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Autore: Shaigon    20/12/2011    1 recensioni
"Quale storia, quale leggenda deiderate ascoltare? Quella di Brom il valoroso? Eragon Ammazzaspettri e Saphira Squamediluce? Oppure... La leggenda di Erimna, la Trovatrice?"
"Erimna!" esclamarono in coro i ragazzini.
"D'accordo allora" prese ancora una volta fiato, osservando il pubblico.
"Questa storia inizia a Taurida, una mattina..."
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eragon, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cielo minacciava pioggia fin dall'alba, le nuvole incombevano su Taurida minacciose ma ancora addormentate mentre già il vento sferzava la città coi suoi impietosi soffi.
"Forza signori, signore e bambini!" La piazza del mercato era gremita di gente, tutta accalcata nello stesso spazio avanzato dalle numerose ed ingombranti bancarelle "Accorrete numerosi! Sta per cominciare lo spettacolo di Erimna la trovatrice, venite avanti!" Una voce femminile si levò alza e cristallina mentre la sua origine era già celata da un folto campanello. "Molto bene signori!" esclamò la ragazza, perchè proprio di una ragazza si trattava, osservando il pubblico accorso al suo spettacolo. Si sfregò le mani e schiarì la voce, fendendo con lo sguardo la calca. "Ditemi voi, gentile pubblico, quale storia desiderate ascoltare, forse la storia di Eragon Ammazzaspettri e di Saphira Squamediluce oppure, ancora prima, desiderate sentir narrare delle gesta dei Cavalieri, o qualche ballata? O ancora qualche storia di mia invenzione che nessuno ha mai udito e che nessuno mai più udirà?"
Si muoveva piano, con grazia, ogni passo era accompagnato dal tintinnio di numerosi sonagli che portava sul corpetto azzurro. "El... Elagon e Shapila!" strillò un bambino seduto sulle fredde mattonelle che componevano la piazza, in prima fila. "Si, Eragon"borbottarono alcuni uomini. "Come desiderate miei signori, come desiderate!" Esclamò la ragazza esibendosi in un profondo inchino "Vi narrerò dunque le gesta del grande eroe che liberò Alagaesia dal dominio del perfido Galbatorix e che ora sta ricostituendo il nuovo Ordine dei Cavalieri dei Draghi al difuori dei confini del nostro impero" Prese fiato per un attimo, osservando ancora gli spettatori "Eragon non era che un ragazzo destinato a diventare un contadino, abitante di Carvahall, un paese ormai celebre proprio per avergli dato i natali, che un giorno, durante una battuta di caccia sulla Grande Dorsale, si imbattè in un uovo, quello di Saphira" Dalla folla arrivò un "Oooh" sommesso; quella storia, per quanto ripetuta all'eccesso, aveva sempre il potere di incantare il pubblico. "Quando l'uovo si schiuse, Eragon toccò il drago e ricevette così il gedwey ignasia" mostrò al pubblico il palmo della mano destra. "Ma erano in pericolo! i Ra'Zac lo stavano cercando per ordine del tiranno, la missione? Ucciderli entrambi" Piegò le ginocchia e fissò i bambini portando gli occhi, di un azzurro ghiacciato, all'altezza dei loro. "Ma Eragon trovò insperato aiuto in Bro..."
"Signori!" urlò una voce musicale, a malapena udibile al disotto dello scalpicciò dei cavalli che erano entrati furiosamente nella piazza "Signori, vi prego di ascoltarmi: reco con me un uovo di drago, è molto agitato, abbiamo motivo di credere che stia per schiudersi, mettetevi in fila, vi prego, così potremo trovare il suo Cavaliere".
Erimna non potè credere alle sue orecchie "Mio signore" chiamò beffarda "Andate a raccontar le vostre frottole da un'altra parte, ve ne prego" Il veleno contenuto nel suo tono era palpabile e l'occhiata che diresse agli stranieri fugò ogni dubbio. Lo sguardo di tutte le persone, che già si stavano mettendo in ordine, venne diretto sui di lei che non si scompose nè distolse lo sguardo dalla longilinea figura cavallo. "Signorina posso assicurarvi che non v'è nessuna frottola nel mio dire nè intendo sottrarvi i clienti o tantomeno disturbarvi. Sono qui per adempiere al compito che la regina Arya mi ha affidato, nulla di più."
"Si certo, mio signore!"continuò la ragazza, furente. "Signori!Credete davvero che costoro siano emissari della regina Arya?" si rivolse alla piazza, che a sua volta le indirizzò i suoi innumerevoli sguardi. L'elfo, perchè si, era proprio un'elfo, sospirò sonoramente ed estrasse dalla bisaccia che portava in spalla un grosso ovale arancione, screziato da numerose venature ocra. La gente tornò a guardare il componente del popolo Leggiadro e si mise in fila, toccando uno alla volta l'ovale arancio che, nelle mani dell'elfo antipatico, continuava ad oscillare come impazzito. Le decine di persone che si erano ritrovate nella piazza dopo aver tentato sciamarono nelle viuzze laterali che sfociavano nell'agorà, lasciando senza clienti la giovane Erimna. "Niente da fare" mormorò l'elfo col quale si era scontrata "Non è qui..." la delusione nella sua voce era palpabile, quasi come una presenza sopra di lui. L'uovo non accennava a calmarsi "Signore!" esclamò burbera una guardia, un grand omone barbuto con una pancia enorme a tirargli le maglie della cotta "La trovatrice! Lei non ha provato" Prese ad indicare la ragazzina mentre gli occhi dei rimasti si puntavano nuovamente su di lei, gli occhi dell'elfo, fra gli altri, parvero intenzionati a farle fare una fine particolarmente dolorosa. "Essia" sospirò quello, avvicinandosi a lei. Erimna notò che camminava con tale leggerezza che per un attimo parve fluttuare "Toccalo" ordinò, gli occhi puntati sull'ovale. "No" si rifiutò la ragazza, infondendo nel tono una sicurezza che indubbiamente non provava. Ma l'uovo non volle accettare quel rifiuto e si agitò con maggiore violenza, mentre l'essere al suo interno spingeva per uscire con tutte le sue forze, fino a che una crepa, minuscola ma rumorosa, non tranciò di netto una delle tante venature. L'elfo mormorò strane parole in un'altrettanto strana lingua, non notando il progressivo indietreggiare di Dealh che, approfittando di quell'attimo di distrazione, fuggì in uno dei tanti vicoli che componevano Taurida, lasciandosi alle spalle le urla sorprese delle guardie, dell'elfo e, a malapena udibili sotto il trambusto, le strida del neonato che ora ringhiava all'indirizzo del Leggiadro, impedendogli di toccarlo.
Erimna intanto, tallonata dai soldati, corse per i vicoli, urtando svariati bambini e donne e ancora soldati, intonti dall'alcool o dalla placida calma che regnava quella mattina; i militari urlavano intimandole di fermarsi, di non temere poichè l'essere Cavalieri era una cosa buona, di andare a salutare il suo drago ma la ragazza corse, corse, ignorandoli mentre una gran nebbia le annebbiava occhi e mente. Quell'onere non lo aveva mai cercato, mai aveva desiderato che quel coso si schiudesse proprio davanti a lei in tutto lo sterminato Impero: non l'avrebbe toccato.
Poi, d'improvviso, venne attanagliata dalle ruvide maglie di una rete che le ferirono le porzioni di pelle lasciate scoperte dagli abiti e si trovò immobilizzata a terra, dibattendosi per la libertà che non le venne concessa dagli impietosi soldati.
"Toccatelo voi quel mostro!" andava strillando mentre uno dei soldati la trasportava di peso di nuovo verso la piazza dove l'elfo, sempre alle prese col ringhiante draghetto la stava attendendo.
Venne abbandonata davanti ai due, e il cucciolo, le squame dalla forma arrotondata di un luminoso arancio screziato d'ocra secondo elaborati disegni a ragnatela, si voltò immediatamente verso di lei. Nel riconoscerla il muso, di forma vagamente triangolare, parve illuminarsi e quello le venne incontro, claudicante mentre già un tentacolo di pensieri estranei -fame, curiosità, sorpresa, fiducia- si inseriva tumultuosamente nella coscenza di Erimna che, dal canto suo, non potè impedirsi d'essere intenerita da quello spettacolo. Sospirò cacciando il ribrezzo e permise alle sue emozioni di travolgere il cucciolo che tentennò sorpreso per poi riprendere la sua ondeggiante camminata ed accettare con un gemito deliziato il primo contatto stabilito dalla mano destra della ragazza che contemporaneamente venne invasa da una gelida scarica in tutto il corpo, una scarica ghiacciata che però le bruciò le viscere condannandola ad un rapido ma tremendo supplizio.
Sul palmo destro scintillava placido il suo gedwey ignasia.

 
  
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