmetry o come il periodo di Showbiz ...anche meglio, se possibile.”

Matt lo raggiunse, lo afferrò per un braccio impedendogli di uscire.

“No, Dom non si può. Dobbiamo smetterla di pensarla in questo modo. Dimentichiamoci il passato e smettiamo di ricercare un'Atlantide che – sì – c'è stata, ma che ora giace sprofondata da qualche parte nell'Oceano. Non possiamo vivere lasciandoci andare al ricordo dei bei tempi andati” Sospirò mentre si lasciava trafiggere dallo sguardo duro e deluso del compagno.

Dom si ritrasse confuso ed esasperato. Per una volta in vita sua, saggio.

“Quando mai lo avremmo fatto? Dimmi una sola volta in cui ci saremmo lasciati andare per il glorioso viale dei ricordi! Ecco, finiamola di parlare così: i bei tempi non devono per forza essere andati. L'epoca d'oro ce la dobbiamo costruire noi, non è un'isola spazio-temporale a cui si approda una sola volta nella vita per poi lasciarla andare. Scordati Platone e le sue boiate: non c'è più stata alcuna Atlantide perché nessuno l'ha più voluta rifare veramente. Noi possiamo opporci a questa mentalità, possiamo fare meglio e di più; e fidati, non lo stiamo facendo. Scappare dalle note che più ci piacciono, scappare dai nostri sentimenti non è di aiuto!”

“Allora spiegami come!”

Ed eccola la singhiozzata, aspettata, richiesta d'aiuto. Ed ecco quel Matthew insicuro, spaesato. Quello che si innervosisce sul palco ed è capace di distruggere duecento chitarre in una sola tournée.

“Come?! Come?! Per esempio ricordandoti di come stavamo bene insieme noi due, prima di Gaia, prima di Kate! Prima di qualsiasi altra puttana ci siamo passati! Riesuma le cose migliori di ciò che abbiamo passato ed uniscile alle fasi più belle del presente!”

Detta così, con la mascella serrata e i capelli biondi che parevano lamelle di fuoco per quanto erano spettinati, sembrava facile. E forse lo era veramente.

“E che ci sarebbe di positivo in questo presente in cui non ci riconosciamo più?”

“C'è Bingham, razza di idiota che non sei altro. Bing, tuo figlio. Fallo diventare il tuo punto di partenza, il nostro reinizio. E ti giuro su qualsiasi cosa, che Origin sarà una merda in confronto al futuro che ci aspetta.”

La risata argentina della libertà che aleggiava nella mente di Dominic mentre usciva, teatrale, in trionfo, fu forse il suono più dolce che avesse mai sentito.

 

Matthew rimase impalato davanti alla porta. Non osava muoversi di due centimetri per il timore che bastasse un respiro di troppo a fargli scordare quanto appena detto da Dom o anche solo un altro battito di ciglia e non avrebbe saputo più da che parte cominciare per ristabilire le sue priorità di vita.

Si accovacciò contro l'angoletto fra il muro e l'uscita, la finestra ancora aperta.

Come un respiro del Dio in cui – ora – non era poi così certo di non credere, uno spiraglio di vento gli lanciò un foglio bianco trascinandolo giù dalla scrivania.

In un attimo si ritrovò a comporre, sdraiato sulla moquette di un desolante hotel di Leeds; le lettere e le note si mescolavano in intricate tele di Manson lancinanti ed assoli al pianoforte che sembravano urlare al mondo il suo complicato amore per Dominic, per Bingham, per l'esistenza in generale.

Il solito testo talmente trascendentale da poter essere tranquillamente riferibile da Dio ad un amante passando per una qualche malsana sostanza assuefante.

 

Di sicuro quella notte Matt non seppe se le luci del Reading si fossero attivate grazie alla corrente elettrica o alla nostalgia di un'indefinita schiera di fan; non seppe perché temesse la tranquillità della ripetizione; continuò a non conoscere la definizione da dizionario della sua relazione con Dom, ma era sicuro – certo come mai in vita sua – che quella notte, la solenne, gloriosa, nottata del Ventotto agosto del Duemilaundici, si stava celebrando la sua rinascita.

 

* *

Pink Ego Box.

 

Non so se capita anche a voi, ma esistono giorni in cui con i Muse ci litigo.

E mi fanno davvero incavolare di brutto.

E questo è quello che la mia mente malata ha prodotto quando ha realizzato che al Reading di quest'anno il nostro adorato Matt ,giunto ad uno dei miei capolavori preferiti (Space Dementia, appunto), anziché mugolare quell'ambiguo “It gives me all I need”, che miagolato in molti live assomiglia – o lo è davvero?– ad un mistico “He gives me all I need”

ha pronunciato un inopportuno “She”. Poi il regista ha immediatamente – e sadicamente – inquadrato su uno spaesato/deluso/sconcertato Dommeh.

Lo so, magari sono io che sono scema.

Magari è il virus del BellDom che mi ha tarlato il cervello ma – secondo i l mio insignificante parere – SD (Space Dementia) è la loro canzone. Ha un testo oscenamente ambiguo, lascivamente criptico...un'isteria di soggetti inespressi.

E così quando, il 28 di Agosto, our Maffoo ha distrutto questo mistico velo di equivocità nel modo sopracitato io, indignata, ho immaginato tutto ciò.

 

È una FF amarognola che però spero vi infondi ci infondi un po' di speranza per il nuovo album.

Ribadisco: non sono quel tipo di fan – o presunto tale – scassavalvole che rimpiange “i vecchi Muse” è solo che a volte sì, mi comporto un po' come quella categoria di gente.

Poi va be' mi passa; solitamente prego Dio che ispiri Matt per il meglio e volo ad ascoltarmi Exogenesis.

Comunque sono certa che la loro sesta creatura sarà un arci-capolavoro.

Ringrazio esplicitamente (ed a sua insaputa :D) la scrittrice Deathnotegintama che con la sua “Trovami un modo semplice per uscirne” mi ha evocato simili riflessioni/deliri/assurdità.

1Idiosincrasia deriva dal greco idyosincrasia= particolare temperamento, composto di idios =particolare e syncrasis= mescolanza ( di sentimenti). Molto spesso viene usata come sinonimo di “antipatia” ma nel mio contesto ho inteso come: “stranezza” / “stravaganza”o “caratteristica peculiare.”

   
 
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