per la recensione e tutte le simpatiche personcine che hanno messo questa storia tra le preferite e/o seguite <3
2. The smell of you
in every single dream I dream
Era
bello restare ad
occhi chiusi e ascoltare il rumore delle ruote sulla strada
accidentata, la
brezza che gli scompigliava i capelli e si infiltrava sotto i vestiti
senza
riuscire a fargli provare freddo.
Aveva
sempre saputo –
e non aveva voglia di chiedersi come, non sempre c’erano
risposte ai suoi
interrogativi – e creduto che sarebbe stato così
eccitante, così liberatorio
lasciare quel paesino imbucato in campagna per affrontare il viaggio
della sua
vita, macché sua, della vita in generale. Un viaggio che
aveva già letto su
libri e cartine, ma che affrontare di persona era decisamente
più appagante,
più vero.
<
Ehi, ragazzo!
Tra un’ora dovremmo arrivare!>
Le
grida del
guidatore che cercava di comunicare sovrastando il frastuono della
macchina lo
rincuorarono.
<
Ottimo, La
ringrazio ancora per il passaggio!> urlò di rimando e
si alzò dalla sua
posizione sdraiata sul cassone posteriore di quel vecchio pick-up.
Era
stata una fortuna
aver trovato uno strappo così facilmente e anche se il mezzo
non era dei più
veloci a Toad andava bene: più lento si viaggiava,
più lungo era il viaggio e
più lungo era il viaggio, più poteva viverlo.
Osservò
il profilo
della città che già si intravedeva
all’orizzonte, grattacieli grigio fumo
contro un cielo dello stesso colore; sorrise, la sua meta non era mai
stata
così vicina.
Diede
una pacca
affettuosa al telaio della sua bicicletta, la sua cara vecchia amica
che
l’aveva seguito fin là, caricata accanto a lui per
tutto il tempo.
Non
vedeva l’ora di
arrivare a destinazione.
Erano
ore che
aspettavano in quel sottopasso, lontano da occhi indiscreti, ma il
fantomatico
tipo che Deuce doveva chiamare pareva scomparso nel nulla, inghiottito
da Madre
Terra, evaporato, eclissato, mai esistito, esploso come una bolla di
sapone. E
Jay stava cominciando ad annoiarsi.
<
Vaffanculo!>
sbottò il moro riattaccando per l’ennesima volta
la chiamata andata a vuoto.
<
Dunque i soldi
ce li ha il tuo collega, giusto?> chiese il castano guardando il
ragazzo
agitarsi e camminare avanti e indietro per lo stesso tratto, certo che
continuando con quell’andazzo avrebbe consumato
l’asfalto.
<
Sì, porca
puttana, sì!>
In
preda alla
disperazione più nera Deuce si lasciò scivolare a
terra e, presosi il volto tra
le mani, rimase immobile.
<
Forse l’hanno
preso…> tentò l’altro cercando
di trovare una spiegazione logica piuttosto
che confortare il giovane così prossimo al suicidio.
<
Impossibile, è
più al sicuro di una cassaforte. Ho fatto io da esca
perché avesse modo di non
farsi trovare. E sono certo che non sia successo, è un genio
nello scomparire
quando si sente in pericolo.>
<
Sì, lo sto
notando… Allora l’unica opzione rimasta
è la peggiore, vecchio mio: ti ha
piantato in asso.>
Quello
scosse la
testa, guardandolo incredulo.
<
No… no, non ci
credo…>
<
Perché così
sconvolto? Sono cose che capitano tutti i giorni da queste
parti…>
Ma
Deuce continuava a
negare, allibito.
<
No, tu non
capisci.>
<
Cosa?>
Sembrò
fare uno
sforzo per rispondere e fece un bel respiro profondo, ma quando
parlò la sua
voce pareva stesse per spezzarsi.
<
Il mio collega…
cioè, il mio compagno… è la mia
ragazza.>
Jay
si chiese se
quello lì avesse tutte le rotelle a posto: era fuori di
testa, affidare del
denaro ad una donna? Di colpo la situazione si fece molto
più chiara.
<
Era la tua ragazza,
direi.>
Al suo commento il giovane tornò a nascondere il volto fra
le mani.
<
Comunque,
vecchio mio – riprese il castano – hai fatto una
cazzata. Fidarsi di una donna,
ma insomma! Non lo vedi come va il mondo? E’ ovvio che quella
ti ha piantato,
una donna quando ha il denaro ha tutto quello che le interessa.>
Deuce
non rispose, ma
con un’occhiataccia significativa chiamò ancora e
ancora, sperando che
qualcuno, chiunque, premesse il fatidico pulsante verde, ma fu del
tutto
inutile.
Due
ore dopo erano nell’appartamento
del moro a bere birra ghiacciata nel tentativo di sollevarsi il morale.
<
Certo che però –
stava ridacchiando Jay – farsi sfuggire un bel gruzzolo in
questa maniera…
quanti soldi erano?>
<
Poco meno di un
milione.> borbottò in tutta risposta il giovane
attaccandosi al collo della
bottiglia; per poco il castano non sputò fuori la bevanda.
<
UN MILIONE?!
Cazzo, che fregatura!>
Il
silenzio calò su
di loro, interrotto solo dal rumore dell’alcol inghiottito e
dal tamburellare
delle dita di Jay sul tavolo.
<
Dì un po’, che
razza di lavoro era per fruttare così tanto?> chiese
e quando il suo ospite
lo guardò sospettoso scoppiò a ridere.
<
Tranquillo, non
cerco informazioni su di te per venderti. Ti ho già parato
il culo una volta,
se quei gorilla mi vedessero farebbero fuori anche me.>
Deuce
si mosse a
disagio sul suo divano, poi con un sospiro si lasciò andare.
<
Io e Helen
avevamo fregato una partita di droga. Era roba pesante, sai, tanta e di
buona
qualità. Siamo riusciti a venderla in blocco prima che i
suoi possessori se ne
accorgessero. Contavamo di fuggire all’estero prima che
riuscissero a
catturarci….>
<
E invece a
prendere il volo è stato solo uno di voi due…
immagino quindi che quei tipi ti
cercheranno in lungo e in largo ora. Ma chi erano esattamente?>
<
Se te lo dicessi
non vorresti passare più neanche un secondo in mia
compagnia.>
<
Non farti tante
pare e spara. In fondo te l’ho detto, ci sono dentro
anch’io in questa storia
ormai.>
Un
altro sospiro, Jay
si accorse che stranamente cercava di evitare il suo sguardo.
<
Allora?>
<
Era gente del
Colonnello.>
Questa
volta sputò
davvero la birra per la sorpresa.
<
Della mafia? Ma
che sei, un suicida?>
Deuce
fece spallucce.
<
Lavoravo per
loro negli ultimi tempi, è per questo che sono riuscito a
mettere le mani sulla
droga. E comunque non è la mafia vera e propria,
è più un piccolo clan, una
propaggine. Sapevo che si volevano staccare dalla falda principale e
questo può
voler dire solo che hanno i giorni contati a loro volta. Mi basta
aspettare che
il Colonnello li abbia tolti di mezzo e potrò tornare alla
mia vita di sempre.
Più o meno.>
Jay
era sempre più
convinto che al mondo ci fossero molti più pazzi di quanti
non si credesse.
<
Certo che anche
questi qua, a mettersi contro di lui… insomma, cosa credono
di essere,
immortali? Quello può schiacciare
chiunque…>
Le
birre erano ormai
finite, ma nessuno dei due aveva la voglia o la forza di alzarsi dal
divano e
fare qualsiasi cosa, uscire fuori, cucinare un toast o cose simili,
così fecero
l’unica cosa sensata dal loro punto di vista: rimasero
dov’erano.
<
Tu che fai
invece? Oltre ad accumulare debiti al pub.> domandò
il moro sistemandosi
meglio su un cuscino.
<
Non tanto altro.
Sto cercando un lavoro, ho soldi da dare a quasi mezza
città.>
<
Che tipo di
lavoro?>
<
Bah, qualsiasi
cosa. Anche uno stabile, se mi riesce di trovarlo, ma preferirei
qualcosa di
facile, una piccola commissione, sai cosa intendo, no? Di quelle non
troppo
faticose e che fruttano bene,>
<
Sì, so cosa
intendi. Ma sono rare da trovare.>
<
Se non lo
fossero non sarei qui al momento. E tu, adesso? La tua bella
è fuggita con
tutti i tuoi soldi.>
Il
volto del ragazzo
si rabbuiò a quel pensiero.
<
Temo di essere
come te. Mi serve un impiego.>
Deuce
aveva un’idea
che gli ronzava nel lobo frontale, anche se gli sembrava davvero adatta
a dei
matti da legare; non che fosse impossibile, era solo
complicata… in due era una
condanna a morte, ci voleva un terzo uomo. Ma forse in quei bassifondi
del cavolo
un altro suicida lo si poteva trovare.
<
Se trovo un
lavoretto per entrambi ci stai?>
La
domanda a
bruciapelo attirò subito l’attenzione di Jay.
<
Che lavoro?>
<
Preferisco non
parlartene nello specifico finché non trovo tutti gli
elementi. Tu ci staresti
comunque?>
<
Cristo, se porta
grana sì! Che intendi con elementi?>
<
Ci serve un
altro uomo. Appena lo troverò possiamo pensarci sul
serio.>
Negli
occhi del
castano brillò qualcosa che sembrava terribilmente
preoccupazione.
<
Non per dire,
vecchio mio, ma forse è meglio che me ne occupi io di
reclutare il terzo. Pare
che tu non abbia molta fortuna con i colleghi, no?>
Non
che Jay avesse
molto più fiuto di Deuce, se lo avesse avuto non si sarebbe
trovato sommerso
dai debiti, però
aveva un asso
nella manica: il vecchio Fred e i suoi fortunati giri di conoscenze.
Il
barista non si era
smentito neanche quella volta e gli aveva procurato un nome a suo dire
affidabile, un bravo ragazzo giunto da poco in città e con
la fissa del
guadagno facile; era pulito, veniva dalla campagna, nessun contatto con
brutte
compagnie o società con cui nessuno degli altri due voleva
avere a che fare.
Col
permesso di Deuce
aveva passato a questo tipo l’indirizzo
dell’appartamento per andare lì a farsi
esaminare.
Ma
quando Jay lo vide
entrare in cucina seguendo docilmente Deuce non poté
trattenersi.
<
Ma è un cazzo di
alternativo!>
Non
c’era molto da
aggiungere effettivamente, il ragazzo pareva l’insegna
ambulante
dell’alternative: i braccialetti col simbolo della pace
stampato su sfondo
multicolor come le bandiere del gay pride, la maglia bianca con scritte
artigianali fatte con gli appositi colori, i jeans a sigaretta un
po’ consunti,
gli orecchini – Dio, un uomo con degli orecchini! –
l’uno diverso dall’altro,
le Vans senza lacci e, oh cielo, quei cazzo di capelli.
Se
fosse stata casa
sua l’avrebbe buttato fuori a calci, ma non aveva una tale
confidenza con Deuce
da potersi prendere quel tipo di libertà.
<
Lui è Toad.>
replicò il padrone di casa senza fare una piega e quel coso,
perché Jay si
rifiutava di chiamarlo con quel diavolo di nome da alternativo, sorrise
ignorando totalmente l’esclamazione e le occhiatacce
orripilate che l’altro
continuava a scoccargli.
E,
per quanto lui non
volesse neanche vederla una persona simile, quando lo misero sotto
torchio Toad
rispose perfettamente ad ogni domanda, senza battere ciglia; il ragazzo
odiava
ammetterlo, ma non avrebbero potuto trovare una persona più
adatta di quel
moccioso.
Fred
ci aveva visto
giusto un’altra volta.
<
Allora dire che
possiamo cominciare ad ideare il piano. – cominciò
Deuce dopo un giro veloce di
birre – Il nostro obiettivo è
Toad
annuì con aria
convinta, ma Jay lo fissò come se gli fossero cresciute
all’improvviso tre
teste di troppo.
<
Vecchio, so che
forse hai i ricettori del pericolo un po’ sballati, ma qua
sei fuori forte. Non
c’è un solo centesimo in quella fottuta banca che
non sia di proprietà del
Colonnello.>
<
Lo so perfettamente.
Ma c’è un trucco. Noi non puntiamo a prendere
tutti i soldi, solo quelli della
cassetta 4191.>
<
Quanti sono?>
<
Abbastanza.
All’incirca tre milioni. Fanno uno per ciascuno di
noi.>
<
Cazzo.>
<
Perché puntiamo
solo a quelli?> chiese Toad con aria spaesata.
Deuce
ghignò,
mettendo in bella mostra una serie infinita di denti bianchissimi e
leggermente
appuntiti: pareva di veder sorridere un piccolo squalo.
<
L’unico che è al
corrente di cosa ci sia dentro quella cassetta oltre al Colonnello
è Harvey, il
tipo che mi dava la caccia. E il sottoscritto, ovviamente, ma loro non
lo
sanno. Ora, Harvey e i suoi uomini vogliono staccarsi dal Colonnello e
lo
faranno quanto prima: se noi rubiamo quei soldi senza badare agli altri
depositi il Colonnello logicamente penserà che sia stato il
nostro vecchio
Harvey a rubarli, accelerando l’esecuzione che ha
già in programma per lui e i
suoi scagnozzi.>
<
In pratica loro
si faranno fuori a vicenda mentre noi ce la svigneremo col
malloppo?>
<
Precisamente.>
<
Come hai fatto a
sapere della cassetta?>
<
Origliavo da un
pezzo le conversazioni di Harvey, per tenermi informato sulla partita
di droga
che m’interessava. Sono venuto a conoscenza di questa cosa
per puro caso e l’ho
tenuta segreta come piano d’emergenza.>
<
Helen lo sa?>
<
Non le ho mai
detto nulla.>
Si
fissarono tutti i
tre, eccitati e preoccupati allo stesso tempo, la loro mente
già correva a
quello che avrebbero fatto una volta intascato il milione.
<
Il piano?>
domandò Toad con aria estasiata, ma a quel quesito
calò un silenzio pressoché
imbarazzante.
<
Pausa caffè.>
annunciò Jay alzandosi e armeggiando con la moka –
ancora non riusciva a
spiegarsi perché uno come Deuce avesse una moka in casa.
L’aroma
forte del
caffè si sparse per tutta la casa; Toad lo
inspirò a fondo, un sorriso sulle
labbra.
<
Ha lo stesso
profumo di quello che prepara sempre la mia ragazza…>
mormorò nostalgico
mescolando lo zucchero con un cucchiaino di plastica.
<
Hai una ragazza,
Alternativo? Con quella faccia da femmina che ti ritrovi?>
ridacchio
incredulo Jay mentre finiva di versare il liquido nella propria tazzina
e si
sedeva.
Il
giovane preferì
ignorare il commento e sorseggiò il suo caffè
prima di rispondere.
<
Sì, è una
persona meravigliosa…>
<
Un’alternativa
anche lei?>
Il
ragazzo sollevò un
sopracciglio in una smorfia interrogativa.
<
Ancora non
capisco tutta questa storia
dell’alternativo…>
Il
castano si
appoggiò con i gomiti al tavolo, di nuovo
quell’aria professionale sul volto; Deuce
lo fissò con aria disinteressata, come se lo spettacolo a
cui stava assistendo
non lo interessasse minimamente.
<
Vedi, voi
alternativi siete quelli che mi fanno imbestialire di più,
tra tutti i
movimenti giovanili: tutti pace e amore, non vedete l’ora di
distinguervi da
tutti gli altri, sempre là con le vostre chitarre e i
vestiti del mercatino
sotto casa. Dio, siete dei figli dei fiori andati a male!>
A
Toad non sembrava
che il giovane avesse le idee molto chiare sul suo conto e neanche
sugli “alternativi”,
come li chiamava lui, ma preferiva sorvolare.
<
Comunque no,
Anne non è un’alternativa.>
replicò a bassa voce svuotando il contenuto
della propria tazzina.
<
Meglio. Da dove
hai detto che vieni?>
<
Texas.>
<
Una bella
camminata fin qua, eh? Come ci sei arrivato, volando?>
<
Autostop.>
Se
non si faceva caso
alle frecciatine che Jay ogni spesso lanciava a Toad si sarebbe potuto
dire che
stavano andando anche abbastanza d’accordo; mentre i due
chiacchieravano più o
meno amichevolmente il cervello di Deuce si mise in moto per ideare
quel
benedetto piano.
Sapeva
che non
avevano molto tempo, Harvey aveva i giorni contati e bisognava agire
prima che
l’uomo fosse eliminato o non avrebbero potuto scaricare su di
lui il barile.
<
E sei venuto fin
qua dal Texas per i soldi? – stava dicendo il castano
agitando il cucchiaino in
aria – E io che pensavo che gente come voi vivesse di aria,
amore e canne.>
Il
moro sperò che il
suo nuovo compagno si desse una calmata o avrebbero davvero perso il
loro terzo
uomo.
<
Ok, allora,
dobbiamo architettare una rapina standard alla Le Royals, Ci servono
prima di
tutto armi.>
I
tre si guardarono
con apprensione prima che Deuce si schiarisse la voce e continuasse.
<
Sarebbe meglio
arrangiarci con quello che abbiamo, senza fare acquisti o movimenti
sospetti.
Perciò ho bisogno di sapere se possedete qualche arma oppure
no. Io ho una
pistola.> spiegò tirandola fuori da sotto la
maglietta e appoggiandola sul
tavolo.
Jay
sbuffò e tirò
fuori il suo fedele coltellino svizzero.
<
E’ tutto quello
che ho.>
<
E’ ben poco…
Toad?>
Ma
il giovane scosse
la testa.
<
Non ho mai avuto
armi.>
<
Quindi non sai
né sparare né far altro, giusto?>
<
So sparare, un
mio cugino mi portava al poligono di tiro quand’ero
più piccolo. Non ho molta
pratica, ma so farlo.>
Come
partenza, a
dirla tutta, sarebbe potuto andare molto meglio. Deuce sperò
che i passi
successivi sarebbero stati più produttivi.
<
Va bene, non
preoccupatevi, conosco una persona estremamente fidata che
può procurarci un
paio di pistole in più senza fare domande. Poi, altro
problema: ci serve un
mezzo per la fuga.>
Un’altra
occhiata
imbarazzata.
<
Non guardate me.
– borbottò il castano ficcandosi le mani in tasca
– L’ultima macchina che ho
avuto giace in fondo al mare. Non chiedetemi come ci sia
arrivata.>
<
Io non ho la
patente.> replicò freddamente Deuce: la situazione
era davvero più
disastrosa del previsto.
<
Io avrei
qualcosa… ma non so se vada bene.> mormorò
Toad.
<
Qualsiasi cosa
ci andrà bene in questo caso. Rubare una macchina quando la
mafia controlla
tutti i furti della città è una mossa troppo
azzardata, non possiamo
procurarcene una, dobbiamo lavorare con quel che abbiamo.>
Jay
concordava
pienamente con il moro e capiva perfettamente che era una questione di
vita o
di morte, ma quando si vide presentare quel “coso”
davanti pensò seriamente di
mollare il progetto e cercare fortuna da qualche altra parte.
<
Io non ho
intenzione di rapinare una banca a bordo di questo affare!>
Sarebbe
stata la
rapina più ridicola del secolo, ecco cosa pensò
Deuce.
Ma
quella bicicletta
scassata, probabilmente risalente all’ante-guerra,
pesantissima e sferragliante
era la loro unica risorsa.
<
Bene. Cioè, sì,
insomma, è meno di zero.> bofonchiò mentre
rovistava un cassetto alla
ricerca di una cartina della città; la trovò e
l’aprì per bene sul tavolo
evidenziando con un pennarello rosso la banca e le vie di fuga.