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Autore: Hikari93    19/12/2011    8 recensioni
Quinta classificata al NaruHina Contest [III° Edizione: ’Saltando nel tempo’] indetto da Mokochan e Yume_no_Namida’.
Non potè resistere e la baciò di nuovo, volendosi imprimere nella mente, sulla bocca e dentro di sé, quel sapore fresco che misto alla fragranza tipica di Hinata regalava un profumo di inestimabile valore. E Naruto si rallegrò nel sapere che era l’unico che poteva permetterselo.
A Benny
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Hinata/Naruto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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A Benny,

perché mi ha fatto capire che l’amicizia a distanza esiste;

 
 
 

 
 
Autore: Hikari93
Titolo: With-out you
Personaggi e Pairing: Hinata Hyuuga/Naruto Uzumaki, accenni minimi Sasu/Saku
Genere: Drammatico, romantico, triste
Rating: giallo
Avvertimenti: AU, One-shot
Introduzione: Non potè resistere e la baciò di nuovo, volendosi imprimere nella mente, sulla bocca e dentro di sé, quel sapore fresco che misto alla fragranza tipica di Hinata regalava un profumo di inestimabile valore. E Naruto si rallegrò nel sapere che era l’unico che poteva permetterselo.
Note autore: (alla fine)

 
 


With-out you
 

 
«Naruto-kun c’è qualche problema?»
Hinata si sporse di poco dalla cucina, rivolgendo lo sguardo alla porta d’ingresso: suo marito era rientrato già da qualche minuto ma, per motivi che lei non conosceva, stava indugiando.
La risata divertita di Naruto le riscaldò il cuore. Lo vide muoversi piano per il corridoio, misurando i passi, come un padre che teme di svegliare il figlioletto appena addormentato. Nascondeva qualcosa dietro la schiena.
«Ho una bella sorpresa!» disse, prima che Hinata potesse chiedergli spiegazioni. Sorrideva di un sorriso ingenuo, da bambino; le labbra descrivevano un arco che si estendeva da un orecchio all’altro. «Andiamo a New York!» espresse gioioso.
Hinata non si smosse, né alterò espressione. Era totalmente presa dall’immagine rassicurante di Naruto. Finalmente, dopo tanta timidezza, tanta sofferenza, tanta insicurezza perché non si sentiva all’altezza di lui, era arrivato il loro momento. Stavano insieme ed erano felici. Una felicità che entrambi avevano cercato e trovato l’uno nell’altra. Erano sposati, desideravano una famiglia che, con un po’ di fortuna, avrebbero avuto. Una classica neo-coppia dei primi anni del 2000.
«Non sei contenta?» L’entusiasmo di Naruto si spense come una candela sospinta da un vento freddo.
Hinata non sopportava una tale visione. «Oh no, no, Naruto-kun, no» chiarì balbettando. «E’… è fantastico. Dico davvero.»
L’uomo si ravvivò, e come se non ci fosse stato alcun equivoco – perché proprio di un’incomprensione si era trattato –, mostrò ciò che aveva nascosto fino a quel momento, incurvando le labbra di nuovo.
«Festeggeremo il nostro primo anniversario di nozze qui.» Sbatté i biglietti sul palmo aperto dell’altra mano. «E’ vero che ogni posto è uguale a un altro per occasioni del genere, ma sai, tanto per cambiare! E poi è il primo!» rise impacciato, grattandosi la testa bionda con una mano.
Era imbarazzato, ma semplicemente adorabile quando faceva così, pensò Hinata. Non era troppo bravo a parlare di sentimenti, quindi agiva di conseguenza.
All’improvviso, la donna vide che la studiava in ogni più piccolo movimento, con in faccia dipinta un’espressione curiosa e sorpresa. Hinata desiderò di sottrarsi a quel contatto a distanza ma al tempo stesso diretto, come faceva quando era un’adolescente. Gli occhi incredibilmente azzurri di suo marito le mandavano il cervello in avaria e il cuore a mille e più battiti al secondo. Sentì le guance diventare rosse e le orecchie in fiamme, ma non si stupì di non essersi ancora totalmente abituata a Naruto. Si trattava di una presenza benefica, che la inebriava completamente in ogni suo più piccolo anfratto interiore; si diffondeva come un profumo, inondandola. Amava quella fragranza, ma al tempo stesso la trovava forte, le dava alla testa in modo irreversibile.
«Preferivi forse una città meno caotica?» Naruto inclinò il capo di lato e sbatté le palpebre più volte.
Hinata sapeva che Naruto si stava chiedendo se non avesse sbagliato nel prendere una decisione tanto importante da solo, senza interpellarla. Perché lui si preoccupava sempre di ferire i sentimenti altrui, di tutti, senza alcuna distinzione. Di sicuro quei biglietti erano costati fatica e straordinari a lavoro, e non avrebbe mai potuto vanificare gli sforzi che suo marito aveva fatto per lei, per loro. Sorrise timidamente per rassicurarlo, rispondendo in anticipo a quella che sarebbe stata di sicuro la sua domanda successiva: «Non preoccuparti, va bene così.» Non fu in grado di continuare ma avrebbe volentieri aggiunto che dovunque si trovasse lui, quello era il suo posto. Riuscì solamente ad avvicinarsi di poco e a poggiargli le mani sulle braccia, poi si sentì avvampare nuovamente e abbassò il capo. Si chiese come avesse fatto a pronunciare il fatidico “sì” all’altare senza svenire. Ma non poté rispondersi, perché il respiro di lui si unì al suo,per poi essere mozzatoda un bacio tenero e di ringraziamento.
Grazie, perché Hinata non faceva mai sentire Naruto Uzumaki un idiota, come molti ancora lo apostrofavano, qualcuno in memoria dei vecchi tempi.
 
 
* * *
 
 
«Accipicchia, ma quanto pesa!?»
«Naruto-kun, forse hai messo troppa roba in quella valigia» constatò Hinata.
Naruto si fermò un attimo, riprendendo fiato; traeva respiri lunghi e profondi. «Solamente il minimo necessario.»
«Conoscendo il tuo “minimo necessario”, l’avrai riempita di cianfrusaglie inutili, dimenticando magari qualcosa di fondamentale.» Sasuke Uchiha, che a detta di Naruto si era gentilmente offerto di accompagnarli all’aeroporto, attendeva impaziente in macchina. Il vento di fine estate gli accarezzava i capelli e glieli scompigliava, suscitando in lui un certo nervosismo, che lo rendeva ancora più irritante di com’era normalmente.
«Senti teme» cominciò a sbraitare Naruto «questo è il mio viaggio, e non sono affari tuoi cosa ho messo o cosa non ho messo nella valigia, okay?» Fece il finto offeso, alzando il naso all’insù e sbuffando.
In risposta Sasuke alzò le spalle e scosse la testa, rassegnato.
Hinata, invece, non potè trattenersi dal pronunciarsi in un sorrisetto. Naruto e Sasuke non erano cambiati nemmeno un po’ dai tempi del liceo. Continuavano a stuzzicarsi non appena ne avevano l’occasione, fingendo di odiarsi a morte, quando in realtà erano legati da un’amicizia profonda.
«Ce la fai a metterla nel bagagliaio?» chiese la donna, desiderosa di aiutarlo.
Naruto annuì. «Comincia a salire in macchina, vengo tra mezzo secondo.» E le sorrise radioso, in quel modo che lei non poteva ignorare. «Ecco fatto!» disse poi, salendo a bordo e sbattendo la portiera.
«La solita grazia di un elefante.» Fu il commento di Sasuke.
«I soliti modi bruschi» ribatté l’Uzumaki.
Hinata strinse forti le mani, emozionata. Poteva non sembrare importante, ma quell’atmosfera le piaceva, sapeva di casa, racchiudeva tutto il sentimento che li aveva uniti in passato, li stava unendo e avrebbe continuato a farlo; come uno scrigno che custodiva gelosamente i ricordi, lontano da occhi indiscreti, e che era pronto per contenerne sempre di più, finchè la vita avrebbe concesso loro. Cullata da quei pensieri e quelle sensazioni, si appoggiò sulla spalla di Naruto, sentendone il profumo e la presenza.
Naruto dapprima le sfiorò la mano, poi la strinse tra la sua. Abbassò la testa e le baciò i capelli, accucciandosi al suo fianco.
Sasuke, dallo specchietto retrovisore, vide la scenetta, ma decise di starsene sulle sue, come sempre. Non lo avrebbe mai ammesso ma era felice della felicità del suo migliore amico.
 
Seduto comodamente in aereo, Naruto stava per abbandonarsi al sonno. Alcune sue caratteristiche non si erano totalmente perdute, come appunto quella dell’aver fame e sonno a tutte le ore. Ripensò a quando, qualche ora prima, aveva implicitamente ringraziato Sasuke.
«Allora arrivederci!» Naruto aveva stretto la mano al suo migliore amico, normalmente. Del resto non si trattava d’altro se non di un semplice viaggio, come una seconda luna di miele.
Aveva visto Hinata che, a differenza sua, aveva ringraziato di cuore, esibendosi in un veloce e breve inchino.
Naruto aveva sorriso ancora mentre si allontanava dalla macchina color grigio metallizzato di Sasukeripromettendosi che gli avrebbe portato un regalino.
Aveva continuato a pensare a cosa avrebbe potuto comprargli finchè il sonno non lo colpì del tutto, facendogli chiudere i contatti col mondo esterno.
Quando si svegliò, non capiva nemmeno dove si trovasse. «Siamo arrivati?» biascicò come un bambino, dopo aver intravisto la figura di Hinata che lo osservava.
La vide distogliere lo sguardo alla svelta e stringere il tessuto dei pantaloni con forza. Poi si fece coraggio. Sorridendo, scosse la testa. «Ci vogliono molto più di un paio d’ore per arrivare a New York, Naruto-kun.»
Naruto si grattò la testa. «Hai ragione, tesoro.»
Tesoro.
Naruto cominciò a pensare che forse avrebbe fatto meglio a non dirlo. Se Hinata si fosse sentita male? Era di una timidezza unica, ma l’adorava anche per questa sua qualità. Era riservata, andava nel pallone per un nonnulla. Era innocente e lui avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei. Si sentì un ragazzino, anzi una ragazzina innamorata, di quelle con le farfalle nello stomaco. Sapeva che l’amore non sarebbe mai stato tutto rose e fiori, ma perché fasciarsi la testa prima di rompersela?
«Hinata, che giorno è oggi?» Finse di essersene dimenticato, così da avviare un discorso e togliere dagli impicci Hinata. Aveva capito che si era imbarazzata a causa di quel “tesoro”. In effetti, i nomignoli affettuosi imbarazzavano un po’ anche lui.
«Il 9 Settembre, Naruto-kun.»
«Già, il 9 Settembre… tra due giorni sarà il nostro anniversario…» pensò a voce alta. Ma evitò di comunicare a Hinata che le sorprese non erano finite lì, che c’era anche un piccolo gioiellino che l’aspettava. Tanto glieloavrebbe consegnato il giorno dovuto. Nel frattempo, avrebbe continuato a rigirarselo in tasca, attento a non farsi scoprire. «Scommetto che ci divertiremo a New York! Ci sarà tanto da visitare! Che so, la Statua della Libertà, per esempio!» aggiunse euforico.
«Dovremo comprare anche qualche regalo a Sasuke-kun e a Sakura-chan, oltre che a Minato-san e a Kushina-san.»
Naruto si sbilanciò all’indietro, comprimendosi contro il sedile. Allungò le mani in alto e sbadigliò, ancora intontito per il sonnellino di poco prima. «Se proprio dobbiamo, includiamo anche Sasuke!» Inarcò le sopracciglia, sapendo che Hinata aveva letto tra le righe. Perché lei era in grado di capirlo anche quando tergiversava.
Un brontolio spezzò l’atmosfera romantica che si formava spesso tra i due sposi.
Naruto arrossì subito. «Scusami… sai come sono, se non mangio almeno ogni due ore mi sento svenire!» Si giustificò, anche se non ce n’era bisogno.
Hinata si produsse in un risolino, coperto da una timida mano davanti alla bocca. «Chiamo l’hostess, così ti porta qualcosa. Dovessi sentirti male, sarebbe un guaio» ironizzò.
Sulla prime, a Naruto parve strana quell’Hinata, quel suo modo di aprirsi, ma si diede subito dello stupido. Era vero che i momenti in cui sua moglie abbandonava quella maschera di timidezza, con la quale sembrava essere nata erano rari ma proprio per quel motivo erano preziosi e Naruto li accatastavadentro di sé, uno a fianco all’altro.
Decise di proseguire quel giochetto. «Ma fai presto, altrimenti in America non ci arrivo!»
 
 
* * *
 
 
Naruto spalancò la bocca e strabuzzò gli occhi. «Accidenti, ma è enorme!»
«Anche Tokyo è una città grandissima» puntualizzò Hinata, cercando timidamente il braccio del marito.
Lui glielo concesse, ma non distaccò lo sguardo dalla città, stranamente lenta dietro al vetro del finestrino del taxi che li avrebbe condottinell’albergo dove Naruto aveva prenotato. Stavolta, si disse, era stato perfetto, non sarebbe andato niente storto, come era giusto che fosse.
«Beh, Tokyo è quello che è, ma New York, Hinata! La vedi? E’ immensa!» scandì con particolare enfasi l’ultima parola. «Pazzesco» aggiunse in tono rassegnato, sistemandosi meglio sul sedile e passandosi la mano tra i capelli.
«Ah!» tuonò all’improvviso, facendo sobbalzare Hinata «Chiamo il teme, così gli faccio sapere che siamo arrivati “sani e salvi”» ironizzò sulle ultime parole, mimando delle virgolette con le dita. Dopodichè, prese goffamente il cellulare dalla tasca e digitò il numero di Sasuke, salvato nella rubrica come “Stupido teme”.
«Vu-vuoi davvero bene a Sas-Sasuke-kun, vero?» domandò Hinata.
Stavolta toccò a Naruto diventare rosso. «Ma no, cioè dai, che vai a dire? Io bene a… a quello? Forse un pochino, ma poco, ecco…»
E il viaggiò in taxi continuò, tra gli insulti di Naruto a Sasuke e qualche altra considerazione su New York e i suoi grattacieli altissimi, oltre che le strade piene zeppe di gente. Essendo sera, ogni angolo era fortemente illuminato, conferendo al tutto un’immagine ancora più splendida.
Infine, arrivarono all’hotel.
«Giuro Hinata, sono stanchissimo!» Non appena entrò, Naruto provò il letto, trovandolo comodissimo. Non sapeva se fossero state le troppe ore trascorse in aereo o cos’altro, ma il materasso sembrava quanto di più delicato avesse mai “provato”. Dovendolo paragonare, lo avrebbe sicuramente identificato con Hinata.
Per il resto, la stanza era piuttosto vasta: al centro si trovava, appunto, il letto a due piazze ricoperto da delle coperte blu notte; a un lato, appoggiati al muro, degli armadi massicci e all’apparenza spaziosi di colore bianco, decorati con pietruzze verdi, gialle e bianche secondo un particolare ghirigoro che si ripeteva; in fondo spiccava un tavolino in vetro, sul quale erano posti dei vasi con alcuni fiori finti, di tutti i colori. A circondarlo, delle poltrone singole.
«Non pensavo che viaggiare fosse tanto faticoso» continuò Naruto, girandosi di lato. «Eppure non ho fatto altro che restare seduto tutto il tempo. E oltretutto ho anche sonnecchiato in aereo!»
«Anche il fuso orario ha contribuito. Inoltre la posizione era pur sempre scomoda per un sonnellino come si deve» parlò la donna, lottando contro la timidezza per riuscire a sconfiggerla una volta per tutte, almeno con suo marito.
«A differenza di questo!» Naruto sbadigliò, poi invitò Hinata a stendersi accanto a lui. «Non preoccuparti per le valigie! Le sistemeremo domattina. Sto crollando al punto che non ho nemmeno la forza di mangiare, ecco!»
«Naruto?»
L’Uzumaki alzò la testa, un solo occhio aperto per miracolo.
«Non metti il pigiama?»
Il ragazzo rise debolmente. «Credimi, mi sento morire.»
E Hinata anche lei stanca capì e decise di fare lo stesso. Avrebbero pensato a tutto il giorno dopo, giorno in cui, dodici mesi prima, lei era diventata la Signora Uzumaki.
Quando Naruto, più addormentato che sveglio, avvertì il dolce peso di sua moglie che inclinava il materasso, fece uno sforzo enorme per strisciare finoa raggiungerla. La abbracciò forte alle spalle e mentre le braccia le cingevano i fianchi, la sentì sussultare di sorpresa. Aveva già spento la luce e lui era stato piuttosto silenzioso.
Con un sorriso stanco sulle labbra la girò verso di sé lentamente, poi appoggiò la fronte alla sua, così da poter sentire il respiro.
«Menta» concluse, ricordandosi di quando Hinata aveva scartocciato quella caramella che lui aveva rifiutato.
Non potè resistere e la baciò di nuovo, volendosi imprimere nella mente, sulla bocca e dentro di sé, quel sapore fresco che misto alla fragranza tipica di Hinata regalava un profumo di inestimabile valore. E Naruto si rallegrò nel sapere che era l’unico che poteva permetterselo.
L’uno tra le braccia dell’altrasi addormentarono, fantasticando sul tanto atteso “domani”. La notte era tranquilla, il cielo era puntellato di stelle luminose e nessuno sapeva ciò che sarebbe successo.
 
 
* * *
 
 
«Naruto-kun?»
«Mh?»
«Non vuoi fare colazione?»
«Colazione?» ripeté lui, entusiasta. Si alzò a sedere come se fosse resuscitato da morte. Stava per scendere dal letto, quando si bloccò all’improvviso. Strinse la scatolina che aveva ancora in tasca. «Auguri, Hinata-chan!» Le stampò un bacio veloce.
«A-Auguri Nar-Naruto-kun.»
Il ragazzo si grattò la testa e strinse più forte la scatolina tra le dita. «Che ore sono?» chiese.
La corvina non guardò nemmeno l’orologio che aveva al polso. Probabilmente, aveva intuito quale sarebbe stata una delle prime domande di suo marito: era una specie di routine, anche quotidianamente era così. «Sono le otto, Naruto-kun.» Di certo era stata precisa come al solito. Aveva impostato l'orario statunitense appena sveglia, in modo da non confondersi più di quanto non fosse già.
«Caspita, ho dormito come un ghiro! Se non mi avessi svegliato avrei continuato a sonnecchiare per ore.»
Hinata fu pronta a scusarsi senza neppure rifletterci. Sentendosi, effettivamente, un po’ colpevole.
«La solita esagerata!» scherzò l’uomo. «E poi questo è il nostro giorno speciale! Ho già dormito a sufficienza, basta per oggi!» Incrociò le braccia al petto e, chiusi gli occhi, annuì con convinzione. «Oggi bisognarilassarsie divertirsi, solo io e te!» aggiunse euforico, poggiando le mani grandi sulle spalle esili della moglie. «Oggi Naruto Uzumaki e Hinata Hyuuga non ci saranno per nessuno» soffiò, sfiorandole di nuovo le labbra con le proprie.
 
 
* * *
 
 
Quel giorno Naruto non si sarebbe accontentato di riempirsi lo stomaco soltanto con quelle piccolezze che aveva trangugiato all’albergo. No: quella era la giornata degli eccessi, dove tutto era concesso ed era possibile.
Non voleva nemmeno pensare a quanto, magari, potesse sembrare ridicolo, perché finchè fosse stato giovane – era o non era un uomo di venticinque anni, sposato da trecentosessantacinque giorni e sei ore? – avrebbe potuto divertirsi e godere la magia che, ancora, l’amore creava in lui. Un giorno poi avrebbe potuto rimpiangere tutto ciò che stava vivendo, quindi tanto valeva approfittarsene.
«Gelato?» chiese all’improvviso.
Hinata, che si stava guardando intorno, si rivolse subito a lui, annuendo. «Però sta' attento a non ingozzarti troppo. Potrebbe farti male.»
Naruto rise e contemporaneamente la strinse più forte a sé. Il braccio che le cingeva la vita fece pressione, di modo che i loro fianchi aderissero. «Sta' tranquilla, conosco i miei limiti!»
«Naruto-kun, credo che il tuo stomaco non abbia limiti.»
I minuti passarono veloci tra un divertimento e l’altro, tra una parola più tenera e una risatina timida. Mano nella mano, l’atmosfera che li circondava era quella di casa, anche se erano immersi in una realtà molto diversa dalla loro che da lì a poco avrebbe cambiato le loro vite.
C’era chiasso per la città, il chiacchiericcio confuso delle molte persone.
Si ergevano le famosi Torri Gemelle davanti a loro, grattacieli che Naruto aveva voluto vedere a tutti i costi. Aveva insistito, entusiasmato dalla loro magnificenza, da quel senso di potenza che emanavano. Erano al di sopra di ogni cosa, quasi toccavano il cielo. E lui, sin da piccolo, aveva sempre sognato di potersi erigere a guida degli altri, come un faro nella notte, per aiutare chi ne avesse bisogno. Aveva insistito per vederle perché, in fondo, non aveva mai smesso di essere il ragazzino sognatore di un tempo, non aveva mai perduto le speranze di qualcosa di più per la sua vita.
Infatti Hinata era stata il suo primo obiettivo raggiunto: la prima cosa sensata che aveva fatto in vita sua era stata sposarsela.
Aveva sperato di poter arrivare oltre, di poter superare il limite di semplici sposi, di sola coppia e formare una famiglia. Ma un sibilo improvviso, seguito da una forte esplosione, nonché da puro terrore, gli stava strappando atrocemente tutte le speranze, i sogni e qualunque desiderio.
Gli stava svuotando il corpo e violando l’anima.
Spinse Hinata dietro di sé, mentre le orecchie erano ermeticamente otturate da urla egrida disperate. Accennò a un sorriso e pronunciò lentamente un “va tutto bene” che, sapeva, sarebbe stato accolto, anche se non udito.
Non tentò nemmeno di scappare ma semplicemente perché non ce ne fu tempo. Naruto non si considerava un pazzo suicida: aveva molto da fare, ne aveva di modi in cui sfruttare il tempo che la vita gli aveva concesso. Nonostante tutto, sembrava che questo tempo fosse finito.
Non seppe spiegarsi nulla, non c’era da farlo in effetti.
Solo, si chiese, come mai il destino ce l’avesse avuta con lui. Come mai non aveva saputo prevedere l’inevitabile, perché aveva scatenato tutto ciò. Sperava soltanto la sorte facesse il dono della sopravvivenza almeno a Hinata, perché per lui era sicuramente finita.
Si scusò silenziosamente con lei, poi la spinse indietro con un colpo molto forte.
«Mi spiace di averti fatto del male» sussurrò sorridendo, prima che il fumo scuro, denso e sporco lo cogliesse in pieno, seguito da tutto ciò che un’esplosione di quella potenza potesse comportare.
Le immagini dei suoi genitori, dei suoi amici e, infine, della sua amata, accompagnarono il lento movimento con cui le palpebre gli si chiusero. Poi fu buio.
 
 
* * *
 
 
Quando aprì gli occhi non fu capace di connettere il cervello, se non dopo alcuni minuti. Si tirò a sedere subito, sopprimendo i gemiti di dolore che lottavano per uscirle dalle labbra. Il tanfo di disinfettante e di chiuso la presero alla gola.
Era tutto bianco, di un bianco triste, che sapeva di malattia e distruzione.
Era in un ospedale.
Fuori, solo l’inferno. Fumo, rumori… come era accaduto tempo prima, quando…
«Naruto-kun?» domandò con le lacrime agli occhi.
Si guardò intorno, constatando suo malgrado di essere sola, tremendamente sola.
«Naruto-kun?» Alzò la voce: sicuramente suo marito stava dormendo, perciò non l’aveva sentita. Aveva sicuramente qualche graffio, ma a breve sarebbe spuntato, come un fiorellino di primavera, con un buffo cerotto sul naso. Le avrebbe detto di stare tranquilla, di non preoccuparsi perché lui era lì. Avrebbe sorriso e ciò avrebbe spazzato via tutto il terrore che si stava vivendo all’esterno.
Ma perché ci metteva tanto?
Perché non sbucava da quella maledettissima porta bianca?
D’un tratto la maniglia si abbassò.
Hinata avvertì dentro di sé un briciolo di speranza sempre più forte, quella trepidazione che fa sembrare un minuto lungo ore e ore. Strinse le dita intorno al lenzuolo – bianco, era tutto bianco lì dentro? – e attese.
Quando spuntò una donna dai capelli neri e raccolti e gli occhi profondi – niente a che vedere con le pozze azzurre del ragazzo che amava e i suoi capelli d’oro – si sentì morire.
«Naruto-kun!» urlò e urlò, sentendo le lacrime uscire copiose. Per la prima volta non sentì la vergogna per aver espresso i propri sentimenti in pubblico, ma solo un profondo vuoto. Non aveva la “sicurezza” che ciò che pensava fossedavvero successo, ma allora perché il suo sesto senso le diceva il contrario?
Taci, sta' zitto, non voglio ascoltarti!
Non voleva sentire niente, già le sue stesse lacrime erano sufficienti a renderla sorda a tutto.
Avvertiva le mani dell’infermiera che la toccavano, la scuotevano, ma quello, ormai, era solo il suo corpo perché la sua anima si trovava accanto a Naruto, dovunque lui fosse.
Che fosse vivo, o che… non lo fosse più.
 
 
* * *
 
 
Sentì bussare alla porta e accorse ad aprire, lo sguardo assente.
Era Sakura.
«Come stai, Hinata-chan?» domandò con meticolosità.
«Bene» mentì, mentì come aveva imparato a fare molto bene da quel dannato giorno in cui il suo Naruto-kun era sparito. Erano passati già cinque anni: esattamente cinque anni.
Non morto, ma disperso.
Disperso, disperso… poteva essere, allora, ancora vivo?
«Cosa stavi facendo?» chiese ancora la donna che era venuta a trovarla.
«Guardavo la televisione, Sakura-Chan.» Ormai le sue risposte erano ridotte a poco più di monosillabi.
Quando si perde quel po’ che per noi era tutto, si può continuare a lottare, si può continuare a vivere?
Naruto era tutto per lei.
Non “era stato”, ma era. Lo era ancora.
L’aveva sollevata da una situazione familiare difficile per via di suo padre, Hiashi Hyuuga, che non l’aveva mai accettata così com’era. Lui avrebbe voluto per lei un futuro diverso da semplice cameriera.
“La nostra è una famiglia importante”, le ripeteva sempre e in quella frase era sempre sottinteso quanto la ritenesse indegna di portare il suo cognome.
Ma poi era arrivato Naruto, come un raggio di Sole, e le aveva donato un motivo per non abbattersi, per non fare ciò che gli altri le imponevano. Lui l’aveva aiutata a combattere contro quell’uomo che l’aveva sovrastata... sovrastata allo stesso modo in cui le Torri Gemelle avevano dominato tutto.
«Hinata-chan?» Sakura le si avvicinò e inclinò la testa di lato, fissandola mentre si accomodava sul divano, per seguire l’ennesimo notiziario.
«Vedrai, Sakura-chan, lo avranno ritrovato stavolta.»
Il volto dell’amica si incupì, ma Hinata non capì perché: non credeva forse anche lei, che Naruto poteva ancora essere in vita? Mai arrendersi: era stato lui a insegnarlo a entrambe, no?
«Hinata, reagisci per favore.»
Una supplica? Perché la stava supplicando?
«Non capisco, Sakura-chan» sorrise.
«Naruto… hanno ritrovato il suo corpo tre anni fa.»
«Non è vero» sussurrò l’altra. «E’ una stupida bugia. Perché mi menti, Sakura?» Si passò una mano tra i capelli, facendo sfilare le dita tra le ciocche corvine. La vista le si offuscò all’improvviso. Le succedeva spesso: poi, cominciavano a scendere quelle maledette lacrime.
Ma perché succedeva se lei era sicurissima che Naruto-kun era ancora vivo?
«Deve esserlo, altrimenti la mia vita non avrebbe più senso» concluse il suo pensiero a voce alta, rotta dal pianto. Si portò le mani al viso, come se volesse impedire a tutto il dolore che teneva dentro di esplodere.
Sentì la mano di Sakura sulla spalla, ma era solo una delle tante.
Una delle tante che cercavano stupidamente di consolarla, ripetendole la cruda verità che per lei era soltanto una sciocca, insensibile e inutile bugia.
Perché Naruto-kun non era morto.

 
 
 





 
 
Note dell'Autore: Comincio subito col dire che la trama non è originalissima, anzi. Tuttavia ho pensato di puntare sul finale, nel senso che ho voluto trasmettere al lettore un senso di pace, di quotidianità che è culminato con la scomparsa e poi la morte di Naruto. Volevo alimentare, ma so di non esserci riuscita, la speranza che Naruto potesse salvarsi e che fosse andato tutto nel migliore dei modi. Ci tengo poi a precisare la scelta del titolo. La mia intenzione era proprio quella di scrivere “with” e “out” (so che dovrebbe essere “without”), ma c’è un motivo. Ho voluto indicare la contemporanea vicinanza e lontananza dei due protagonisti che rappresenta anche la situazione finale e lo stato d’animo di Hinata. Spero che la storia sia piaciuta, non ho altro da aggiungere.
Grazie per aver letto!
Ringrazio soprattutto la mia beta che non si è annoiata nel correggere la moltitudine dei miei errori! <3
 
 
*
 
 
Note post risultati :D
Ebbene, sono arrivata quinta. Avrei potuto fare di meglio, lo so, e spero che, se mai ci sarà un’altra occasione, di poterlo dimostrare. Cercherò di seguire i consigli delle due gentilissime giudici! ^____^

 
  

   
 
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