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Autore: glenn    18/12/2011    0 recensioni
Poi accadde qualcosa, quella mattina di Natale, che non avrebbe mai dimenticato. Mentre preparava la colazione nella cucina comunicante alla sala, ogni tanto buttava un occhio all'albero illuminato, ma all'ennesima occhiata, notò che c'era qualcosa che non andava.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Harry Potter, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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A Joanne piaceva il Natale. Da piccola non vedeva l'ora che arrivasse quel giorno. Quando iniziavano ad accendersi tante luci colorate in ogni giardino e lei e sua sorella erano ufficialmente incaricate di decorare il loro piccolo albero. Le piaceva perché, nonostante i trasferimenti, le luci tornavano sempre, e il loro ricordo la illuminavano tutto l'anno.

 

Fu quando quelle luci iniziarono a spegnersi, poco a poco dentro di lei, che il Natale non mostrava più tanta attrattiva. Perché scoprire a quindici anni di avere una madre malata non è certo un motivo per essere allegri.

 

Quando dieci anni dopo si ritrovò a partecipare al suo funerale, e pianse come mai aveva fatto prima, decise che non avrebbe più fatto alcun albero.

Perché l'albero di Natale regalava speranza, e lei di speranze proprio non ne aveva più.

 

Ma,nonostante tutto, continuò ad andare avanti. Anche quando lasciò tutto e tutti e se ne andò in Portogallo ad insegnare inglese. Anche quando sembrava che la sua vita stesse prendendo finalmente una piega giusta, in piedi davanti a quell'altare con Jorge accanto, si dovette ben presto ricredere. Il Natale successivo era già tornata a casa. Quella di Di, però, perché lei, una casa,non l'aveva. In compenso, però, aveva Jessica. E questo valeva molto più di tutte le case del mondo.

 

Da quando aveva avuto Jessica, ogni Natale Joanne decorava l'albero. Che fosse anche solo quello di sua sorella, perché lei non poteva permetterselo, non aveva importanza. Le piaceva vedere le reazioni gioiose della sua bambina quando accendeva tutte quelle luci. E in quei momenti, Joanne ricominciò a trovare la luce che aveva perso, e che credeva di non trovare mai più.

 

Ogni volta che apriva quel taccuino, seduta in quel pub, e cominciava a scrivere, le luci che una volta attribuiva all'albero di Natale risplendevano sempre di più dentro di lei. Ogni nuova idea era una nuova luce, un ulteriore motivo per andare avanti.

 

A Joanne, quell'anno piacque particolarmente il Natale.

Non tanto perché, da qualche anno a quella parte, poteva svegliarsi alla mattina e fare quello che voleva, tutti i giorni, tutte le settimane, tutti i mesi, probabilmente per il resto della sua vita. Per di più con l'uomo che amava e tre meravigliosi figli accanto.

 

No. Quella mattina si svegliò presto, e capì che erano ancora tutti a letto dal silenzio che sembrava aleggiare in casa. Come al solito, d'altronde. Scese in salotto, ben attenta a non svegliare Neil, spossato dopo l'ultimo turno della sera prima in ospedale. L'albero era sistemato vicino al camino, e quell'anno era veramente enorme. Per un attimo, l'immagine di Hagrid che portava 12 alberi di fattezze simili nella Sala Grande di Hogwarts le apparve davanti, inaspettata. Sorrise.

 

Si avvicinò alla parete dall'altra parte della stanza, e accese le luci.

David e Jessica avevano fatto proprio un ottimo lavoro, senza dubbio. Anche McKenzie aveva dato una mano, e lei li aveva aiutati. Quando Neil era tornato a casa e aveva visto tutta quella confusione, non aveva resistito e si era messo in messo volentieri. C'era di tutto, babbi natale in miniatura, renne dal naso rosso, palline di tutti i colori e fattezze possibili, per non parlare delle stelle.

 

Era davvero molto diverso dall'albero che decoravano lei e Di da bambine. Ma di sicuro il divertimento e le risate che condividevano in quei momenti compensavano con la povertà di quel piccolo albero. Le luci, però erano sempre le stesse. E lei non aveva bisogno di pensarci ogni anno per sapere che erano tornate anche dentro di lei.

 

Poi accadde qualcosa, quella mattina di Natale, che non avrebbe mai dimenticato. Mentre preparava la colazione nella cucina comunicante alla sala, ogni tanto buttava un occhio all'albero illuminato, ma all'ennesima occhiata, notò che c'era qualcosa che non andava.

 

Due bambini, silenziosi quanto i suoi pensieri, erano davanti all'albero. In pigiama. Non ci sarebbe stato niente di male se fossero stati i suoi, di bambini. Solo che non lo erano. Per lo meno, non dal punto di vista biologico.

 

Uno dei due aveva i capelli rossi e si stava provando un maglione, mentre l'altro lo stava a guardare, sorridendo. Poi scartò quello che evidentemente era il suo regalo di Natale, e ne trasse fuori una sorta di mantello. L'espressione meravigliata sul suo volto tradiva un fatto quasi certo: quel bambino ne doveva avere avuti davvero pochi finora, di regali del genere. O di regali di Natale in generale. L'altro bambino lo stava convincendo ad indossarlo.

 

La donna fino a quel momento era rimasta in piedi, incapace di dire o fare qualsiasi cosa. L'unica azione che le era venuta spontanea, a quella vista, era stata sorridere. In quel momento, che fosse reale o meno, non le importava di niente. Vide quel bambino dagli occhiali tondi e dai capelli spettinati guardare quel mantello con curiosità.

 

E finalmente si decise a parlare. Come se fosse naturale, perché si sentiva di dovergli spiegare. Lei sapeva a che cosa serviva quel mantello, e sapeva anche cosa sarebbe successo se lui l'avesse indossato.

 

“Dovresti proprio indossarlo, sai. È un bellissimo mantello.”

 

Tanto sapeva che lui non l'avrebbe fatto, non subito. Sapeva perfettamente che era confuso, che stava pensando. Sentiva di conoscere quel bambino quasi quanto sé stessa. O forse anche di più.

 

Quello che non sapeva, però, era che quel bambino potesse vederla. Alle sue parole, si voltò verso di lei e la guardò. Non le chiese chi fosse, non le sorrise nemmeno. Le luci dell'albero accanto a lui continuavano a illuminare le due stanze comunicanti.

 

 Lo indossò, e il rosso accanto a lui diede un grido. Ma Joanne non lo sentì, perché non era il suo tempo, quello. Era il tempo della carta e dell'inchiostro. La testa del bambino rimase in aria e, dopo essersi visto in uno specchio che in quella stanza non esisteva, se lo mise anche sulla testa e scomparve.

 

La donna sapeva che quello era il momento giusto per chiudere gli occhi, e lo fece. Sapeva che se avesse continuato a guardare quei bambini, sarebbe impazzita. Perché non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere.

 

Sapeva che il tempo della carta e dell'inchiostro l'aveva accolta e curata quando non aveva altro, e gliene era grata. Ma stavolta il tempo era il suo.

 

Quando li riaprì, tutto quello che vide davanti a sé era un bellissimo albero di Natale illuminato. A Joanne era sempre piaciuto il Natale, ma mai come quell'anno.

 

  
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