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Autore: TheWriter    22/12/2011    1 recensioni
Com'è finito Nathaniel Taylor su Terra Nova? Dov'è finita REALMENTE la sonda spazio-temporale? Chi ha creato La Frattra? Chi c'e' dietro a Mira e Lucas?
Leggete e saprete!
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Terra Nova 1x00
L’inizio
 
-“I valori sono nella norma?”
-“Tutto regolare.”
-“Energia?”
-“Abbiamo il via libera dalla centrale”.
-“Corridoio sgombro?”
-“Tutto libero”
Gli ultimi tecnici stavano abbandonando l’interminabile tunnel sotterraneo, dopo aver parcheggiato il piccolo veicolo elettrico con cui avevano percorso i 27 chilometri che li separavano dall’uscita. La porta blindata a schermatura magnetica si chiuse con un tonfo sordo dietro di loro e i chiavistelli scattarono in posizione.
-“Tutte le spie degli ingressi sono sul verde”, continuò il tecnico che aveva dato la conferma sullo stato del corridoio.
Ogni giorno 70 persone lo affollavano per assicurarsi che ogni singolo pannello, strumento e apparato funzionasse alla perfezione. Le energie in gioco erano talmente enormi da essere persino difficili da immaginare, e questo rendeva anche il più piccolo problema un potenziale, enorme problema. Un milione di gigawatt, seppur concentrato in un solo istante e in una microscopica porzione di spazio, era una cifra che metteva i brividi.
Era a questo che pensava il direttore del Centro Ricerche Sperimentali sulle Distorsioni Gravitazionali, mentre si accingeva a premere Il Pulsante. Quando la gente ne parlava, sembrava quasi di sentirle, le maiuscole, tanta era la reverenza nelle parole pronunciate. “Il Pulsante”, si credeva, avrebbe potuto cambiare la storia del mondo intero. Ne erano convinti i 157 paesi che avevano contribuito in varia misura a finanziare il più costoso e complesso progetto della storia; al suo confronto, persino il Large Hadron Collider del secolo scorso sembrava un giocattolo;  eppure all’epoca era sembrato un progetto colossale, e anche allora fu un catalizzatore di speranza, oltre che di energia e di soldi. Fu anche per questo che, una volta appurato che la “particella di Dio” non esisteva e che era inutile costruire acceleratori sempre più grandi, non ne furono più costruiti per 80 anni: troppe erano state le spese e le aspettative per l’LHC, e troppo cocente la delusione.
Finchè, nel 2127, l’evento tragico che cambiò in modo inaspettato il corso della scienza, e della storia. Ci erano voluti 7 lunghi anni di indagini per capire che non era stato né il vento, né un componente guasto, né un errore del pilota ad abbattere l’A950 con le 937 persone a bordo, ma alla fine la spiegazione, per quanto improbabile, era stata compresa e, seppur con molta resistenza, accettata per quella che era: un disturbo gravitazionale, entrato in risonanza con gli accelerometri di bordo inducendo in errore tanto il pilota automatico principale che quello di emergenza.
In un mondo in cui ormai da 50 anni solo gli aerei privati più piccoli volavano ancora col pilota a bordo, lo schianto era stato inevitabile: nessuno aveva insegnato al computer da 260 teraflop cosa fosse un disturbo gravitazionale, e il computer non poteva affrontare un problema mai affrontato prima: se i sensori dicevano che sotto la pancia dell’aereo non c’era nessun terreno, voleva dire che l’aereo si trovava almeno a 15000 metri di quota, oltre la portata dei sensori gravitazionali, quindi il cervellone aveva dato il consenso a un abbassamento di quota di 3000 metri per evitare la perturbazione. Ma l’aereo si trovava a soli 1200 metri dalla vetta della montagna.
L’incidente, come sempre accade, portò a numerose modifiche e miglioramenti tanto nelle procedure di volo che nelle tecniche costruttive; ma soprattutto, aveva rivelato al mondo accademico che le onde gravitazionali potevano essere modulate da un campo elettromagnetico; poter manipolare e controllare a piacimento le onde gravitazionali avrebbe costituito una colossale rivoluzione scientifica, e, come riconobbero molti osservatori, avrebbe prodotto un enorme balzo avanti nel progresso scientifico e nella ricerca: avrebbe portato a una rivoluzione nei trasporti, nella difesa, nell’esplorazione spaziale. Poter annullare o anche solo ridurre la gravità elettricamente, avrebbe reso obsoleto qualunque mezzo di trasporto aereo, e al tempo stesso messo “a portata di mano” traguardi fino a quel momento raggiungibili solo con estrema difficoltà, come l’esplorazione dei corpi celesti più lontani del sistema solare, e quelli fuori del sistema solare.
Ma prima bisognava riuscire a riprodurre il fenomeno: se potevano riuscire a crearlo 7 fulmini cadendo in contemporanea in un’area di mezzo chilometro quadrato, poteva forse riuscirci anche una macchina; doveva solo essere sufficientemente potente. Molto potente.
 
-“Un milione di gigawatt”, disse Harrison al collega all’altro capo della stanza.
-“Mette i brividi, eh?”, gli fece eco Johson mentre inseriva anche lui la chiave di sicurezza nel pannello.
-“Sei pronto?”
-“Chiave inserita”
-“Rotazione”
-“Rotazione”, ripetè Johnson ruotando una delle due chiavi che chiudeva il circuito di attivazione.
Contemporaneamente, anche Harrison ruotò la sua, e il lampeggiante rosso alle sue spalle iniziò a illuminare la stanza.
I militari nella stanza accanto, anche loro al sicuro dietro una lastra di vetro spessa 18 centimetri, indossarono gli occhiali da sole forniti dal Dipartimento Gravitazionale. La scena ricordava molto quella del primo esperimento di esplosione nucleare, perso ormai nelle nebbie del tempo.
-“Generale? Aspettiamo un suo ordine”, risuonò una voce nell’altoparlante del centro di controllo.
Il generale si limitò a un cenno del capo.
Il direttore del centro premette il pulsante.
Non successe niente.
Nessun lampo accecante.
Nessuna esplosione.
Il generale attese qualche secondo, prima di decidersi a guardarsi prudentemente intorno in cerca di chiarimenti nelle espressioni degli astanti. Ma anche gli altri erano perplessi quanto lui.
Premette il pulsante sull’interfono davanti a lui. “Direttore, può procedere con l’accensione…”, disse, ritenendo che nel laboratorio accanto non avessero notato il suo cenno del capo.
-“Signor Generale…”, rispose titubante il direttore, “l’apparato è acceso e funzionante…”
-“Cosa mi sta raccontando, direttore? Non aveva parlato di bagliore accecante, spostamento d’aria,….”
-“Sì, signore. Stiamo cercando di capire cosa sia successo. Gli strumenti segnalano che la potenza è stata erogata, non sono indicati malfunzionamenti, ma nell’area non ci sono state variazioni. Temperatura, pressione, luminosità, tutto è rimasto invariato”.
Il generale si tolse gli occhiali, presto imitato dalle altre persone presenti nella stanza, e si diresse con passo deciso verso il corridoio che lo separava dal laboratorio. Dopo pochi istanti raggiunse al quadro di controllo il direttore, così intento a controllare e ricontrollare gli strumenti da non essersi nemmeno accorto del suo ingresso nella stanza.
-“Allora, che succede?”
Il direttore sobbalzò, colto di sorpresa, mentre il generale continuava:
-“E’ riuscito a trovare il nostro milione di gigawatt?”, disse il generale senza sorridere.
-“Io.. beh… non… non…”
-“Direttore, dal mio esame di fisica è passato molto tempo, però mi pare di ricordare che l’energia non può scomparire, può solo spostarsi, o al massimo trasformarsi. Quindi, torno a chiederle, dove è finito il milione di gigawatt? Immagino che ai contribuenti interesserà sapere dove sono finiti i loro soldi”.
Mentre Harrison e Johnson ruotavano di nuovo le chiavi e disattivavano il sistema, e il direttore cercava di riordinare i pensieri per dare una risposta sensata al generale, il vicedirettore stava intanto istruendo alcuni tecnici per andare a ispezionare la camera di irraggiamento.
Ci  vollero alcuni minuti per raggiungerla, col pur velocissimo vettore elettrico del centro. Al contrario dei veicoli di servizio, che potevano percorrere l’anello al massimo a 30 chilometri l’ora, il piccolo vagone che metteva in comunicazione il centro di controllo con la camera di irraggiamento al centro della struttura aveva una velocità di punta di 120 chilometri l’ora sul binario a levitazione magnetica. Una velocità superiore avrebbe richiesto strutture e mezzi ben più complessi, per cui era stato valutato che 17 minuti per raggiungere la Camera fossero un compromesso accettabile, tanto più che la camera era letteralmente tappezzata di sensori,  telecamere ed attuatori a controllo remoto. Ma in alcune occasioni una presenza fisica sul posto era preferibile a qualunque controllo remoto.
E quella era decisamente una di quelle occasioni.
I sensori infatti non rilevavano valori insoliti, ma quel che era più strano era che nelle immagini in alta definizione trasmesse dalle telecamere non si riusciva a distinguere bene cosa ci fosse all’interno della stanza. Ad alcuni sembrava acqua, ma tutti sapevano che nessuna tubatura passava a meno di 6 chilometri dalla camera; e in ogni caso normalmente l’acqua non stava attaccata a pareti verticali.
Quando le telecamere trasmisero l’ingresso dei tecnici nella camera, la tensione nel centro di controllo salì ancora, non fosse bastata la lunga discussione che c’era stata fino a quel momento tra il generale e il direttore, accompagnata dal clamore di sottofondo dei tecnici che discutevano tra loro su cosa potesse essere successo.
Quando il silenzio piombò nella stanza, gli occhi di tutti si fissarono sullo schermo, e sui due camici bianchi.
-“Dexter, cosa vedi?”, chiese il direttore tenendo premuto il pulsante sul walkie talkie.
Il tecnico si portò una mano all’auricolare, poi volse lo sguardo a una delle telecamere, accompagnando le parole ai gesti per comunicare che non riceveva bene.
-“Dexter, mi ricevi? Ti ho chiesto che cosa vedi.”, ripetè il direttore scandendo bene le parole.
-“No…vo…ne..sio… di…ata!”, fu tutto quello che si riuscì a sentire dall’altoparlante nel centro di controllo, insieme a rumori di scariche elettriche. [ Non vi ricevo bene. La trasmissione è disturbata]
-“Dexter, non ti copio, ripeti”
-“…llo… ri…” [Controllo, mi ricevete?]
-“Sembra che abbiano un problema alla radio. Vediamo se… Ecco, sta uscendo. Nell’ambiente accanto c’è un interfono a filo”, spiegò il direttore al generale, che lo guardava sempre più perplesso.
-“Controllo, mi sentite?”, squillò pochi istanti dopo la voce di Dexter dall’altoparlante.
-“Forte e chiaro, Dexter. Sembra che la tua radio sia scarica”.
-“No, signore, ci ho messo una batteria nuova subito prima di venire qui. Credo che quella ‘cosa’ crei un’interferenza…”
-“Quella… ‘cosa’???”
-“Sì, quella specie di acqua che vedevamo sui monitor…”, spiegò il tecnico, “Non è acqua, ovviamente… Ma non saprei proprio dire cosa sia. E’ una superficie increspata, si vedono delle onde come se fosse acqua… ma è traslucida, e manda un forte odore di ozono. E’ come… e’ come se fosse una specie di… non so, mi ricorda un arco elettrico, di quelli che creiamo nel laboratorio di alte energie. Solo che qui non c’e’ nessun elettrodo…”
Inconsapevolmente tutti i 12 tecnici nel centro si erano ammassati intorno al monitor principale, al punto che stavano spingendo il generale e il direttore verso il pannelli di controllo.
-“Signori!”, esclamò allora il direttore voltandosi verso di loro. “Per cortesia! Manteniamo il controllo!”
I tecnici, imbarazzati, si allontanarono un po’, tanto più che il monitor da 56 pollici si vedeva comodamente anche dall’altro  capo della stanza. Ma era chiaro che la curiosità scientifica faceva letteralmente fremere gli scienziati, e li faceva pendere dalla bocca del tecnico, che stava continuando la sua descrizione.
-“E’ un fenomeno davvero strano, non ho mai visto niente del genere”, continuò. “Dalle immagini video non si capiva, ma questo strano… questa ‘cosa’, non è nemmeno attaccata alla parete: fluttua a mezz’aria, sembra… sembra… perdonate l’espressione, ma sembra una pozzanghera volante…”
-“Una pozzanghera volante!”, esclamò stizzito il generale. “700 miliardi di crediti in 13 anni, e tutto quello che abbiamo è una ‘pozzanghera volante’???”
Il generale sembrava lì lì per colpire il direttore, e con la sua stazza di oltre 100 chili, ingallonato con decine di decorazioni sull’uniforme, non aveva un aspetto rassicurante.
-“Mi… io… aspetti… il tecnico sta dicendo dell’altro…”, farfugliò il direttore, atteggiandosi a regolare qualche interruttore sul quadro di controllo.
-“Quella specie di  ‘pozzanghera’ e alta quanto un uomo, e Bowberger di là la sta esaminando. Penso che potrebbe…”
Un terribile grido proveniente in lontananza dall’altoparlante interruppe il dialogo, e le immagini a video mostrarono il tecnico che si girava di scatto verso la porta della Camera, lasciava l’interfono e correva nell’altra stanza. Il direttore commutò il video sull’altra telecamera, e tutti poterono vedere Bowberger che, inginocchiato a terra, con una mano si teneva il moncherino sanguinante dell’altro braccio: la sua mano destra non c’era più!
 
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Il comandante Taylor stava alla testa del suo plotone, sulla passerella che era stata allestita per raggiungere l’ ‘anomalia’. Le pareti della Camera di irraggiamento, che avevano una mera funzione decorativa, erano state smantellate, lasciando in vista gli apparati e le condutture elettriche che li alimentavano; al centro fluttuava ‘la pozzanghera’, come già era stata battezzata tra i tecnici nelle ultime, frenetiche settimane, anche se ufficialmente i media la chiamavano ‘anomalia di HAL”, lo Huge Accelerator faciLity. Anche se l’acronimo era molto forzato, i primi progettisti del mega-acceleratore avevano voluto usarlo “in via provvisoria” per designare il loro progetto, non immaginando che il progetto stesso non solo sarebbe stato accettato dalla Commissione di Valutazione, ma che sarebbe rimasto sulle prime pagine delle pubblicazioni scientifiche per molti anni a venire. E ormai il nome “provvisorio” gli era rimasto attaccato.
Una passerella metallica lunga 10 metri e larga 6 era stata posizionata tra l’anomalia e la stazione di arrivo del trasporto interno, e su di essa erano ora schierati gli uomini di Taylor in tenuta da battaglia.
 
Dopo l’incidente occorso al tecnico che aveva tentato di toccare l’anomalia appena scoperta, nelle 11 settimane successive erano stati compiuti numerosi test. La prima, piccola telecamera che era stata introdotta nell’anomalia non aveva funzionato come sperato: appena introdotta, era semplicemente scomparsa dal suo supporto, da cui erano rimasti a penzolare i cavi di collegamento video. Con la seconda telecamera, wireless, era andata un po’ meglio: aveva funzionato per almeno 10 secondi, dopo essere caduta da 10 metri di altezza, poco distante dai resti della mano di Bowberger, le cui immagini sfocate e sgranate trasmesse dalla telecamera danneggiata avevano riempito i notiziari della sera – con buona pace dei bambini davanti alla televisione all’ora di cena.
Il terzo tentativo era stato decisamente più fruttuoso: il drone che era stato introdotto nell’anomalia aveva funzionato per 12 minuti, mostrando immagini pazzesche che erano state trasmesse e ritrasmesse, e poi viste e riviste da milioni di persone incredule in tutto il mondo. La missione del drone era terminata bruscamente quando era stato diretto verso l’anomalia per farlo rientrare nel centro: le trasmissioni si erano di colpo interrotte. Successivi tentativi dimostrarono inequivocabilmente quanto molti avevano supposto: qualunque cosa fosse, l’ ‘anomalia’ poteva essere attraversata in un senso, ma non nell’altro. Qualunque cosa passasse oltre, sarebbe rimasta di là per sempre. Solo le onde elettromagnetiche potevano liberamente passare in entrambi i sensi. E tutti gli scienziati del mondo stavano studiando a fondo la cosa, senza per questo riuscire a capirne alcunché.
 
Quello che invece tutti capivano, erano le strabilianti immagini: all’inizio solo pochi botanici ed esperti del settore avevano avuto qualche sospetto, poiché tutto quello che si vedeva nelle immagini erano sconfinate praterie erbose, una vastissima foresta, corsi d’acqua apparentemente incontaminati. Ma soprattutto, c’era il cielo. Ed era azzurro. E c’erano persino le nuvole.
Solo i più anziani conoscevano “dal vivo” l’azzurro del cielo, e il candore del nuvole. Tutti gli altri, avevano potuto vederli solo nei vecchi filmati, che seppur ad altissima definizione tridimensionale, non potevano in alcun modo rendere l’idea di cosa significasse camminare sotto un cielo azzurro.
Ormai da molti anni in nessuna parte del pianeta era possibile vedere quello che ormai era solo un ricordo del passato. Il giallo dello zolfo, il verde del metano, il marrone delle sottilissime particelle di sabbia strappate dal vento ai terreni inariditi, e il grigio delle nubi che perennemente coprivano il paesaggio, erano gli unici colori della natura nel 2127.
Quindi c’era una sola spiegazione possibile per le immagini del drone: non si trovava sulla Terra.
In realtà, con la missione del secondo drone si scoprì che di spiegazione poteva essercene un’altra. Molti dissero che fu una bambina di 7 anni a notarlo per prima nella immagini della boscaglia, chiamando a gran voce la mamma intenta a cucinare nella stanza accanto, ma i più credevano che si trattasse solo di una leggenda metropolitana. Fatto sta che, nelle immagini del D-2, il secondo drone, all’interno della fitta boscaglia, nascosto dalle fronde, di spalle perché in fuga dal rumoroso velivolo, c’era un animale. Anche di spalle si vedevano chiaramente le due grosse corna che gli spuntavano dalla testa, e quando si voltò verso il drone, nelle immagini si scorse anche la larga cresta ossea su cui le corna erano incastonate. E il muso a becco non lasciò dubbi alla bambina, che, si dice, riuscì con non poca difficoltà a pronunciare il nome dell’animale:
-“Mamma! Mamma guarda! Un tricio… un topici… un cicerapo….  Un TRICERATOPO!!!”
-“Che c’e’, amore? Stai di nuovo guardando i vecchi film del nonno?”, disse la mamma affacciandosi dalla cucina con le mani infarinate.
-“No, è nel telegiornale. Guarda!”
Jodie si avvicinò incuriosita al trivisore, pulendosi le mani sul grembiule, e osservò anche lei le immagini che arrivavano in diretta dall’HAL center.
Ben presto l’immagine si strinse sull’animale, mentre uno speaker sempre più concitato confermava entusiasticamente, tra lo stupore di miliardi di telespettatori, l’ipotesi della bambina
-“…signori, è davvero incredibile! Il rumore dei motori lo ha fatto fuggire, ma credo che con l’aiuto della regia… ecco, sì, possiamo rivedere rapidamente le immagini appena passate… ECCOLO! Lo vediamo in questo eccezionale fermo immagine! Signori, quello è senza ombra di dubbio un DINOSAURO!”
Le poche ulteriori immagini trasmesse dal drone non fecero che confermare le ipotesi iniziali: decine e decine di dinosauri di varie specie, tipo e dimensioni, furono inquadrati dalle telecamere volanti e trasmesse nelle case di tutto il mondo. La fotografia di due branchiosauri che brucavano vennero in seguito scaricate da Compunte da miliardi di persone.
Furono le ultime immagini di quel mondo estraneo che il mondo vide per i successivi 15 anni [quindi fino al 2142]. Le comunicazioni con il drone si interruppero infatti pochi minuti dopo, e non fu più possibile ripristinarle. Né inviare un altro drone: l’ ‘anomalia’, o il ‘portale’, come era stato ormai ribattezzato, si era improvvisamente chiuso, senza apparente spiegazione.
Nonostante gli innumerevoli tentativi, per anni non fu più possibile ricreare le condizioni che avevano portato alla creazione del portale; non fino a quando Cho Lu Yan, astrofisica dell’istituto di ricerca planetaria di Tokyo, il 7 agosto del 2140 previde con estrema precisione l’imminente verificarsi di un lampo gamma a bassa energia. I suoi studi sui lampi gamma andavano avanti da anni, e nella sua ricerca pubblicò le ipotetiche date in cui, secondo i dati da lui raccolti esaminando la storia passata con la tecnica della dendrocronologia; una di queste date era individuabile tra il 13 e il 28 febbraio 2127, intervallo di tempo estremamente ristretto e preciso, rispetto alle date precedenti approssimate di +/1 secolo, reso possibile dalla disponibilità di campioni recenti di vegetazione.
A qualcuno nei laboratori dell’HAL balzò all’occhio quella che sembrava una possibile coincidenza: era stato proprio il 24 febbraio di 13 anni prima che si era aperta la misteriosa ‘anomalia temporale’ al Centro. Possibile che fosse solo una coincidenza?
La data del successivo lampo gamma, stando alla ricerca di Lu Yan, era prevista approssimativamente per il febbraio del 2141: secondo lo studioso, infatti, tali lampi gamma periodici erano prodotti da una remotissima sorgente intergalattica, che a quanto risultava dalle sue ricerche aveva una periodicità di 13,0034826 anni.
Improvvisamente i laboratori dell’HAL si ridestarono: dopo 13 anni di attività sempre più ridotta, e un’imminente chiusura dovuta a tagli di bilancio, alla notizia della ricerca di Lu Yan un gruppetto di ricercatori del centro organizzò in fretta e furia una sottoscrizione online, per riuscire a raccogliere in tempo i fondi necessari a riallestire l’esperimento-HAL. Nessun finanziamento governativo sarebbe mai arrivato in tempo.
Con estrema sorpresa degli scienziati stessi, non solo la sottoscrizione raggiunse la cifra minima richiesta di 20'000 crediti in soli 2 mesi, ma la superò di gran lunga: un misterioso investitore, celato dietro il nickname di ALEC [Ancient Land Exploitment Corporation], contribuì con la cifra di 100’000 crediti.
I ricercatori non ci pensarono due volte, e riuscirono a rimontare e testare le apparecchiature della Camera di Irraggiamento, da tempo abbandonate in un magazzino.
I rivelatori di lampi gamma restarono attivi per tutto il mese di febbraio; fino al 25 febbraio, quando, esattamente come previsto, il lampo arrivò. La durata prevista era di 38 minuti, ma ne bestarono 2 perché l’apparato raggiungesse la soglia minima di energia necessaria: quando gli indicatori segnavano appena 1,21 gigawatt di potenza, l’ ‘anomalia’ ricomparve, esattamente com’era apparsa 14 anni prima, senza che nessuno strumento la rilevasse.
Nei mesi che seguirono si scoprì infatti che non era stato il milione di gigawatt a innescare l’effetto 14 anni prima, ma la combinazione involontaria dell’energia magnetica dell’acceleratore col lampo gamma. Anche se questa volta i finanziamenti scarsi non permisero di tenere il Portale aperto per più di qualche secondo, ormai la via era indicata.
 
-“Tenetevi pronti!”, segnalò Taylor ai due ufficiali che lo affiancavano. Al mio “3” entriamo noi in avanscoperta; 10 secondi dopo, se non ricevete da noi comunicazione diversa, entrerete voi tre”, disse rivolgendosi ai soldati che lo seguivano a qualche passo di distanza, “e successivamente le altre 4 squadre. Vi voglio tutti schierati sul posto in assetto da battaglia in 60 secondi. E’ tutto chiaro?”
-“Sì, signore”, risposero all’unisono i soldati.
 
Il presidente della ALEC osservava la scena comodamente seduto sulla poltrona in pelle nel suo ufficio al 127mo piano del pinnacolo della cupola 17. Intorno a lui, i rappresentanti dei suoi maggiori azionisti, ansiosi che il progetto Goldmine iniziasse.
-“Come c’è riuscito?”, gli chiese un uomo sulla mezza età con un principio di calvizie seduto di fronte a lui al lungo tavolo ovale. -“Come è riuscito a convincere un tipo come Taylor a compiere un’impresa suicida?”, continuo Bodresky.
-“Suicida?”, sorrise sornione il presidente. Il pluridecorato comandante Nathaniel Taylor si accinge ad avviare la missione che salverà l’umanità dalla distruzione, recitò fingendo di leggere il giornale che aveva davanti a sé, che ormai conosceva a memoria. Lo passò a Bodresky davanti a lui, che lo guardò scuotendo la testa.
-“Non riuscirò mai ad abituarmi a cosa si può riuscire a far credere alla gente con quattro righe di carta stampata!”, disse.
-“Taylor è un eroe di guerra. Non c’è niente di meglio di un mondo morente, per risvegliare nelle masse il desiderio di un nuovo eroe che li salvi tutti. Lui si è trovato nel posto giusto al momento giusto”, commentò Artack accanto a lui mentre Bodersky gli passava il giornale. “I quotidiani servono solo a catalizzare l’opinione pubblica nella direzione giusta.”
-“L’importante è che chi possiede i giornali decida qual è la direzione giusta, dico bene Bob?”, soggiunse sorridendo perfidamente Bodersky.
Il presidente Robert Bodyval interruppe i loro commenti invitandoli a concentrasi sullo schermo.
-“Guardate, stanno entrando!”
-“Cupola 87, aspettami…”, mormorò Bordersky sfregandosi le mani al pensiero della quantità smisurata di denaro che già prevedeva affluire nelle sue tasche.
-“Che cifre davano le ultime stime dell’ufficio prospezioni geologiche?”, chiese ad Artack senza distogliere lo sguardo dallo schermo.
-“Se potessimo iniziare a scavare da subito nel cratere creato dall’apertura del primo portale, potremmo avere i proventi della vendita del ferro meteoritico già nei nostri conti bancari la settimana prossima. Ma se vogliamo che il nostro bluff resti credibile, dobbiamo lasciare che Taylor appronti l’area per accogliere “i fortunati vincitori della lotteria ‘Seconda Possibilità’, e che Lucas completi le sue ricerche. Diciamo che nel giro di 6 mesi, forse meno, potrà partire il Primo Pellegrinaggio.”
-“Pellegrinaggio. Ma realmente queste persone si sentono dei pionieri, addirittura dei pellegrini?”, commentò dubbioso Bordersky.
-“Hanno paura. Paura di morire, o di veder morire i loro figli ancor prima di loro. A un uomo che ha paura puoi far credere qualunque cosa. Anche che esistono più linee temporali.”
-“Già, quella faccenda della linea temporale alternativa non credevo proprio che l’avrebbero bevuta! Fa così… fantascienza! Sul serio queste persone credono che esista un’altra Terra in un altro universo che non aspetta altro che un gruppo di pionieri onesti e operosi”, disse con una nota di disgusto, “che vadano a colonizzarla per il bene dell’umanità?”.
-“Beh, se sono stupidi, buon per noi! Di che ti lamenti?”
-“Non tutti poi così stupidi. Non dimenticate che per convincere anche gli scienziati abbiamo dovuto mettere in piedi anche la storia della sonda. Ma dico io… una sonda capace di funzionare per 85 milioni di anni… Secondo voi quanto tempo si saranno spremuti il cervello per riuscire a progettare una cosa del genere?!?”, sogghignò il presidente Bodyval.
-“Che vuoi, fa una gran bella figura nell’androne del palazzo! ‘Ecco a voi una replica esatta della sonda che ha dato origine al progetto Terranova’, proclamò sghignazzando Bordersky, citando la targa posta sulla teca della sonda. La vera sonda, recuperata dai suoi uomini tra le dune del Sahara nel corso della spedizione segreta. “Spiacente, la sonda non si trova”, mugolò scimmiottando uno scienziato contrito ai microfoni di qualche telegiornale, “Ma questo significa che siamo salvi: evidentemente il portale porta in un’altra linea temporale, quindi qualunque azione compiremo nel passato, non avrà ripercussioni nel nostro futuro”.
-“Sul mio portafoglio ne avrà parecchie, di ripercussioni!!”, sbottò a ridere Artack.
 
E Taylor varcò il portale.
 
 
 
 

  
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