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Autore: spongina97    18/12/2011    1 recensioni
ciao a tutti! è la mia storia questa (questo è il prologo del romanzo)...spero vi piaccia,recensite grazie
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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non credevo e non avrei mai creduto che quel giorno il mercato fosse chiuso. Era una solità domenica che si avvicinava lenta alla primavera,mentre gli alberi crescevano,si coloravano,lasciavano cadere ormai gli avanzi dell'inverno passato,come bambini che buttano i giochi vecchi,ormai inutillizzabili. Non credevo che la proprietaria del mercato della piazza centrale di Kabul,Afghanistan, decidesse velocemente di cambiare lavoro,luogo dove vendere la propria merce,guadagnare,lasciare a casa tutti i lavoratori,per cambiare città. Infatti,come voi saprete, la signora Mun era dedita vendere la sua merce insieme agli altri come una mercante simile ai poveri che provavano in modi strambi e svariati di vendere merci,senza dare nell'occhio che fosse lei la vera proprietaria. Moltissimi infatti,non sapendo di questo meraviglioso fatto,chiedevano ai mercanti se ci fosse davvero un capo,in questo mercato. “ehi tu, vieni qui!” mi chiedevano spesso i passanti. “si subito...vuole comprare i miei cappelli? Ce ne sono di più svar...” “no non mi interessano i tuoi cappelli...dov'è il capo qui? Portami da lui!” “subito...signor?!” chiesi io,spaventata “ POLIZIA!” a quelle parole,un fremito mi passava tra la spina dorsale,piantandomi a terra,come un albero appena nato,mentre impianta le sue radici per il terreno. Non avrei mai creduto che ,dopo tantissimi anni di lavoro in piazza centrale, la signora Mun se ne fosse andata via,così senza preavviso,solo perchè un uomo in divisa ,insignificante e senza cuore,la avesse minacciata di buttarla dentro entro la settimana se non se ne fosse andata,se non avesse tolto le bancarelle dalla strada più trafficata di Kabul. Avevo origliato,quel giorno,per lo spioncino della porta,ascoltando attentamente e cercando di vedere le mosse del polizziotto ,senza farmi notare dai passanti,poichè “l'ufficio” di Mun era dietro una bancarella vecchia,davanti alla strada. Avevo giudato il polizziotto fino all'ufficio,tremante in cuore, piena di paura,a piedi nudi,con solo un velo che copriva dal seno fino alle ginocchia. Mi guardava sbalordito;prima come camminavo,poi il mio viso,sporco di cenere del giorno prima. Quando lo lasciai davanti alla porta,mi ricordo bene la sua espressione, con un sorrisino compiaciuto,innoquo, prima di diventare feroce. “ grazie davvero!” mi disse felice “oh,non c'è di che...la prego entri...” gli risposi,ancora raggomitolata tra il mio corpo e la mia anima,paurosa,incerta. La mia cadenza non assomigliava a quella degli abitanti della città,poichè non ero della zona; abitavo a Sofia,città ricca e prosperosa in quegli anni, ma di un'altra regione. Tendevo sempre a confondere la L con la R ,similmente ai cinesi o ai giapponesi (d'altronde, la mia mamma era di origine giapponese). Facevo spesso fatica a dire le parole,anche perchè non avevo imparato benissimo la lingua. Il polizziotto,con modi gentili ma ancora rustici, mi domandò: “ ma sei di Kabul? Cosa vendi? Da dove vieni?” io mi sentivo imbarazzata,ma,poichè me lo aveva chiesto e poiché non ero maleducata con nessuno,mi decisi a raccontagli la mia storia,sicura che quell'uomo non mi avrebbe fatto nulla di male. “ mi chiamo Chy e vengo da Sofia...conosce? Ho 15 anni attualmente,ma tra poco ne avrò 16! mi sono trasferita qui a 5 anni,e poi ho imparato la lingua sommariamente,tanto non dovevo dire molto al mercato,solo un semplice “ vendo cappelli,sconti economici! Venite!” . Ma non volevo fermarmi a quello,come si fa a vivere senza sapere come si dice buon giorno qui?” mi scappò una risata,semplice e chiara,ma il polizziotto non rise affatto,e smisi. “quindi tu vendi cappelli?” “ehm si...vendo cappelli,anche da uomo...ne ho proprio uno apposta per lei!” cercai di concludere una vendita,contando che non avevo guadagnato nulla quel giorno. L'uomo rise: “ certo,sei di Sofia ma hai preso il carattere degli Afghani ...che vogliono vendere qualcosa per forza,anche al più povero dei contadini...continua la tua storia,se ti va!” “ mio padre era Afghano e lavorava qui al mercato,ma morì durante una rissa per comprare un pesce fresco della bancarella affianco; in quegli anni le risse per il pece erano varie...e cruente! Vivo in periferia,povera,con mamma,fratello di 6 anni e un cagnolino,l'unico ricordo che ho di mio padre,poichè era suo...” la porta dell'ufficio di Mun si aprì, e io non ebbi neanche il tempo di guardare ancora una volta il polizziotto che lui era già entrato,furente,privo di bontà per Mun.
  
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