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Autore: AmeOokami    18/12/2011    1 recensioni
Quando non riesci a fare altro che dirlo con tutto te stesso: dire che l'ami, l'ami più di qualunque altra cosa e persino la morte non ti farebbe male.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo guardò da lontano con degli occhi che sembravano un mare in tempesta. Impetuosi, cercavano di incutere insicurezza. E così fu. Uno strano subbuglio si fece spazio all'interno del suo addome. Si morse il labbro inferiore, talmente forte da farci un piccolo taglio e sentire tra i suoi denti il sapore del sangue. La guardò, forse troppo a lungo. Si perse in quei suoi occhi cerulei che stavano prendendo una sfumatura grigia. Si sentì mancare.
L'effetto che lei gli faceva era molto strano, inusuale per un uomo come lui. Era solito tenere a distanza tutti, rifugiarsi solamente nei suoi pensieri. Un mondo intricato e impenetrabile, almeno così sembrava prima di averla incontrata.
Accennò un piccolo passo verso di lei, poi si affrettò quasi come se potesse scappare da un momento all’altro e lui avesse paura di non poter cogliere il momento giusto.
Lei distolse lo sguardo piantando a terra gli occhi. Erano celati dalle lunghe ciglia e velati da tristezza o forse da compassione. Si sentì in colpa per ciò che aveva fatto e nonostante non se ne fosse pentita, provava tenerezza verso i suoi confronti. Le dispiacque leggere nei suoi occhi tanto tormento. Ma lei era fatta così, non era mai cambiata per nessuno. Aveva sempre vissuto come un animale selvaggio, libera, senza freni e inibizioni. Si lasciava andare facilmente alla passione. Adorava riuscire ad ammaliare gli uomini con un solo sguardo, fingeva di essere loro amica ma con l'unico scopo di poter godere ancora di un orgasmo. Amava sudare e sentirsi desiderata.
Con lui non si comportava allo stesso modo. Le grandi mani di quell’uomo le provocavano un brivido leggermente diverso. La notte, dopo i momenti di passione, lo lasciava parlare; lui le raccontava le sue ambizioni, i suoi desideri più nascosti, illuso che avesse quella piccola libertà perché ella ci teneva a lui. In realtà tra quelle sue carezze nascoste, sotto le lenzuola, non vi era altro se non una continua forma di desiderio morboso.
Lei non riusciva a smettere. Non si sentiva tanto a suo agio con un uomo da lasciarlo rimanere per un giorno intero a casa sua, figuriamoci per tutta una vita. Non aveva mai incontrato una persona capace di lasciare impressi sul suo corpo segni indelebili, la forma delle sue dita o l’odore del suo corpo caldo tanto da farla smettere di essere una puttana. Tutti questi gesti erano freddi e duravano solamente il tempo di un coito.
L’amore per lei era il sesso, non si sentiva se stessa se non giocava a sedurre, se non si lasciava toccare da qualcuno. Ogni volta le sensazioni erano diverse, perché per un uomo era la schiava che doveva sottostare alle regole, per un altro era la punitrice, per un altro ancora era semplicemente un gioco, per uno era stata la prima amante, per un altro era stata invece l’ultima.
Per lui, era lei l’amore. Per lui, che era così insicuro, era una forma di continuità, il suo primo vero impegno.
Cercava di trovare sempre un modo nuovo per sorprenderla, una posizione sconosciuta, perché oltre a curare quell’insicurezza, lei curava pure la sua timidezza. Lui raggruppò tutti i suoi sensi in uno, il sesto, una forma d’amore ancora indefinita.
Egli stava lì, a pochi passi da lei, con lo sguardo fisso sui suoi fianchi, che tante volte si erano mossi sinuosi sopra il suo corpo. Sperava che lei gli dicesse ciò che lui voleva sentirsi dire.
Lei parlò con voce roca, quasi sensuale, che un rossore improvviso gli infiammò le guance: -Senti… Non so come dirtelo, ma non devi stare qui. Fa male a te e dispiace a me vedere in quei tuoi occhi la delusione, ma io sono così, non potrò mai cambiare per te. Perché non ti amo, perché amo solo il tuo corpo, ma non riesco a vedere la tua anima. Sei stato un amante perfetto, ma non io non sono una compagna perfetta. Io ti tradirei continuamente, tu non saresti felice e non lo sarei nemmeno io. Perciò forse è meglio che non mi cerchi più, è meglio per te se non mi vedi. Peccato, saresti stato il mio preferito.- esclamò mentre un timido sorriso le spuntava dalla faccia.
-Dici che non riusciresti a vedere la mia anima, ma non è così. Ecco, te la mostro adesso. Mi manchi. Mi mancano il tuo corpo e le tue carezze, i tuoi occhi. Forse è meglio che la realtà continui ad essere così estranea alle mie emozioni perché è strano che io non sia ancora affogato in quel blu immenso. Potrei dimenticare, sì, potrei pure farmi altre cento donne e potrei pure mandarti a fanculo adesso. Preferisco invece stare qui a parlare e parlare ancora per convincerti che tu non hai bisogno di mille uomini, ché io non sopporto di saperti tra le braccia di un altro. Non sopporto che qualcuno possa toccarti o ti abbia toccato dopo essere stata con me. Tu non hai bisogno di questa vita. Sii la mia ninfomane, sii mia, col corpo e con l’anima. Io ti voglio e non mi muoverò da qui fino a quando non ti sarai decisa che là fuori esiste qualcosa di più per te. Io so che c’è sotto molto di più che una scopata e voglio amarti per questo. Voglio svegliarmi la mattina e fare l’amore con te. Voglio che duri fino al giorno in cui sentirò le ossa deboli e il respiro affannoso, quando prima di chiudere gli occhi per sempre ti avrò guardata per l’ultima volta. Voglio che i nostri baci non finiscano, anche se non abbiamo il tempo di respirare, perché l’ossigeno te lo darò io fino a esaurire la mia scorta personale e così farai poi tu, per non stancarci mai. Ti amo, piccolo fiore di ciliegio. Io ti aspetto qui, dovessi piantare pure le radici.- gettò fuori tutte quelle parole come se fosse una raffica di vento, con la voce che tremava.
Si avvicinò di più, sfiorando con le dita i fianchi della donna, soffiando tra i suoi capelli, con il cuore stretto in una morsa che lo lacerava per l’attesa. Lui comunque avrebbe aspettato, anche se il suo cuore avesse dovuto rallentare i suoi battiti fino a non sentirsi più. Lei, con gli occhi ancora puntati sul pavimento, pianse. Calde lacrime le rigarono il volto, mascherato da quel trucco che era solita mettersi per uno dei suoi incontri. Lui l’aveva vista anche senza, con i capelli arruffati e la trovava ancora più bella. La sua pelle sembrava quasi una pesca.
Lei si accorse finalmente dello schifo di vita che aveva. Lui l’amava, ossì che l’amava, avrebbe fatto di tutto per tirarla fuori da quel mondo pieno di falsità, l’avrebbe salvata. Era questo il suo compito e lei l’aveva capito solo in quel momento.
Le prese il viso fra le mani e lei si dimenò. Si scostò da lui nascondendosi come una bambina in un angolo a piangere, quasi come si sentisse in colpa per aver rubato la merenda al compagno di classe e fosse la cosa più cattiva del mondo. In realtà, lei aveva fatto molto di più: aveva rubato il cuore a quell’uomo, gliel’aveva strappato per cercare di non essere più tanto sola e l’aveva tenuto con sé egoisticamente.
Adesso lui glielo richiedeva, non per portarselo via, ma perché non le facesse più male, per lasciare che lei poggiasse il viso sul suo petto e ascoltasse i battiti frenetici di un’anima viva, per condividere quel ritmo con lei.
Lui non si arrese così facilmente, paziente si riavvicinò e le accarezzò la schiena, le scostò i capelli e le baciò il collo, regalandole un brivido. Conosceva fin troppo bene quelle labbra, ma ogni volta le donavano sensazioni diverse. Adesso era capace di riconoscerlo.
Si voltò, avvicinò lentamente le labbra alle sue, e le lasciò combaciare alla sua carne, sfuggente. Poi riuscì a sussurrare: -Domani… a casa mia... non scapperò.-
Lui decise di fidarsi, in quelle poche parole aveva visto la verità. Era riuscito a convincerla e il suo cuore adesso ardeva di felicità. Passò le sue dita sulla spalla destra, scoperta da una leggera giacca che portava sopra il vestitino in tartan e si voltò prima che un sorriso gli spuntasse sul viso. Guardò avanti. In realtà ciò che vedeva non era la strada davanti a sé, ma un’immagine dai contorni meno definiti, ancora inesplorata. Lui capì che quello era il suo futuro.
S’incamminò sulla strada, sospirando di sollievo e con gli occhi annebbiati d’amore. Il tremore gli era passato. Si era dato persino a un passo più deciso, sentendosi quegli occhi come una notte stellata puntati sulla sua schiena.

Fu un attimo. Il muso di quel camion lo travolse e lo scaraventò via. Fece un volo di circa quindici metri. Lui avrebbe voluto volare, invece, sulle nuvole insieme a lei. Adesso gli sarebbe bastato un posto all’Inferno. Quell’Eden meraviglioso sarebbe stato un affronto se lei non fosse stata con lui.
Quando cadde a terra era ancora cosciente, composto, nonostante avesse il suo bellissimo viso completamente tumefatto. Il suo cuore perdeva battiti, in una lenta agonia. Aveva la mente offuscata. Non riusciva neppure a sentire le voci dei soccorsi, ma si era accesa come un lampo la figura della sua amata. L'adrenalina gli permise di pensare ancora per poco a una frase del suo poeta preferito, William Shakespeare: "Più dolce sarebbe la morte se il mio ultimo sguardo avesse come orizzonte il suo volto. E se così fosse, mille volte vorrei nascere per mille volte ancor morire."

Non riusciva a muoversi, quando invece avrebbe voluto sollevare un braccio e salutarla per l’ultima volta. E intanto i battiti perdevano due colpi, poi tre, e poi quattro. Poi non capì più nulla e, lentamente, chiuse gli occhi terrorizzati. Ne lasciò cadere una leggera lacrima che avrebbe voluto lei raccogliesse, trasformandola in un cristallo da portare sempre con sé come un cimelio della loro breve ma intensa storia d’amore.
In lontananza, solo un urlo soffocato.
  
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