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Autore: AmadisAmaryllis    20/12/2011    1 recensioni
“E’ troppo tardi per filarcela, vero?”
Le migliori battaglie si giocano in casa del nemico. Nevvero, Kurt?
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti, questa shot è stata scritta a quattro mani, da me, Amaryllis, e da Amadis!


Raise your glass

                             ...for future is yet to come



Il rombo del motore della macchina ferma nel vialetto era quasi assordante, tanto era profondo il silenzio che regnava nell’abitacolo. Le mani di Kurt scivolarono giù dal volante in modo sconsolato.

“E’ troppo tardi per filarcela, vero?” chiese, con una punta di disappunto nella voce.
 “Io proprio non ti capisco.” esclamò Blaine, facendo quasi sobbalzare il fidanzato per la sorpresa.
“Cos’è che non capisci, Blaine?”
“Non capisco perché tu te la prenda tanto.” Precisò allora il moro “Sebastian è simpatico.”
“Sì, ma fra frequentare una persona simpatica saltuariamente e vederla tutti i sabati sera c’è una lieve differenza, sai?” ribatte l’altro in tono acido.
“Quante volte dovrò ripeterti che non devi essere geloso?” lo rimbottò con i suoi brevettati occhi da folletto verde Blaine,
“Quando sarai capace di dimostrarmi che non ce n’è bisogno...” Rispose Kurt, risentito.
Blaine sospirò “Andiamo, Kurt, non fare il bambino. Se tu avessi invitato una persona alla tua festa e questa non fosse venuta senza nemmeno avvisarti come saresti rimasto?”
Kurt ripensò a quando, all’età di nove anni, aveva invitato quasi tutti i ragazzi e le ragazze del quartiere al suo compleanno e nessuno di loro si era presentato. Si era chiesto se il tema Marilyn Monroe non fosse molto di moda, ma poi aveva ripiegato sulla constatazione che a nessuno piacciono i “diversi”.
“E va bene.” esalò con poca convinzione, girando la chiave per spengere la macchina. “Andiamo, ma promettimi che non finirà come l’altra volta.” chiese al ragazzo, con due occhi da cucciolo, il cui effetto sul fidanzato conosceva bene.
“Promesso.” Sorrise Blaine, dandogli un lieve bacio sulla guancia per dimostrare meglio il concetto.
Kurt sorrise e chiuse lo sportello aspettando che il suo ragazzo lo raggiungesse per entrare insieme alla festa di Sebastian.
Spingendolo affettuosamente con una spalla, Kurt si avvicinò alla porta e suonò al campanello con una smorfia. Non aveva assolutamente voglia di passare l’ennesimo sabato sera con quel biondino che tentava di fregargli il fidanzato una volta sì e un’altra pure.
Il diretto interessato aprì la porta quasi subito, emergendo da una folla di ragazzi urlanti tutti intenti a ballare e bere.
Sebastian rivolse un sorriso radioso a Blaine “Sono davvero contento di vedervi.” Disse, spostando un attimo lo sguardo su Kurt.
“Immagino…” farfugliò il mezzo soprano, entrando nella calca di gente.
Il festeggiato scortò entrambi fino al salotto, dove lo sfortunato di turno stava facendo una pessima figura davanti a un karaoke. Prese una bottiglia di birra e la porse al più giovane dei due, per poi allungare al predestinato guidatore un bicchiere di Diet Coke “Sei sempre tu l’autista, vero?” e senza aspettare una risposta, spinse Blaine tra la folla di ‘ballerini’.
Kurt sbuffò alzando gli occhi al cielo e aggiustandosi la giacca iniziò a vagare per la casa alla ricerca di qualcosa con cui distrarsi.
All’improvviso si ritrovò qualcosa che somigliava troppo a vodka sulla camicia e si voltò per fare una partaccia “alla Kurt” a qualcuno, ma non trovò nessuno su cui sfogarsi, perché tutti si stavano dirigendo a passo di carica verso la zona karaoke, attratti da un passaparola che a lui non era stato giunto.
Raccogliendo un tovagliolo da un tavolino e iniziando a strusciare dell’acqua gassata sulla stoffa, si avviò incuriosito verso il salotto.

“... e così, ecco a voi, in esclusiva per il mio compleanno: Blaine Anderson!”

Mentre le note dell’introduzione di una canzone che Kurt era sicuro di aver già sentito si spargevano per la stanza, Sebastian lo afferrò per un braccio e lo trascinò più vicino al palco.
Sperò di sbagliarsi, ma quando il moro iniziò a cantare, non ebbe più dubbi.
 
You think I’m pretty without any make-up on
You think I’m funny when I tell the punch line wrong
I know you get me so I let my walls come down
 
Kurt spalancò gli occhi e sentì le palpebre pizzicare alla vista del suo Blaine che cantava spostando lo sguardo da Sebastian alla folla, quasi senza notarlo.
Si sentì stupido e si voltò, scappando di corsa verso l’uscita, e mentre correva buttò per terra una sedia, attirando l’attenzione del cantante. Ma Blaine non interruppe la canzone e lui uscì in giardino, dando libero sfogo alle lacrime.
Ripensò a tutti gli sforzi che aveva fatto, a tutti i pregiudizi che pensava di aver superato e tutte le parole che aveva sprecato; gli risuonavano in testa sempre più forte, mentre alla immagini del passato si sovrapponevano quelle che aveva ingenuamente immaginato per il suo futuro con Blaine.
Adesso sembrava tutto così inutile e vuoto.
Rimase solo per pochi minuti, prima che la porta a vetri si aprisse e il suo ragazzo lo raggiungesse, un po’ alticcio.
“Ehi.” lo salutò, osservandolo con aria curiosa “Che è successo?” chiese
“Non lo so, Blaine. Dimmelo tu.” Insinuò con acidità.
“Tesoro, datti una calmata: non è successo nulla. E’ stupido prendersela così per una canzone.”
“Lo so, io sono il tuo stupido ragazzo, che è stupidamente innamorato di te e ha stupidamente pensato che la cosa fosse reciproca. Ma si vede che ho sbagliato, se te quella è 'una stupida canzone', allora tutto quello che stiamo tentando di dimostrare al mondo è stupido.”
Blaine provò a farlo voltare verso di sé, ma l’altro si scostò bruscamente, guardandolo con gli occhi pieni di lacrime.
“Pensavo che mi amassi anche tu, e invece non è vero. Ma almeno dovresti avere il coraggio di dirmelo, invece di dedicare la Nostra canzone a un altro ragazzo!” sussurrò con voce spezzata.
Il moro aggrottò le sopracciglia “Quando mai ho dedicato quella canzone a Sebastian?” domandò.
“Proprio in questo momento, Blaine. Come puoi continuare a mentirmi? Abbi il coraggio di ammettere la verità.”
“Non riesco davvero a capire a cosa vuoi arrivare, Kurt.” Ribattè adesso Blaine con tono serio, iniziando a scaldarsi.
Il ragazzo perse le staffe “SMETTI DI PRENDRMI IN GIRO, BLAINE! SE VUOI STARE CON SEBASTIAN BENE! MA ALMENO ABBI IL CORAGGIO DI DIRMELO!” gridò.
Blaine cercò di calmarlo, invano.
“Sei un vigliacco, e lo dimostri tuttora. Forza, lasciami. Scappa come hai sempre fatto, dopotutto è la tua specialità, no?” e con queste parole Kurt lo lasciò da solo in giardino, tornando alla festa.
Blaine rimase da solo a ragionare sulle parole del suo fidanzato, ancora incapace di credere che Kurt potesse davvero pensare che tra loro fosse finita. Lui l’amava e Kurt avrebbe dovuto saperlo bene, meglio di chiunque altro.
Aveva sbagliato? Eppure non gli era sembrato così grave cantare quella canzone, era una come tante, non aveva idea che avesse tanta importanza per il suo ragazzo.
Arrabbiato, con sé stesso e con la vita in generale, tirò un pugno al muro, attirando l’attenzione di tre ragazzi che camminavano per la strada.
“Ehi, ragazzina, sei arrabbiata con qualcuno? Hai litigato con la tua fatina?” chiese quello più grosso del gruppo, con una voce che Blaine aveva sperato con tutto il cuore di aver dimenticato.
Si voltò di scatto, osservando con rabbia quel suo ex compagno di scuola.
“Non dirmi che ti sei dimenticato la scorsa festa.” Rise quello, coinvolgendo gli altri due “Abbiamo fatto un bel lavoretto con te e il tuo piccolo amico, eh sissy*?”
Blaine non ribatté, e considerò l’idea di tornare alla festa senza attaccare briga con quei tre, ma le parole di Kurt continuavano a risuonargli nella testa, laceranti.
Girò sui tacchi e si avvicinò a passo veloce verso i ragazzi.
“James, Will, Cormac. Ma che piacere rivedervi.” Fece, sarcastico
“Il piacere è tutto nostro, bellezza.” Rispose quello che sembrava il più giovane “A quanto pare non hai ancora imparato la lezione, eh? Giri ancora intorno alle fatine.”
“Compresa quella che ti ha appena scaricato, vero?” esclamò il terzo, esplodendo in una risata
“Devo dire che non sei cambiato rispetto a due anni fa. Continui far scappare le tue amichette.”
“Almeno una siamo riusciti a riportarla sulla retta via, vero Will?” disse il più grosso ammiccando in direzione di Blaine.
 
John. Blaine sentì una nuova lamina fredda all’altezza dello stomaco.
Aveva quindici anni, aveva da poco fatto coming out e aveva deciso di andare al ballo col suo compagno di banco. Durante la serata avevano discusso, John sembrava freddo, a disagio, e aveva insistito per andarsene verso mezzanotte.
Mentre aspettavano che Micheal, il fratello maggiore del suo amico, venisse a prenderli, sul retro della palestra, si erano avvicinati tre ragazzi. Dovevano essere studenti dell’ultimo anno, aveva visto uno dei tre in classe con suo fratello Shane, prima che cambiasse scuola. Ora che era in quel collegio in Colorado, sentiva davvero la sua mancanza; era l’unico in famiglia che tentava di capirlo, e che non aveva preso la sua decisione come una sorta di segreta perversione da tenere nascosta a tutti i costi. Gli aveva consigliato di uscire allo scoperto, dicendo che vivere nella menzogna non era giusto. 
Aveva sentito dei pettegolezzi girare per la scuola, avevano iniziato a spingerlo contro gli armadietti e sì, il suo armadietto era stato forzato e qualcuno aveva versato del marshmallow fuso su tutti i libri, ma pensava fosse normale; in fondo, non si aspettava che tutti gli studenti del liceo Celntohn di Westerville saltassero di gioia.
“Morettina, hai finalmente trovato un angolino ben appartato per fare quelle schifezze che fate voi froci?” aveva esclamato uno dei tre, Cormac, spingendo John contro il muro, sghignazzando, mentre gli altri due si erano messi ai lati, accerchiandoli.
“Ehi, andatevene!” aveva esclamato Blaine, cercando disperatamente di attirare l’attenzione di qualcuno. Tempo sprecato; la musica in palestra era al massimo volume, nessuno lo avrebbe mai sentito. I tre comunque non avevano gradito, e prima di potersene rendere conto era volato contro un cassonetto, colpito da un pugno di Will. Erano ubriachi, si sentiva dall’alito pesante, e questo li rendeva ancora più violenti. Quando finalmente arrivò Micheal, John era svenuto, con un grosso ematoma sul torace (gli avevano tolto la giacca e strappato la camicia), mentre lui era ancora in sé, pur sentendo delle forti fitte al torace mentre tentava di tastare il polso dell’amico. I tre assalitori si erano dileguati. Arrivati in ospedale, John si era rifiutato di parlare con la polizia e di denunciarli, supplicando Blaine di fare lo stesso. Temeva quello i tre avrebbero potuto fare loro –in fondo non avevano prove- e aveva convinto il compagno ad accettare.
Tutto inutile.
Una settimana dopo, tornato a scuola, John aveva cambiato classe, in modo da non incontrarsi. Quando aveva provato a parlarci, il suo ex compagno gli aveva intimato di andarsene, mentre praticamente tutti gli studenti li fissavano.
E solo allora si era sentito morire. Non gli importava dei lividi, dei calci, degli insulti, neppure della costola incrinata; ma era stata la sua pazzia di dichiararsi e la sua convinzione di ottenere l’approvazione di tutti a far soffrire il suo amico. Tornato a casa, aveva preso il flacone dei sonniferi di sua madre, svuotandolo; solo l’arrivo della domestica l’aveva salvato.
Quando si era risvegliato, era nella stanza di una lussuosa clinica privata, lo sguardo di suo padre l’aveva trafitto. Con voce fredda, carica di disprezzo per quel figlio che l’aveva deluso in tutto, gli aveva annunciato che lui e sua madre avevano deciso di mandarlo in collegio, alla Dalton, una scuola d’élite in Ohio con tolleranza zero verso il bullismo. Avrebbe voluto ribattere qualcosa, ma proprio in quel momento era arrivata sua madre. E lui, un adolescente basso per la sua età, mingherlino ed abbastanza timido, si era trasferito alla Dalton per non dover affrontare quei bulli. Li aveva lasciati vincere. Era stato un vigliacco. Kurt aveva ragione.
 
Adesso, però, aveva la possibilità di riscattarsi. “Anche voi non siete cambiati.” disse, sfoderando un coraggio che non aveva “Continuate a farvi forza della vostra ignoranza, ma la realtà è che avete semplicemente paura”.
I tre si scambiarono un’occhiata basita e divertita allo stesso tempo. “Ma tu guarda, la nostra morettina tira fuori gli artigli!” disse sardonico quello mingherlino “Dimmi un po’, come si chiama la nuova amichetta? Potremmo parlare anche con lei, sai com’è…”
Kurt, non è vero? Carino… non ce la presenti?” sussurrò con un ghigno Will, spingendo con fare provocatorio Blaine. Bastò il nome di Kurt, e qualcosa prese il sopravvento su tutti i suoi fantasmi.
“Non Osare” ruggì, avventandosi sull’altro. Con un movimento abbastanza fluido travolse l’avversario con tutta la sua forza; gli altri due, però, non persero tempo per fargliela pagare. Cormac lo spinse con la faccia contro il muro, mentre l’atterrato gli sferrò un calcio nella parte lomdare, scoppiando a ridere all’udire un gemito del moro.
Nel collassare a terra, mentre i tre continuavano a colpire, gli sembrò di intravedere una figura conosciuta.
Kurt…” mormorò, mentre il buio prendeva il sopravvento.


*sissy= è una pesante offesa in slang americano, più o meno traducibile con effemminato.


Muhahaha! Siamo cattive, lo sappiamo bene! Ma non vi preoccupate, ora che Super Kurtie è arrivato alla riscossa, il nostro Blainey è salvo... forse.
Aggiornamento domani o dopodomani al massimo.
R&R!!!
 

 
  
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