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Autore: kleines licht    19/12/2011    2 recensioni
Click. E fermi un momento.
Click. Le emozioni si fermano, il tempo smette di correre dietro a chissà che.
Click. Nessuno si muove, tutti indossano le loro maschere.
Click. Dura un secondo e poi sparisce.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pochi credono al destino ma qualche volta bisogna pur dar la colpa a qualcuno. Qualche volta bisogna pensare che qualcuno ha mosso le pedine al posto nostro, ha fatto quel che credeva di noi. Ci ha ridotti in uno stato che non potevano nè evitare nè tantomeno prevedere.

Ci ha portati qui, sani o a pezzi, senza che potessimo farci poi tanto.

Ci ha accompagnati per un po', è salito sul nostro treno e poi l'ha fatto dirottare.

Così per divertimento, o forse per seguire un disegno.

Un disegno. Poche righe, qualche tratto a matita, nessuna prospettiva, nessuna profondità.

No queste cose a Agate non piacevano.

Troppo piatte, poco espressive. Lei amava fotografare.

Click. E fermi un momento.

Click. Le emozioni si fermano, il tempo smette di correre dietro a chissà che.

Click. Nessuno si muove, tutti indossano le loro maschere.

Click. Dura un secondo e poi sparisce.

 

Era una giornata come molte altre, priva di foto e momenti indimenticabili. Infondo quelli da ricordare, di momenti, sono veramente pochi, ogni giorno sempre meno.

Aveva stretto mani, seguito sguardi, scoperto persone ma nulla di tutto questo era servito a qualcosa. Nulla di tutto questo le aveva dato quella sensazione di meraviglioso che ti entra nelle ossa, ti scalda il sangue, fa muovere i muscoli.

Niente di tutto quello che aveva provato valeva la pena di essere ricordato.

Una distesa enorme le si stendeva davanti, uno di quei passaggi che non vorresti mai dimenticare. Uno di quelli di cui non ti stanchi mai.

Uno di quelli che fanno sparire ogni pensiero. Quasi ogni pensiero.

E poi c'è chi anche davanti a questo spettacolo non sa cosa fare, non sa fermarsi e aspettare qualcosa, anche il niente.

Agate invece in quel senso non aveva problemi. Poteva rimanere a contemplare quello spettacolo per ore ed ore senza annoiarsi, riuscendo a trovare sempre un modo per rinnovare quel paesaggio che aumentava sempre di intensità, che non riusciva mai ad annoiarla.

Io la conoscevo bene. Anzi no diciamo che era lei a conoscere bene me. Non ero mai stata brava a fare la vera amica, io ero bava solo a rovinarmi. Ma quella volta non era stata una rovina.

Dovrei partire a dirvi come è morta o come ci siamo conosciute ma prima partirei da me.

Riesco ad amare solo chi mi odia o chi dovrei odiare che poi alla fine non cambia molto. Sempre sbagliato è. Il problema in me c'era sempre stato comuunque non lottavo più. Problema o meno non mi importava troppo: continuavo nei miei tentativi suicidi anche se non troppo spesso. COme mai? Beh sinceramente nemmeno io lo sapevo. Sapevo che dava fastidio ai miei, che mi odiavano e mi temevano per questo. E per altro sapevo anche che mi sembrava l'unica cosa possibile.
Andavo da uno psicologo, uno di quelli bravi e seri che ogni due secondi ti fanno domande indipentemente dalla risposta. Era un bel uomo, poco ma sicuro, e io mi divertivo a farlo impazzire con le mie battutine.

Quella mattina mi rintanai in un bar piccolo per ragazzine viziate ma non badai ai loro sguardi. Non badai nemmeno alle loro parole o ai loro bisbigli. Ordinai semplicemente un caffè e mi sedetti allegramente ad un tavolino. Avevo lo sguardo fisso davanti a me, alla disperata di qualcos'altro da fare per mettere nei guai. La droga era anche troppa e sicuramente non avevo bisogno di trovarne altra. Mi accesi uno spinello senza badare troppo a nessuno.

Devo ammetterlo, non mi ero spiegata granchè bene. Sì beh infondo il mio psicologo era vravo, sapeva porre le giuste domande e il suo fascino lo rendeva decisamente più interessante ma non era nella mia indole essere dolce, gentile e carina con qualcuno.
Non lo ero mai stata e mai lo sarei stata. Inoltre le sue domande spesso mi davano sui nervi e le sue più delle altre. Lui sapeva dannatamente cogliere nel segno, sapeva esattamente cosa dire e cosa fare e tutta quelle perfezione mi davano sui nervi.
Lui riusciva a non sbagliare, lui riusciva a dire sempre la cosa giusta, lui riusciva ad essere sempre presente, sempre lì sempre pronto a capirmi, sempre convinto di riuscirci.
Sospirai e una volta pagato uscii dal caffè. Mi ritrovai esattamente di fronte alla strada principale, in quel momento vuota.
Sentivo l'asfalto perfetto sotto le suole, la gente chiacchierare allegramente e il sole nascosto sotto le nubi mandare ogni tanto qualche raggio.
Sentivo la solita pressante voglia di provarci, di sfidarmi per la centesima volta.
Mossi un passo vesto l'asflato, un passo deciso e insieme insicuro. Scesi dal marcipiede. Sentivo uno di quei camion enormi arrivare da lontano, le ruote che sembravano anticipare la tragedia.
Mossi un'altro passo sulla strada, come in trance. No lo spinello non c'entrava niente, ero abituata a quello e anche a cose peggiori.
Un'altro passo e ancora poco mi distanziava dal centro esatto della strada.

Sentii mani calde sul mio corpo freddo, come se il sangue avesse smesso di scorrere. Sentii qualcuno trascinarmi da qualche parte, lontana da quelle ruote che mi stavano ipnotizzando.
Mi sentivo dannatamente...tornata allla schifosa realtà. No non tornata strattonata era meglio!
Era una specie di trance quella di prima e qualche persona dannatamente maledetta aveva osato interrompere tutto.
Mi aveva salvata ma non volevo essere salvata.Dopo essere morta, di là, non c'era niente. Non c'era quel tunnel nè quella luce, non c'era la morte ad attenderti nè il flashback della tua vita. Tutti dicono che quando muori rivedi le scene migliori di quel che hai passato davanti a te. Per me non era stato così. Nè scene migliori nè peggiori. Semplicemente il nulla, tranne quella strana e profonda voglia di andarsene anche se non puoi, come se qualcuno ti avesse legato in una stanza completamente vuota, priva di significato. Io ci ero passata. Ero andata in overdose qualche mese prima e mi ero svegliata credendomi morta. Sperandomi tale. Invece ecco il viso di quello psicologo che mi aveva salvata.
Sembrava fissato con il salvarmi. Lui e tutti gli altri.
Alzai lo guardo e notai una chioma bionda e occhi chiari. Sospirai.

Subito pensai che fosse una sciocca, che credesse di potermi aiutare ma quegli occhi mi avevano dato una strana, stranissima sensazione.

Era come se lei avesse fermato quel momento dentro e me lo stesse rimostrando.

Mi facevo schifo da sola, vedendomi da fuori. Il suo sorriso era preoccuopato e sincero, quasi ci consocessimo da una vita.

Io però non potevo essere dolce. Non mi era concesso ahimè. Quindi mi allontanai bruscamente, chiedendole con sarcasmo puro se dovevo ringraziarla.

Lei sorrise ancora, dolce. Cominciò a dirmi che forse era meglio che mi accompagnasse a prendere qualcosa e magari parlassimo assieme, forse avevo qualcosa da dirle. Come eravamo arrivate dal "ti ho appena salvata e non ti conosco" al "ti do consigli come se fossi una psicologa"? Non lo so. So solo che i miei modi non si addolcirono, per niente, ma la sua cocciutaggine alla fine mi corrose a tal punto che mi ritrovai davanti a una cioccolata in un bar per figlie di papà.

Capii cos'era quella strana luce. Era la sua magia, quello che lei riusciva a fare meglio. Lei sapeva fermare il tempo, sapeva capire le cose giuste e fermarle al momento giusto.

Non parlava tanto ma quando lo faceva diceva le cose migliori. E sapeva lottare per esse.

Al contrario di me non si arrendeva.

Ma come avrete capito io sono un caso a parte.

Per me amore e amicizia sono sempre state cose assurde, leggende quasi.

Ma l'amore colpisce anche chi non crede. Un po' come Dio aiuta anche chi non gli crede, o così penso io che in Dio non ci ho mai creduto. Anzi faccio finta di crederci da secoli, così non mi aiuta e mi risparmio la delusione.

Ma certe volte illudermi è più forte di me.

Dopo l'ultimo, esaltante e sconcertante incontro con Alan (lo psicologo) avevo ben pensato che il primo passo per cambiare era partire da me e dall'abbigliamento. Forse stavo sbagliando, anzi ne ero decisamente certa, ma infondo da qualcosa dovevo pur cambiare no?
Il bacio lo avevo archiviato in quell'angolo di me che non esploravo mai. Era una specie di parentesi che era meglio scordare, qualcosa che avevo fatto senza pensare e di cui mi ero decisamente pentita.
Avevo indossato qualcosa di nuovo, non totalmente fuori dal mio stile ovviamente! Qualcosa di vagamente più normale ma senza esagerare!
Addirittura avevo rispolverato una collana di mia nonnna, l'unica persona al mondo che si fosse interessata mai di me.
Dopo Alan ma era meglio non pensare a lui. Ero fermamente convinta che ora non sarebbe cambiato nulla, sarebbe stato come se quel bacio non ci fosse mai stato. Sospirai prima di salire di sopra, ticchettando lentamente per le scale, e aprire la porta del suo studio.
Salutai senza troppo entusiasmo la segretaria e entrai con la mia solita enfasi, spalancando la porta.
Era il mio modo per entrare da sempre e non avrei cambiaot. Lo salutai con allegria che lui ovviamente non ricambiò.Appena entrai mi resi conto che no, non l'aveva archiviata come avevo fatto io, e no non sarebbe stato tutto come prima.
Mi salutò con un ciao freddo, senza nemmeno degnarsi di rispondere al mio sarcasmo. Non avevo voglia di freddezza.
Dopo tutta la felicità che ero riuscita a racimolare, miracolosamente, non avevo certo voglia di deprimermi per colpa sua.
Mi indicò la sedia in una maniera così professionale da farmi venire i nervi. Un momento, chi pensava di essere? Ok beh la carica di psicologo non era una di quelle cariche da quattro soldi, altamente ignorabili, ma questo non cancellava tutta la chiacchierata del giorno prima vero? Beh ovviamente escludendo quel dannato bacio che si ripresentava sempre nei miei pensieri.
Mi sedetti nel mio solito modo, decisamente poco posato e femminile annullando ogni minima traccia di perfezione che avrebbero potuto attribuirmi. Sbuffai.

Provai a convincerlo, a fargli capire ogni cosa ma alla fine finimmo per baciarci ancora e ancora. Agate avrebbe detto che sbagliavo, che quel momento lo stavo focalizzando proprio male ma io non l'avrei ascoltata.

Alla fine gli urlai parole che forse nemmeno pensavo e raggiunsi le scale con calma. Di solito me ne andavo di lì velocemente stavolta invece lo feci con calma, lentezza. Non che me ne volessi andare, semplicemente forse non avevo voglia per niente di velocizzare le cose. Una volta uscita mi concessi una pausa nel mio caffè preferito. Mangiai un tramezzino squisito e un caffè. Non fumai niente per una volta. Salutai tutti con troppa allegria. Forse non avevo così voglia di morire infondo. No per niente. Però quando non cerchi le cose queste arrivano. Non ci puoi fare niente: le trovi quando hai smesso di cercarle. Io che avevo desiderato tanto la morte ora che non la volevo ero destinata ad averla. O forse ad averne per mia fortuna un'assaggio. Stavo attraversando la strada dopo aver guardato accuratamente a destra e sinistra -e non lo facevo mai!- ma una macchina spuntò dal nulla e non vidi niente. Buio. Non urlai nemmeno. Sentii solo dolore, tanto forte che smisi quasi di respirare, e tutto sembrò cambiare direzione. Poi mi spensi. Smisi completamente di sperare, capire, pensare.

Mi ero risvelgiata in ospedale, gli occhi appannati da quella luce troppo bianca e pura e l'odore di disinfettanti intorno.

Un odore decisamente pungente e fastidioso.

 

 

Sapete spesso le persone che vedono oltre sono proprio quelle che non potrebbero o dovrebbero vedere. Quelle che chinque abbia il potere di dominare le cose ingiustamente punisce. Loro capiscono la vita, forse perchè per loro è così breve che capire tutto è concesso.

Agate la capiva, la vita, meglio di chiunque altro, poco ma sicuro. Lei la sapeva fermare per poi analizzarla con calma e rimandarla a fare il suo lavoro. E anche la vita voleva fermare lei. Aveva fretta di analizzarla ma quando aveva capito quanto era importante per lei l'aveva tenuta stretta a sé, senza volerla mollare più. Se l'era portata via, portando via anche la nostra amicizia e tutte le sue idee.

 

 

Dopo quel brutto incidente ero stata costretta all'ospedale per parecchio. Prima per riprendemri e poi per disintossicarmi di tutti quegli spinelli (che in realtà erano meno di quanto facessi credere) che chissà perchè avevo deciso di fumare. Non c'era un motivo, lo facevo e basta. Si abbinava all'immagine che avevo di me. E che davo di me.

Il mio cartellino da visita comprendeva anche la voce “tossicodipente” e “dura nell'anima” anche se poi niente era vero. Nei cartellini si può mentire. A se stessi no.

Io lo avevo capito grazie ad Agate. Quando le avevo raccontato del bacio lei non mi aveva voluta credere e quando l'aveva fatto mi aveva urlato e peggior cose anche se da lei non ci si aspetterebbe niente del genere. Mai.

Poi aveva capito. Aveva letto una luce che io allo specchio non avevo mai colto. Aveva capito che ero innamorata, o così lei diceva.

Oltre che essere un'artista della vita lei sapeva leggere le persone e fare profezie. Spesso quel che diceva si avverava ma si rifiutava sempre di fare profezie su di se.

Diceva che la sua vita era già scritta e preferiva scrivere quella altrui.

Io quelle parole, nemmeno con la profondità che avevo dentro e che nascondevo sempre, non le avevo mai capite. Pensavo fosse qualcosa di superficiale, sciocco. Quelle cose che la gente dice tanto per dire. Ma quando credi troppo alle cose, anche a quelle assurde, alla fine si realizzano sul serio.

Comunque fosse e qualunque significato avesse quella frase era stata lei a convincermi a presentarmi da Allan dopo quel trattamento lungo, faticoso ed estenuante. Non avevo i capelli lucidi di prima e tutta quell'allegria di cui mi vantavo. Ero stanca, affaticata e sopratutto dolente, troppo dolente ma ci ero andata comunque.

Già essere lì per me era tanto. Era qualcosa che non facevo mai. Restare per il gusto di restare, perchè qualcuno mi voleva lì e non altrove. Un po' come dire quel che provavo. Io ne ero incapace. Non ci ero abituata, forse. Comunque risultava difficile per me. Non ero una tipa espansiva o che ne provava, di sentimenti. Cioè non che non avessi un cuore ma spesso le persone non volevano quello da me. Dovevo essere forte e per esserlo non dovevo provare niente.
Infondo ero sempre stata una ragazza profonda, sotto a tutti quei chili di menefreghismo.
Alle volte sarebbe meglio stare lontani dalla vita si finisce di contrarre il vizio della bruttezza. La vita non è mai in rima, al massimo concede un'assonanza,di norma fa solo rumore.

Mi aveva aperto ed era sembrato sconcertato. Infondo lo sarei stata anche io.

Ma non di quello.

Non voglio dirvi cosa successe, penso che molti si annoierebbero e probabilmente smetterebbero di ascoltare di capire. Intrepretate come meglio volete i miei gesti, le mie parole, i miei pensieri, i miei sforzi ma quello che feci con Alan, quello che dissi non è importante.

Non ora che Agate si è spenta. Lei, l'essere in cui la vita mostrava qualcuna delle sue leggi, si è spenta proprio quando io stavo realizzando quello che per lei era uno dei desideri più profondi. Mi aveva ripetuto fino alla fine che era importante che andassi da Alan, che facessi quel che dovevo fare. Lei ci teneva, lo avevo fatto, lei si era spenta come se fosse stata felice così. Come se quello fosse il suo ultimo desiderio.

 

 

Ora mi trovo da sola anche se a casa c'è qualcuno che mi aspetta. Alan. E' passato un mese da quando Agate è morta, colpa di quella malattia che non nominava e non mostrava mai. L'aveva corrosa dentro eppure lei si era mostrata forte.

La gente ha spesso bisogno di trovare luoghi in cui disperdere il dolore. Io no. Mi basta stare sola e sto bene, è come se ce l'avessi vicina, come se i suoi occhi tornassero a darmi taciti consigli.

 Tornassero a darmi quella “kleines licht“.

So anche che ora non serve a niente provare a renderla felice. Perchè se c'è poca gente che crede nel destino altrettanta poca crede in qualcosa di là. Io non ci credo. Non voglio crederci. Farlo Significa che spero che qualcuno die miei parenti, di là possa vedermi. E non lo spero per niente. Anche se ora sto meglio, ho trovato il mio posto nel mondo, la mia guida, comunque non penso che qualcuno lassù sarebbe felice di quel che ero prima. Gli errori non si dimenticano mai.


 

   
 
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