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Autore: ellephedre    20/12/2011    21 recensioni
È il giorno in cui non so più cosa fare.
Mamoru, nell'episodio 61 della seconda serie. Dopo aver lasciato Usagi, quanto torna a casa, con Chibiusa.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Chibiusa, Mamoru/Marzio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda serie
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chibiusamamoru
Sai che giorno è oggi?

Autore: ellephedre
Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.




Sai che giorno è oggi?
«Facciamo i compiti?» grida Chibiusa. La voce stridula, da bambina, gli infilza le orecchie. Lei prende la sua mano e lo guida, sicura. Mamoru la segue in salotto.
Oggi è il giorno in cui non so più cosa fare.
«A scuola mi insegnano a fare i più!»
Si sente trascinato di sotto, a sedere sulla moquette di casa sua. In quel momento una bambina ha più forza di lui.
«Le somme» si sente dire.
«La maestra le chiama così» annuisce Chibiusa, stringendo concentrata le labbra giocattolo, troppo piccole per essere vere. Sono uguali a quelle di Usagi.
Sono qui con te per questo? Perché le somigli? No, perché l'ha incontrata per strada e Chibiusa lo ha placcato, attaccandosi alla sua gamba. Per averlo trovato proprio in quel momento, Mamoru avrebbe voluto abbracciarla. Usagi - aveva pensato - non aveva fatto in tempo a tornare a casa, non ancora. Per telefono, aveva fatto sapere alla madre di lei che aveva lui la bambina.
Ora ha voglia di sollevare una mano e accarezzarle la testa rosa, solo per sentirsi meglio.
«Io so già fare nove più nove, ma la maestra dice che devo esercitarmi ancora! È noioso!»
Chibiusa sta tirando fuori un quaderno dallo zaino. La copertina è rosa, vira sul rosso, come il libro che aveva tenuto lui in mano mentre diceva ad Usagi che, tra loro, era tutto finito. Il volume gli era caduto a terra, il tremore del braccio lo aveva tradito. Usagi si era chinata per raccoglierlo e lui glielo aveva strappato via, scappando. Non era riuscito a reggere un solo momento di ulteriore confronto.
Lo sai che non so cosa sto facendo?, mormora senza voce, per parlare senza essere sentito, per avere qualcuno... ad ascoltarlo. Per finta.
Muore, se rimaniamo insieme. La lascerò più tardi se viene, ancora. E domani. Di nuovo, la prossima settimana, se servirà. Ma io?
Chibiusa apre compìta il quaderno, cercando la pagina giusta. Riesce a leggere, è una brava bambina.
Cosa faccio da oggi? Sai che, di nuovo, non ho più nessuno?
«Ecco!» Chibiusa apre il palmo - che mani piccole - e picchietta il foglio a quadretti bianco. «Qui ci sono gli esercizi.» Gli indica una scheda incollata alla pagina opposta. «Mi aiuti?»
«Sì.»
Ho fatto soffrire Usagi, ma lei non si rassegnerà. Dovrò farla piangere di nuovo, fino a convincerla che fossero tutte bugie. Tutto quello che le ho detto, tutto quanto.
«Qui come devo fare?»
Chibiusa ha riportato un'operazione sul foglio. Il suo dito, il polpastrello, è poco più grande di uno dei quadretti della pagina, cinque millimetri per cinque. Lui solleva il quaderno, per leggere i numeri.
«Tre più uno. Fa quattro» dice.
«Non me lo devi dire!» lo sgrida lei. «Non devo barare!»
«Scusa.»
Da dove vieni fuori? Non resiste, le tocca una coda. Lei contrae le spalle e ridacchia.
Sei solo una bambina. Che gioca a far paura, partecipando a battaglie da grandi. Chiunque l'abbia mandata da loro, è un codardo.
«Dove sono la tua mamma e il tuo papà?
» le chiede.
Lei china maggiormente la testa, per non incontrare il suo sguardo neppure per sbaglio. «Mio papà è il fratello del papà di Usagi.
»
Si è registrata la storia della cugina in testa, pensa lui. È una povera bambina, senza nessuno a proteggerla.
«Sai che ero come te?»
Lei continua a scrivere i suoi numeri. È piccola, ma è già capace di fingere di non badargli.
«Ho perso i miei genitori quando avevo la tua età» continua lui. Sei anni circa, pensa. Sembra passato un secolo e neppure pochi minuti. Ancora una volta non ha nessuno, come allora. «Sono stato mandato in un posto in cui si sono presi cura di me. Un bambino non viene mai lasciato solo, capito? Tu hai...» esita. «Usagi. I suoi genitori.»
«Usagi non mi piace.»
«Hai me, se vuoi. Quando hai paura, cercami.»
Chibiusa non scrive più. Allunga un braccio e gli tocca la mano. «Io tornerò da mamma e papà.
» Ma gli stringe timorosa il dito.
«Sì» le conferma lui. Se i tuoi genitori sono vivi, non sarò io a dirti il contrario. Tornare da mamma e papà è il sogno di ogni bambino. Non era stato il suo.
Chibiusa ha messo il broncio. Cerca di non far vedere neppure quello. «Tu sei simpatico. Perché stai con Usagi?»
Stai. Quantità d'amore piovute del cielo, addosso a lui, a farlo illudere che fosse tutto vero. Lo era stato.
Amo Usagi. Solo che non potrò mai più stare assieme a lei.

Non sa come spiegarsi. E non riesce nemmeno a dire 'stavo'.
Lo fissano due occhi enormi, marroni e attenti.
Sei la sua miniatura, vuole dirle. E sei diversa, così piccola che sembri una bambola e spero - spero tanto - che nessuno ti faccia mai stare male come sto io.
Tu non lo meriti.
«Sei triste?» gli chiede lei.
«Un po'.»
«Coloriamo.» La soluzione di Chibiusa è girare una pagina del quaderno. «Quando sono triste, funziona. Papà mi ha detto che posso disegnare tutto quello che voglio, anche le risate.»
Traccia due linee e le ripassa, col pennarello rosa. Sono una bocca.
«Questa è una risata.» La imita con la propria, scoprendo i denti.
È comica.
«Visto che possiamo ridere?»
Non riesce a rovinarle il trionfo. «Sì.»
Cos'ha fatto lui per meritarsi la propria vita? Forse niente, ma a volte gli sembra giusto soffrire. Ci è abituato. Continua a perdere tutto, in qualunque esistenza abbia mai avuto. Endymion, Mamoru, sempre la stessa storia. Magari, invece, è giusto smettere di trascinare altre persone in quel destino segnato.
«Tieni.» Chibiusa gli passa il pennarello, quasi lo costringe a prenderlo in mano. «Disegna tu. Una risata.»
Lui si vede tracciare piccole linee, curve spezzate, unite in più punti. È una frangetta mossa. Sotto, disegna la forma di un viso.
«Sono io!» ride Chibiusa.
Il rosa le dà quella convinzione.
Sei tu, si dice lui. Disegna un sorriso sulla faccia del foglio. Questa non è Usagi, hai ragione. Ora cercherò di ridere assieme a te. E ti aiuterò, è una promessa. Così non ti sentirai mai persa.
Tira fuori dall'astuccio di lei un pennarello diverso. Azzurro.
«Disegna qualcos'altro. Qualcosa di bello.» Glielo passa.
Lei si fionda a creare una nuova opera.
La sua innocenza lo fa ridere: voleva un cielo e lo ottiene, fatto di passate azzurre rapide e imprecise, sincere.
Chibiusa molla l'azzurro e si appropria del giallo.
È una bella giornata di sole, il cielo terso... Lui si immerge nel proprio racconto, l'immagine resa realtà dal disegno. Usagi per me non soffre più, è così viva da scoppiare di salute. Chibiusa ha ritrovato i suoi genitori e io me la sono cavata.
In un qualche modo.
Guarda il sole rotondo che si forma sotto il pennarello di Chibiusa.
È giallo, biondo.
Hai i capelli più belli, più... I paragoni sono ingiusti. Mi è piaciuto toccarli.
Vorrei ancora.
Li sente sotto le mani, come se li avesse lì.
Ti amo.
Mi dispiace per averlo fatto, mi dispiace.
Avrebbe dovuto starsene per conto suo, sempre.
Chibiusa prende un colore nuovo, il verde.
Speranza.
Ti ho salvata, quando ho potuto. Ti salverò ancora, è un dovere.
E poi... non lo so.
'Sii forte', gli ha detto qualcuno. Tanti qualcuno, più volte nella sua vita. Non ricorda quando, chi.
Ne aveva fatto un motto, è ora di riprenderselo.
È il consiglio migliore che abbia mai ricevuto.
Forza è fierezza, equivale a salvezza. È continuità.
A mollare non ci pensa, non vuole.
Mamoru non si lascia andare.
Smette di parlare di se stesso in terza persona. Ha smesso quando aveva otto anni, lo ricorda bene.
Ma vale il concetto.
'Sii forte.'
Sì.
Spegne i pensieri, guarda il disegno di Chibiusa.
Osserva una casa che si forma, strana, con tante punte come tetto e alberi minuscoli tutto attorno. Quel che può fare la fantasia...
Chibiusa gli regala quel disegno e poi ne fa altri due, i compiti dimenticati.
Lui è in pace quando suona il campanello. Ha la testa piena di fiori a cinque petali, di mari fatti da due righe e di prati immensi, solo l'orizzonte a porvi fine.
Quando scosta l'anta, ha quasi dimenticato.
Ma dietro l'uscio c'è Usagi. Triste, con troppe domande, tutte per lui.
'Sii forte'.
Mamoru deglutisce e si fa da parte.
Solo per dirle di nuovo addio, la lascia entrare.
'Sii forte.'
Sì.

~

Icon di amber3024

~

NdA: avevo in mente da diverso tempo una storia che raccontasse dei momenti in cui Mamoru stava con Chibiusa, dopo aver lasciato Usagi. Immaginavo cosa si erano detti, come si andava formando il rapporto tra loro. Mi piacerebbe aver reso quello che volevo, ma questo potete dirmelo solo voi.
Se mi lascerete un commento, vi sarò molto grata.

ellephedre



   
 
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