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Autore: Inuyasha89    18/12/2011    3 recensioni
Tratto dal capitolo 1: Allo scadere del terzo anno dalla grande disgrazia una nuova minaccia si abbatterà sugli eroi. Il futuro incontrerà il passato e tenterà di sottometterlo. Solo la prima guerriera del bene e colei che dà e toglie la vita con un cenno rimarranno a difendere il passato. Nuovi alleati si uniranno a vecchi nemici convertiti. L’ultima battaglia deciderà le sorti del mondo intero.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti!
Sono tornata come promesso con il primo capitolo della nuova storia. Temo che per leggerla sia necessario leggere Le ali della regina.
Spero che vi piaccia come vi è piaciuta l’altra. Leggete numerosi e se avete voglia recensite che mi fa sempre piacere!
 
 
 
SESSHOMARU POV
 
Erano già passati tre anni eppure mi sembrava ieri che stringevo Helena tra le mie braccia, le confessavo il mio amore e la rendevo la mia compagna.
Avevamo passato insieme solo pochi miseri giorni prima della battaglia finale con Naraku.
Mio fratello e la miko che aveva scelto come futura compagna avevano distrutto quella feccia e si erano liberati della Shikon no Tama. Ma la scomparsa della Sfera aveva portato anche alla sparizione della sua custode. In quei brevi istanti presi l’unica decisione possibile.
Helena era la protettrice di Kagome, che possedeva un potere troppo grande per passare inosservato. La lasciai andare.
Le giurai che l’avrei aspettata, anche fino alla fine dei tempi se fosse stato necessario, e sono ancora convinto di quel giuramento.
L’avrei aspettata perché, senza di lei, la mia vita non aveva più uno scopo.
Con il rituale di unione youkai avevamo fuso insieme le nostre anime, ma ora quel collegamento era inerte, come se metà del mio essere non esistesse.
Sapevo per certo che non si poteva resistere in eterno a quel vuoto. Piano piano esso portava il superstite della coppia alla morte, per ricongiungersi all’anima gemella in un’altra vita.
Quel processo era già iniziato, lo sentivo chiaramente. Ma Helena non era morta! Mi rifiutavo di crederlo! Non avrei permesso alla follia prima e alla morte poi di sconfiggermi. Ogni giorno la battaglia interna era sempre più dura, ma io ero forte e alla fine avrei prevalso!
Non solo per Helena, ma anche per…
“Otou-san guarda! Ho imparato a creare un piccolo vortice!”
Già, la scomparsa di Helena non mi aveva lasciato completamente solo. C’era ancora lei, il mio piccolo sole personale, la dolce Rin.
Nei precedenti tre anni mi ero preso cura di lei insegnandole ad usare i nuovi poteri che le erano derivati dalla procedura di adozione.
Non aveva molto potere e quello che aveva era un misto tra il mio e quello di Helena.
Non mi importava quanto ne avesse, ero contento che potesse proteggersi ma ci sarei stato sempre e comunque per lei.
Un rumore di foglie smosse alla mia destra mi distrasse dai miei pensieri. Non portai nemmeno mano alla spada anche perché, circa dieci secondi dopo, due macchie colorate, rosa e giallo, si precipitarono verso Rin urlando come due pazze.
“Gomen Sesshomaru-san! Se avessi saputo che eri qui a riposare avrei detto alle bambine di fare più piano.”
“Non importa Sango. Non stavo riposando. Pensavo.”
Vidi la sterminatrice guardarmi pensierosa e temetti, per un attimo, che mi costringesse a parlare. Ma avevo dimenticato che era cresciuta, e viveva tutt’ora, in un ambiente di uomini e quindi si limitò a sedersi accanto a me in piacevole silenzio.
Silenzio interrotto soltanto dai gorgoglii del suo ultimo nato, un maschio che aveva chiamato Riko.
Il monaco era stato molto soddisfatto dall’avere un erede, ma potevo facilmente osservare come le figlie fossero la luce dei suoi occhi.
Mi ritrovai a guardare Sango con attenzione: il rituale di tre anni prima, con cui lei e Miroku avevano ottenuto la nostra forza e la nostra longevità, le aveva permesso di recuperare più in fretta dopo il parto, ma i suoi occhi erano perennemente velati di tristezza.
Anche a lei l’assenza di Helena e di Kagome pesava in modo insopportabile. Prima della tragedia avevano stretto un patto di sangue che le aveva rese come sorelle.
La perdita, per la seconda volta, della famiglia si era rivelato molto più duro da sopportare. Era vero che il fratello Kohaku era vivo, ma aveva deciso di diventare un allievo di Totosai, e successivamente uno sterminatore itinerante, per riparare ai torti commessi sotto Naraku.
Mentre mi intrattenevo nuovamente in tristi pensieri, la mia attenzione venne catturata, per la seconda volta, da un suono particolare.
Subito dopo io e Sango vedemmo sfrecciarci davanti agli occhi uno spaventatissimo kistune che cercava di scappare da un altrettanto arrabbiato mezzodemone.
Al mio fianco sentii Sango ridere e poi la vidi scuotere la testa.
“Credo che Shippo non imparerà mai che non è una buona idea stuzzicare Yasha!”
Mio malgrado trovai la scena che avevo davanti molto divertente e cominciai a ridere.
Il suono, a cui nessuno era abituato, provocò il brusco stop dei due litiganti. Prima che Inuyasha potesse riprendersi Shippo pensò bene di tagliare la corda.
Dopo qualche minuto mio fratello decise di far ripartire quel poco di cervello che aveva, chiuse la bocca e si incamminò verso di noi.
Quando ci ebbe raggiunto si decise a dare di nuovo fiato alle trombe:
“Onii-san…tu hai riso???!!”
Onii-san? Da quando gli avevo permesso di chiamarmi fratellone? Eppure dovevo ammettere che il suono non mi dispiaceva. Nel frattempo potevo osservare che Yasha stava letteralmente sudando freddo. Lo lasciai panicare anche qualche minuto e poi decisi di rispondergli:
“Non sono una creatura inferiore, so come ridere Onii-chan!”
Detto questo mi alzai e cominciai ad andarmene, non prima di aver apprezzato la faccia basita di Yasha.
Sì, Helena mi aveva decisamente cambiato. Sapevo quello che mio fratello stava passando perché anche io ero nella sua stessa situazione.
Quando avevo lanciato Helena verso Kagome lo avevo fatto anche per Yasha. Ancora non sapevo perché, ma volevo che la donna di mio fratello fosse protetta.
Perso nei miei pensieri non mi resi conto della presenza di stranieri nella zona.
In un attimo venni colpito e atterrato da un gas con una puzza insopportabile.
Prima di essere completamente sopraffatto riuscii a lanciare un ululato di avvertimento per Yasha, sperando che riuscisse a mettere tutti in salvo.
Dopo più nulla.
 
HELENA POV
 
“Kagome!!! Possibile che i tuoi libri debbano essere sempre sulla mia scrivania? Diamine abbiamo una casa enorme e tu riesci sempre ad occupare i miei spazi!”
“Scusa! Non è colpa mia se i tomi dei miei corsi universitari sono più voluminosi dei tuoi! Da me ormai non ci sta più nulla! Se hai un po’ di pazienza vengo a liberarti la camera tra poco. Tanto devo metterli in valigia.”
Sospirai pesantemente. Dopo tre anni passati con Kagome sapevo che prima che venisse a liberarmi la scrivania sarebbero passate almeno un paio di ore e quindi mi dedicai a finire la mia valigia.
Come tutti gli anni a luglio stavamo tornando in Giappone dall’America, per un mese di meritato riposo dai nostri studi universitari.
Già studiavamo in America, all’Università di Harvard per essere precisi.
Kagome si stava laureando in storia delle religioni con una specializzazione per il Giappone feudale, mentre io lavoravo parallelamente alla mia laurea in Diplomazia e Governo e in Storia della Guerra e Strategia, ovviamente sempre con una specializzazione per il Giappone feudale.
Né io né lei avevamo mai perso la speranza di poter, un giorno, tornare indietro e riunirci con la nostra vita, che ci aspettava dall’altra parte del pozzo.
O meglio, speravamo entrambe che ci aspettassero. Il mio marchio aveva continuato a funzionare per qualche mese dopo la chiusura del pozzo, ma poi si era via via spento. Ora il collegamento era freddo e senza vita, ma non potevo pensare che Sesshomaru fosse davvero morto. Continuavo a stringermi alla speranza che mi stesse aspettando nel suo palazzo.
Ricordo ancora come se fosse ieri il nostro ultimo giorno nell’Epoca Sen Goku.
 
FLASHBACK
Sentii Sesshomaru prendermi per un braccio e baciarmi con una passione che mai aveva usato prima. In quel bacio lo sentii dirmi che mi avrebbe aspettato anche 500 anni se fosse stato necessario, ma alla fine saremmo stati insieme. Mi disse di prendermi cura di Kagome che ad Inuyasha ci avrebbe pensato lui. Mi disse che avrebbe protetto Rin e gli altri. Mi disse che mi amava. Lo guardai e gli dissi solo una cosa “Ti amo Sesshomaru ora e sempre! E ti aspetterò…tutta la vita se necessario!”
Con quell’addio mi scaraventò verso il pozzo. Con molta fatica riuscii ad afferrare Kagome e la tirai verso di me. Automaticamente le mia ali si chiusero sopra di noi per proteggerci da qualsiasi cosa ci fosse arrivata addosso. Per maggiore precauzione le avvolsi la coda intorno alla vita. Eravamo in questo disastro insieme e non avrei permesso nemmeno al Destino di separarci questa volta.
Fummo trasportate per un tempo quasi infinito fino a che non sentii più nulla al di fuori del bozzolo creato dalle mie ali.
Con cautela le aprii e controllai dove fossimo finite. Mano a mano che i dettagli diventavano sempre più chiari per i miei occhi il peso sul mio cuore aumentava.
Eravamo nel futuro. Precisamente sotto l’Albero Sacro davanti al tempio dove viveva Kagome.
Un urlo disumano mi risvegliò dal mio torpore. Velocemente mi portai all’interno dell’hokora da dove proveniva l’urlo lanciato da Kagome. La trovai accasciata sul fondo del pozzo, in lacrime e chiaramente sotto shock.
Il pozzo era chiuso e con esso la nostra unica possibilità di ricongiungerci alla nostra vita nel passato.
I giorni successivi passarono in un lampo confuso e colorato.
Avevamo detto addio a questa vita e ora, scherzo del destino, dovevamo viverla per sempre.
Kagome venne ricoverata in ospedale e rimase dentro per quasi un mese. Quando uscì, feci fatica a riconoscerla. La ragazza solare e allegra se ne era andata, lasciando il posto a un fantasma. I suoi occhi erano spenti, come se a vita l’avesse abbandonata. Non era mai stata così simile a Kikyo come in quel momento.
Quando la vidi in quello stato presi una decisione. Dovevamo andarcene, il più lontano possibile dal pozzo, lontano dall’unico possibile collegamento.
Ne parlai con sua madre che accettò di farle fare un esame di fine superiori anticipato.
Nel frattempo mi ero informata sulle migliori università mondiali, il più lontano possibile dal Giappone e Harvard sembrava la migliore.
Sottoposi il test a una Kagome ancora sotto shock e, miracolosamente, lo passò. Trovai un appartamento da condividere e nel giro di un mese ci eravamo trasferite.
Sapevo che la madre non era particolarmente contenta di questa situazione ma con Kagome in quelle condizioni il suo potere stava cominciando a uscire senza controllo e la situazione sarebbe diventata critica a breve se non riuscivo a riportarla in uno stato cosciente.
Ci vollero quasi tre mesi prima che Kagome tornasse a parlare. Quando lo fece la morsa che mi aveva attanagliato lo stomaco svanì nel nulla.
Dopo un anno era tornata quasi normale. I suoi occhi erano perennemente tristi, ma la tristezza era sul fondo e la mia migliore amica era tornata a sorridere.
In tutto questo tempo la mia condizione fisica stava degenerando. La mancanza del marchio mi stava lentamente uccidendo, ma non l’avevo ancora detto a Kagome. Se lo avessi fatto tutti i progressi che lei stava facendo sarebbero stati nulli.
Era passato un anno da quando ci eravamo trasferite in America, quando Kagome mi chiese di ritornare in Giappone. Era luglio e non avevamo più né corsi né esami e lei mi sembrava abbastanza forte da rincontrare il passato. Facemmo i bagagli e tornammo indietro.
Passammo un mese splendido in compagnia della famiglia di Kagome. La mia mi odiava visto che li avevo privati della villa, dato che ero l’unica vera erede della mia famiglia.
La vigilia della nostra partenza accadde qualcosa che avrebbe cambiato le nostre vite per sempre.
Eravamo andate a farci un ultimo giro per le strade di Tokio quando fummo avvicinati da una signora, che cominciò a fissare un punto sopra le mie spalle. Mi sembrava che stesse guardando le mie ali, ma scartai velocemente il pensiero anche perché il diadema regalatomi un anno prima da mio padre, oltre a trasformarmi nel vento, mi poteva anche trasformare in un’umana. Quindi al momento il mio aspetto non prevedeva né ali né coda e, per comodità, avevo scelto di accorciare i capelli e di renderli tutti nuovamente neri.
Niente poteva ricordare il mio aspetto demoniaco e ciò mi andava benissimo. Non mi serviva vedere i tatuaggi ogni mattina che mi ricordassero quello che non avevo.
Dopo una breve assicurazione mentale sul fatto che non potesse vedere il mio vero aspetto, discretamente mi misi di fronte a Kagome e cercai di passare oltre quella donna.
“Non così in fretta Heleiana sposa di Sesshomaru…”
A quelle parole mi congelai sul posto. Come faceva a sapere?
“Io so molte cose di te giovane regina. Ma in mezzo alla strada non è il luogo adatto per parlare. Seguitemi.”
Feci per mandare a casa Kagome. I suoi poteri non erano ancora totalmente sotto controllo e non potevo rischiare che si facesse del male.
“No! Anche la giovane Kagome, promessa di Inuyasha, deve venire con noi! Non ti preoccupare, non le verrà fatto del male!”
Non mi fidavo particolarmente ma non avevo altra scelta.

Feci risalire in superficie i miei poteri, pronta ad usarli al minimo segnale di pericolo. Afferrai Kagome per mano e seguii la strana donna.
 
FINE FLASHBACK
 
Erano passati due anni da quell’incontro eppure era ancora vivo nella mia memoria.
La donna si era rivelata una sacerdotessa con il dono di predire il futuro. Ci aveva detto che il pozzo dietro il tempio della famiglia di Kagome non era l’unico collegamento con il Sengoku. Ce ne era un altro, in America. Quello, purtroppo, era stato scoperto dall’esercito americano, che aveva cominciato a studiarlo. Tutti i demoni che ne erano usciti erano stati presi, imprigionati e studiati.
Alcuni di loro erano riusciti a scappare e da allora giravano liberi nel mondo moderno.
Anche il pozzo in America si era chiuso lo stesso giorno di quello in Giappone. A quel punto ci aveva detto che esisteva una profezia che ci riguardava.
 
Allo scadere del terzo anno dalla grande disgrazia una nuova minaccia si abbatterà sugli eroi. Il futuro incontrerà il passato e tenterà di sottometterlo. Solo la prima guerriera del bene e colei che dà e toglie la vita con un cenno rimarranno a difendere il passato. Nuovi alleati si uniranno a vecchi nemici convertiti. L’ultima battaglia deciderà le sorti del mondo intero.
 
Da quel momento, al nostro ritorno in America ci eravamo accorte della presenza di demoni.
Un mese dopo l’incontro con la sacerdotessa Kagome mi aveva chiesto di allenarla. Dovevamo guidare una nuova coalizione contro un nemico potente e lei voleva essere all’altezza.
Accettai e l’allenai duramente allenando anche me stessa. Non potevo permettere al marchio di uccidermi e quindi diventai più forte.
I nostri poteri crebbero a dismisura fino a che, un mese fa il vento mi disse che il tempo era giunto.
Tre anni erano passati dalla grande disgrazia della profezia e noi eravamo pronte a tornare.
Per questo ora tentavo di mettere in ordine la mia stanza per poi poter fare la valigia.
Avevo la sensazione che tutto quello che stavo impacchettando non mi sarebbe servito, ma la routine mi impediva di entrare nel panico.
In cucina mi scontrai con Kagome e nei suoi occhi lessi gli stessi dubbi che avevo io. Ci avevano aspettato? Sarebbero stati contenti di vederci? Il futuro aveva già sottomesso il passato? Qualsiasi cosa quella frase volesse dire.
Mi avvicinai a Kagome e l’abbracciai: “Andrà tutto bene! Non sarà successo ancora nulla. Domani torniamo in Giappone e vedrai che il pozzo sarà aperto. Stai tranquilla!”
La sentii annuire e non potei far altro che sperare che le mie parole fossero vere e non solo vuote promesse per calmare un animo inquieto.
 
  
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