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Autore: Nezu    21/12/2011    0 recensioni
Jay è un giovane costantemente attaccato alla bottiglia e alla ricerca di un impiego qualsiasi per tirar su soldi, Deuce è in fuga da tipi poco raccomandabili e ha bisogno di una mano per mettere a segno un buon colpo, Toad è un campagnolo giunto in città per fare soldi con facilità. I tre si troveranno a organizzare e portare a termine una rapina alla banca sotto il controllo della mafia locale, ma dovranno fare i conti con alcune complicazioni.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Note: Il titolo del capitolo è preso dalla canzone "Soul Sister" di Train ^^ Ringrazio inoltre Rasp (fammi indovinare, sei LittleBeaver91, vero? X°D)
per la recensione e tutte le simpatiche personcine che hanno messo questa storia tra le preferite e/o seguite <3

2. The smell of you in every single dream I dream

 

Era bello restare ad occhi chiusi e ascoltare il rumore delle ruote sulla strada accidentata, la brezza che gli scompigliava i capelli e si infiltrava sotto i vestiti senza riuscire a fargli provare freddo.

Aveva sempre saputo – e non aveva voglia di chiedersi come, non sempre c’erano risposte ai suoi interrogativi – e creduto che sarebbe stato così eccitante, così liberatorio lasciare quel paesino imbucato in campagna per affrontare il viaggio della sua vita, macché sua, della vita in generale. Un viaggio che aveva già letto su libri e cartine, ma che affrontare di persona era decisamente più appagante, più vero.

< Ehi, ragazzo! Tra un’ora dovremmo arrivare!>

Le grida del guidatore che cercava di comunicare sovrastando il frastuono della macchina lo rincuorarono.

< Ottimo, La ringrazio ancora per il passaggio!> urlò di rimando e si alzò dalla sua posizione sdraiata sul cassone posteriore di quel vecchio pick-up.

Era stata una fortuna aver trovato uno strappo così facilmente e anche se il mezzo non era dei più veloci a Toad andava bene: più lento si viaggiava, più lungo era il viaggio e più lungo era il viaggio, più poteva viverlo.

Osservò il profilo della città che già si intravedeva all’orizzonte, grattacieli grigio fumo contro un cielo dello stesso colore; sorrise, la sua meta non era mai stata così vicina.

Diede una pacca affettuosa al telaio della sua bicicletta, la sua cara vecchia amica che l’aveva seguito fin là, caricata accanto a lui per tutto il tempo.

Non vedeva l’ora di arrivare a destinazione.

 

Erano ore che aspettavano in quel sottopasso, lontano da occhi indiscreti, ma il fantomatico tipo che Deuce doveva chiamare pareva scomparso nel nulla, inghiottito da Madre Terra, evaporato, eclissato, mai esistito, esploso come una bolla di sapone. E Jay stava cominciando ad annoiarsi.

< Vaffanculo!> sbottò il moro riattaccando per l’ennesima volta la chiamata andata a vuoto.

< Dunque i soldi ce li ha il tuo collega, giusto?> chiese il castano guardando il ragazzo agitarsi e camminare avanti e indietro per lo stesso tratto, certo che continuando con quell’andazzo avrebbe consumato l’asfalto.

< Sì, porca puttana, sì!>

In preda alla disperazione più nera Deuce si lasciò scivolare a terra e, presosi il volto tra le mani, rimase immobile.

< Forse l’hanno preso…> tentò l’altro cercando di trovare una spiegazione logica piuttosto che confortare il giovane così prossimo al suicidio.

< Impossibile, è più al sicuro di una cassaforte. Ho fatto io da esca perché avesse modo di non farsi trovare. E sono certo che non sia successo, è un genio nello scomparire quando si sente in pericolo.>

< Sì, lo sto notando… Allora l’unica opzione rimasta è la peggiore, vecchio mio: ti ha piantato in asso.>

Quello scosse la testa, guardandolo incredulo.

< No… no, non ci credo…>

< Perché così sconvolto? Sono cose che capitano tutti i giorni da queste parti…>

Ma Deuce continuava a negare, allibito.

< No, tu non capisci.>

< Cosa?>

Sembrò fare uno sforzo per rispondere e fece un bel respiro profondo, ma quando parlò la sua voce pareva stesse per spezzarsi.

< Il mio collega… cioè, il mio compagno… è la mia ragazza.>

Jay si chiese se quello lì avesse tutte le rotelle a posto: era fuori di testa, affidare del denaro ad una donna? Di colpo la situazione si fece molto più chiara.

< Era la tua ragazza, direi.>
Al suo commento il giovane tornò a nascondere il volto fra le mani.

< Comunque, vecchio mio – riprese il castano – hai fatto una cazzata. Fidarsi di una donna, ma insomma! Non lo vedi come va il mondo? E’ ovvio che quella ti ha piantato, una donna quando ha il denaro ha tutto quello che le interessa.>

Deuce non rispose, ma con un’occhiataccia significativa chiamò ancora e ancora, sperando che qualcuno, chiunque, premesse il fatidico pulsante verde, ma fu del tutto inutile.

Due ore dopo erano nell’appartamento del moro a bere birra ghiacciata nel tentativo di sollevarsi il morale.

< Certo che però – stava ridacchiando Jay – farsi sfuggire un bel gruzzolo in questa maniera… quanti soldi erano?>

< Poco meno di un milione.> borbottò in tutta risposta il giovane attaccandosi al collo della bottiglia; per poco il castano non sputò fuori la bevanda.

< UN MILIONE?! Cazzo, che fregatura!>

Il silenzio calò su di loro, interrotto solo dal rumore dell’alcol inghiottito e dal tamburellare delle dita di Jay sul tavolo.

< Dì un po’, che razza di lavoro era per fruttare così tanto?> chiese e quando il suo ospite lo guardò sospettoso scoppiò a ridere.

< Tranquillo, non cerco informazioni su di te per venderti. Ti ho già parato il culo una volta, se quei gorilla mi vedessero farebbero fuori anche me.>

Deuce si mosse a disagio sul suo divano, poi con un sospiro si lasciò andare.

< Io e Helen avevamo fregato una partita di droga. Era roba pesante, sai, tanta e di buona qualità. Siamo riusciti a venderla in blocco prima che i suoi possessori se ne accorgessero. Contavamo di fuggire all’estero prima che riuscissero a catturarci….>

< E invece a prendere il volo è stato solo uno di voi due… immagino quindi che quei tipi ti cercheranno in lungo e in largo ora. Ma chi erano esattamente?>

< Se te lo dicessi non vorresti passare più neanche un secondo in mia compagnia.>

< Non farti tante pare e spara. In fondo te l’ho detto, ci sono dentro anch’io in questa storia ormai.>

Un altro sospiro, Jay si accorse che stranamente cercava di evitare il suo sguardo.

< Allora?>

< Era gente del Colonnello.>

Questa volta sputò davvero la birra per la sorpresa.

< Della mafia? Ma che sei, un suicida?>

Deuce fece spallucce.

< Lavoravo per loro negli ultimi tempi, è per questo che sono riuscito a mettere le mani sulla droga. E comunque non è la mafia vera e propria, è più un piccolo clan, una propaggine. Sapevo che si volevano staccare dalla falda principale e questo può voler dire solo che hanno i giorni contati a loro volta. Mi basta aspettare che il Colonnello li abbia tolti di mezzo e potrò tornare alla mia vita di sempre. Più o meno.>

Jay era sempre più convinto che al mondo ci fossero molti più pazzi di quanti non si credesse.

< Certo che anche questi qua, a mettersi contro di lui… insomma, cosa credono di essere, immortali? Quello può schiacciare chiunque…>

Le birre erano ormai finite, ma nessuno dei due aveva la voglia o la forza di alzarsi dal divano e fare qualsiasi cosa, uscire fuori, cucinare un toast o cose simili, così fecero l’unica cosa sensata dal loro punto di vista: rimasero dov’erano.

< Tu che fai invece? Oltre ad accumulare debiti al pub.> domandò il moro sistemandosi meglio su un cuscino.

< Non tanto altro. Sto cercando un lavoro, ho soldi da dare a quasi mezza città.>

< Che tipo di lavoro?>

< Bah, qualsiasi cosa. Anche uno stabile, se mi riesce di trovarlo, ma preferirei qualcosa di facile, una piccola commissione, sai cosa intendo, no? Di quelle non troppo faticose e che fruttano bene,>

< Sì, so cosa intendi. Ma sono rare da trovare.>

< Se non lo fossero non sarei qui al momento. E tu, adesso? La tua bella è fuggita con tutti i tuoi soldi.>

Il volto del ragazzo si rabbuiò a quel pensiero.

< Temo di essere come te. Mi serve un impiego.>

Deuce aveva un’idea che gli ronzava nel lobo frontale, anche se gli sembrava davvero adatta a dei matti da legare; non che fosse impossibile, era solo complicata… in due era una condanna a morte, ci voleva un terzo uomo. Ma forse in quei bassifondi del cavolo un altro suicida lo si poteva trovare.

< Se trovo un lavoretto per entrambi ci stai?>

La domanda a bruciapelo attirò subito l’attenzione di Jay.

< Che lavoro?>

< Preferisco non parlartene nello specifico finché non trovo tutti gli elementi. Tu ci staresti comunque?>

< Cristo, se porta grana sì! Che intendi con elementi?>

< Ci serve un altro uomo. Appena lo troverò possiamo pensarci sul serio.>

Negli occhi del castano brillò qualcosa che sembrava terribilmente preoccupazione.

< Non per dire, vecchio mio, ma forse è meglio che me ne occupi io di reclutare il terzo. Pare che tu non abbia molta fortuna con i colleghi, no?>

Non che Jay avesse molto più fiuto di Deuce, se lo avesse avuto non si sarebbe trovato sommerso dai debiti, però aveva un asso nella manica: il vecchio Fred e i suoi fortunati giri di conoscenze.

 

Il barista non si era smentito neanche quella volta e gli aveva procurato un nome a suo dire affidabile, un bravo ragazzo giunto da poco in città e con la fissa del guadagno facile; era pulito, veniva dalla campagna, nessun contatto con brutte compagnie o società con cui nessuno degli altri due voleva avere a che fare.

Col permesso di Deuce aveva passato a questo tipo l’indirizzo dell’appartamento per andare lì a farsi esaminare.

Ma quando Jay lo vide entrare in cucina seguendo docilmente Deuce non poté trattenersi.

< Ma è un cazzo di alternativo!>

Non c’era molto da aggiungere effettivamente, il ragazzo pareva l’insegna ambulante dell’alternative: i braccialetti col simbolo della pace stampato su sfondo multicolor come le bandiere del gay pride, la maglia bianca con scritte artigianali fatte con gli appositi colori, i jeans a sigaretta un po’ consunti, gli orecchini – Dio, un uomo con degli orecchini! – l’uno diverso dall’altro, le Vans senza lacci e, oh cielo, quei cazzo di capelli.

Se fosse stata casa sua l’avrebbe buttato fuori a calci, ma non aveva una tale confidenza con Deuce da potersi prendere quel tipo di libertà.

< Lui è Toad.> replicò il padrone di casa senza fare una piega e quel coso, perché Jay si rifiutava di chiamarlo con quel diavolo di nome da alternativo, sorrise ignorando totalmente l’esclamazione e le occhiatacce orripilate che l’altro continuava a scoccargli.

E, per quanto lui non volesse neanche vederla una persona simile, quando lo misero sotto torchio Toad rispose perfettamente ad ogni domanda, senza battere ciglia; il ragazzo odiava ammetterlo, ma non avrebbero potuto trovare una persona più adatta di quel moccioso.

Fred ci aveva visto giusto un’altra volta.

< Allora dire che possiamo cominciare ad ideare il piano. – cominciò Deuce dopo un giro veloce di birre – Il nostro obiettivo è la Le Royals.>

Toad annuì con aria convinta, ma Jay lo fissò come se gli fossero cresciute all’improvviso tre teste di troppo.

< Vecchio, so che forse hai i ricettori del pericolo un po’ sballati, ma qua sei fuori forte. Non c’è un solo centesimo in quella fottuta banca che non sia di proprietà del Colonnello.>

< Lo so perfettamente. Ma c’è un trucco. Noi non puntiamo a prendere tutti i soldi, solo quelli della cassetta 4191.>

< Quanti sono?>

< Abbastanza. All’incirca tre milioni. Fanno uno per ciascuno di noi.>

< Cazzo.>

< Perché puntiamo solo a quelli?> chiese Toad con aria spaesata.

Deuce ghignò, mettendo in bella mostra una serie infinita di denti bianchissimi e leggermente appuntiti: pareva di veder sorridere un piccolo squalo.

< L’unico che è al corrente di cosa ci sia dentro quella cassetta oltre al Colonnello è Harvey, il tipo che mi dava la caccia. E il sottoscritto, ovviamente, ma loro non lo sanno. Ora, Harvey e i suoi uomini vogliono staccarsi dal Colonnello e lo faranno quanto prima: se noi rubiamo quei soldi senza badare agli altri depositi il Colonnello logicamente penserà che sia stato il nostro vecchio Harvey a rubarli, accelerando l’esecuzione che ha già in programma per lui e i suoi scagnozzi.>

< In pratica loro si faranno fuori a vicenda mentre noi ce la svigneremo col malloppo?>

< Precisamente.>

< Come hai fatto a sapere della cassetta?>

< Origliavo da un pezzo le conversazioni di Harvey, per tenermi informato sulla partita di droga che m’interessava. Sono venuto a conoscenza di questa cosa per puro caso e l’ho tenuta segreta come piano d’emergenza.>

< Helen lo sa?>

< Non le ho mai detto nulla.>

Si fissarono tutti i tre, eccitati e preoccupati allo stesso tempo, la loro mente già correva a quello che avrebbero fatto una volta intascato il milione.

< Il piano?> domandò Toad con aria estasiata, ma a quel quesito calò un silenzio pressoché imbarazzante.

< Pausa caffè.> annunciò Jay alzandosi e armeggiando con la moka – ancora non riusciva a spiegarsi perché uno come Deuce avesse una moka in casa.

L’aroma forte del caffè si sparse per tutta la casa; Toad lo inspirò a fondo, un sorriso sulle labbra.

< Ha lo stesso profumo di quello che prepara sempre la mia ragazza…> mormorò nostalgico mescolando lo zucchero con un cucchiaino di plastica.

< Hai una ragazza, Alternativo? Con quella faccia da femmina che ti ritrovi?> ridacchio incredulo Jay mentre finiva di versare il liquido nella propria tazzina e si sedeva.

Il giovane preferì ignorare il commento e sorseggiò il suo caffè prima di rispondere.

< Sì, è una persona meravigliosa…>

< Un’alternativa anche lei?>

Il ragazzo sollevò un sopracciglio in una smorfia interrogativa.

< Ancora non capisco tutta questa storia dell’alternativo…>

Il castano si appoggiò con i gomiti al tavolo, di nuovo quell’aria professionale sul volto; Deuce lo fissò con aria disinteressata, come se lo spettacolo a cui stava assistendo non lo interessasse minimamente.

< Vedi, voi alternativi siete quelli che mi fanno imbestialire di più, tra tutti i movimenti giovanili: tutti pace e amore, non vedete l’ora di distinguervi da tutti gli altri, sempre là con le vostre chitarre e i vestiti del mercatino sotto casa. Dio, siete dei figli dei fiori andati a male!>

A Toad non sembrava che il giovane avesse le idee molto chiare sul suo conto e neanche sugli “alternativi”, come li chiamava lui, ma preferiva sorvolare.

< Comunque no, Anne non è un’alternativa.> replicò a bassa voce svuotando il contenuto della propria tazzina.

< Meglio. Da dove hai detto che vieni?>

< Texas.>

< Una bella camminata fin qua, eh? Come ci sei arrivato, volando?>

< Autostop.>

Se non si faceva caso alle frecciatine che Jay ogni spesso lanciava a Toad si sarebbe potuto dire che stavano andando anche abbastanza d’accordo; mentre i due chiacchieravano più o meno amichevolmente il cervello di Deuce si mise in moto per ideare quel benedetto piano.

Sapeva che non avevano molto tempo, Harvey aveva i giorni contati e bisognava agire prima che l’uomo fosse eliminato o non avrebbero potuto scaricare su di lui il barile.

< E sei venuto fin qua dal Texas per i soldi? – stava dicendo il castano agitando il cucchiaino in aria – E io che pensavo che gente come voi vivesse di aria, amore e canne.>

Il moro sperò che il suo nuovo compagno si desse una calmata o avrebbero davvero perso il loro terzo uomo.

 

< Ok, allora, dobbiamo architettare una rapina standard alla Le Royals, Ci servono prima di tutto armi.>

I tre si guardarono con apprensione prima che Deuce si schiarisse la voce e continuasse.

< Sarebbe meglio arrangiarci con quello che abbiamo, senza fare acquisti o movimenti sospetti. Perciò ho bisogno di sapere se possedete qualche arma oppure no. Io ho una pistola.> spiegò tirandola fuori da sotto la maglietta e appoggiandola sul tavolo.

Jay sbuffò e tirò fuori il suo fedele coltellino svizzero.

< E’ tutto quello che ho.>

< E’ ben poco… Toad?>

Ma il giovane scosse la testa.

< Non ho mai avuto armi.>

< Quindi non sai né sparare né far altro, giusto?>

< So sparare, un mio cugino mi portava al poligono di tiro quand’ero più piccolo. Non ho molta pratica, ma so farlo.>

Come partenza, a dirla tutta, sarebbe potuto andare molto meglio. Deuce sperò che i passi successivi sarebbero stati più produttivi.

< Va bene, non preoccupatevi, conosco una persona estremamente fidata che può procurarci un paio di pistole in più senza fare domande. Poi, altro problema: ci serve un mezzo per la fuga.>

Un’altra occhiata imbarazzata.

< Non guardate me. – borbottò il castano ficcandosi le mani in tasca – L’ultima macchina che ho avuto giace in fondo al mare. Non chiedetemi come ci sia arrivata.>

< Io non ho la patente.> replicò freddamente Deuce: la situazione era davvero più disastrosa del previsto.

< Io avrei qualcosa… ma non so se vada bene.> mormorò Toad.

< Qualsiasi cosa ci andrà bene in questo caso. Rubare una macchina quando la mafia controlla tutti i furti della città è una mossa troppo azzardata, non possiamo procurarcene una, dobbiamo lavorare con quel che abbiamo.>

Jay concordava pienamente con il moro e capiva perfettamente che era una questione di vita o di morte, ma quando si vide presentare quel “coso” davanti pensò seriamente di mollare il progetto e cercare fortuna da qualche altra parte.

< Io non ho intenzione di rapinare una banca a bordo di questo affare!>

Sarebbe stata la rapina più ridicola del secolo, ecco cosa pensò Deuce.

Ma quella bicicletta scassata, probabilmente risalente all’ante-guerra, pesantissima e sferragliante era la loro unica risorsa.

< Bene. Cioè, sì, insomma, è meno di zero.> bofonchiò mentre rovistava un cassetto alla ricerca di una cartina della città; la trovò e l’aprì per bene sul tavolo evidenziando con un pennarello rosso la banca e le vie di fuga.

   
 
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