Una fanfiction che parla di
Aeris. Un punto di vista della sua madre adottiva. Credo che sia un bel
personaggio, anche se secondario, e spero di essere riuscita a renderlo bene,
nonostante si sappia effettivamente poco di lei... La "Storia di una donna" è un
insieme di pensieri con alterazioni di tempo: passato, presente e futuro. Anche
se può sembrare un errore di grammatica, dico solo che l'ho pensata
intenzionalmente in questo modo... ^^
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Dedicato a chi ha trovato la felicità, anche se per caso,
e dedicato a chi ancora non ci è riuscito come augurio a trovarla.
Ognuno di noi ha la propria piccola felicità che ci attende...
Ci fu un uomo che mi venne incontro.
Uno straniero venuto a Midgar, a sperare di trovare la fortuna nella città
dove nulla è bene e l'unico bene che si può trovare è quel minerale colorato
d'oro. A palate, basta poco: essere scienziato, archeologo, studioso. O
semplicemente mafioso. La città stessa nuota in un mare d'oro, un triste mare
con un perenne tramonto color nero opaco.
Questi sono i cieli di Midgar di ogni giorno.
Ci fu un uomo che mi venne incontro. Quest'uomo una volta era un soldato. Si
è presentato e mi ha chiamata, chiedendomi se avesse usato il giusto nome. Sì.
Elmyra, questo è il mio nome. Mi ha detto che ci incontrammo che eravamo ancora
giovani, che era un amico di mio marito.
Io, allora, ero già avanti con gli anni e da molto non sentivo più parlare
del mio fu consorte. L'ex soldato si scusò dopo aver saputo che era morto.
Quella fu un inusuale giornata, il pomeriggio che caddi nelle profondità del
mio passato: una vecchia storia di una donna qualunque, durante una guerra che
non finiva mai.
Dunque, ho venticinque anni e un mazzo di fiori gialli in mano.
Un treno attraversa i binari della stazione dove mi trovo.
I passeggeri scendono in massa da quel treno a riabbracciare i loro cari.
Quell'immagine si ripete ogni giorno, ormai da troppo giorni. Ogni uomo è
sceso da quei vagoni tranne il capostazione, che fischia la partenza del treno
per un altro luogo. Io mi avvicino in silenzio a lui che, coprendosi il volto
con il cappello, mi dice che tutti i passeggeri sono scesi.
Sono sempre stata una donna abbastanza realista, molto pessimista. Eppure
quei giorni credevo ciecamente al ritorno del mio amato, aggrappandomi all'unica
speranza che mi era rimasta: una lettera, mandatami da lui qualche tempo fa.
E quel tempo che all'inizio erano solo giorni, divennero settimane, poi
mesi.
Ma io ancora mi abbarbicavo a quella lettera, oramai straccia, oramai
vecchia.
Ho venticinque anni e un mazzo di fiori gialli in mano.
Un treno ha già attraversato da tempo i binari della stazione dove mi
trovo.
E questo giorno, inaspettatamente, la mia vita cambia a causa di un incontro
voluto dal destino. Una donna sdraiata sulle scale chiede di prendermi cura di
sua figlia. Quella donna, poi, cede alla sua vita pronunciando un'utlima volta
un nome: Aeris.
Quel giorno tornai a casa mia dopo il passare del treno. Come sempre. Quella
volta, però, mantenni la mano di qualcuno. Ma quella mano non era di mio marito.
No. Quella era una piccola mano da bambina. Per la prima volta dopo tanto tempo
risentii il calore di un contatto umano.
Aeris mi divenne subito cara.
Lei ha sette anni e mezzo e corre a casa con un fiore giallo in mano.
Un treno ha già attraversato da ore i binari della stazione.
Mi chiede perché a Midgar ci siano così pochi fiori, io le rispondo che è
colpa dell'inquinamento; lei dice che avrebbe lottato per far nascere tanti
fiori in tutta la città. Sorrido al candido ottimismo di quella bambina.
Allora non conoscevo ancora niente.
Aeris era una piccola bambina orfana abbandonata dal destino che poi portò a
me, una bambina qualunque tra i migliaia figli di nessuno di Midgar. Rimasi
sconcertata, quella mattina, quando aprii la veranda della finestra e vidi
nascere nel mio giardino i fiori più belli che io avessi mai visto. Aeris era in
mezzo a loro, sorridente come sempre.
E fu dopo il miracolo che seguì la sciagura.
Ho venticinque anni e un mazzo di fiori gialli in mano.
Un treno attraverserà i binari della stazione che sto per raggiungere.
Trascorre un mese esatto dal momento in cui ho incontrato Aeris, tra le
braccia morenti di sua madre. Prima che io varchi la porta di casa, la piccola
mi afferra per la maglia. Mi dice che non è necessario tornare alla stazione
perché lui non sarebbe venuto. Io non rispondo, sconcertata, non saprei che cosa
rispondere. Aspetto. Lei mi chiede di non piangere, di prometterlo. Faccio cenno
con la testa. Aspetto. Lui mi sta salutando, dice lei, ed è stato felice di
sposarmi. Ora vivrà con gli spiriti della terra. Lui si dispiace tanto e mi
augura di essere felice.
Rimango interdetta a quelle crude parole.
Passò una settimana e un mese esatto dal momento in cui incontrai Aeris;
quell'ultimo giorno in cui vidi il treno della stazione. La causa di tutto fu
una lettera che mi arrivò per posta. Lo Stato scrisse che era amareggiato nel
darmi la notizia di un uomo mancato, mio marito, valoroso combattente fino alla
fine, a difendere l'incolumità di tutti noi. La solita sbobba che davano a tutte
le vedove come me, cambiando solo il nome dello sfortunato. Ricordo che caddi in
una profonda crisi depressiva. Mi riufitavo di mangiare, mi rifiutavo di bere,
di dormire. Mi rifiutavo di vivere. Tante volte ho pianto, ripetutamente,
sperando un giorno in cui le lacrime sarebbero finalmente finite, facendo così
in apparenza terminare questo mio stato di agonia. Ma le mie lacrime parevano un
secondo ciclo di vita dell'acqua, come fossero state pioggia: una risorsa
infinita. Non terminavano mai di scendere dagli occhi neppure quando mancava
acqua nel mio corpo.
Non mantenni la promessa di Aeris, questa fu la colpa più grave. Davanti a me
avrei potuto avere la felicità, che se ne stava in disparte, nascosta dietro il
muro, a guardarmi soffrire. Mi chiese se era meglio che lei non fosse mai venuta
in questa casa per non farmi piangere.
Io, stupidamente, non le risposi.
Seguirono momenti di disagio, momenti che lei era poco presente. Vicino a lei
ci furono uomini vestiti di nero, uomini chiamati Turks. Ho visto i miei fiori
gialli appassire, lentamente. Io sarei appassita insieme a loro, tra poco. Nulla
basta per una persona noncurante della vita lasciar vita.
Qualcuno dice che quando una persona muore, prima di passar a miglior vita,
riviva in un attimo ogni ricordo della sua esistenza, dopo una luce l'avrebbe
accompagnata all'aldilà. Poi il nulla. Il seguito lo si può chiedere solo a un
morto... io ci ero vicino, ma un uomo mi fermò. Ho riconosciuto in quell'uomo la
persona che mi è stata accanto da una vita.
Ricordo perfettamente ogni sua parola: se ne avessi la possibilità rivivrei
la mia vita due volte... e anche se difficile si può trovare per ogni vita la
piccola bellezza che ci faccia sopportare tutto. Mi accarezzò il volto, fu come
una brezza sul viso. Aprì bocca per un'ultima volta, dicendomi che se lo si
vuole, anche in mezzo a una strada cementificata di Midgar si potrà trovare un
piccolo fiore, sbocciato nelle avversità della vita. Poi, svanì.
Quando mi risvegliai ero ancora stesa sul letto.
In seguito sarei corsa via a riprendermi ciò che davanti ai miei occhi ciechi
mi fu più caro al mondo, la speranza che mi riportò in vita.
Ho ancora impresso nella mente il momento dell'incontro, come una
videocamera. Il filmato di una donna che salva la propria bambina.
L'indescrivibile situazione di un attimo.
Loro mi accerchiano, minacciandomi con le armi. La piccola Aeris mi si para
davanti, sa che nessun Soldier mi avrebbe toccata con lei come scudo. Il
professor Hojo ordina di lasciare andare. Lei mi guarda contenta perché io non
piango più. Hai mantenuto la promessa, dice. Mi ringrazia di averla salvata. No,
non c'è motivo. Ben due volte fu lei a salvarmi.
Dai miei occhi ricadono nuovamente le lacrime, per la prima volta di gioia.
Mi accascio addosso a lei, la avvinghio tra le mie braccia, le dico che non è
lei a dovermi ringraziare. La ringrazio perché lei è al mondo. La ringrazio
perché lei esiste. Tra quei miei sordi singhiozzi di commozione, una parola
riecheggia ancora nella mia mente, passa flebile dalla piccola apertura del
nostro stretto abbraccio.
Per la prima volta lei mi chiama mamma.
Nella vita ci sono tanti tipi di amore... io credo di averli vissuti tutti.
Con lui. Con lei.
I fiori hanno ricominciato a sbocciare, tanti come i fiocchi di neve
d'inverno, più colorati e più vivi di prima. Ancora oggi le racconto la mia
storia, rivivendo con lei la nostra vita. La storia di una donna che ero io, la
storia di una donna che è diventata madre. In mezzo ad ogni piccolo filamento di ogni
attimo che tesse la vita, il tempo scorre, inesorabile. Ho visto la piccola
Aeris Gainsborough crescere e diventare donna.
Lei ha ventidue anni e ha in mano un cesto di fiori gialli che venderà.
Intimidita, passa tra la folla che movimenta le vie di Midgar. Un soldato la
fa cadere, un uomo la aiuta a rialzarsi. Lei lo ringrazia. Lui non dice niente,
guarda solo i suoi fiori. Le dice che non ha mai visto così tanti fiori nelle
strade di Midgar. Lei, contenta, gli chiede se gli piacciono. Lui ammicca
positivamente. Lei gliene porge uno.
Da quel momento quella donna e quell'uomo avrebbero condiviso insieme parte
della loro vita.
Io penso che a volte la persona che a noi ci resterà più cara sarà quella che
incontreremo nelle circostanze più improbabili. Se un uomo si mette in testa di
voler cercare la persona più cara, non la troverà, perché nel momento in cui lui
cerca l'amore, quello non gli arriverà mai. L'amore si trova, non si cerca.
L'amore è un sentimento e come tale va sentito, non si può provare a
sentirlo.
Da quel momento quella donna e quell'uomo avrebbero condiviso insieme questo
sentimento.
Ma questa è un'altra storia...
FINE