Anime & Manga > Inazuma Eleven
Ricorda la storia  |      
Autore: Balla sulle nuvole    22/12/2011    4 recensioni
Questa fiction -partecipa al concorso "Words, words" indetto da Cha, Lee e Costy.
Avevo già in mente questa coppia da un po, infatti ho scritto altre ff su di loro ma non le ho mai pubblicate, leggendo i prompt però mi è venuta in mente questa storia, così ho preso al volo l'occasione.....
Spero vi piaccia!!!!!!!!! o meglio vi piacciano!!!!!!!!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 


Prompt: un colore, il nero

Paring: Clara Kurakake e Osamu Saginuma.

N.D.M:  Innanzitutto ringrazio le tre fantastiche ragazze che hanno indetto questo concorso, grazie per avermi dato l'opportunità di scrivere finalmente su questa coppia, che io personalmente adoro.


 

NERO & BLU:
 

 
 
Apro gli occhi infastidita, imprecando mentalmente contro quella dannata luce, che infame, filtra da un’ ammaccatura tra le tapparelle dritta sul mio viso.
Da anni oramai,  il sole mi sveglia coi suoi caldi raggi e mentre prima mi alzavo con un diavolo per capello, iniziando così la giornata con il piede sbagliato, ultimamente mi sono abituata ed arresa a questo singolare buon giorno dal cielo, limitandomi a borbottare istericamente per i primi dieci minuti.
Parandomi gli occhi con una mano dalla luce, lancio un’occhiata speranzosa alla sveglia sul mio comodino, per scoprire tristemente che  porca puzzola sono solamente le sette, le sette di una sacro santa domenica.
Sole carissimo, non potevi eclissarti oggi, no è?????  Pensò sconsolata mentre  mi alzo stiracchiandomi come un gatto, gli occhi ancora gonfi per la stanchezza.
Come uno zombi arranco verso l’armadio, esibendomi in una successione di sbadigli e mugugni.
Tenendomi saldamente al mobile, afferro, senza pensarci, dei vestiti  puliti dalla pila incasinata che minaccia di travolgermi da un momento all’altro, poi girandomi mi dirigo con una lentezza paragonabile solo a quella dei bradipi, verso il bagno.
Un russo disumano però mi coglie alla sprovvista, risuonando nella stanza. Yuki deve aver cambiato posizione nel letto, come faccia la mia rumorosa compagna di stanza a dormire beatamente nonostante la tapparella  rotta, rimarrà per me un enorme mistero.
Sorrido dolcemente, mentre la sua testa color salmone sprofonda serenamente nelle coperte.
Con allegria, mi butto impaziente sotto il getto gelato della doccia, beandomene ad ogni goccia.
Non so se sia per la mia appartenenza alla Diamond Dust o altro, ma niente, per me, è
paragonabile al contatto del mio corpo nudo col freddo intenso dell’acqua, ai brividi che sento lungo la spina dorsale, mentre ogni muscolo si rilassa  ringalluzzendosi.  I neuroni si attivano, finalmente svegli ed i pensieri fluiscono più lucidi, infatti, ogni qualvolta ho bisogno di riflettere,  passo ore ed ore immersa sotto il getto cristallino. Un vizio che mi porto appresso fin da bambina, insieme all’amore smisurato per i conigli.
Dopo più di mezzora, pimpante e sgocciolante, avvolta in un  immenso accappatoio bianco, munita di fon, mi asciugo  i capelli canticchiando e contemplando distrattamente il blu intenso della mia capigliatura.  Un colore particolare, ereditato da mia madre, del quale lo ammetto vado spudoratamente fiera.  Tuttavia, se qualcuno mi chiedesse qual è la tonalità più rilevante della mia vita, senza ombra di dubbio risponderei il nero, portatore di molti eventi contrastanti nella mia vita e nel mio cuore.
Quando finalmente, sono completamente  asciugata, vestita e pettinata,  con un gesto automatico, meccanico, quasi involontario,  sfilo rapidamente la matita per gli occhi  dal cassetto più in alto del mensola. Perdendomi poi, ad  osservare con intensità la mia immagine riflessa  nello specchio, così simile al primo giorno che ho messo piede qui alla Aliea.
Ero solamente una tremante ragazzina minuta, dai corti capelli  color ciano e grandi occhi grigi. Fragile come una foglia, dolce ed ingenua, troppo buona e troppo innocente.
Una bambina alla quale il fato aveva giocato un brutto colpo, mostrandole la realtà della vita senza gentilezza, semplicemente colpendola, senza preavviso, a muso duro, lasciando un livido che non sarebbe mai guarito.
Sebbene l’aspetto fisico non sia cambiato di molto da quel giorno, il mio carattere invece ha subito dei rilevanti cambiamenti.
Non sono più solamente un bel vaso di cristallo decorato. No, ora sono forte, decisa, salda, ci vuole molto di  più di un semplice imprevisto per piegarmi,per rompermi.
Ho finalmente acquisito la piena coscienza delle mie azioni e del mondo che mi circonda e so di chi fidarmi, chi merita il mio affetto,  soprattutto so che niente dura per sempre, in un attimo può mutare tutto, sia che noi lo vogliamo oppure no.
Niente più timidezza, al suo posto una sfrenata parlantina senza peli sulla lingua, senza mezze misure, con un’allegria e una sfrontatezza che non avrei mai immaginato di possedere.
Ovviamente sono ancora fornita del mio lato dolce, di quella tenerezza in grado di sciogliere persino Suzuno Fuusuke in persona.
Da quando sono diventata “ un’aliena”, ogni mattina, prima di iniziare un’altra giornata nell’accademia, ho un personale rito, del quale non ho mai parlato con nessuno, nemmeno con lui.
Perché c’è un motivo se il nero è il mio colore, rincarna momenti importanti, di svolta della mia vita. Così, ogni giorno, mentre mi trucco, mi perdo nel rievocare ricordi, da quelli più lontani fino ad oggi, associandoli al colore che mi contorna prepotente gli occhi.

Sospirando inizio a tracciare la prima riga sotto l’occhi destro, mentre i ricordi mi assalgono, padroni della mia mente.
 
Aspettavo davanti ad un’immensa porta bianca, un disegno stretto tra le mani, il lavoro finito di un pomeriggio piovoso.
Improvvisamente la zazzera corvina, sempre in disordine di mio padre aveva fatto capolino dall’uscio, mettendo fine alla mia attesa.
Mi aveva preso in braccio, stampandomi un sonoro bacio sulla guancia, mentre con l’altra  goffamente  si passava una mano tra i capelli rianimandoli leggermente ed esibendo il suo solito sorriso sornione. Aveva la cravatta sfatta e la giacca d’ufficio pendeva dal braccio che mi sosteneva.
La mamma ci veniva incontro ridendo, una risata dolce, melodiosa e ricca d’amore, con le braccia aperte, in cerca anche lei di un abbraccio, che puntualmente arrivava.
“Uh, vediamo la nuova opera d’arte della mia piccola artista” aveva detto mio padre accarezzandomi una guancia.
“E’ per te papa”
“E’ bellissimo Clara, grazie”.

 
Un delle poche immagini nitide che conservo, ancora intatta, dei miei genitori. Oltre quella della loro morte.
 
Altra riga, altro ricordo.
 
Camminavo saltellando, estasiata dai movimenti che ogni balzo provocava nella gonna del mio  leggiadro vestitino a fiori, le manine strette in quelle dei miei genitori che sorridevano felici, proteggendomi come pilastri indissolubili da  parte a parte. Eravamo di ritorno dal cinema, sorridenti, in piena tranquillità.
Poi , dal nulla, un uomo in giacca nera con la pistola alla mano si era  avvicinato, intimando mio padre di dagli il portafoglio.
Non ricordo molto, c’era stata una colluttazione, la mamma urlava impaurita nascondendomi dietro la sua schiena,poi  due spari e tutto era finito.  La nostra vita, il mio mondo, la mia infanzia, morivano lentamente insieme al sangue che sgorgava senza sosta sulle loro camice di lino.
“Mamma” avevo esclamato nel silenzio, mentre l’uomo scappava, ricevendo in risposta nient’altro che sguardi vuoti, spenti,morti.
Avevo solo quattro anni, troppo piccola per reagire, ancora di più per capire.
 

Nei miei sogni, ancora oggi, il volto dell'uomo che per fame era diventato un assassino mi appare oscurato, in ombra, messo in secondo piano dalla sua giacca di pelle nera, marchiata a fuoco nella mia mente.
 Per questo motivo, in seguito, mentre venivo sballottata da una parte all'altra, la mia ingenuità di bambina  associò l'accaduto, all’unica immagine che mi era rimasta impressa e a quel colore, dando così al nero il volto della morte, del male.
Questa convinzione senza capo ne coda diventò per me un'ossessione, una fobia.
Mi vergogno profondamente, se ripenso a quante volte scoppiavo in lacrime al Sun Garden, quando qualcuno vestito di nero mi parlava, o semplicemente passava nelle vicinanze.
Era una paura incontrollata, ingestibile e nei momenti di noia rappresentava una fonte di gran divertimento per Nagumo e compagni, sempre pronti ha combinare qualche dispetto.
 
Poi, un giorno come un altro, era arrivato lui, con la sua cascata di ricci scuri come l'inchiostro, pronto a sconvolge totalmente il mio mondo.

Calco maggiormente.
 
 
 Giocavo con  Ai e Rimu , seduta comodamente sul antico tappeto del salotto, le gambe incrociate come un indianina, i capelli legati in due alti codini leggermente asimmetrici ed un pigiama turchese con ricamato un orsacchiotto.
Quando era entrata la direttrice, richiamando a se l’attenzione del gruppo che l’aveva immediatamente circondata.  Al suo fianco, leggermente in imbarazzo, un bambino smilzo, molto pallido  con un’ingarbugliata massa di ricci neri ci scrutava silenzioso con distacco ed un mezzo sorriso tirato.
“Bambini, lui è Osamu Saginuma e da oggi starà con noi” aveva detto col suo solito tono dolce e rassicurante la  donna, spingendolo in avanti.
“Mi raccomando siate gentili, capito Haruya”
Il rosso aveva annuito con un’espressione angelica che non gli si addiceva affatto, mentre Maki alla sua destra rideva allegra.
Poi dopo qualche altra raccomandazione, se n’era andata, lasciandoci soli.
 Hiroto si era fatto largo nel gruppo con un sorriso incoraggiante, dando il via libera alle presentazioni e mentre tutti si avvicinavano euforici al nuovo arrivato, io lo osservavo timidamente da dietro la spalla della piccola Touchi.
Solitamente, quando un nuovo orfano si univa alla massa, prendevo a cuore senza esitazioni , il compito di rassicurarlo ed aiutarlo ad  ambientarsi.
Quella volta invece, rimasi  pietrificata, gli occhi sgranati fissi sul suo capo,mentre il terrore mi attanagliava lo stomaco.
 Nella confusione, i nostri sguardi si incrociarono per la prima volta, rivelando quell’arancione così caldo, del quale poi non avrei più fatto a meno.
 Impaurita, ero corsa nella stanza, senza dare spiegazioni, con il cuore che batteva a mille e la paura che mi annebbiava la mente.
 

Fin dalla sua comparsa, ne rimasi colpita.
Lo osservavo da lontano, relazionarsi con gli altri, senza mai avere però il coraggio di avvicinarmi, di rivolgergli la parola.
Reina gli aveva spiegato il perché del mio strano comportamento nei suoi confronti e lui semplicemente, non me l’aveva fatto per niente pesare, anzi, imponeva la sua presenza solamente lo stretto indispensabile.
Era un bambino silenzioso Osamu, estremamente riservato ed un bravo ascoltatore, timido ed introverso.
Lo ammetto, già all'epoca mi affascinava, così statuario ed enigmatico dietro quel viso pallido in netto contrasto coi suoi occhi arancio, tremendamente intensi che sembrano leggerti oltre l'anima, direttamente nel tuo profondo più intimo.
Non potrò mai dimenticare, come finalmente divenne parte integrante di me.
 
La matita scorre, lasciandosi alle spalle un’altra scia.
 
Una notte all’orfanotrofio, durante un temporale, mentre i lampi rimbombavano nel giardino, un attacco di panico mi prese alla sprovvista.
Ricordo con orrore e disgusto il mio respiro affannato, esile, le lacrime copiose e i singhiozzi che aumentavano col battere del mio cuore.
 Cercando un conforto nell'aria fresca ero uscita in balcone e stavo per finire distesa a terra, quando improvvisamente due braccia forti e decise mi avevano afferrato, stringendomi.
“ Va tutto bene Clara, ci sono io adesso” aveva sussurrato al mio orecchio con dolcezza Saginuma, mentre io innocentemente mi perdevo fragile nel suo sguardo ricco di preoccupazione.
“Stai tranquilla, non voglio farti del male”
“Lo so” avevo detto senza pensarci con sicurezza.
“Anch’io”
Eravamo rimasti così per ore, abbracciati in completo silenzio,  fin che finalmente non ero riuscita ha rilassarmi. Dopo di che, lui mi aveva mollato delicatamente e se nera andato, così com'era comparso.
 

Lentamente, un gesto alla volta cominciammo ad avvicinarci, prima con circospezione poi con ritrovata naturalezza, fino a diventare l'uno l'ombra dell'altra, inseparabili.
Trascorrevamo le giornate insieme, e col tempo, la sua presenza diventò quasi una droga,
avevo bisogno di lui, del mio migliore amico.
Questo nuovo rapporto che si era creato tra di noi, mi guarì dalle mie paure, più accarezzavo per gioco i suoi capelli, più quel petrolio mi risultava famigliare, rassicurante, mi entrava dentro.
 
Un movimento deciso, un’altra riga.
 
 
Il cielo era limpido, senza nemmeno l’ombra di una nuvola e il cinguettare ritmico degli uccellini si fondeva col cigolare fastidioso di una vecchia altalena.
Salivo e scendevo, convinta che presto avrei raggiunto gli angeli dal tanto che andavo veloce, Osamu mi osservava sdraiato nel prato giocherellando distrattamente con i fili d’erba.
“Dovresti rallentare Clara” mi disse esibendosi nel suo consueto mezzo sorriso.
“Ma sono quasi sulle nuvole” commentai emozionata dandomi più slancio.
“E mi lasceresti qui tutto solo”  aveva continuato lui, senza tradire nessuna emozione come suo solito.
A quelle parole rallentai fino a fermarmi.
“Non lo farei mai Osamu” esclamai contrariata prima di raggiungerlo e abbracciarlo di slancio.
“Ne sono felice”
“Ti voglio bene” avevo detto iniziando ad arrotolarmi i suoi boccoli tra le dita.
Lui si era aperto in un sorriso sincero “ anche io te ne voglio scricciolo”.
Ridendo spensierati avevamo iniziato una battaglia di solletico.
 

Le cose belle però, non sono mai destinate a durare, la felicità dura un attimo, poi il mondo ci riporta bruscamente alla realtà.
Provo ancora una stretta di dolore allo stomaco, al ricordo di quel mattino.
Quando un uomo ben vestito, lo stesso che poi avrebbe cambiato anche la mia esistenza, si era presentato  sul uscio del Sun Graden, con un sorriso gentile e cospiratore.
Era rimasto a parlare, per quello che a noi parve un secolo, con la direttrice nel suo ufficio e quando finalmente se ne andò, non era solo, ma portò con sé molti di noi, tra cui Osamu.
 
Mi stava davanti immobile, con la valigia stretta nella mano ed il suo solito sorriso a metà.
“Te ne vai” avevo costatato in trans, con rassegnazione.
Lui mi aveva abbracciato con dolcezza, di slancio e io avevo affogato il viso nel suo torace, respirandolo per quella che credevo fosse l’ultima volta.
Non piansi mentre mi abbracciava, non aprii bocca, incredula, convinta che questa volta, era solamente un sogno, un incubo.
Con tranquillata posò un bacio tra i miei capelli.
“E’ così bello questo blu”.
“Mi mancherai, non voglio perderti” avevo esclamato col magone in gola.
“ Questo non è un addio. Un giorno tornerò a prenderti Clara” aveva detto  tristemente intensificando la sua stretta.
“Promettilo”
“Te lo prometto scricciolo”.
Dopo qualche minuto se n’era andato, con gli occhi lucidi ed un sorriso amaro.
 

Ero rimasta sola, di nuovo, mentre il vuoto che pian piano lui aveva colmato, riprendeva a logorarmi dall’interno.
Ogni tanto ricevo qualche sua lettera, ma nessun accenno a quando sarebbe tornato, alla promessa che mi aveva fatto.
Per giunta, ogni missiva mi sembrava più fredda, più distaccata, lo sentivo lontano, diverso e ne soffrivo immensamente.
Due anni dopo però mi sorprese, mantenne la parola.
 
La matita viaggia quasi spuntata, come la mia mente.
 
Il suono monotono del campanello risuonava per la casa, svegliando i più piccoli dal loro pisolino.
“ Clara vai tu?” mi aveva chiesto Ai, intenta a leggere.
Così avevo aperto la porta, trovandomi dinnanzi il colore più bello che avessi mai visto, l’unico in grado di rendermi felice, il corvino lucente dei suoi capelli.
Dietro di lui il Signor Kira, con la stessa espressione dell’ultima volta.
Un saluto rapito e l’uomo era entrato, lasciandoci soli.
C’era qualcosa di diverso nel suo sguardo, qualcosa di duro, di gelido.
Poi le sue labbra si schiusero nel suo marchio di fabbrica, un sorriso non del tutto completo.
Era ancora lui, forse un po’ più freddo, più controllato ma sotto quell’aria da guerriero io lo vedevo ancora, il mio Osamu era ancora presente.
Così, l’avevo coinvolto in uno dei nostri abbracci da orso e senza dire una parola ci eravamo avviati fianco a fianco nel giardino.
“Diventerai una di noi Clara” aveva finalmente rotto il silenzio.
“Una di Voi?” gli avevo chiesto confusa, scrutandolo attentamente.
“Un membro dell’ Aliea Gakuen”
Non c’erano emozioni nella sua voce, non c’era niente.
“Voi dire che verrò con te?”
“Sono qui per questo, per portarti via scricciolo”
 

Così, senza esitazione divenni  “un’aliena”, ricevetti la pietra di Alius, inconsapevole del cambiamento che quella collana portava con se.
Entrai nella Diamond Dust.
Non so se qui mi piaccia, dopo tanto tempo non l’ho ancora capito, semplicemente provo emozioni contrastanti,  ma ho Osamu al mio fianco e per quei minuti con lui, dove torniamo ad essere semplicemente noi, gli stessi dell’orfanotrofio, sono pronta a rinunciare a tutto, alla libertà, al mio nome, al mio corpo.
Per lui, per noi, ho accettato di prender parte al progetto di un folle contro il mondo, senza il minimo senso di colpa.
Perché sono felice, nell’oscurità di questo luogo agghiacciante, sono felice.
Rimetto la matita nel cassetto, mentre un ampio sorriso mostra i miei denti bianchi.
Mi rimiro un’ultima volta, poi  finalmente esco dal bagno, scuotendo il capo nel vedere Yuki ancora profondamente immersa nel mondo dei sogni.
Sospirando, trattengo  a stento la felicità, mentre abbandono la stanza, consapevole di chi mi sta aspettando dall’altra parte.
  “ Buon giorno scricciolo” la voce di Osamu mi giunge alle orecchie, rocca e solenne come sempre.
Gli sorrido con tutto l’amore che provo, mentre stampo serenamente un bacio sulla sua guancia.
Il mio cure batte, libero, mentre ammiro quel nero, così famigliare, che mi ha cambiato la vita.

 

SPAZIO ME:

Allora, spero che questa ff  vi sia piaciuta, personalmente non la trovo così orrorifica come mio solito.....
La coppia è strana ma la mia mente bacata la trova complementare, sia nell'altezza che nello spirito.
Cha, spero vivamente di non averti deluso, ne te ne le altre...
Un bacio
Mary
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: Balla sulle nuvole