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Autore: Ray    07/08/2006    0 recensioni
Un racconto che attraversa vari momenti dello Universal Century, una cronaca di guerra che ne narra i principali conflitti attraverso gli occhi dei personaggi che li vivono. E che combattono le battaglie più dure dentro di sé.
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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CAPITOLO 2: CIÒ CHE SI VEDE, CIÒ CHE NON SI VEDE (parte seconda)

***

Le navi di classe Jupitris non erano una vista rara nella Sfera Terrestre, benché non vi appartenessero. Fin da prima della Guerra di Un Anno, avevano avuto il compito di rifornire la Terra e le colonie di elio3, l’isotopo fondamentale per il funzionamento dei reattori nucleari ultracompatti Minovsky.

All’interno di un Jupitris, una ragazza dai lunghi capelli biondi, avvolta nella normal suit nera dei Titans, era appoggiata sul piede di un grosso mobile suit.

Anzi, non appoggiata, era raggomitolata.

In posizione fetale, approfittava dell’assenza di gravità per adagiarsi su di una superficie diagonale, dalla quale, in condizioni normali, sarebbe sicuramente scivolata.

L’assenza di gravità le piaceva.

Non solo perché sentirsi privi di peso era quasi un sollievo, ma anche per quel bizzarro effetto che ricreavano i suoi capelli che le fluttuavano attorno, avvolgendola in un bozzolo dorato.

La ragazza aprì i suoi occhi, di un azzurro talmente chiaro da essere quasi bianco.

Guardò una ciocca dei propri capelli che le fluttuava davanti al capo.

Sorrise.

"Presto la sua volontà sarà fatta, padron Paptimus", mormorò tra sé e sé.

Poi, alzò il capo e guardò le larghe spalle del mobile suit e la sua minuscola testa dall’aspetto demoniaco.

"E tu adempirai finalmente al tuo compito, Titania".

Quasi a interrompere l’incanto di quella situazione onirica, una voce metallica gracchio dall’altoparlante nell’hangar dei mobile suit: "Isolde, è arrivata la persona che avevi chiesto di contattare".

La ragazza si appoggiò sui gomiti: "Fallo entrare. Non vedo l’ora di incontrarlo".

Ci fu un attimo di silenzio, come se la persona che aveva parlato attraverso l’altoparlante avesse avuto un’esitazione improvvisa. Poi, la risposta: "Te lo sconsiglio. Quest’uomo è estremamente paranoico… Non lo si può toccare, letteralmente. Preferirei che tu lo incontrassi insieme a me e Caterina".

"Non è il caso, grazie. Fallo entrare".

Un’altra pausa. Evidentemente la persona che stava parlando con Isolde non era convinta di quello che le veniva detto. "Come vuoi", concesse infine, "Ma ti devo avvertire: non stai per incontrare una persona normale. Questo tizio era già paranoico e misantropo prima di sottoporsi al trattamento dell’Istituto Murasame. Si allenava in continuazione perché aveva sempre paura che qualcuno potesse cercare di ucciderlo, non mangiava mai in presenza di altre persone, si guardava continuamente le spalle… Dopo essere diventato un umano potenziato, il suo cervello ne ha risentito ed è peggiorato ulteriormente. Adesso detesta l’idea di avere un altro essere umano a meno di tre metri di distanza. Se qualcuno lo tocca, è capacissimo di spezzargli l’osso del collo a mani nude…".

La ragazza dai capelli biondi si staccò dal mobile suit con un agile balzo, volteggiando su se stessa, mentre il suo corpo sembrava galleggiare nell’hangar privo di gravità. "Sai perché né tu né io siamo in grado di pilotare il Titania, Luna? Perché né tu né io riusciamo ancora a mettere in pratica alla perfezione gli insegnamenti di padron Paptimus. Solo poche persone sono capaci di comprendere il prossimo ed espandere la propria sensibilità oltre i limiti della gravità terrestre. Ed è giusto che siano queste persone a decidere le sorti dell’umanità. Luna, io vorrei diventare una di queste persone, quindi devo cercare di capire quello che il nostro ospite è e quello che prova. Fallo entrare".

Isolde voltò il capo verso la grande porta scorrevole che dava sul corridoio dal quale si arrivava all’hangar.

La porta si aprì con un sibilo.

Avvolto nella normal suit nera dei Titans, con il casco sottobraccio, Conner Clark avanzò a grandi passi verso la giovane. "Non ho ben capito perché io sia stato chiamato qui", disse senza il minimo fremito nella voce, "Spero che tu me lo voglia spiegare".

Senza dire una parola, Isolde diede un rapido calcio contro il pavimento, spingendosi verso il pilota. In un attimo, gli fu addosso.

Gli avvolse le braccia attorno al collo e si strinse la sua testa al petto, in un gesto così materno da sembrare innaturale in una ragazza tanto giovane. I capelli di lei galleggiavano placidamente attorno ai due.

Conner Clark spalancò gli occhi, fin quasi a farseli schizzare fuori dalle orbite.

Cominciò a sentire quel martellante dolorino nella parte posteriore del capo che lo assaliva sempre quando si trovava a contatto con altri esseri umani.

Lasciò il casco e sollevò le mani verso la ragazza, pronto a ghermirle il collo.

Fu solo quando le sue dita ebbero quasi toccato la gola di lei, rimasta perfettamente immobile, con gli occhi chiusi e la guancia appoggiata al suo capo, che si bloccò.

La sentiva.

Il contatto con il corpo della ragazza era il minore dei problemi per Clark, in quel momento.

La percepiva con una chiarezza che nessuna vicinanza fisica, per quanto completa, per quanto intima, avrebbe mai potuto restituire.

La sentiva più di quanto avesse mai sentito sua madre quando aveva brandito davanti a lui un coltello per il burro arroventato e lo aveva minacciato di incidergli sulla schiena dei passi del Vangelo come tributo al Signore.

La sentiva più di quanto avesse sentito sua sorella quando l’aveva strangolata per punirla di averlo ridicolizzato davanti alle proprie amiche per la sua timidezza.

La sentiva più di quanto avesse mai sentito qualsiasi donna con la quale aveva fatto sesso, una breve quanto triste lista di figure senza volto, nelle quali aveva cercato qualcosa che non era mai riuscito a trovare.

La sentiva nella propria testa.

Le loro menti erano una.

‘Noi siamo speciali’, pensò Isolde, ma Clark la udì come se avesse parlato ad alta voce. ‘Io sono nata così, mentre tu lo sei diventato. Non può essere stato un caso. Noi siamo venuti al mondo in funzione di questo istante. Sei una persona che cerca calore, ma i comuni esseri umani non possono darti quello che vuoi. Sei qualcuno che non si ferma alle apparenze, ma la gente è talmente abituata a indossare una maschera da non rendersi nemmeno più conto di farlo. Sei un uomo che vorrebbe vivere in un mondo migliore, ma il mondo che tu sogni è troppo puro e perfetto perché qualcun altro possa concepirlo. Vorresti comunicare quello che senti, ma sei troppo più sensibile di chi ti circonda per poterci riuscire senza esserne irrimediabilmente ferito… Conner, tu sei una persona straordinaria… Io lo capisco. Io ti capisco’.

Clark cadde in ginocchio.

"Cosa devo fare, Isolde?", mormorò. Non si chiese nemmeno come facesse a conoscere quel nome, dato che la ragazza non si era mai presentata. In quel momento, gli pareva ovvio sapere come si chiamasse, anche se non riusciva a capire in quale deviata maniera.

Isolde sciolse l’abbraccio.

Lasciò una mano su di una spalla dell’uomo, mentre con l’altra gli carezzava una guancia.

Lo guardò dritto negli occhi.

"Devi fare quanto di più difficile un essere umano possa fare", gli disse. "Sii te stesso, Conner".

***

"Direi che è tutto a posto", sentenziò il medico consegnando a Dolores la cartella clinica di Elizabeth.

Da quando la ragazza le era stata affidata, si sentiva in dovere di esaminare i risultati delle visite mediche che l’Esercito Federale le aveva fissato.

Non le era stato dato espresso ordine di farlo, in realtà, come se i suoi superiori volessero tenere solo per sé gli esiti delle analisi.

Ma Dolores lo faceva lo stesso.

Mania da madre, probabilmente: era abituata a badare alla salute di suo figlio e forse occuparsi di quella di Liz la aiutava a compensare il fatto di non poterlo fare in quel frangente.

Il medico, un uomo sulla trentina, stempiato ma non ancora calvo, non aveva mai fatto storie alle sue richieste di conoscere il risultato delle visite.

Probabilmente pensava che, essendo lei un soldato federale, dovesse vederli per lavoro.

Dolores aveva già capito da un po’ che quella era un’occasione interessante per sapere qualcosa di più circa la misteriosa ragazza che le era stata affibbiata.

Ma doveva andarci cauta.

Doveva formulare le parole in modo da non lasciar sospettare al medico che lei stesse andando oltre i propri limiti.

Mentre guardava il dottore, seduta all’altro lato della scrivania del suo studio, rifletté su come cominciare.

"Allora, i risultati sono quelli che ci si aspettava?".

L’uomo fece spallucce: "Non saprei dirlo, in realtà. I suoi superiori non mi hanno detto esattamente cosa si aspettano, mi hanno solo chiesto di fare determinate analisi".

Dolores si morse un labbro.

Cominciava male.

"Capisco", disse. "D’altra parte, le peculiarità di questa ragazza vanno accuratamente studiate".

"Poco ma sicuro. Anzi, le sarei grato se mi dicesse qualcosa di più sul suo conto. I suoi superiori mi hanno detto che è una newtype e fin qui ci siamo… Anzi, ripensandoci, non credo di voler sapere più di così. Se siete stati capaci di sbattere in galera quel poveraccio solo per coprire certe cose…".

Dolores dovette fare uno sforzo di volontà per non spalancare gli occhi per lo stupore.

Non solo il medico stava confermando l’innocenza di Julius, ma stava anche dicendo che sapeva perché era stato incriminato!

Cercò di mantenere la calma e bluffò spudoratamente: "Capirà che non possiamo permettere che si sappiano cose come quella…".

Per la prima volta nella propria vita, provò rammarico per essere sempre stata una pessima giocatrice di poker.

"Be’, suppongo di sì", rispose l’uomo. "Se si venisse a sapere che un personaggio come Elizabeth Fontaine ha certe manie…".

Un personaggio?

Manie?

Ma quanto incasinata era quella storia?

Fortunatamente, Dolores non ebbe bisogno di fare domande, perché il medico continuò.

"Chi potrebbe mai dire che una ragazzina tanto carina e di famiglia tanto illustre abbia certi vizi", proseguì facendo l’occhiolino alla sua interlocutrice.

"È stata una sorpresa anche per me", rispose lei. Era la prima cosa sincera che diceva in quella conversazione.

"Mah, per me non tanto, alla fin fine… Secondo me, tutte le ragazze di quel tipo sono un po’ troie".

"Mi dispiace solo per l’uomo che è stato incriminato a causa sua".

"Eh, già, poveraccio, sbattuto in galera per la ragion di stato… Anzi, per la ragion di figa. Ma le dico, se non fosse stata quella che è, Elizabeth Fontaine a quest’ora sarebbe considerata solo una ragazzina stupida che ha cercato di divertirsi troppo. E quell’altro tizio ci è andato di mezzo!".

Dolores pensò seriamente che in quel momento dovesse essere possibile vedere del fumo uscirle dalle orecchie: più il medico parlava, più lei aveva l’impressione di avvicinarsi alla verità, eppure meno ne capiva.

Provò ad andare sul generico: "Capirà che i miei superiori non mi hanno spiegato con esattezza tutti i particolari, quindi non posso unirmi al suo divertimento… Anche se ero presente quando la ragazza è stata trovata, non ho visto cosa sia successo effettivamente".

"Non ha visto? Allora glielo spiego io: quando io e il mio staff abbiamo sottoposto la signorina alle analisi, ci siamo accorti che effettivamente riportava tutti i segni di una violenza carnale… eccettuato uno".

"Cioè?".

"Non c’era sperma, né altri fluidi estranei al corpo del soggetto. Nemmeno una traccia. Qualsiasi cosa si sia infilata dentro, non era un membro maschile. In pratica, stava facendo da sola".

"Ma… e l’equipaggio dell’Alexandria? Non potrebbero essere stati loro?".

"Ne dubito. Considerato il momento in cui deve essere successo, sarebbero come minimo dovuti essere già impegnati a combattere contro di lei e i suoi compagni. Non escludo che possa essere andata così, ma mi sembra improbabile".

Fu un attimo.

Un sospetto attraversò la mente di Dolores.

Per quanto impossibile potesse sembrare…

***

Dolores fissò Julius attraverso il vetro della sala colloqui del carcere.

Non sapeva nemmeno lei come porre la questione e non era esattamente un genio, quando si trattava di essere diplomatici.

Cercò di esordire il maniera naturale: "Allora? Come te la passi?".

"’Na merda", rispose lui, quasi senza guardarla in faccia. "Soprattutto perché non capisco ancora per quale motivo io sia qui".

Dolores sospirò: lei, invece, stava cominciando a capirlo fin troppo bene.

Cercò di venire al punto senza essere troppo brusca: "Voglio parlare di quel giorno in cui trovammo Elizabeth".

Fallì, ovviamente.

"Bisogna proprio?", domandò l’uomo senza troppo trasporto.

"Julius, tu non sai…".

"Cosa non saprei? Non so perché sono in galera? Ecco, questo non lo so, hai ragione".

"Senti, per farla breve… Forse posso tirarti fuori di qui. Penso di avere capito come sono andate le cose, però ho bisogno di una conferma".

Il volto di Julius si accese all’improvviso: "Sarebbe?".

"Quando tu hai incontrato Elizabeth per la prima volta, cosa hai pensato?".

"Come?".

"Hai capito, dai… Ho bisogno di sapere cosa hai pensato quando l’hai vista per la prima volta".

"E chi si ricorda? Avrò pensato che fosse strano trovare una ragazzina su quell’Alexandria, che altro?".

"Solo questo? Nient’altro?".

"Non capisco dove tu voglia arrivare… Se hai qualcosa da dirmi, ti conviene fare in fretta, perché il tempo per il colloquio è limitato".

"D’accordo, hai ragione. Veniamo al sodo: te la saresti fatta?".

"Eh? Ancora con questa storia? Non è bastato che un’insinuazione del genere mi abbia fatto finire in carcere senza che vi fosse uno straccio di prova contro di me?".

"No, davvero, Julius, ho bisogno di saperlo: te la saresti fatta?".

"Si può sapere dove cazzo vuoi arrivare?".

"Porca puttana, e rispondimi! Ci vuole tanto?".

"Guarda che, se anche avessi pensato che me la volevo scopare, questo non significa che l’abbia fatto veramente!".

"Lo, so, Julius, ma io devo saperlo! L’hai pensato o no?".

Julius fece una pausa. Distolse lo sguardo. "Be’, l’hai vista, no? Sembra fatta apposta per risvegliare istinti animaleschi… Ma ti ripeto che non me la sono scopata! L’ho colpita, questo sì, ma non ho nemmeno provato a farmela!".

Dolores si alzò: "A posto. Adesso credo proprio di avere capito come siano andate le cose. Non mi resta che trovare un modo per dimostrarlo in tribunale…".

Mentre usciva dal carcere, lasciandosi dietro un Julius perplesso, Dolores pensò che forse le cose sarebbero state anche più difficili.

Forse la Federazione avrebbe impedito in qualche modo la riapertura del processo…

Doveva trovare un sistema per arrivarci comunque.

***

Quando Elizabeth si sedette nell’abitacolo spalancato del Titania, non provò niente di particolare.

Indossava la normal suit nera dei Titans, perché si stava preparando a uscire dal Jupitris sul suo nuovo mobile suit.

Davanti a lei, affacciata all’abitacolo, sospesa in quell’assenza di gravità che sembrava il suo habitat naturale, avvolta tra i suoi stessi capelli fluttuanti, Isolde le sorrideva.

La ragazza bionda annuì con il capo: "Sono contenta che tu abbia accettato di salire sul Titania, Elizabeth. Credo tu abbia fatto la scelta giusta".

Gli occhi di Liz si strinsero, mentre la sua bocca si contraeva in un’espressione dubbiosa: "Non so bene perché l’ho fatto", disse. "Forse perché mi hai detto che questo era il modo in cui avrei dovuto essere aiutata".

"Non è così, Eliazabeth. Padron Paptimus avrebbe fatto per te molto più di quanto possa fare io. Ma posso provare a imitarlo".

"Significa che io non risolverò i miei problemi pilotando il Titania?".

"Diffida di chi ti dice che i problemi si possono risolvere semplicemente compiendo un’azione specifica. Eppure, io ti dico che il Titania può aiutarti".

"Come?".

"Facendoti diventare migliore. Salire sul Titania non è come pilotare un mobile suit qualsiasi. È come fare un viaggio per mare per tornare a casa dopo una guerra. È come uccidere il drago e bagnarsi del suo sangue. È come estrarre la spada dalla roccia. È come visitare l’aldilà nel mezzo del cammin della tua vita. È un’iniziazione. È un atto attraverso il quale ti liberi della tua maschera e diventi ciò che saresti dovuta essere da sempre".

"Non… non capisco…".

"Capirai. Padron Paptimus cercava una donna che potesse creare il mondo da lui sognato. È stato proprio per questo che ha progettato il Titania. Tu, Elizabeth, hai il talento per generare il mondo desiderato da padron Paptimus. Questo è ciò che sei, ma che non hai mai saputo di essere… Anzi, forse lo sapevi, ma l’hai sempre rifiutato. Accettalo. E usalo per te stessa".

***

"Avrebbero anche potuto metterci su di un Alexandria", mormorò Dolores tra sé e sé, mentre controllava le strumentazioni del proprio Z Plus prima di partire.

Allo squadrone che era stato formato per quella missione era stato assegnato un Salamis Kai. I vertici federali avevano giudicato che quattro mobile suit fossero sufficienti per fermare un gruppetto di reduci dei Titans che rifiutavano di arrendersi e che avevano per base una singola nave di classe Jupitris.

Secondo le informazioni dell’intelligence, su quel Jupitris c’erano solo tre mobile suit, quindi i modelli della squadra federale, lo Z Plus custom di Dolores e tre GM III di ultima generazione, erano stati giudicati sufficienti.

Naturalmente, i soldati che avrebbero dovuto combattere agli ordini di Dolores non sapevano niente.

O meglio, non sapevano più di quanto dovevano: su quella nave c’erano dei Titans che, disobbedendo agli ordini della Federazione, avevano rifiutato di tornare alla base di appartenenza quando il corpo militare di cui avevano fatto parte era stato sciolto.

Già, perché i Titans non esistevano più. La distruzione della loro flotta durante la battaglia nei pressi del colony laser era stata un’ottima scusa per scioglierli formalmente.

In fin dei conti, l’Esercito Federale aveva già smesso di dare loro appoggio da qualche mese: con la morte di Jamitov e l’annientamento della loro potenza militare, la soppressione di quel gruppo di soldati, che tanto scontento aveva causato nella popolazione, era sembrata una manovra indolore.

Ma, dietro la missione che il gruppo di piloti del Salamis Kai si apprestava a compiere, c’era di più.

Il Jupitris non era certo una nave dell’Esercito Federale: di fatto, apparteneva alla Jupiter Energy Fleet, quindi non era sicuramente classificabile come unità appartenente ai Titans.

Ma era anche vero che i Titans avevano fornito supporto a quella nave, sostenendola, per quanto avevano potuto, con alcuni equipaggiamenti per loro sviluppati.

Eppure, anche questa era solo una scusante.

Su quel Jupitris c’era Elizabeth Fontaine.

Dolores sospirò nel ricordarlo.

Soprattutto perché Liz le era stata praticamente strappata da degli agenti dei Titans, che avevano sbandierato una loro ‘autorità superiore’, quando Dolores aveva rifiutato di consegnarla, dicendo ci prendere ordini solo dall’Esercito Federale.

Ma non era possibile né salutare discutere con chi era solito puntare una pistola contro coloro che lo contraddicevano.

L’ordine che Dolores aveva ricevuto era stato molto semplice: "Recuperi la ragazza".

I vertici dell’Esercito avevano ritenuto che attaccare una nave della Jupiter Energy Fleet non avrebbe causato un grosso incidente diplomatico, visto che un inviato di Giove aveva appoggiato concretamente i Titans anche quando questi erano stati delegittimati dalla Federazione.

Avrebbero potuto farlo passare come un atto di autodifesa contro qualcuno che era palesemente un nemico, anche se, in realtà, niente faceva pensare che quel gruppo di persone volesse agire in qualche modo contro il Governo Federale.

Dolores stava cominciando a detestare la politica.

Ultimamente, ne stava apprezzando delle sfaccettature alle quali non aveva mai pensato.

E la cosa non le piaceva.

I suoi pensieri furono interrotti dalla comunicazione via radio di un compagno di squadra, uno dei piloti dei GM III: "Maggiore Martin, qui siamo pronti a partire quando vuole".

"D’accordo", rispose lei, "Finisco due controlli sul mio mobile suit e andiamo".

Ci fu una pausa, ma Dolores capì che il pilota non aveva chiuso il collegamento.

Dopo qualche secondo, lo sentì chiedere: "Mi scusi se le faccio una domanda personale, maggiore, ma… io e i ragazzi abbiamo sentito che lei durante la Guerra di Un Anno ha pilotato un Gundam e ci chiedevamo se fosse vero…".

"E se anche fosse?".

"Be’… Un Gundam! Voglio dire, chi non conosce il leggendario Gundam?".

Dolores sghignazzò: "Ne ho pilotati due, ma non quello che tutti conoscono".

"Due? Addirittura?".

"Già. Il primo mi è stato assegnato a Odessa e poi l’ho pilotato anche durante una missione in Francia. Ho ricevuto il secondo durante le ultime fasi di quella missione e poi l’ho usato anche nello spazio. Nell’ottobre del ’79, però, pilotavo un GM, uno dei primi modelli assemblati".

"Un GM? Uno di quelli che hanno dato il via alla serie di mobile suit dalla quale discendono i nostri GM III?".

"Già, ma il modello che usavo io era strettamente pensato per combattere in presenza di gravità. Sapevo che una versione per lo spazio era stata completata in contemporanea, ma non l’ho mai vista personalmente. Poi ho un po’ perso il filo… Sono state sviluppate tante di quelle varianti… Pilotavo un GM II solo qualche mese fa e voi avete già il suo successore, senza contare il Nero".

"Il Nero?".

"Ah, sì, voi non potete saperlo. Comunque, si tratta di un mobile suit che è stato impiegato da un corpo speciale federale fino a qualche giorno fa. Pare che sia stato ritenuto inferiore al GM III, quindi la produzione non è proseguita".

"Maggiore, ma lei è davvero incredibile! Abbiamo un pezzo di storia a guidare la nostra squadra!".

Dolores sospirò: "Non essere così entusiasta… In fin dei conti, se penso alle mie esperienze con i mobile suit, ho più ricordi brutti che belli. Per oggi, tu e i tuoi compagni dovete pensare solo a portare a casa la pelle".

"Be’, ma ci hanno detto che questa missione non sarà difficile, giusto? In fin dei conti, noi abbiamo quattro mobile suit, mentre il nemico dovrebbe averne solo tre. Inoltre, i nostri sono modelli di ultima generazione, appena usciti dalla catena di montaggio e ben armati. Non credo che ci saranno perdite".

***

Il GM III esplose nello spazio, trasformandosi rapidamente in una sfera di fuoco rosata.

"Merda!", sibilò Dolores mentre cercava di seguire con il sistema di puntamento automatico il Gaplant che stava sfrecciando tra i mobile suit federali.

Quella missione si stava rivelando più problematica del previsto.

Perché non ne era sorpresa?

Non appena il loro Salamis Kai si era avvicinato al Jupitris, dalla nave di Giove erano usciti un Gaplant e un bizzarro mobile suit che somigliava a un Marasai blu.

Erano passati solo quaranta secondi prima che uno dei GM III fosse abbattuto.

Dolores trasformò il Dolly in waverider e si lanciò all’inseguimento del Gaplant: il suo Z Plus era l’unico a poter tenere il passo con il mobile armor trasformabile del Jupitris.

Sperò ardentemente che i suoi compagni potessero tenere a bada il Marasai, almeno in due contro uno.

Tramite il panoramic monitor, riuscì a vedere con la coda dell’occhio il mobile suit blu che sparava con una specie di cannone a raggi e trapassava un secondo GM III da parte a parte.

Un’altra esplosione.

Non poteva preoccuparsi ancora del suo ultimo compagno rimasto, però, e la concentrazione di particelle Minovsky impediva di chiedere supporto al Salamis Kai.

Poi, accadde l’inaspettato.

Il Gaplant che stava inseguendo si fermò di colpo, trasformandosi in mobile suit e girandosi verso il Dolly.

Anche lo Z Plus si fermò, tornando alla sua forma antropomorfa.

Dolores puntò il beam rifle sul nemico, ma qualcosa la trattenne dal fare fuoco.

Una voce le rimbombò nella testa: "Era da un pezzo che non ci si vedeva!".

Spalancò gli occhi.

Non aveva riconosciuto la voce, ovviamente: l’aveva percepita solo con le proprie abilità da newtype.

Ma aveva riconosciuto quella pressione.

"Tu… tu sei il pilota di quello Psyco Gundam!".

Subito dopo averlo detto, ebbe la chiara percezione che il suo interlocutore stesse sorridendo.

"E tu sei quella che è svenuta", rispose lui.

Stavolta, Dolores aveva perso ogni dubbio: il suo mobile suit premette velocemente il grilletto del beam rifle, sparando una raffica di raggi purpurei.

Come se avesse previsto in anticipo quella mossa, il Gaplant schizzò improvvisamente verso l’alto, sparando una pioggia di raggi dai beam rifle montati sulle braccia.

Dolores alzò istintivamente lo scudo e attivò i vettori di spinta sulle gambe per uscire dalla portata dell’attacco, mentre sollevava la propria arma per rispondere al fuoco.

Ancora, il nemico sembrò anticipare le sue mosse.

Il Gaplant si trasformò in mobile armor e, con una brusca accelerazione, si portò alle spalle del Dolly.

Fu allora che Dolores sentì di nuovo la voce di quell’uomo nella propria testa: "Io non so cosa mi sia successo esattamente… so solo che ora riesco a percepire te e quelli come te… Mi succede da quando mi hanno portato in quel posto chiamato ‘Murasame’. Ora sono diverso. Prima dovevo faticare per capire il mio prossimo, e quindi lo odiavo. Adesso lo odio perché posso capirlo facilmente. E questo è quanto".

Il Gaplant estrasse una beam saber e la calò sul Dolly.

Si fermò.

Qualcosa lo aveva bloccato. Era stato un pensiero, un desiderio.

Proveniva dal Jupitris.

***

Il Marasai Custom di Isolde schivò i colpi di beam rifle del GM III e si preparò contrattaccare.

Quel mobile suit che le avevano consegnato i Titans non era male, ma non si poteva lontanamente paragonare a quelli progettati da padron Paptimus.

Alzò il feyadeen rifle che le avevano dato insieme con il Marasai Custom e si preparò a fare fuoco.

Ma un pensiero la fermò.

Non era stato un pensiero rivolto a lei, ma a Conner.

Ed era venuto da Elizabeth.

"No!", sibilò Isolde, "È ancora troppo presto!".

Un attimo dopo, vide il Titania che usciva dal Jupitris.

***

"Liz?", mormorò Dolores, riconoscendo istintivamente quel pensiero.

Il Gaplant si era allontanato e aveva abbassato la beam saber, mentre il Titania si dirigeva velocemente verso il Dolly.

"Liz?", ripeté Dolores abbassando il beam rifle.

"Vieni con me", rispose Elizabeth. Anche il suo mobile suit impugnava un beam rifle.

Alzato.

"Cosa ci fai su quell’affare?", chiese la donna aggrottando la fronte.

Percepì chiaramente che la ragazza stava sorridendo.

"Sono me stessa", rispose Elizabeth. "Sai, ho capito come volevano aiutarmi. Finalmente ho capito come posso risolvere i miei problemi".

"Liz… Non so cosa ti abbiano detto, ma non è certo salendo su di un mobile suit che puoi cambiare le cose".

"Non è questo il punto, Dolores. Io avevo una potenzialità inespressa, questo era il mio problema. Ora ho capito come posso portare a compimento questa mia capacità. Io sono stata scelta per creare il nuovo mondo. Vieni con me, Dolores. Vedrai anche tu la distruzione della società decadente e corrotta che adesso domina gli esseri umani e la creazione della nuova utopia, in cui solo gli eletti avranno il diritto di comandare".

"Cosa ti hanno fatto…". La voce di Dolores era ormai poco più che un sussurro. "Cosa diavolo ti hanno fatto… Liz, non stare a sentire quella gente… Vieni con me. Tornerò a prendermi cura di te".

"Stai mentendo. Tu non hai intenzione di prenderti cura di me. Tu hai già una famiglia e io ti sarei solo d’intralcio".

"Non è vero, Liz. Lo sai che io mi preoccupavo davvero per te e…".

"E non vedevi l’ora che me ne andassi per tornare dalla tua famiglia. Dolores, non capisci che opportunità ti sto dando? Nonostante tu sia stata tutt’altro che impeccabile con me, io ho capito le tue buone intenzioni e ti sto dando una nuova possibilità. Vieni con me. Creiamo insieme il nuovo mondo in cui essere felici".

"Basta così, Liz! Non essere testarda! Non esiste un mondo di felicità! Non lasciarti ingannare dalle chiacchiere di chi ti ha messa su quel mobile suit!".

I pensieri di Elizabeth, da morbidi e accattivanti, divennero improvvisamente pesanti come un maglio: "Sei tu la testarda! Non sei contenta di avermi fatto male una volta? Vuoi ferirmi nuovamente? Non te lo permetterò! Ma forse, vedendo cosa intendo con i tuoi occhi, capirai quello che voglio dire".

Fu un attimo.

A Dolores sembrò di esser risucchiata in un buco nero.

Sentì la propria mente che veniva attratta irresistibilmente da una forza straordinaria.

Perdette i sensi.

Quando riaprì gli occhi, si trovava in una vasta pianura coperta di sabbia giallastra.

Alla sua sinistra, alcune pareti spesse come assi di legno erano appoggiate a una pietra nella quale si apriva una finestra, da cui si vedeva un cielo limpido.

Diverso dal cielo grigiastro che effettivamente era presente sopra la pianura.

Alla propria destra, Dolores vide una sorta di enorme uovo deforme, da cui emergeva un braccio umano sgocciolante di tuorlo.

Sopra all’uovo, fluttuava una sorta di drappo, che sembrava colare su di esso come fosse stato acqua.

Davanti a Dolores, un tavolo su cui giaceva una mano bianca, apparentemente di gesso, e un arbusto da cui si estendeva un unico ramo, dal quale penzolava un orologio afflosciato.

"Che razza di posto è?", si domandò Dolores guardandosi attorno.

Fu solo allora che si accorse che indossava la sua normal suit dell’Esercito federale ma non aveva più il casco.

I suoi capelli erano raccolti nella solita treccia, anche se, quando portava il casco, era solita farne una crocchia sul retro della testa.

Fece qualche passo: "Questa… è la realtà?".

"No, è la surrealtà", rispose Elizabeth uscendo da una porta che si apriva sul paesaggio.

Anche lei portava una normal suit senza casco.

Quella dei Titans.

"Liz…", mormorò Dolores, "Perché hai creato un posto simile?".

"Questo posto non esiste realmente", replicò la ragazza. "Non siamo fisicamente qui, ci siamo solo con i nostri spiriti. Ho cercato di ricreare la tua immagine così come me la ricordavo".

Anche questa era una capacità dei newtype?

O solo di Elizabeth?

"Io mi sono trovata bene con te, Dolores", cominciò la giovane tendendo una mano verso l’interlocutrice. "Vorrei che ci fossi anche tu nel nuovo mondo che creerò".

"Creare un nuovo mondo? Cosa hai intenzione di fare, esattamente? Cosa ti hanno messo in testa quei bastardi sul Jupitris?".

"Niente. Però mi hanno avviata sulla strada giusta. Salendo sul Titania, ho finalmente capito ciò che voleva la persona che l’ha progettato. Voleva un mondo ordinato, voleva cancellare il caos che esiste adesso".

"Non devi stare a sentire certa gente… Non possiamo certo risolvere i problemi cancellando quello che non ci piace!".

"Dolores, tu non capisci. La corruzione nella quale oggi vivono gli esseri umani non potrà che portare a una guerra continua. Fin da quando le persone migrate nello spazio sono state in numero consistente, ci sono stati dissidi tra loro e gli earthnoid. Questo è dipeso dal fatto che ognuno voleva fare i propri interessi, e le cose non cambieranno mai, perché la gente pensa solo al proprio benessere immediato. L’unico modo per evitare che i conflitti continuino, è riunire l’umanità sotto la guida di persone illuminate, che possano prendere le decisioni giuste per la razza umana nel suo insieme".

"Liz, quello di cui parli esiste già e si chiama ‘dittatura’. Stai semplicemente pensando di sostituire un errore con un altro".

Elizabeth sospirò: "Una dittatura, dici? Niente affatto. Nell’antichità, i regnanti dominavano sulle nazioni per diritto divino, perché erano discendenti di un dio. Ripristinando questo principio, potremo creare una società in cui i sottoposti saranno felici di esserlo, perché convinti di fare la cosa giusta! Potremo cancellare questo mondo di dolore e di disuguaglianza agendo alla radice, perché nessuno si riterrà più importante di qualcun altro".

"È assurdo. Quello che ti proponi è assolutamente insensato".

"È insensato volere la pace e la felicità?".

"No, è insensato imporre agli altri il proprio modo di vedere le cose. Ed è ancora più insensato rifiutarsi di guardare la realtà solo perché l’illusione che hai davanti è più invitante. Stai solo cercando di fuggire, Liz".

Lo sguardo di Elizabeth si fece improvvisamente truce: "Ipocrita! Tu fai esattamente la stessa cosa!".

Dolores deglutì: "E tu cosa ne sai?".

Poi capì: le loro menti erano collegate.

Si diede della stupida per non averci pensato prima.

E se lo diede ancora perché capì che Elizabeth aveva ragione.

Dolores strinse i pugni: per quanti anni aveva negato la propria natura di newtype?

Per quanto tempo aveva cercato di sopprimere le percezioni che continuavano ad affacciarsi nel suo cervello?

Quante volte si era chiesta con un brivido se anche suo figlio fosse stato un newtype?

"Può essere vero", ammise, forse più a se stessa che a Elizabeth. "Forse non ho fatto altro che scappare da quella volta, da quando combattei quell’enorme mobile suit nero… Però i miei errori sono solo errori. Posso sbagliare, ma almeno non cerco consapevolmente di fuggire dalla realtà. Tu vuoi veramente crearti un mondo a tuo uso e consumo e stai prendendo chissà quali ideali deviati come una scusa per giustificare questo comportamento infantile!".

Gli occhi della ragazza si fecero ulteriormente furiosi: "Cosa credi di capire di me? Cosa può capirne qualcuno che è scappato in continuazione? Tu avevi la possibilità di capire il tuo prossimo, ma vi hai rinunciato spontaneamente per paura! Non hai alcun diritto di dirmi queste cose".

"Va bene, forse hai ragione. Forse anch’io ho avuto paura, forse anch’io ho fatto un cattivo uso delle mie possibilità… E allora, a maggior ragione, permettimi di impedirti di fare altrettanto. Non sprecare il tuo essere speciale come ho fatto io, Liz. Sai che non ti ho mai ritenuta responsabile per quello che è successo a Julius… Forse non posso comprenderti appieno, ma capisco che le cose ti sono sfuggite di mano e altri ne hanno approfittato indebitamente… Torna da me, Liz. Ci siamo divertite insieme, no?".

Elizabeth sembrò esitare.

Abbassò lo sguardo: "Dolores…", mormorò. "Dopotutto, io so che tu non volevi veramente farmi male… Però… forse avevi ragione quando dicevi che capire gli altri è un problema anche per quelli come noi…".

Improvvisamente, il cielo cominciò a turbinare, come sconvolto da una tempesta.

Nubi nere si addensarono all’orizzonte e un tuono rimbombò lontano.

Un fulmine cadde a terra.

Quando la sua scia luminosa scomparve, nel punto in cui si era abbattuto si levò una figura femminile.

Anch’ella avvolta nella normal suit dei Titans, avanzava con passo deciso, mentre i suoi lunghissimi capelli color miele le fluttuavano attorno, come se fossero stati immersi in acqua.

"Isolde…", bisbigliò Elizabeth.

Isolde sorrise dolcemente verso la ragazza: "Cosa stai facendo qui, Elizabeth?".

"Volevo fare il primo passo per creare il mondo che mi hai chiesto".

"Lo sapevo!", sbottò Dolores all’improvviso, "Liz, non devi dare retta a questa persona! Vuole solo usarti per i suoi interessi!".

"Basta così!". La voce di Isolde era cambiata a tal punto che Dolores si bloccò stupita. Era diventata una frusta tagliente che sferzava i timpani. "Il nuovo mondo a cui miro non è un desiderio mio, ma di un uomo visionario che voleva il bene. Elizabeth, è questa donna che non devi ascoltare. Creare il mondo voluto da padron Paptimus è il tuo destino, è il modo in cui puoi veramente realizzare te stessa come persona. Facendo il bene altrui, puoi fare anche il tuo".

"Io però non vorrei uccidere Dolores", disse Elizabeth, apparentemente senza troppa convinzione.

"Non è un problema", replicò Isolde, la voce che era tornata dolce e suadente, "Morire non è la fine di tutto. Significa semplicemente tornare all’universo. Anche i piloti che ho ucciso non hanno fatto che cambiare il proprio stato di esistenza. Se questa donna è veramente tua amica, resterà con te anche dopo la morte".

"Ma non ti rendi conto delle idiozie che sta dicendo?", esplose Dolores. "Vuole solo usarti, niente di più!".

Elizabeth cadde in ginocchio prendendosi la testa tra le mani: "No…", mormorò sbarrando gli occhi.

Poi la sua voce divenne un urlo: "Noooo!".

"Dannazione!", disse Dolores voltandosi verso Isolde. "Se sei riuscita a entrare nel mondo creato da Liz, significa che sei una newtype anche tu, non è vero? E anche il pilota del Gaplant lo è. Ma allora, perché dobbiamo combatterci?".

Una crepa si aprì nell’orizzonte, come se fosse stato un muro.

"Dovresti chiederlo a te stessa", rispose la donna bionda. "Il conflitto tra di noi ha creato una spaccatura nelle convinzioni di Elizabeth… Anzi, sarebbe meglio dire che ha portato alla luce delle contraddizioni che già erano in lei. E queste contraddizioni ci sono anche tra gli esseri umani".

"Ma falla finita! Tanto tempo fa, a me venne detto che i newtype sono la speranza che può portare l’umanità a essere migliore, ma come potremo arrivare alla pace, se non riusciamo nemmeno a superare i dissidi che abbiamo fra di noi?".

"Hai un bel coraggio a parlare, tu, che fai parte di un esercito organizzato!".

Dolores tacque.

Era sempre stata consapevole della contraddizione tra la propria paura della guerra e il fatto che lavorasse nell’Esercito Federale, ma, in un modo o nell’altro, l’aveva zittita.

"Comunque non fraintendere", continuò Isolde, "I newtype possono davvero migliorare l’umanità. Ma questo non significa porre fine alle guerre… Anzi, il crogiolo delle civiltà è proprio la battaglia".

Dolores sbuffò: "Ah, è questo che intendevi quando parlavi di fare del bene agli altri?".

"Vedo che parlare con te è inutile. Non riesci a capire la grandiosità del disegno di padron Paptimus. Anche adesso che è morto, c’è qualcuno pronto a portarlo avanti e non sarà certo la tua piccolezza a ostacolarlo".

Alla crepa nell’orizzonte se ne aggiunse un’altra. Poi un’altra ancora.

***

Improvvisamente, Dolores si ritrovò nell’abitacolo del proprio Z Plus. L’ultimo GM III rimasto era sparito.

Già. Adesso percepiva chiaramente la presenza di Isolde nel Marasai: se era entrata nel mondo di Liz, doveva avere abbattuto il suo ultimo avversario.

Istintivamente, Dolores spostò lateralmente il proprio mobile suit.

Una frazione di secondo dopo, un raggio purpureo passò dove si era trovata lei.

Il Titania aveva ancora il beam rifle alzato.

"Liz!", gridò Dolores, "Cosa stai facendo? Sono io, Liz!".

Ebbe solo il tempo di alzare lo scudo, un attimo prima che la beam saber del Gaplant vi si abbattesse sopra.

Mentre il raggio sfrigolava contro il metallo dello scudo, Dolores pensò che la copertura anti raggio non sarebbe durata ancora per molto.

E non ebbe il tempo di pensare ulteriormente: una rapida successione di colpi partì dal Titania e sia lo Z Plus che il gaplant furono costretti a dividersi velocemente per non essere colpiti.

"Ma che diavolo fa?", esclamò Conner Clark all’interno del mobile armor. "Non dovrebbe stare dalla nostra parte?".

"È cominciata", disse Isolde, senza avere in realtà un vero intento di rispondere. "Finalmente è cominciata la creazione del nuovo mondo da parte di Elizabeth. Qualsiasi cosa si frapponga tra di lei e il suo scopo finale sarà distrutta. Meglio restare in disparte, per ora".

"Merda!", sibilò Dolores alzando il beam rifle e contemporaneamente spingendosi indietro con i vettori di spinta.

Rifletté se fosse possibile cercare di colpire solo le armi del mobile suit verde, senza ferire il pilota.

Un raggio sibilò vicino alla testa del Dolly, strappando il pannello laterale della spalla del mobile suit.

Dolores sospirò: non poteva combattere contro un newtype come se fosse stata una persona normale.

Con una smorfia di disappunto, prese un profondo respiro e cercò di concentrarsi sui propri poteri.

Doveva usarli ancora.

Per un qualche motivo, si accorse solo allora che l’avevano salvata anche un attimo prima.

Si concentrò.

Poteva farcela.

Scattò in avanti, puntando con precisione il beam rifle, mentre manovrava con destrezza evitando la pioggia di raggi che le veniva sparata addosso.

Prese la mira…

Un colpo…

Un altro…

Centrate con precisione quasi millimetrica, entrambe le braccia del Titania si staccarono all’altezza dei gomiti.

Bene. Ora non poteva più usare né il beam rifle né le beam saber.

Lo Z Plus rallentò, finché non si trovò a pochi metri dall’altro mobile suit.

"Torniamo a casa, Liz", disse Dolores.

Lo disse concentrandosi sulla mente della ragazza, cercando di sembrare quanto più dolce possibile.

Il pensiero che le arrivò in risposta fu di una violenza sconcertante: "Non sei tu la mia casa".

Un secondo dopo, due strutture ripiegate sulle spalle del Titania si aprirono, estendendosi in avanti.

Ciascuna di esse reggeva una beam saber.

I due fendenti tagliarono il braccio sinistro del Dolly all’altezza della spalla, facendogli così perdere lo scudo, e l’ala destra.

"Braccia ausiliarie?", sbottò Dolores mentre faceva rapidamente allontanare il proprio mobile suit.

Doveva cercare il combattimento a distanza, o sarebbe stata svantaggiata.

Mai come in quel momento fu contenta di pilotare uno dei mobile suit più manovrabili mai usciti dagli stabilimenti della Anaheim.

Ora che non poteva più contare sulla modalità waverider, però, doveva basarsi solo sulla propria abilità nel gestire una macchina antropomorfa.

Lo Z Plus continuò ad arretrare, sempre tenendo il beam rifle puntato sul Titania.

Per qualche bizzarro motivo, Elizabeth pareva non volere inseguire, nonostante ormai sembrassero restarle solo due beam saber.

Dolores capì perché il Titania restasse fermo solo quando vide degli strani oggetti fuoriuscire dal suo backpack.

Ne contò otto.

Di forma vagamente conica, erano evidentemente spinti da dei razzi indipendenti, perché cominciarono a volare rapidamente in tutte le direzioni.

Cambiavano traiettoria con movimenti veloci e millimetrici, come a voler circondare il Dolly.

Decisamente non erano missili guidati.

Lo Z Plus si spostò velocemente, evitando un raggio proveniente da uno di quegli oggetti.

Derive? Erano derive controllate a distanza dotate di beam gun?

La cosa più simile che Dolores ricordasse di avere visto erano state le braccia dello Zeong: si potevano staccare dal mobile suit, restandovi collegate solo da dei cavi, per attaccare l’avversario da più posizioni.

Quegli affari erano un’evoluzione di questo tipo di arma?

Non era possibile evitare quegli attacchi senza ricorrere alla consapevolezza spaziale tipica di un newtype.

***

"Quella ragazzina è un’incapace!", sbottò Clark, "Si è fatta troncare le braccia al primo attacco, è solo fortunata ad avere un mobile suit del genere!".

"È inesperta", replicò Isolde, "Ma il Titania può compensare, perché dispone di armi fatte apposta per lei. A parte questo, il suo avversario è un veterano, e per di più un newtype. È ovvio che non possa averne ragione facilmente".

"Allora penserò io a sistemare la questione!".

"No, Conner! Usando i funnel del Titania, Elizabeth può ancora farcela!".

Ma il richiamo fu inutile: trasformandosi in mobile armor, il Gaplant si era già lanciato verso lo Z Plus.

***

Fu la percezione dello spirito del pilota che permise a Dolores di avvedersi dell’avvicinamento del Gaplant.

Come al loro primo incontro, il mobile armor sparò una pioggia di raggi.

Come al loro primo incontro, il Dolly li schivò con una serie di rapidi movimenti, anche se stavolta non poté usare lo scudo.

Come al loro primo incontro, Clark effettuò una rapida manovra che lo portò dietro il mobile suit avversario, trasformandosi subito dopo.

Come al loro primo incontro, la beam saber sibilò nell’aria.

Stavolta lo Z Plus fece un piccolo spostamento, un movimento minimo.

Un raggio colpì in pieno la mano destra del Gaplant, mandandola in pezzi insieme con la beam saber.

"Spiacente, non mi freghi due volte allo stesso modo", sogghignò Dolores mentre puntava il beam rifle.

"Ma che diavolo…", borbottò Clark rendendosi conto di quanto era successo, "Si è posizionata in modo che uno dei raggi dei funnel colpisse me invece che lei! Ma ho un’altra beam saber!".

Mentre il Gaplant sfoderava l’altra arma, Dolores percepì qualcosa.

Fece girare velocemente il Dolly.

Il veloce fendente del Titania staccò la spalla sinistra dello Z Plus.

Dolores era presa tra due fuochi.

La sua fu più un’intuizione del momento che un piano ragionato.

Attivò la sequenza di trasformazione dello Z Plus spostando leggermente verso il basso la propria macchina.

Quello che ne risultò non fu un waverider, non essendoci più uno scudo e un’ala, ma una bizzarra forma che reggeva il beam rifle (che non era stato riposto sulla schiena) con un braccio grottescamente ripiegato in avanti.

Le dimensioni del mobile suit, così ridotte, lasciarono un ampio spazio laddove un attimo prima c’era stato il bersaglio dei fendenti dei suoi nemici.

Quasi i colpi fossero stati vibrati con quel preciso scopo, le due beam saber del Titania centrarono con precisione i due beam rifle sulle braccia del Gaplant.

"Merda!", sibilò Clark ritirandosi rapidamente all’indietro per evitare che i fendenti tagliassero le braccia della sua macchina.

Una frazione di secondo più tardi, il Dolly tornò alla sua forma di mobile suit.

Clark non ebbe bisogno delle proprie abilità di umano potenziato per capire che doveva andarsene e il Gaplant si affrettò ulteriormente nella manovra di arretramento.

Lo Z Plus scattò verso l’alto e sparò due colpi con il beam rifle.

Due funnel furono spazzati via dai raggi purpurei.

"Ma che diavolo sta facendo?", mormorò Clark aggrottando la fronte. "Avrebbe potuto colpire il mobile suit di quella ragazzina e risolvere subito il problema, e invece pensa ai funnel?".

Prima ancora che Clark potesse formulare un altro pensiero, il Titania si era già lanciato all’inseguimento del Dolly.

Elilzabeth sventolò le beam saber, tagliando solo il vuoto.

"Basta, Liz!", esclamò Dolores, "Smettila di combattere! Ti stanno solo usando!".

Il mobile suit verde si fermò per un attimo.

"Forse", concesse Elizabeth. "Però va bene così. Forse hai ragione, io stavo solo scappando. Vedevo un mondo che creavo io, è sempre stato così, perché avevo paura degli altri. Ma almeno Isolde mi permette di essere me stessa. Tu, mio padre, i dottori di quel posto chiamato Murasame… Tutti voi volevate che io fossi quella che vi aspettavate. Una ragazza indifesa vittima di se stessa, una figlia modello da sfruttare per fare carriera, una cavia che potesse dare i risultati sperati… Nessuno di voi si è mai chiesto perché io avessi tanta paura del mio prossimo. Nessuno di voi è mai stato anche solo sfiorato dall’idea che forse avevo semplicemente bisogno di qualcuno che volesse ascoltarmi. Tu non ci sei riuscita, mio padre non c’è riuscito, i dottori non ci sono riusciti… Solo Isolde l’ha potuto fare. Se il mondo che lei vuole io costruisca è un mondo in cui le persone saranno ascoltate senza pregiudizi, allora sono contenta di essere usata da lei".

Le beam saber sibilarono nuovamente, e ancora lo Z Plus le evitò di scatto.

Un secondo più tardi, due raggi trapassarono l’ala che ancora gli restava.

I funnel!

Dolores se ne era quasi dimenticata.

"È un’assurdità!", gridò, mentre il Dolly si faceva strada manovrando nella pioggia di raggi che lo investiva, "Quello che tu vuoi non può esistere! Se vuoi migliorare la tua vita, devi innanzitutto prendere coscienza della realtà per quello che è!".

"Un’assurdità?". Il pensiero di Elizabeth colpì Dolores come una lama tagliente. "Non è un’assurdità, è un’utopia. È la possibilità di realizzare ciò che gli esseri umani hanno sempre voluto!".

Improvvisamente, un raggio purpureo passò tra i due mobile suit che combattevano.

Dolores guardò istintivamente alla propria sinistra.

Il Salamis Kai.

La nave le stava fornendo supporto: evidentemente, a bordo dovevano essersi accorti dell’abbattimento dei GM III.

Prima ancora che Dolores potesse inviare loro una qualsiasi comunicazione, il Marasai blu alzò la propria arma e fece fuoco.

"Spiacente, ho detto che nessuno deve interferire", commentò Isolde premendo il grilletto.

Il colpo trapassò il ponte dell’incrociatore.

Sembrò quasi che la scena di svolgesse al rallentatore.

La nave si spezzò in due, le lamiere che si contorcevano come i visceri di una bestia.

Poi, un’esplosione di luce rosa tinse lo spazio.

"Dannazione!", esclamò Dolores, "Farneticate di voler creare un nuovo mondo e poi non sapete fare altro che uccidere le persone?".

Non se ne accorse nemmeno.

Non consciamente.

Le grida delle anime dell’equipaggio della nave riempirono la sua testa.

Come quel giorno su quella colonia.

Quando aveva scortato lo Psyco Gundam.

Quando quell’uomo aveva distrutto tutto.

Dolores strinse i denti: era da molto tempo che non doveva subire un’ondata di dolore tanto intensa e potente.

Forse fu il dolore a impedirle di pensare, ma, senza nemmeno volerlo consciamente, alzò il beam rifle alle proprie spalle e fece fuoco.

Un funnel fu centrato in pieno.

Sparò ancora.

E ancora.

E ancora.

Le sembrò di colpire un funnel a ogni attacco, mentre muoveva spasmodicamente lo Z Plus, evitando i raggi uno dopo l’altro.

Ebbe la sensazione che il Gaplant tentasse qualche attacco in corpo a corpo, ma dovette schivare anche quelli.

Troppa rabbia, troppo dolore, troppa frustrazione…

Tutte queste emozioni si stavano concentrando in lei come acqua che stesse per traboccare da un vaso.

E traboccò.

L’ultimo secondo di lucidità di Dolores le permise di rendersi conto che l’unico funnel rimasto aveva centrato il suo beam rifle, rendendolo inservibile.

Poi la sua mente cadde nell’oblio, fu come annebbiata.

Ebbe la sensazione che i piloti dei GM III e l’equipaggio del Salamis Kai fossero lì con lei.

Ebbe la netta impressione che le loro anime si stessero concentrando attorno allo Z Plus, come a volerla proteggere.

"Il tuo mobile suit è una macchina in grado di accogliere questa forza", le disse uno dei morti sussurrandole nell’orecchio.

Una frazione di secondo più tardi, attorno al Dolly esplose un’aura bluastra.

"Che diavolo succede?", si domandò Clark aggrottando la fronte. "È forse in avaria?".

Non pensò nemmeno a una possibile risposta: l’unica cosa che gli comparve in mente era l’occasione.

Quello Z Plus era disarmato e gli stava palesemente succedendo qualcosa di strano.

Era il momento di infliggergli il colpo di grazia.

Il Gaplant assunse la forma di mobile armor: anche senza le armi a raggi, era comunque in grado di annientare un mobile suit nel combattimento ravvicinato.

Clark scagliò il proprio mezzo contro il Dolly a tutta velocità.

Il mobile suit bianco e blu alzò la mano che ancora gli restava.

Cosa significava quel gesto?

Un’arma nascosta?

Per un attimo, Clark restò disorientato.

Poi, il disorientamento fu sostituito dallo sgomento.

Il Gaplant, una macchina famosa per la sua eccezionale accelerazione, al punto che dei comuni esseri umani non potevano nemmeno pilotarlo, si bloccò all’improvviso.

La sua fusoliera si era fermata contro la mano dello Z Plus.

Non fu solo Clark a spalancare gli occhi a quella vista: anche Isolde rimase praticamente paralizzata dallo stupore.

Mentre i razzi posteriori del Gaplant continuavano a eruttare fiamme, aumentando sempre di più la potenza, lo Z Plus restava lì, immobile, come se fosse stato un muro, senza sforzo apparente.

Clark ringhiò di rabbia, mentre spingeva al massimo il mobile armor.

Senza risultato.

Dopo qualche spasmodico secondo di spinta folle, le lamiere del Gaplant cominciarono a incrinarsi.

Il mobile armor si disimpegnò.

"Spiacente, Isolde", disse Clark alla radio, senza essere sicuro che le particelle Minovsky permettessero alla comunicazione di arrivare a destinazione, "In queste condizioni non posso più nemmeno trasformarmi ed entrambi i miei beam rifle sono inutilizzabili. Io mi ritiro".

Non aveva nemmeno provato a stabilire una comunicazione usando il contatto mentale.

Perché?

Fece fatica ad ammetterlo con se stesso, ma forse non voleva che fosse percepita la propria paura.

Quello che successe poi non sarebbe mai stato chiaro al cento per cento nella mente di Dolores.

Sapeva che il funnel restante del Titania le stava sparando addosso, ma non capiva esattamente perché i raggi non la raggiungessero.

Mentre le sue stesse emozioni la accecavano, ebbe la consapevolezza di afferrare una delle beam saber dello Z Plus.

La alzò dritta davanti a sé.

Il Titania, agitando le proprie, si avventava su di lei.

Improvvisamente, la lama violacea della beam saber del Dolly sembrò esplodere.

Si allungò in maniera inverosimile.

A Dolores sembrò fossero decine e decine di metri.

Le parve sufficiente.

Calò il fendente.

Il Titania fu colpito in pieno da quell’enorme colonna di energia che ora usciva dall’impugnatura.

Il corpo del mobile suit verde venne completamente inghiottito da quell’esplosione lucente a forma di lama.

La traiettoria del colpo portò lo Z Plus a trovarsi, essendosi piegato all’altezza del bacino, con la mano al livello delle ginocchia.

La lama si rimpicciolì istantaneamente, tornando alle dimensioni usuali.

Poi, il Jupitris, che si era trovato direttamente dietro al Titania, esplose all’improvviso.

Isolde non sapeva se sorridere o restare inorridita: "Quel colpo… Ha annientato il Titania e il Jupitris in un attimo… E poi, quell’energia che è scaturita dal mobile suit… Anche se non è stato grazie a Elizabeth, forse oggi ho davvero visto una parte di quel mondo ideale che padron Paptimus desiderava…".

***

"Non sono mai stata tanto amareggiata in vita mia", disse Dolores abbassando lo sguardo.

"Lascia stare", replicò Julius dall’altra parte del vetro della sala per i colloqui. "Apprezzo comunque che tu abbia cercato di scagionarmi".

"Però non è servito. Adesso che Elizabeth è morta, non è più possibile dimostrare la tua innocenza".

"Probabilmente, non sarebbe stato possibile comunque".

"Eh?".

"Hai detto che il mio processo è stato manovrato, no? E allora, non credo che chi ci ha messo le mani avrebbe permesso che uscisse qualcosa in grado di tirarmi fuori di galera. Non ti avrebbero mai consentito di provare la tua teoria".

"Forse hai ragione, ma…".

Dolores si fermò.

Non aveva avuto il coraggio di dire a Julius che era stata proprio lei a uccidere Elizabeth.

"Hai fatto quello che potevi", disse lui sospirando rassegnato. "Lo apprezzo molto, davvero".

Dolores alzò gli occhi: "Julius, quando uscirai di qui, se avrai bisogno di un lavoro… Potresti farti assumere dall’Esercito Federale come pilota collaudatore… Se potrò, ti raccomanderò io. Fammi una telefonata, e io ce la metterò tutta per farti prendere".

"Grazie, ma non credo proprio che l’Esercito assumerebbe un ex carcerato. Pare che il tempo per questa visita sia finito". Julius si alzò dalla sedia: "Anche se sei stata tu a dirmi di entrare in quell’Alexandria, non ho mai pensato che quello che è successo sia stato colpa tua". Senza aspettare una risposta, si girò e se ne andò.

"Ho fallito su tutta la linea", mormorò Dolores tra sé e sé. "Non sono riuscita a capire né Liz né me stessa, e in più ho distrutto l’unica possibilità che avevo di fare riconoscere l’innocenza di Julius… A che mi serve essere un newtype?".

Uscendo dal carcere, Dolores pensò che in tutta quella situazione non c’era praticamente niente di positivo.

Dopo il combattimento contro i mobile suit del Jupitris, lei aveva usato quello che era rimasto del Dolly per avvicinarsi alla luna e lì aveva incrociato un cargo, dal quale si era fatta trasportare fino allo spazioporto di Von Braun.

Il Gaplant e il Marasai, però, insieme con i loro piloti, erano spariti nel nulla.

Che qualcuno li avesse raccolti?

In caso contrario, non sarebbero certo potuti sopravvivere alla deriva nello spazio.

In un modo o nell’altro, però Dolores aveva la sensazione che quei due le sarebbero nuovamente comparsi di fronte, prima o poi.

***

"Dai, lasciami stare…", mormorò Dolores rigirandosi tra le lenzuola, mentre una mano la scuoteva, evidentemente volendo attirare la sua attenzione.

"No, dai…", ripeté seccata, mentre la mano continuava a scuoterla, "Domani tocca a me portare Sean a scuola, devo alzarmi presto…".

"Sì, ma guarda qui", disse una voce maschile.

Dolores socchiuse gli occhi.

Il buio della stanza da letto era illuminato solo dalla tenue luce dell’abat jour sul comodino opposto al suo.

Si girò alla propria sinistra.

Nel letto, accanto a lei, c’era un uomo sulla quarantina dai folti capelli castani, che, seduto con la schiena poggiata al cuscino, a propria volta posto contro il muro, leggeva un quotidiano.

"Guarda qui", ripeté l’uomo, portando su Dolores lo sguardo attraverso i sobri occhiali dalla montatura metallica.

"Non ho voglia di alzare la schiena", replicò Dolores, "Dimmi tu cosa c’è scritto".

"Quel tuo conoscente alla Anaheim Electronics che era stato incarcerato ingiustamente tre anni fa si chiamava Julius Parker, giusto?".

"Eh? Com’è che ti viene in mente proprio adesso?".

"Qui dice che l’hanno rilasciato. Pare che qualcuno abbia ripreso in mano il caso e abbia ravvisato gravi anomalie nelle procedure processuali. In pratica, era stato sbattuto in galera senza che vi fossero prove sufficienti a suo carico".

Dolores spalancò gli occhi: "Lo sapevo!", esclamò, con un misto di soddisfazione e disappunto.

"Già, tu hai partecipato al processo come testimone, no?".

"Sì, e avevo pure cercato di farlo uscire di prigione, perché sapevo che era innocente. Be’, sono contenta per lui, anche se non capisco perché i federali si siano presi il disturbo di tirarlo fuori. Possibile che rimordesse loro la coscienza?".

"Quella ragazza di cui ti sei occupata per qualche tempo all’epoca, Elizabeth… Era la figlia del ministro federale Fontaine, giusto?".

"E quindi? C’entra qualcosa con suo padre?".

"Credo di sì. Non penso che il tuo amico sia stato scarcerato per amor di giustizia. Ho invece idea che abbiano cercato di colpire Fontaine con la riapertura di questo caso. Sta concorrendo a non mi ricordo più quale carica in Parlamento, se non mi sbaglio…".

Stavolta, Dolores di mise a sedere: "Aspetta un momento… Julius era stato messo in galera per coprire la natura di newtype di Elizabeth e per non danneggiarne il padre a livello di immagine ed è evidente che Fontaine abbia avuto una parte nel fatto. Stai dicendo che adesso Julius è stato liberato perché in questo modo i rivali politici di Fontaine potranno screditarlo davanti all’opinione pubblica portando a galla un’occasione in cui ha manovrato la giustizia per i propri fini?".

"Credo di sì".

"Non so, non mi torna. Liz era al centro degli interessi di molte persone e Fontaine non ha certo manovrato il processo da solo. È ovvio che ci siano stati anche altri che hanno messo mano nella faccenda".

"Dettagli, pare. Qui dice che Fontaine avrebbe fatto tutto da solo e non parla dei poteri da newtype della ragazza. Secondo questo articolo, l’intrallazzo sarebbe stato commesso solo per una questione di immagine. In pratica, il tuo amico sarebbe stato incarcerato per coprire il fatto che la signorina Fontaine aveva l’abitudine di darla in giro come fosse una stretta di mano e che qualcuno dell’equipaggio dell’Alexandria su cui si trovava si era lasciato prendere un po’ troppo, arrivando a violentarla".

"Ma questo non è vero!".

"E chi può dirlo? La ragazza ormai è morta, no? Personalmente, sono convinto che chi ha messo su questa faccenda non avrà difficoltà a trovare chissà quanti suoi ex amanti".

Dolores si sdraiò di nuovo, stavolta affondando la faccia nel cuscino: "Non mi piace. Sono contenta che Julius sia uscito di prigione, ma mi dà fastidio che si infanghi la memoria di Liz. Non è stata colpa sua, in fondo, era una ragazza che aveva dei seri problemi. E poi, tutta questa storia puzza troppo di balla. Voglio dire, sarebbe stata violentata da qualcuno sull’Alexandria? E allora che necessità ci sarebbe stata di incarcerare Julius? Non vedo perché cercarsi un capro espiatorio. Nessuno crederà a questa storia".

"Io invece penso di sì. Dopotutto, che quel tale abbia passato tre anni in galera ingiustamente, è un fatto. Dicono che gli sia stato offerto un lavoro da pilota collaudatore nell’Esercito Federale, come per risarcirlo di questo danno. Ma l’opinione pubblica non si accontenterà di un risarcimento del genere. Penso che si sentiranno scandalizzati, si riterranno colpiti nei propri principi più saldi e vorranno la testa di qualcuno. Preferibilmente Fontaine. Poi, dopo un mesetto, non sapranno nemmeno più chi sia, questo Julius Parker".

***

"Sai perché gli spacenoid mi stanno sul cazzo?", chiese un soldato federale mentre stava trafficando nell’abitacolo del proprio mobile suit.

Di fianco alla sua macchina antropomorfa, ce n’era un’altra uguale.

Davanti a essa, una passerella, sulla quale un altro soldato stava a propria volta esaminando il proprio mezzo.

Un po’ deluso dalla mancanza di reazione del proprio collega, il primo soldato, un uomo dai capelli castani che doveva avere superato la trentina, continuò: "Mi stanno sul cazzo perché credono che la Terra sia la loro fottuta discarica. Sono venuti a romperci i coglioni durante la Guerra di Un Anno e ci lasciano qui i loro reduci, che ci hanno infastiditi per circa nove anni. Tornano durante la Guerra di Neo Zeon e, ancora una volta, ci lasciano dei soldati che non sono riusciti a riportarsi nello spazio. Senza contare le colonie che hanno buttato giù tra il ’79 e l’88. Voglio, dire, per quanto tempo ancora dovremo sopportare tutto questo? Per quanto ancora dovremo permettere agli spacenoid di fare i loro porci comodi? Non potremmo chiuderli nelle loro cazzo di colonie? Se ne sono voluti andare dalla Terra, che non ci tornino più!".

L’altro soldato, un ragazzo sui vent’anni dalla testa rasata e con la barba mal curata, lanciò un’occhiata al collega: "Io sono nato su Side 2", rispose impassibile.

Ci fu un attimo di silenzio.

Poi, il primo soldato rise sonoramente: "Oh, be’, suppongo di avere fatto una gaffe. Comunque sia, non è che io ce l’abbia con gli spacenoid in generale… Solo contro quelli che vengono qui a fare la guerra".

"Non è forse quello che vuoi?", domandò il secondo soldato senza distogliere lo sguardo dal proprio mobile suit.

"Cosa?".

"Hai solo voglia di trovarti qualcuno con cui attaccare briga, giusto? Sai che i miei nonni sono stati costretti a lasciare la Terra? E, come loro, un sacco di altre persone?".

"Cosa cambia? Non è che siano giustificati a farci la guerra solo perché loro sono stati segregati sulle colonie. Che colpa ne ha la gente che vive sulla Terra?".

"Che colpa ne avevano gli zeoniani, se ai loro governanti non stava più bene di pagare tasse alla Federazione? Pensi che siano stati i soldati semplici a decidere la guerra?".

"Ma che c’entra? Io stavo solo…".

"Cercando un capro espiatorio. Adesso usciremo, uccideremo un po’ di spacenoid e potremo anche credere che sia moralmente giusto, perché a loro non importa della Terra. Ci ho preso?".

***

"Forse quello che stiamo facendo non è moralmente giusto", disse Julius Parker, fermandosi solo un attimo a sorseggiare il vino rosso dal proprio bicchiere, "Ma credo non si possa mettere in dubbio che è indispensabile".

"Non è mia intenzione mettere in dubbio la moralità dell’operazione", rispose una donna bionda dall’elegante tailleur grigio dopo avere tagliato una fetta di salmone nel piatto davanti a sé, "Però lei deve tenere conto che ho degli interessi importanti in quella zona. Se la sua squadra dovesse esagerare, potrei averne un danno economico di una certa entità, senza contare che questo andrebbe anche a scapito dell’immagine dell’Esercito Federale".

"Lo capisco", Julius sistemò il tovagliolo sui pantaloni del suo elegante abito da sera, anch’esso grigio, "D’altra parte, non possiamo permetterci alcuna leggerezza in un momento del genere. È proprio perché l’Esercito Federale ha preso sottogamba una situazione simile che l’ultima guerra ci ha riservato sgradevoli sorprese. Le garantisco comunque che non è nemmeno nel nostro interesse causare danni eccessivi all’ambiente".

La donna avrà avuto all’incirca trent’anni, ma il suo sguardo trasmetteva l’autorità di una leader consumata. I suoi capelli, raccolti dietro al capo, e i suoi occhiali dalle lenti sottili non facevano che accentuarne l’aria di inflessibilità. Julius, con i capelli pettinati all’indietro e lo sguardo quasi truffaldino, pareva quasi volerle fare credere che la stesse corteggiando.

E forse, almeno da un certo punto di vista, era così.

"Spero che quanto dice sia vero, signor Parker. Come lei saprà, ho delle conoscenze in Parlamento e potrei farmi sentire, se qualcosa andasse storto. Mi dispiacerebbe creare problemi a una persona simpatica come lei".

"E a me dispiacerebbe creare problemi a una donna tanto affascinante. Le garantisco che i suoi preziosi alberi subiranno quanti meno danni possibile".

Julius masticò la sua fetta di salmone senza perdere il proprio sorriso.

Il suo lavoro non era poi così male.

Non gli capitava tutti i giorni di pranzare in un lussuoso hotel di Oslo, davanti a una vetrata che gli permetteva di vedere il limpido cielo notturno e la foresta di aghifoglie in lontananza.

***

Lo squadrone di mobile suit che si muoveva per la foresta era composto da dodici Jegan.

Otto modelli specializzati per il combattimento in presenza di gravità, tre con una coppia di beam cannon sulle spalle per il supporto a medio raggio e uno per ufficiali.

Ciascun mobile suit era stato dipinto con una livrea mimetica che mescolava il verde scuro, il grigio e il nero.

Non sarebbe stato molto furbo lasciare il bianco originario dei Jegan.

Ricordavano tutti fin troppo bene le parole che il colonnello a capo dell’operazione aveva rivolto loro all’inizio del briefing: "Il compito dell’unità l-1 consiste nell’attaccare frontalmente le linee nemiche; dovete impegnarli il più possibile per almeno quaranta minuti. Una volta scaduto questo tempo, l’unità l-2 sarà lanciata dal velivolo di supporto direttamente nel bel mezzo dei nostri avversari. L’ideale sarebbe che l’unità l-1 impegnasse quanti più mobile suit nemici possibile, quindi la tattica prevede che i Jegan Cannon restino in seconda linea. Gli altri nove attaccheranno con i beam rifle e cercheranno di attirare allo scoperto quei bastardi: dovrete allestire un blando assalto, far credere loro che vi state ritirando e poi cannoneggiarli quando vi inseguiranno. Li attirerete nella radura che si trova qui – l’ufficiale aveva indicato un punto sull’ampia mappa alle proprie spalle – e allora procederete a circondarli. È improbabile che il nemico impieghi tutte le proprie forze nell’inseguimento ed è altrettanto improbabile che l’unità l-1 possa abbattere tutti i nemici da sola in quaranta minuti. L’unità l-2 dovrà quindi inizialmente partecipare all’operazione di accerchiamento, per poi contribuire all’assalto finale contro il campo nemico.

"Signori, spero vi sia chiaro che dobbiamo limitare al minimo il danno alla vegetazione. In parte perché questa è una delle regioni che il Governo Federale ha deciso di inserire nel suo piano di riforestazione del pianeta, in parte perché una potente holding commerciale ha ottenuto l’appalto per lo sfruttamento limitato del legname e quindi, se facessimo troppo casino, causeremmo loro un danno economico che poi dovremmo rifondere".

A sentire quest’ultima considerazione, buona parte dei piloti si era chiesta come sarebbe stato possibile non incendiare tutta la foresta con dei mobile suit che avevano come minimo un beam rifle ciascuno.

Qualcuno aveva anche mormorato qualcosa del tipo: "E magari vuole anche una fetta di cazzo?".

"I nostri avversari", aveva continuato il colonnello, "non devono essere sottovalutati solo per i loro mobile suit. Sembra che il gruppo dei nemici sia costituito da reduci della Guerra di Neo Zeon e persino della Guerra di Un Anno, quindi stiamo parlando di piloti esperti. Scordatevi di poterli fregare solo perché i vostri mobile suit sono più avanzati dei loro. A quanto ne sappiamo, hanno circa una ventina di unità. Pare che siano per lo più Dreissen, ma sono stati avvisatati anche un paio di Zssa. È confermata la presenza di qualche Zack II… Sì, Zack II, non ridete. C’è un motivo se Axis li ha usati anche durante l’invasione dell’88 nonostante risalgano agli anni ’70. Inoltre, pare che il nuovo movimento di Neo Zeon che si sta formando nello spazio abbia spedito a questi tizi dei rinforzi, quindi dovremmo vedere anche qualche macchina di concezione più recente".

Un’operazione apparentemente semplice, se non fosse stato per quel problema della foresta.

***

Passarono esattamente quattro minuti e mezzo dallo sbarco dell’unità l-1 prima che un albero prendesse fuoco. Ovviamente, molti altri seguirono in breve.

Guardando i bagliori rossastri della foresta in fiamme dalla finestra dell’hotel, Julius ridacchiò, lanciando alla donna seduta davanti a lui un’occhiata complice: "Sembra che qualcosa sia andato storto, eh?".

"Sono contenta che questo la diverta", rispose lei. "Spero che i suoi comandanti siano altrettanto felici di vedere il conto che invierò loro".

"Oh, non si preoccupi, avevamo messo in preventivo che sarebbe potuto succedere qualcosa del genere".

‘E vaffanculo’, pensò tra sé e sé.

***

Nessuno si era veramente aspettato che sarebbe stata un’operazione facile.

Però, in parte perché il nemico disponeva di vecchi modelli di mobile suit, in parte perché doveva difendere una zona difficile, i soldati federali erano stati piuttosto ottimisti.

Ma c’era stato un imprevisto.

Il nemico non li aveva inseguiti.

Quando il primo squadrone di Jegan si era ritirato, gli zeoniani erano rimasti in posizione.

Poi, improvvisamente, un raggio era balenato per la vegetazione, tranciando interi gruppi di alberi.

La concentrazione di particelle Minovsky impediva efficienti comunicazioni radio e la formazione dei mobile suit, essendosi aperta per mettere in atto l’accerchiamento, era ancora dispersa.

Mentre la foresta bruciava, erano i federali a trovarsi isolati.

Qualsiasi cosa fosse a sparare quei raggi, sembrava che la linea di difesa degli zeoniani si fosse raccolta intorno a essa.

Qualche colpo isolato sembrava voler coprire quell’arma quando non sparava.

In quel caos, solo una cosa fu chiara a tutti i piloti di Jegan: una volta che l’unità l-2 fosse atterrata, si sarebbe trovata nel bel mezzo della linea di fuoco del nemico.

Mentre gli alberi bruciavano, i mobile suit federali cercavano di spostarsi verso quelle macchie di vegetazione non ancora toccate dal fuoco, se non altro per cercare di riorganizzarsi.

Qualcuno pensò anche di approfittare di questa copertura per tentare di aggirare la postazione di fuoco del nemico.

Uno dei Jegan stava correndo tra gli alberi.

Era vicino.

Girando la testa alla propria destra, il pilota poteva vedere quel gigantesco raggio sparare di nuovo.

Non riusciva a capire da dove arrivasse, ma poteva farsi un’idea abbastanza precisa di dove di trovasse la sua fonte.

Mentre il mobile suit correva, il pilota vedeva le mura che gli zeoniani avevano innalzato attorno alla centrale che avevano catturato.

Ecco, la cosa che sparava il raggio doveva trovarsi più o meno all’unico ingresso della zona.

Finalmente, arrivò in un punto in cui la vegetazione gli permetteva di fare sporgere la telecamera sulla testa del Jegan per guardare il punto desiderato.

E vide.

Vide un grande mobile armor su due gambe.

Non era la prima volta che quel pilota metteva lo sguardo su qualcosa di simile.

Lo aveva già visto in un libro all’accademia militare.

Quel mobile armor somigliava parecchio al Big Zam utilizzato dall’Esercito Regolare di Zeon durante la Guerra di Un Anno.

Era differente, ma l’aspetto di base presentava delle inequivocabili similitudini.

Possibile che gli zeoniani tendessero a riciclare sempre i loro vecchi design?

Quale altra loro vecchia macchina avrebbero riutilizzato?

Prima che il pilota potesse formulare un’altra domanda, un mobile suit irruppe dalla vegetazione circostante.

Effettuando un rapido affondo, il mezzo antropomorfo di Zeon trapassò il torso del Jegan con la sua grossa beam saber.

Il mobile suit federale non esplose in tempo da impedire al pilota di rendersi conto che aveva già visto anche quest’altro modello, quello che lo aveva attaccato, sempre in un libro.

Era molto simile a un Gyan.

Improvvisamente, il grande mobile armor smise di sparare.

Due mobile suit che in origine dovevano essere stati gialli (anche se ormai erano stati macchiati a tal punto, nel tentativo di mimetizzarli, da essere diventati di un verde/marrone sporco) si fecero avanti dai lati della grossa macchina.

Alcuni dei piloti di Jegan erano dei veterani della Prima Guerra di Neo Zeon e riconobbero gli Zssa, anche se sembrava fossero stati loro rimossi i lanciamissili sulle gambe.

Quelle sulle braccia, però, erano ancora lì.

Una tempesta di fuoco esplose dagli arti degli Zssa, mentre sparavano sulla vegetazione la loro pioggia di missili.

Stavano stanando il nemico.

Un Jegan Cannon, dotato di un paio di cannoni sulle spalle, uscì dal proprio nascondiglio fra gli alberi e fece fuoco.

I raggi che eruppero dai cannoni centrarono uno degli Zssa, facendolo esplodere all’istante.

Non passò nemmeno un minuto prima che un Dreissen lo falciasse, tagliandogli una gamba con un preciso lancio della propria tri-blade.

Il rumore del grande velivolo di classe Garuda Kai riempiva l’aria.

Sembrava che fosse restio a sganciare l’unità l-2: forse là sopra avevano intuito che qualcosa non era andato secondo i piani.

Ma avevano intuito male.

Gli zeoniani dovevano avere capito cosa ci facesse un velivolo da trasporto direttamente sopra il campo di battaglia, perché il Big Zam puntò verso l’alto il proprio cannone a mega particelle, nel quale cominciava a comparire una luminescenza violacea.

Fu solo all’ultimo istante che un Jegan spuntò dalla vegetazione e colpì il mobile armor con una spallata.

Perché non aveva sparato, anziché attaccare esponendosi così?

Nessuno avrebbe saputo dirlo, ma il fatto era che non aveva il beam rifle.

Forse l’aveva perso durante la prima ondata di assalti di Neo Zeon.

L’unica cosa certa era che il suo colpo contro il Big Zam aveva deviato il raggio che era stato sparato dal cannone a mega particelle su di esso.

Un attimo dopo, lo Zssa superstite estrasse la beam saber e la affondò nell’abitacolo del mobile suit federale.

Prima di morire, avvolto dalla luce bruciante del raggio, il pilota riuscì a mormorare solo una cosa: "Ecco perché gli spacenoid mi stanno sul cazzo…".

Pur deviato dal Jegan, il raggio del Big Zam aveva sfiorato un’ala del Garuda Kai.

Qualche piccola esplosione localizzata fu sufficiente a destare preoccupazione nella sala comandi, ma l’ufficiale responsabile del velivolo dovette giudicare che, a quel punto, fosse indispensabile portare a termine il compito assegnatogli.

Ordinò di lanciare l’unità l-2.

Il secondo squadrone di Jegan, dipinti di un blu scuro che li confondeva con il cielo notturno e di un verde oliva che avrebbe dovuto celarli nella vegetazione, fu sganciato direttamente dietro la postazione di Neo Zeon.

Dal campo degli zeoniani partì qualche raggio, ma nessuno centrò il bersaglio: la necessità di guardarsi dall’azione dell’unità federale già a terra e le condizioni di scarsa visibilità furono la fortuna dei federali.

Durante la caduta, i Jegan avevano usato i razzi di spinta per frenare la propria corsa verso il suolo; i piloti erano però stati abbastanza accorti da attivarli solo a momenti, per evitare di segnalare la propria posizione in un momento in cui sarebbero stati vulnerabili.

"Let’s rock", mormorò il comandante, sul suo Jegan per ufficiali, non appena toccò terra.

Le particelle Minovsky erano a livelli elevatissimi e comunicare via radio era praticamente impossibile.

Ma tutti i soldati avevano già ricevuto le proprie istruzioni, nonostante la zona dell’atterraggio fosse cambiata.

Il Jegan per ufficiali del comandante si lanciò verso la fortificazione della postazione di Neo Zeon alzando lo scudo, dal quale spuntavano due canne di un’arma da fuoco.

Da entrambe eruttarono dei flussi di raggi violacei, che si abbatterono sulla rozza muraglia metallica che gli zeoniani avevano innalzato.

I raggi trapassarono le piastre corazzate, seguiti immediatamente da quelli sparati dai beam rifle degli altri Jegan.

Nonostante la tempesta di colpi, diverse parti della fortificazione restarono in piedi.

Almeno per qualche secondo.

Almeno finché la muraglia non esplose dall’interno.

Due Geara Doga, reggendo delle pesanti beam machinegun, fecero piovere una raffica di raggi sugli assalitori.

Un terzo, dalla spalla destra del quale spuntava un cannone, sembrava intento a ricercare il bersaglio.

Sembrava che gli zeoniani non volessero stare ad aspettare e fossero intenzionati ad soffocare l’attacco nemico sul nascere.

I Jegan Cannon scesi dal Garuda Kai, che erano rimasti in copertura fino ad allora, aprirono il fuoco.

***

Julius Parker guardò accigliato il documento che aveva in mano.

Seduto sul letto della propria camera nella base federale, non riusciva a staccare gli occhi dalle pagine del rapporto sulla missione nei pressi di Oslo.

Tralasciò le note sulla distruzione della foresta, gli bastava averle lette una volta.

Sapeva di dover riportare la cifra al comando e avrebbero pensato loro a rifondere i danni.

Non doveva pagare lui.

Saltò a piè pari il rapporto sulle ingenti perdite inflitte agli squadroni di mobile suit, ormai conosceva quei numeri a memoria.

Sapeva quante lettere far spedire alle famiglie, sapeva quanto la distruzione di quelle macchine avrebbe influito sul budget.

Non prestò attenzione alle segnalazioni degli eroici soldati che avevano permesso la distruzione del mobile armor di Neo Zeon, c’era troppa retorica per i suoi gusti.

Quello che attirò il suo sguardo fu il resoconto dei prigionieri che erano stati catturati dai soldati federali in seguito all’assalto.

Tra i mobile suit nemici c’era stato un Geara Doga che aveva spazzato via sette Jegan praticamente da solo, prima che la sua riserva energetica, ormai al limite, lo facesse cadere vittima di un soldato federale, che gli aveva fatto saltare una gamba.

Il pilota di quel Geara Doga era stato un ragazzino inviato sulla Terra dal movimento di Neo Zeon che si era formato nello spazio.

Trovato nell’abitacolo che si dibatteva come un dannato, con la bava che gli usciva dalla bocca.

Le analisi che erano state condotte su di lui avevano dimostrato che era stato alterato artificialmente affinché si risvegliassero in lui le capacità che venivano comunemente associate ai newtype.

Julius non seppe dire perché questo lo colpì così tanto.

Non gli era mai stato detto cosa ci facesse quella ragazzina sull’Alexandria che lui e i suoi colleghi avevano attaccato ormai più di quattro anni prima, quando erano stati intenti a scortare della merce che stava venendo lanciata sulla Terra.

Eppure, lui aveva sempre avuto l’idea fissa che i militari avessero voluto usarla per qualcosa.

Ora, mentre leggeva questo rapporto, aveva l’impressione che la storia si stesse ripetendo.

Era davvero così?

Come si sarebbe potuto fermare tutto questo, qualsiasi cosa fosse?

Julius si lasciò andare sul letto.

Che importava?

In ogni caso, la gente era semplicemente contenta di vivere una vita pacifica, senza curarsi dei problemi che le incombevano addosso.

La gente non si preoccupava di ciò che non vedeva.

***

Note dell’autore

Che sorpresona, eh? Chi l’avrebbe mai detto che questa storia, che era stata originariamente presentata come una one-shot, avrebbe avuto un seguito? Io, per esempio. La verità è che avevo in mente questo racconto già al tempo di scrivere il primo capitolo, ma non sapevo se mi sarebbe venuta voglia di buttarlo giù. Al che, ho preferito chiarire che quello era una cosa a sé stante. Sono un tipo strano. Non credo di avere mai sperimentato quello che viene convenzionalmente chiamato ‘blocco dello scrittore’, perché scrivo solo quando ne ho voglia. Il problema è che spesso mi vengono in mente delle storie lunghissime, in tutti i minimi particolari, articolate per filo e per segno… E non le scrivo. Perché non ne ho voglia, anche se so già esattamente cosa scrivere. Voglio dire, se io so già tutto quello che voglio fare, perché dovrei riportarlo in un documento? Sarebbe come ripetere qualcosa che ho già detto, e la cosa non mi piace per niente (ho letto da qualche parte che anche Mary Shelley si trovava in questa situazione). Una volta era diverso, sentivo il bisogno di scrivere… Adesso mi basta fare esercizio mentale dentro la mia testa per ottenere lo stesso risultato. Ma bando alle cazzate.

In questa seconda avventura di Dolores, ho parzialmente abbandonato il metodo delle singole scene, descrivendo con maggiore dettaglio quello che accade. Anche qui, in realtà, mi sono limitato al minimo indispensabile, perché anche questa parte della storia è nata per essere inserita in un progetto di altro tipo, quindi non ho necessità di dare spiegazioni particolarmente precise. Solo che la trama era più articolata che nel primo capitolo, quindi dovevo fare in modo che il lettore capisse esattamente cosa stesse succedendo. Più o meno, perché ho lasciato comunque diversi buchi, laddove non mi serviva raccontare determinate cose, che magari io ho in mente, ma che non erano strettamente necessarie per comprendere gli eventi.

Forse a questo punto qualcuno si sarà chiesto perché abbia messo quelle parole incomprensibili all’inizio di questo secondo capitolo… Allora, quella è la traduzione di una canzone giapponese, per la precisione Anime Janai, la prima sigla di testa di Gundam ZZ. Perché l’ho usata come incipit? Perché è uno sfottò decisamente palese verso gli otaku, quindi era coerente con quello che volevo dire. Con il primo capitolo di Gundam D avevo dato la mia visione personale di quello che Tomino aveva trasmesso con la prima serie di Gundam.

Qui ho puntato a dare una mia interpretazione del messaggio di Z Gundam. Lì un protagonista dalla personalità fragile si vede costantemente deluso/ferito/ingannato da qualsiasi persona nella quale cerchi di riporre fiducia; questo espediente viene utilizzato per criticare gli otaku che vivono nel loro mondo di anime. Un invito a staccare la spina e guardare al mondo reale: come lo stesso Tomino ha dichiarato, il significato della sorte finale di Kamille è questo (mi riferisco ovviamente alla serie TV e non a A New Translation). Ricorda qualcosa? Non so, fate voi…

Mi è stato chiesto se il nome di Dolores avesse un’origine particolare o se l’avessi scelto a caso. Dunque, il suo primo nome deriva da un episodio molto malato. Dovete sapere che io frequentavo di tanto in tanto (ma ormai non mi faccio vedere da un pezzo, anche perché era più un’imposizione dall’alto che una scelta mia, quindi ho deciso di sbattermene le palle…) il forum di una rivista con cui ho collaborato per qualche anno e lì, con un paio di altri falliti, ci divertivamo a commentare la puntata settimanale di Gundam SEED – Destiny. Io ero solito scrivere dei riassunti piuttosto deviati dell’episodio. All’entrata in scena del personaggio di Heine Westenfluss, ironizzai pesantemente sul suo incerto orientamento sessuale, riscrivendo la scena in cui si presenta all’equipaggio del Minerva (o Love Boat, come lo chiamiamo da quelle parti). Faccio copia-incolla da quel forum (comunque, a causa di un mio compagno di merende che si è fatto sfuggire la situazione di mano, questa roba è finita anche sulla board degli Starsubber, dove mi ha guadagnato il titolo di membro onorario dell’Angolo del Biscotto per meriti sul campo… non so se esserne orgoglioso o vergognarmene).

‘Nel frattempo, l'equipaggio della Love Boat sta subendo un autentico assalto alla propria eterosessualità: Heine sta facendo conoscenza con i piloti: "Ciao, ragazze, come state? Sentite, io non sono uno di quegli ufficiali che vogliono mantenere le distanze, anzi, voglio stare quanto più vicino possibile, soprattutto ai bei maschioni. Quindi chiamatemi tutti per nome, OK? Al limite, potete anche chiamarmi Ines. O magari Gioia, o Wanda, non so... E, mi raccomando, se mai dovessi chiedervi di chinarvi a raccogliere la saponetta, fatelo... Anzi, se qualcuno deve allacciarsi le scarpe". A questo punto, Rey, zelante, gli ricorda: "Non abbiamo stringhe sugli stivali". Ines ha un'esclamazione di disappunto e si gira verso Athrun: "Ma dai, bella, tu ti fai veramente chiamare 'comandante'?"

"E come devo farmi chiamare, Dolores?"

"Non è una cattiva idea... Ma perché non ti avvicini un po' di più ai tuoi subalterni? Ricordati che qui il superiore sono io, quindi, se ti dico di avvicinarti, devi farlo"’.

OK, so che è una cosa molto triste, ma… per qualche bizzarro motivo, il nome ‘Dolores’, che lì mi era venuto per caso, mi è rimasto in testa e l’ho usato. Il cognome, Martin, viene da una scena che mi ero immaginato. Avete presente la missione in Francia alla quale Dolores partecipò durante la Guerra di Un Anno, quella alla quale si accenna nel primo capitolo? Ecco, mi ero immaginato che i suoi sottoposti avessero saputo di essere stati messi al seguito di un fantomatico ‘tenente Martin’ e che congetturassero tra di loro pensando che fosse un uomo. Poi, ovviamente, sarebbe arrivata Dolores stessa a chiarire il malinteso. In pratica, per questa scena mi sarebbe andato bene un qualsiasi cognome che potesse essere scambiato per un nome maschile.

Ah, riguardo la parola ‘riforestazione’, so bene che non esiste. Ho pensato fosse un termine coniato nella seconda metà degli anni ’80 (mi riferisco agli anni ’80 dello Universal Century, ovviamente) per indicare il ripristino di aree di foresta che il Governo Federale mette in atto a partire da quel periodo (chi ha visto Gundam ZZ sa di cosa sto parlando).

Ci sarà mai un futuro per Gundam D? E chi lo sa? Io un terzo capitolo ce l’avrei anche in mente (è blandamente ispirato a Moon Crisis, un vecchio fumetto di Gundam che si svolge nell’UC 0099; tra gli altri, dovrebbero comparire Julius e, rullo di tamburi, Kamille Bidan, mentre probabilmente Dolores non ci sarà), ma, ancora, non so se mi verrà voglia di scriverlo… Tra l’altro, non escludo nemmeno la possibilità di un capitolo 1.5, ambientato durante gli eventi di Stardust Memory e collocato tra il primo e il secondo; anche in questo caso, comunque, pur avendo in testa un abbozzo di storia, non so se lo realizzerò mai. Di conseguenza, allo stato attuale, Gundam D si considera una storia conclusa. Tra l’altro, sono molto poco soddisfatto del risultato ottenuto finora… Ho l’impressione che la seconda parte di Gundam D sarà molto poco apprezzata, perché, per capirla appieno, bisogna conoscere Z Gundam, Gundam ZZ e Gundam Sentinel. Quanti saremo in Italia ad avere a disposizione tutto questo materiale?

***

Personaggi vari

Nel primo capitolo ho messo i dati di Dolores, quindi mi sembra giusto riportare qui quelli dei personaggi più rappresentativi di questa seconda parte.

Conner Clark

Data di nascita: 3 maggio UC 0054

Luogo di nascita: Side 3

Altezza: 196 cm.

Peso: 113 Kg.

Misure: 108/92/97

Pilota di: MS-06D Zack Desert Type, MRX-007G Prototype Psyco Gundam, ORX-005 Gaplant

Residenza: originariamente residente su Side 3, attualmente occupa un alloggio alla base di Torrington dell’Esercito della Federazione Terrestre

Gli piace: lo spazio, i tatuaggi

Non gli piace: la gente

Cibo preferito: gelato al pistacchio

Famiglia: non lo sa con esattezza nemmeno lui e non gli importa

Conner Clark è un personaggio che a volte ho trovato problematico gestire. Praticamente tutti i ‘villain’ di questa seconda parte di Gundam D sono stati pensati per essere più o meno sociopatici; Clark è il sociopatico violento, quello che picchia. Esteticamente, è il tipico veterano di guerra truzzo, ma mentalmente è una contraddizione vivente. Penso che nella storia sia abbastanza chiaro (almeno per chi ha visto Z Gundam), ma Conner non è un newtype naturale: ha acquisito poteri simili in seguito ai trattamenti dell’Istituto Murasame. Con questo personaggio volevo ancora una volta bastonare un po’ la figura del newtype ed esaminare i lati negativi di questa condizione. Clark era un paranoico prima di diventare un umano potenziato (la versione americana di Z Gundam li chiama ‘cyber newtype’, ma io mi attengo all’originale giapponese, ‘kyokai ningen’) e dopo peggiora. Prima il suo problema era quello di voler capire il prossimo e non riuscirci; adesso lo capisce e non vede niente che gli piaccia. Non escludo di poter ripescare Clark in un eventuale seguito di questa storia.

Elizabeth Fontaine

Data di nascita: 22 luglio UC 0072

Luogo di nascita: Belgio

Altezza: 155 cm.

Peso: 50 Kg.

Misure: 78/57/75

Pilota di: PMX-004 Titania

Residenza: Belgio; anche se il suo cadavere non è mai stato recuperato, c’è comunque un posto per lei nel mausoleo di famiglia

Le piace: le cose carine, Dolores

Non le piace: avere a che fare con gli altri

Cibo preferito: salame di capriolo

Famiglia: padre e madre vivi

Non me lo chiedete. Qualsiasi domanda abbiate in mente su Elizabeth, non fatemela, perché la risposta non vi piacerebbe. Butto qui un paio di informazioni a caso. Fisicamente, Liz è ispirata ad alcune immagini che ritraggono una versione femminile di Athrun Zala, che riprende le fattezze di Maho di Onegai Teacher. La famosa gif animata in cui si vede qualcuno che esamina il suo curriculum e poi compare lui/lei che fa il saluto militare è una delle cose più allucinanti che abbia mai visto e mi è rimasta impressa al punto che ho dovuto crearci un personaggio attorno. Sono malato, lo so. L’idea dei poteri newtype che infliggono danni al corpo, invece, mi è venuta da alcuni casi psichiatrici reali. Sapevate che, in casi estremi, i fenomeni di sdoppiamento della personalità possono portare anche ad alterazioni fisiche? Di minore entità, ovviamente, non è che uno possa cambiare faccia di punto in bianco. Fatto sta che ci sono condizioni psicologiche che possono alterare lo stato del corpo in maniera considerevole. Elizabeth è un personaggio che porta sul piano fisico l’alienazione e il rifiuto della realtà. Vede solo quello che vuole, perché vedere quello che non voleva le ha fatto male. Si può dire che io abbia costruito la storia attorno a questo personaggio, più o meno come il primo capitolo era costruito attorno a Victoria (della quale non si citava nemmeno il nome, ah-ah!). La visione surrealista del suo contatto mentale con Dolores (quella in cui l’orologio parla) mi viene direttamente da un vecchissimo numero di Dylan Dog (Gente che scompare, se non ricordo male).

Isolde Tsogatie

Data di nascita: 4 settembre UC 0069

Luogo di nascita: Giove

Altezza: 166 cm.

Peso: 53 Kg.

Misure: 84/61/81

Pilota di: RMS-108S Marasai Custom

Residenza: colonia imprecisata di Giove

Le piace: usare i propri poteri di newtype per entrare in contatto con il prossimo

Non le piace: la gente che non si piega al suo contatto mentale

Cibo preferito: nessuno in particolare

Famiglia: nessuna; è una delle subordinate di Scirocco

OK, mi serviva qualcuno che facesse le veci di Paptimus Scirocco. Qualcuno che tirasse dalla sua parte Elizabeth e le desse una scusa per combattere contro Dolores. In realtà, però, il personaggio di Isolde mi è venuto diverso da come l’avrei voluto. Da una parte, somiglia parecchio a Scirocco: ne condivide gli scopi e il modus operandi. Dall’altra, vive comunque alla sua ombra e forse non ha ben chiaro nemmeno lei cosa sta facendo. Sembra la meno sociopatica dei villain di questa storia, ma probabilmente è quella che lo è di più: non riesce a relazionarsi al prossimo, se non tramite le proprie capacità newtype. La sua è una dipendenza dai propri poteri molto diversa da quella che prova Dolores quando percepisce l’assuefazione alla sensazione della morte: è proprio una persona che non potrebbe vivere senza essere una newtype. Tutto il suo valore si risolve attorno a questo, non ha una vera volontà propositiva, si limita a lasciarsi trasportare dalle idee altrui e dalla propria sensibilità superiore. Nella storia vengono citate anche altre due persone, Luna e Caterina, che dovrebbero fare parte dell’equipaggio del Jupitris con cui Isolde arriva nella Sfera Terrestre. In realtà, ho messo lì quei nomi giusto perché i lettori si chiedessero chi fossero, quindi non credo che dirò qualcosa di più sul loro conto. Ah, vorrei precisare che Isolde non fa effettivamente parte dei Titans: le ho messo addosso la loro normal suit solo perché mi piaceva l’immagine dei suoi capelli che le fluttuavano attorno.

***

Considerazioni assortite sui mobile suit

Allora, contrariamente a quanto accadeva nel primo capitolo, qui ho inserito dei mobile suit che mi sono inventato io. Anzi, sarebbe più corretto dire che sono delle varianti di macchine già esistenti. Dai dialoghi dei personaggi è possibile estrapolare alcune loro caratteristiche, ma la maggior parte dei dettagli tecnici viene omessa e riportata in un capitolo addizionale in coda alla storia, che ho chiamato D-MSV (ovvero Mobile Suit Variations di Gundam D… che fantasia, eh?). Perché ho preso questa decisione? In fondo, non mi sarebbe costato granché inserire una sequenza in cui qualche personaggio snocciolava le mirabolanti capacità dei mobile suit, non avrei nemmeno dovuto appesantire granché la narrazione. L’ho fatto essenzialmente perché questa è una fanfiction di Gundam e quindi ho usato lo stesso approccio delle serie di Gundam: si lasciano intravedere le capacità dei mezzi nel racconto e le si esamina nel dettaglio con delle schede tecniche che compaiono in pubblicazioni collaterali. Se mai dovessi aggiungere altri capitoli a Gundam D, le D-MSV saranno aggiornate di conseguenza, ma resteranno sempre in coda al resto della storia, ovviamente.

Per quanto riguarda i mobile suit che ho preso altrove, non c’è molto da dire. Chi conosce un po’ l’universo di Gundam si sarà accorto che mi piace andare a pescare dei modelli relativamente poco conosciuti. Lo Zack marrone che Clark pilota all’inizio della storia è un MS-06D Zack Desert Type. Non può ovviamente essere un MS-06D Desert Zack, visto che quelli saltano fuori parecchi anni più tardi, durante la Prima Guerra di Neo Zeon (però mi sono sempre chiesto dove i reduci di Zeon che erano rimasti in Africa avessero trovato i pezzi per mettere nei loro Zack il sistema panoramic monitor/linear seat… bah!). Il GM contro cui combatte, invece, è un RGM-79F Desert GM. Potreste chiedervi che differenza avrebbe fatto se fosse stato un altro modello… Be’, direi che non ne avrebbe fatta: è semplicemente la mia solita mania di andarmi a prendere i mobile suit più infognati tra i vari fumetti/videogiochi/variation/balle assortite.

I due mobile armor che Dolores, Julius e Michael sono incaricati di scortare fino al rientro nell’atmosfera sono degli MSA-005K Guncannon Detector. Si tratta di un modello che compare tra le Z-MSV, dove si dice che ne furono assemblate due unità, entrambe comprate dalla Karaba, che furono sbarcate dall’orbita in Nord America tramite uno shuttle. Durante l’operazione di rientro, una delle due fu abbattuta. Le fonti ufficiali non citano altre notizie circa questi fatti, né li collocano temporalmente con precisione. Diciamo che io ho preso quello che si sapeva e ci ho ricamato attorno.

So cosa avete pensato quando avete letto dello Z Plus di Dolores che faceva cose da Super Saiyan, come tagliare il metallo con una mano, crearsi un’aura di energia o generare una beam saber extralarge. Ecco, probabilmente non lo avreste pensato se aveste visto Z Gundam, perché anche lì succede qualcosa di molto simile. La spiegazione è la stessa, ma la rimando al capitolo D-MSV, che trovate in coda a questa storia.

***

Cronologia di Gundam D

4-12-0083

Dietro pressioni del commodoro Jamitov Heymem vengono fondati i Titans e si intensifica la caccia agli ex membri dell’Esercito Regolare di Zeon.

11-1-0084

Nasce Sean Larouche.

10-3-0084

La verità circa la caduta della colonia e il Progetto di Sviluppo Gundam viene cancellata dai rapporti ufficiali e cadono così le accuse contro le persone coinvolte negli eventi. Ko Uraki, scarcerato, viene assegnato alla base federale di Oakley, Logan County, Kansas.

4-0084

I Titans cominciano le proprie ricerche su armi per newtype.

22-4-0084

Conner Clark riceve in carcere la visita di un membro dei Titans: questi lo informa che è stato scelto come soggetto sperimentale per delle ricerche non meglio identificate.

21-9-0084

Casval Rem Deikun torna nella Sfera Terrestre; infiltrandosi illegalmente nei registri dell’Esercito Federale, si accredita come suo soldato e vi si iscrive con il nome di Quattro Bajeena.

16-12-0084

Il sottotenente Eliard Hunter, dell’Esercito della Federazione Terrestre, entra nello squadrone Black Otter del Titans Test Team, sull’incrociatore di classe Alexandria Aswan.

17-12-0084

Lo squadrone Black Otter ingaggia la sua prima azione di combattimento al completo.

0085

Side 4 viene fuso con Side 1 nel L5; Side 6 viene fuso con Side 2 nel L4; Side 1 viene rinominato Side 4 e Side 7 viene fuso con Luna2.

4-0085

Asuna Elmarit si iscrive alla Ecole di pilotaggio di mobile suit di Montreal, Canada.

31-7-0085

L’incidente del Bunch 30. I Titans pompano del gas nervino GGG (3G) nel Bunch 30 di Side 1, masacrandone gli abitanti. Come conseguenza, si intensificano i movimenti antigovernativi. Viene formato l’Anti-Earth Union Group (AEUG).

8-9-0085

Comincia la costruzione del Bunch 2 (Gryps) di Side 7. Viene pensato come estensione di Luna2 nell’L3 e come base dei Titans.

6-2-0086

L’asteroide Axis comincia il proprio viaggio verso la Sfera Terrestre.

10-1-0087

Incidente in Alaska. I dettagli sono ignoti, ma ne risulta la fondazione della Karaba.

22-2-0087

Il maggiore Dolores Martin dell’Esercito Federale comanda una squadra di RGM-79R (RGM-179) GM II incaricata di scortare l’MRX-007G Prototype Psyco Gundam in una missione di collaudo. Ne risulta la distruzione di una colonia.

2-3-0087

Comincia la Guerra di Gryps, con il tentato furto, da parte dell’AEUG, di tre prototipi di RX-178 Gundam Mark II da Gryps. L’azione viene condotta da una squadra di RMS-099 Rick Dias guidata dal tenente Quattro Bajeena e riesce anche grazie all’aiuto imprevisto del civile Kamille Bidan, che poi entra nell’AEUG.

29-4-0087

Il Jupitris di Paptimus Scirocco arriva nella Sfera Terrestre.

5-3-0087

L’Argama, ammiraglia dell’AEUG, salva lo shuttle Temptation dal PMX-000 Messala di Paptimus Scirocco. Bright Noa, capitano del Temptation, entra nell’AEUG.

4-0087

L’equipaggio dell’incrociatore Moloch, dell’Esercito della Federazione Terrestre, diserta in favore dell’AEUG.

11-5-0087

L’AEUG attacca la base federale di Jaburo, che viene autodistrutta dai Titans con una bomba nucleare. L’AEUG unisce le proprie forze a quelle della Karaba.

6-0087

Il colonnello Lynn Petrie-Smith dell’AEUG diventa capitano del Moloch.

8-6-0087

I Titans spostano Gryps nell’area di Luna2. La Repubblica di Zeon dona la fortezza asteroide di A Baoa Qu ai Titans, che la rinominano Cancello di Zedan e spostano anch’essa nei pressi di Luna2.

21-6-0087

Paptimus Scirocco giura alleanza al comandante dei Titans, Jamitov Hymem, tramite un documento firmato con il sangue.

29-6-0087

I Titans attaccano Hong Kong; alla testa dell’assalto c’è l’MRX-009 Psyco Gundam, pilotato da Four Murasame.

10-8-0087

I Titans lanciano l’Operazione Apollo, conquistando Von Braun City.

16-8-0087

Il Parlamento Federale approva una legislazione che aumenta enormemente l’autorità dei Titans, ponendo, di fatto, il controllo dell’Esercito della Federazione Terrestre nelle loro mani.

17-8-0087

Il leader dell’AEUG Blex Forer viene assassinato.

24-8-0087

I Titans falliscono nel tentativo di fare cadere una colonia su Granada.

21-9-0087

I Titans attaccano il Bunch 35 di Side 2 usando del gas nervino.

5-10-0087

I Titans bombardano lo spazioporto di Von Braun City.

12-10-0087

Axis arriva nella Sfera Terrestre.

13-10-0087

Lynn Petrie-Smith convoca una riunione non ufficiale sul Moloch.

14-10-0087

L’AEUG manda una delegazione su Axis per trattare un’alleanza, ma un’inaspettata reazione di Quattro Bajeena manda all’aria le trattative.

15-10-0087

Paptimus Scirocco forma un’alleanza con Axis in vece dei Titans.

2-11-0087

I piloti dell’AEUG Kamille Bidan (sull’MSZ-006 Z Gundam) e Quattro Bajeena (sull’MSN-00100 Hyaku Shiki) si uniscono alla Karaba nell’attacco alla base dei Titans sul Kilimanjaro. All’operazione partecipa anche Amuro Ray, tra le fila della Karaba.

3-11-0087

Kamille Bidan combatte nuovamente lo Psyco Gundam e Four Murasame. L’intromissione di Jerid Messa causa la morte della ragazza.

16-11-0087

L’AEUG occupa il Parlamento Federale di Dakar. Casval Rem Deikun, rivelando la propria vera identità, denuncia le azioni dei Titans davanti alle telecamere. Nel frattempo, i Titans non esitano a ingaggiare battaglia con lo Z Gundam nel centro cittadino, causando una forte reazione nell’opinione pubblica. La Federazione Terrestre comincia a supportare non apertamente l’AEUG.

20-11-0087

Dolores Martin, su ordine dei propri superiori, arriva a Von Braun City, ufficialmente per lavorare come collaudatrice alla Anaheim Electronics.

30-11-0087

L’Argama conquista la fortezza spaziale Cancello di Zedan.

7-12-0087

I Titans usano il colony laser ricavato dalla struttura di Gryps per distruggere il Bunch 18 di Side 2.

11-1-0088

Il Cancello di Zedan viene deliberatamente distrutto in un impatto con Axis, che poi entra in rotta di collisione con Granada.

15-1-0088

Uno shuttle della Anaheim Electronics, scortato da Dolores Martin, Michael Philbert e Julius Parker, sbarca dall’orbita due MSA-005K Guncannon Detector. Nel corso della missione, il gruppo è attaccato da un Alexandria, a bordo del quale, dopo la battaglia, trova Elizabeth Fontaine.

17-1-0088

L’incrociatore Moloch dell’AEUG riceve un esemplare di MSZ-006C1 Z Plus C1, che viene assegnato al tenente Daniel Wymann.

18-1-0088

Si rompe l’alleanza tra Axis e i Titans. D’accordo con la reggente di Axis Haman Karn, Paptimus Scirocco attira Jamitov Hymem in una trappola, nella quale lo uccide.

20-1-0088

I vertici dell’Esercito della Federazione Terrestre decidono di affidare momentaneamente Elizabeth Fontaine al maggiore Dolores Martin.

25-1-0088

Alla base asteroide di Pezun, alcuni ufficiali del Corpo Istruttori dell’Esercito della Federazione Terrestre, simpatizzando con le filosofie dei Titans e non condividendo l’appoggio federale all’AEUG, si ribellano e si proclamano New Desides. Al loro comando c’è il capitano Brave Cod.

2-2-0088

L’AEUG lancia l’Operazione Maelstrom e cattura Gryps in battaglia. L’AEUG usa poi il colony lasre per spostare la traiettoria di Axis e impedire che si scontri con Granada.

20-2-0088

L’AEUG, i Titans e Axis si scontrano in una battaglia a tre nei pressi di Gryps.

21-2-0088

Durante gli scontri perdono la vita Henken Bekkener, Jerid Messa, Emma Sheen e Reccoa Londe.

22-2-0088

Fine della battaglia nei pressi di Gryps. La flotta dei Titans è annientata (Paptimus Scirocco risulta KIA), mentre quella dell’AEUG ha subito gravissime perdite. Kamille Bidan è ridotto a uno stato vegetativo, mentre di Quattro Bajeena si sono perse le tracce.

23-2-0088

L’Esercito della Federazione Terrestre forma la Task Force a, avanguardia di un’armata di soppressione che deve annientare i New Desides. Al suo comando c’è l’ammiraglio Eton Heathrow, l’ammiraglia è il Pegasus III e tra i piloti sono presenti Ryuu Roots (MSA-0011 S Gundam), Shin Crypt (FA-010A FAZZ) e Tex West (MSZ-006C1 Z Plus C1).

Il Jupitris di Isolde Tsogatie arriva nella Sfera Terrestre e si mette in contatto con ciò che resta dei Titans.

24-2-0088

Viene celebrato il processo contro Julius Parker, accusato di violenza carnale verso Elizabeth Fontaine.

25-2-0088

I Titans assegnano Conner Clark al Jupitris di Isolde Tsogatie; le consegnano inoltre un esemplare di RMS-108S Marasai Custom.

27-2-0088

Dolores Martin fa visita in carcere a Julius Parker.

28-2-0088

Ex membri dei Titans, facendo leva sulla propria autorità residua, tolgono Elizabeth Fontaine a Dolores Martin e la consegnano al Jupitris di Isolde Tsogatie.

29-2-0088

Axis proclama la rinascita di Zeon, assumendo il nome di Neo Zeon. Manda delle armate a prendere il controllo di ciascun Side.

1-3-0088

L’Argama attracca al Bunch 1 (Shangri-La) di Side 1. Una banda di ragazzini che vendono pezzi di ricambio raccattati chissà dove, capeggiata da Judau Ashta, tenta di rubare l’MSZ-006 Z Gundam. Nell’impresa, Judau entra in contatto con Kamille Bidan.

Uno squadrone su di un Salamis Kai dell’Esercito della Federazione Terrestre viene incaricato di riprendere Elizabeth Fontaine dal Jupitris di Isolde Tsogatie. A capo della squadra di mobile suit c’è Dolores Martin. Durante lo scontro con le forze del Jupitris, entrambe le navi vengono distrutte e gli unici sopravvissuti sono Dolores Martin, Isolde Tsogatie e Conner Clark.

  
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