Anime & Manga > Sailor Moon
Ricorda la storia  |      
Autore: Etoiles    24/12/2011    10 recensioni
Ho scritto questa shot in occasione del Natale.
Durante la Vigilia, un incontro casuale cambierà la vita di Usagi, che si troverà a trascorrere un'intera giornata in balia di emozioni provate tutte in un solo momento.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Seiya/Usagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il silenzio è qualcosa di prezioso

SILENCE

 

 

Il silenzio è qualcosa di prezioso. Il silenzio è qualcosa di raro. Quante volte in una giornata riuscite a sentire il solo silenzio? Quante volte riuscite ad assaporarne l’unicità? Quante volte ne avete realmente apprezzato il significato…

Il silenzio è vita, il silenzio è natura, il silenzio è verità. Ma soprattutto il silenzio è parola. Quante cose si sono dette senza nemmeno aver aperto bocca.

E molto spesso il silenzio può dire tutto senza dire niente.

 

24 Dicembre. E’ scattata l’ora d’oro. Sono le otto del mattino di una freddissima Vigilia di Natale. E’ l’ultimo giorno prima del Giorno, prima di quel giorno che aspettano tutti, piccoli e grandi. E come non si può non amare il Natale. E’ un giorno in cui tutti i dissapori, tutti i pensieri negativi, tutti i dolori trascorsi in un intero anno svaniscono e rimane solo la voglia di stare insieme, di sedersi ad una lunga tavola di possente legno per posarvi tutte le pietanze preparate appositamente dalle persone che ci amano e che noi amiamo.

E’ un giorno di festa, è l’unico giorno che aspetti sveglio per tutta la notte, chiedendoti ossessionatamente cosa ci sarà quest’anno sotto all’albero ad aspettarti, sperando di trovare ciò che hai chiesto, ciò che hai desiderato a lungo ma sapendo allo stesso tempo che in ogni caso sarà bellissimo comunque.

Ma oggi non è Natale, oggi è la Vigilia. Oggi è l’ultimo momento per comprare i regali mancanti, l’ultimo giorno di corse fra strade affollate e negozi senza ossigeno. Ormai è la tradizione che lo richiede. I regali si fanno sempre all’ultimo.

 

E’ Sabato ma Usagi ha comunque messo la sveglia alle otto in punto. Troppi impegni l’avevano costretta a rimandare gli acquisti, di giorno in giorno, fino a ritrovarsi alle fatidiche 24 ore prima senza aver incartato nemmeno un pacchetto.

Si alzò di colpo, il frastuono della sveglia era davvero insopportabile. Era convinta di aver messo la modalità “playlist” e di svegliarsi col dolce suono delle sue musiche preferite. E invece la sera prima aveva cliccato troppe volte sulla radio sveglia impostando quel suono così fastidioso da spingerla a staccare la spina per non sentirlo più.

Il solo pensare di mettere i piedi fuori dal letto la raggelava. Da sotto il morbido piumone bianco, la voglia di alzarsi e vestirsi svaniva sempre di più. Ma doveva farlo, doveva alzarsi, non poteva essere l’unica a non aver preso niente.

Sbuffò, serpeggiando fuori dalla coperta ma stringendola fra le mani ugualmente, come se in quel modo la sensazione di calore la seguisse. Si affacciò alla finestra nella speranza di vedere ciò che aveva sognato tutta la notte. Aprì di colpo la tenda, strizzando gli occhi ed aprendoli tutto d’un tratto, per dare più valore a quella sorpresa. Ma l’espressione del suo volto cambiò in pochi secondi.

Se l’era immaginata così intensamente, la neve. La voleva così tanto. Ma il giardino era pulito, con qualche foglia qua e la a macchiarlo di arancione. Nessun segno di bianco, nessun fiocco, niente. Quell’ingrediente che rendeva praticamente perfetto il suo Natale, mancava. Non che questo le togliesse lo spirito natalizio ma, in fondo, lo si spera sempre.

 

Alzò le spalle, togliendosi finalmente la coperta di dosso. Una doccia calda, più per riprendersi dal freddo improvviso che per svegliarsi completamente, un paio di calde calze marrone cioccolato con tanto di parigine al di sopra delle stesse, un lungo vestito più o meno dello stesso colore ed il cappotto  beige chiaro, arricchito dai quattro bottoni tondi che s’innestavano con un pezzettino di legno stile Montgomery, da abbinare con sciarpa e cappello color panna. Era pronta.

Scese velocemente le scale, notando di sfuggita mamma e papà seduti a tavola con una tazza di caffè fra le mani e qualche brioche al centro del tavolo. Superò in fretta l’entrata della cucina, vedendo però di sfuggita quei morbidi croissant al burro con gocce di crema che trasbordavano dalle pieghe croccanti. Si fermò.

“Usagi, non fai colazione?” chiese la mamma, allungandole il piatto di brioche. Usagi le guardò con gola, voglia, ammirazione.

“A dir la verità sono in ritardo, devo fare un sacco di cose” rispose, mantenendo gli occhi fissi su quel castello di calorie che l’attirava sempre di più “ma posso sempre mangiarle per strada, no?” sorrise, afferrando una brioche, la più grande a dire il vero, e correndo fuori casa, emettendo un lontano ciao dalla porta d’ingresso.

 

La sua casa era situata in una zona piuttosto residenziale. Non c’erano negozi li vicino, ma solo tante case a schiera, l’una vicina all’altra, ognuna con un addobbo tutto suo. Era così bello vedere come le persone tenessero a rendere tutto a tema, come la bellezza del Natale fosse anche quella, decorare casa con oggetti e luci pensate esclusivamente per quel giorno magico. Avrebbe voluto osservare ogni particolare di quelle porte, ogni luce di quei giardini, ma sentì in lontananza il rintocco dell’orologio vicino alla Chiesa cittadina.

Usagi sapeva che suonava ogni ora. Controllò il cellulare, stupendosi dell’orario “Già le nove!!” urlò, impanicata “devo muovermi o non farò mai in tempo” disse a se stessa, afferrando dalla borsa la lunga lista di regali che si era segnata man mano che le idee le frullavano nella testa.

 

Arrivata finalmente in centro notò come i suoi timori si concretizzavano di fronte a lei. Le strade era completamente stracolme di gente, tutti i negozi, di vestiti, di giocattoli, di elettronica, persino di alimentari, pieni, invivibili, irrespirabili. Se inizialmente la paura era quella di non farcela ad acquistare tutti i regali, in quel momento era proprio quella di entrare in uno di quei negozi. E le persone correvano, si spingevano l’un l’altro per accaparrarsi quell’ultimo capo, o quell’ultimo libro di quello scrittore così famoso che però nessuno conosceva in realtà.

Guardò nuovamente il foglio degli appunti. Doveva fare un programma, doveva capire dove avrebbe potuto prendere più regali nello stesso momento. Tuttavia la risposta era abbastanza ovvia.

“Centro commerciale” bisbigliò tra se e se, quasi sconfitta all’idea che presto o tardi sarebbe stata schiacciata da quegli assettati di pacchetti natalizi.

“Ok, da dove posso iniziare” pensò. Il primo regalo sarebbe stato quello più semplice, quello più sicuro, più azzeccato “Si, andrò a prendere il regalo per Mamoru, quel cd che voleva tanto”.

S’intrufolò nella marmaglia, facendosi spazio come poteva fra i gruppi di famiglie felici che si fermavano davanti ad ogni vetrina senza poi prendere niente. Spesso camminava un po’ piegata, voleva sfruttare la statura leggermente più bassa di quelli che la circondavano, così da sgattaiolare veloce con più facilità.

Il negozio di dischi era proprio davanti alla libreria, forse in quel momento non era neanche così affollato come pensava. Il momento era perfetto.

Entrò dalle porte scorrevoli, sentendo l’aria calda rimbalzarle addosso. La differenza di temperatura tra dentro e fuori era davvero esagerata, il modo migliore per prendersi un raffreddore insomma, senza contare tutti i batteri che vivaci svolazzavano nell’aria.

Il cd che cercava era di un compositore russo, uno parecchio conosciuto in Europa, e nel mondo francamente, ma che lei aveva quasi difficoltà a pronunciarne il nome. Cominciava con la “T” e a quanto si ricordava la copertina era di un blu scuro.

Camminò con lo sguardo all’insù, alla ricerca di quella lettera, riflettendo nel frattempo come riuscissero a catalogare perfettamente tutti gli autori del globo. Finalmente lo trovò. Lo scaffale era uno degli ultimi ed il suo nome era segnato da un grande cartellone li in fianco. A quanto pare quello stesso giorno, dall’altra parte dell’emisfero, ci sarebbe stata la rappresentazione di un balletto classico sulle note di quello stesso autore alla Julliard di New York. E proprio per questo motivo gli era stato riservato uno scaffale intero, con nuova edizione “gold” in doppio disco.

Usagi osservò attentamente quel cartellone e capì che quell’evento sommato alla sua notorietà poteva voler dire solo una cosa. Il disco sarebbe andato a ruba.

Alzò gli occhi verso lo scaffale, consolandosi all’istante nel vedere che era rimasto un solo cd. Allungò svelta il braccio per afferrarlo ma pochi secondi prima di toccarne la plastica trasparente se lo vide sfuggire via. Si pietrificò, voltandosi verso destra.

Un ragazzo alquanto strano teneva il cd fra le mani, leggendone i brani ma soprattutto il prezzo riportatovi sopra. Era alto, con lunghi capelli nero pece. La rabbia crebbe in lei furiosa. Se non avesse preso quel cd sarebbe stata punto e a capo, avrebbe dovuto farsi venire in mente altre idee che sarebbero state in ogni caso scarse in confronto a quel regalo. Il suo Mamoru voleva quel cd, lei voleva quel cd. Respirò profondamente, facendosi coraggio.

 

“Ehm, scusa” disse, inclinando il capo per farsi vedere, per distrarlo da quella lettura “scusami, non vorrei essere maleducata ma quel cd è mio”.

Il ragazzo distolse gli occhi dalla copertina, si tolse gli occhiali da sole che inspiegabilmente indossava in un luogo chiuso e la fissò negli occhi.

“Come hai detto scusa?” chiese, in tono quasi sarcastico

“Il cd” ripeté Usagi, segnandolo col dito “quel cd è mio”.

Il ragazzo inarcò le sopracciglia, guardò nuovamente il cd e lo girò e rigirò come a cercare qualcosa. Usagi lo osservava infastidita, il nervoso cresceva incontrastato.

“Cosa stai cercando?” chiese, acida

“Sto cercando il tuo nome” rispose, continuando ad ispezionare la confezione come una cavia da laboratorio

“Il mio nome? Perché cerchi il mio nome?”

“Beh, hai detto che il cd è tuo quindi ci sarà il tuo nome”.

Usagi lo guardò stupita della risposta ma allo stesso tempo ancor più arrabbiata.

“Non c’è il mio nome sopra e comunque non lo sai nemmeno quindi..”

“Già, hai ragione! Io sono Seiya, piacere” disse, allungando la mano. Usagi la strinse, sbuffando “Usagi”

“Avresti dovuto dire piacere mio ma non importa. E’ stato bello conoscerti…Usagi” disse, allontanandosi da lei, con il cd in tasca.

“Ehi fermati! Ridammi il mio cd!”

“Non è tuo, l’ho preso prima io quindi…”

“Si lo so ma è un regalo per una persona speciale e questo è l’ultimo e se non me lo dai non saprò che fare, devo ancora prendere altri regali e sono già in crisi e…”. Usagi parlava a raffica, le parole le uscivano in modo insensato, senza capire nemmeno lei ciò che stava dicendo “…insomma, ti prego, lasciami quel cd”.

Seiya tacque, riflettendoci su, capendo che quell’oggetto era davvero importante per lei, capendo che ciò poteva sfruttarlo a suo vantaggio.

“Sai, ho anch’io ancora molti regali da comprare” disse, furbamente

“E allora?” chiese Usagi, senza capire dove volesse arrivare. Seiya distese la mano, avvicinandole il cd “Se verrai con me a fare quest’ultimo shopping natalizio, a fine giornata ti darò il cd”

“E se invece non vengo?”. Seiya ritrasse la mano, riponendo nuovamente il cd in tasca “beh, ti saluto” sorrise,

“Ma questo è un ricatto!!!”

“La vita non è perfetta, sai com’è! Allora?”. Usagi non rispose, incrociando le braccia ed assumendo un atteggiamento imbronciato.

Seiya scrollò le spalle, allontanandosi sempre di più, fino ad arrivare in cassa. Tirò fuori il portafoglio, ma tenendo sempre lo sguardo fisso su di lei, che inamovibile stava già pensando a cosa fare per risolvere il problema. Pagò il disco ed uscì, coprendosi con la lunga sciarpa in cashmere nera. Si guardò un po’ intorno, pensando alla prossima tappa da raggiungere.

“Aspetta!”. Quel grido lo invitò a girarsi. Usagi gli stava correndo in contro, esattamente come si aspettava facesse.

“E va bene” rispose lei, aprendo la mano per farsi consegnare il cd

“Mi dispiace” disse lui, afferrandogliela e chiudendola fra la sua “ti darò il cd solo a fine giornata, così sarò sicuro che avrei rispettato il patto”

“Perché vuoi a tutti i costi che venga con te?”

“Così ci facciamo compagnia, no?”. Usagi tirò indietro la mano, sciogliendo la presa da quella di Seiya e strofinandosela con l’altra per darsi un po’ di calore.  Seiya sorrise e continuò a camminare in direzione opposta ai negozi presi d’assalto dai compratori senza pietà.

“Da che parte stai andando scusa?” domandò Usagi, vedendolo allontanarsi dal centro città,

“Seguimi, non preoccuparti” rispose lui, continuando a camminare.

Usagi rifletté qualche secondo. Conosceva quel ragazzo da meno di un’ora ed era bizzarramente legata a lui per uno stupido accordo che nemmeno pensava valesse davvero la pena. Non solo, ora le chiedeva di seguirlo lontano dal fulcro della città, lontano dalle persone, magari in un posto isolato dove nessuno avrebbe potuto trovarla nel caso avesse cattive intenzioni. Fidarsi è bene, si. Ma non fidarsi è meglio.

“Cosa fai li impalata?”. La sua voce interruppe i suoi pensieri. Lo fissò negli occhi, in quel blu talmente brillante e cupo allo stesso tempo da non riuscire nemmeno a specchiarsi. La sua parte razionale le diceva di tornare in dietro, fuggire via e lasciare perdere quello stupido cd. Ma una parte di lei, una più profonda, più latente, le consigliava di seguirlo, la rassicurava con uno strano ardore mai provato prima, le sussurrava quasi che sarebbe andato tutto bene, che non c’era pericolo. E per quanto la paura la stesse avvolgendo nel freddo più pungente…fece un passo avanti e lo affiancò.

“Posso fidarmi di te?” chiese, un po’ sfacciatamente, senza riconoscersi in un certo senso. Seiya le offrì il braccio per incrociarsi con il suo, ed il suo volto s’illuminò di una qualche essenza sconosciuta ma pura nel suo essere così dannatamente perfetta “Perché non dovresti fidarti scusa?”

“Perché ti conosco da poco ecco perché! E’ una follia!” urlò, sbattendo i piedi a terra. Seiya la fissò, divertito, attonito. Usagi non riusciva bene a leggere le sue espressioni.

Si avvicinò a lei, sfiorando con la bocca i suoi lisci capelli biondi.

“Allora sii la mia follia” sussurrò, per poi ricomporsi e riprendere a camminare.

Il cuore le batteva talmente forte che dovette porvi una mano sopra per rallentarlo. Si avvicinò quegli esili ciuffi di capelli, sentendo ancora il suo profumo. Le mani le tremavano talmente tanto da infonderle una profonda adrenalina nel sangue. Ma non era il freddo. Era qualcosa di ancora più forte, di più grande, più grande di lei. Quella era una follia, si. Eppure, l’amava quella follia.

Corse verso di lui per raggiungerlo, definitivamente questa volta.

 

Svoltarono per vari viali, incrociando via periferiche e poco conosciute. Percorrevano quelle classiche strade che vedi per la prima volta pur avendo vissuto in quella città da tutta una vita. Usagi non aveva la minima idea di dove Seiya la stesse portando. Controllava nervosamente l’orologio, ossessionata dalla lancetta che quasi all’impazzata segnava sempre un’ora in più del momento prima. Il tempo stringeva e lei non pensava altro che forse, dopotutto, di tempo ne stava solo perdendo.

“Allora, Usagi, per chi è questo cd per cui ti stai tanto dannando?”.

Usagi ascoltò attentamente la domanda o meglio il tono in cui era stata posta. Era curioso, certo, ma voleva anche rompere il ghiaccio che si era creato durante il percorso.

“Per il mio ragazzo” rispose lei, abbassando lo sguardo, sentendosi un po’ imbarazzata, in fondo non lo conosceva per niente.

“E da quant’è che state insieme?” proseguì Seiya ma senza dare troppo peso alle sue parole, sempre restando un po’ sulle sue.

“Un paio d’anni ormai”

“E ti trovi bene? Cioè è un bel rapporto?”

“Certo che è un bel rapporto!” rispose scattante, come se fosse una cosa che dava per ovvia “il nostro è un legame unico, indissolubile, predestinato”

“Predestinato hai detto?”

“Si proprio così, il nostro amore è destinato a durare in eterno”

“Quindi credi nel destino da quanto ho capito..”

“Si, credo nel destino!” affermò fiera “tu no?”

“Io credo che siamo noi a costruirci la nostra vita, a decidere per noi stessi. Credo che possiamo seguire sempre la stessa strada ma credo anche che la vita ci pone davanti delle vie alternative, delle scorciatoie impreviste e sta a noi decidere se prenderle o meno. Credo che siamo noi artefici del nostro futuro!”

“Con questo cosa vorresti dire?”

“Sei davvero sicura che il vostro amore sia legato da un destino indissolubile?...o è quello che ti imponi di credere…!Non pensi che la vita sia imprevedibile, che possa capitarti qualcosa di talmente eccezionale da farti ripensare a tutto, a chi sei, cosa vorrai essere, con chi vorrai essere? Non credi che sarebbe tutto troppo semplice se fosse già scritto…”.

Usagi non rispose. Continuò a camminare a testa bassa, pensando a ciò che le aveva detto, alle parole che aveva usato ma soprattutto cercando di capire perché non le aveva ribattute a dovere.

E nel suo costante riflettere non si accorse che Seiya si era fermato davanti ad una piccola vetrina, in un angolo illuminato da due lampioni di nero bronzo stile settecentesco posti ai lati del negozio.

Le ampie finestre erano divise da parallele e perpendicolari di chiarissimo legno, offuscate da spruzzate di finta neve che ne ricamavano i bordi come piccoli cristalli di ghiaccio.

“Entriamo?” chiese Seiya, aprendo la porta, anch’essa di legno ma un po’ più scuro rispetto alle finestre. Usagi lo precedette, entrando in quel piccolo angolo di puro calore. L’insegna dondolante segnava il nome del negozietto. “La città dei sogni” lesse Usagi, guardandosi poi intorno a bocca aperta.

 

L’intero locale era illuminato da sole candele poste in vecchi lampadari che scendevano da travi in legno incastonate sul soffitto. Attorno a lei c’era di tutto, qualunque tipo di oggetto, qualunque tipo di stile. Vecchi giocattoli in legno sedevano su una parete tra cui un antico trenino a motore, un cavallo a dondolo leggermente rovinato e dei soldatini di cera che le ricordarono molto la favola del soldatino senza una gamba che s’innamora della ballerina dal tutù rosa porcellino. In un’alta libreria erano posti i più bei libri di sempre, da “Piccole Donne” a “Il Mago di Oz”, per poi passare a letture più pesanti ma di ugual prestigio. Li dentro c’era davvero tutto, un mondo inesplorato in meno di trenta metri quadri di superficie.

“Questo posto è bellissimo” ammise entusiasta, osservando un tavolo bandito da piccoli oggetti per l’arredamento della casa. Sapeva che avrebbe trovato tutto ciò di cui aveva bisogno, un regalo per tutte le persone a cui voleva bene. E non sarebbe stato un regalo come gli altri. Sarebbe stato un dono speciale.

“Sapevo che ti sarebbe piaciuto!” esclamò Seiya, sicuro di se ma felice nello stesso momento

“Ma non c’è nessuno qua dentro” disse lei, cercando un responsabile del negozio “Non c’è un commesso o un custode?”

“Ce l’hai davanti a te” rispose Seiya sorridente, sedendosi sulla sedia a dondolo accanto a lei.

“Sei tu? Questo è tutto tuo?” domandò Usagi stupita all’inverosimile

“Esatto, questo negozio  è mio”

“Ma come puoi avere tutte queste bellissime cose?”

“Sono oggetti che ho raccolto negli anni, andando di città in città, tra i vari mercatini e negozi di antiquariato”

“Sono davvero meravigliosi” si complimentò Usagi, sfiorando delle vecchie pipe da tabacco, poste in ordine di grandezza, dalla più piccola alla più grande.

“Questo luogo racchiude una storia, ogni singolo oggetto ha un suo passato, guarda lei ad esempio” disse afferrando la bambola di porcellana seduta su una sedia della sua stessa grandezza “questa bambola l’ho trovata in un mercatino ai Giardini Tuileries, Parigi”

“Parigi!!!” ripeté affascinata Usagi, rapita già da quella storia così magica o che forse semplicemente era lui a rendere tale “Si, Parigi. La donna che me l’ha venduta mi ha raccontato che risale addirittura a poco dopo la Rivoluzione Francese. Apparteneva alla figlia di una famiglia aristocratica, uccisa per la foga dei rivoluzionari in cerca di vendetta per tutta la fame che avevano patito. Ma prima che potessero irrompere nella reggia, la piccola riuscì a nascondere la bambola nei sotterranei, dove fu ritrovata insieme a moltissimi altri reperti durante degli scavi per la costruzione dell’impianto acquifero nella città. E con lei rinvenirono anche un foglietto di carta con dell’inchiostro quasi colato del tutto” disse, mostrando il piccolo pezzo di pergamena attaccato alla gonna rossa della bambola “Isabelle, il suo nome”

“Che storia triste…”

“Si. Ma come vedi tutto ha una storia. Ora chiunque prenderà uno di questi oggetti avrà la possibilità di scrivere il loro futuro”

“Sono talmente belli è difficile decidere”

“Io non ho fretta, scegli con calma”

“In che senso? Stai dicendo che…”

“Sto dicendo che puoi prendere ciò che ti serve per i regali che ti mancano”

“Ma sono pezzi di antiquariato, varranno una fortuna non ho abbastanza soldi”

“Non mi sembra di aver parlato di soldi”.

Usagi rimase di stucco. Le stava davvero dando la possibilità di prendere ciò che voleva a costo zero? Tutta la fatica per collezionare quei pezzi di passato per poi darli via così, come poteva essere possibile? Le domande erano davvero infinte.

“Seiya io non posso accettare, davvero”

“Usagi non farti problemi, prendi ciò che ti serve e fai presto ho una gran fame!”.

Usagi sorrise, e in quel sorriso c’era molto più di un semplice grazie. Come poteva farle battere il cuore così velocemente proprio non riusciva a capirlo.

Osservò tutto con attenzione minuziosa. Trovò un simpatico candelabro per la mamma, amava mettere le candele a tavola per le occasioni speciali, mentre quei simpatici soldatini decise di prenderli per suo fratello e infine accartocciò un whisky di vecchia data per il papà, faceva sempre bella figura quando offriva un bicchierino dalla sua riserva personale ai clienti più importanti. Degli originali orecchini attirarono la sua attenzione. Erano piccoli ed ognuno di loro rappresentava un dolce, a forma di crostata, brioche, biscotto con stelle zuccherate sopra. Ne prese quattro paia per le sue amiche più strette, facendosi aiutare da Seiya con dei sacchettini rosso trasparente per impacchettarli.

“Non mi sembra vero di aver trovato un pensiero per tutti”

“Ora possiamo andare a mangiare?”

“Sto morendo di fame” rispose, mettendo ogni regalo in un ampia busta con chiusura all’apice così da nascondere i fiocchi colorati per quando sarebbe rientrata a casa. E in quel momento l’idea non l’alettava per niente.

Stava uscendo dal negozio quando si fermò di scatto. Tornò indietro prendendo in braccio quell’antica bambola di porcellana. Seiya la guardava con occhi talmente colmi di tutto che nemmeno un granello di polvere vi avrebbe trovato spazio.

“Isabelle…mi dispiace lasciarla qui”

“Non c’è motivo che rimanga sola” rispose lui, ponendole il cappello sulla testa “portala via con te”. Usagi alzò lo sguardo, sprofondando per la prima volta nel suo “Grazie” rispose, stringendola ancora di più.

 

Uscirono dalla Città dei Sogni, inoltrandosi nel boschetto davanti a loro dall’altra parte della strada. Gli alberi attorno erano tutti sfumati di uno strano marron glacè e di un forte arancio, le stradine sterrate contribuivano a far perdere loro spesso l’equilibrio, costringendoli ogni tanto ad aggrapparsi l’uno all’altro. Il vento soffiava leggerissimo alzando le molte foglie prigioniere della spoglia terra sembrando  che volessero volteggiarli intorno.

“Dove mi stai portando?” domandò Usagi, chiedendo a se stessa che cosa dovesse ancora aspettarsi,

“Ci siamo quasi” rispose lui, portandola in un’altra stretta via dove non c’era altro che la natura, quella natura contenuta,  che la città riusciva ad offrire.

Sentendone il profumo da lontano, Usagi capì all’istante quale fosse la sua idea. Il banchetto mobile con la tendina bianca a strisce rosse stava girando le sue prime crepes alla nutella.

“Ci vogliono proprio quelle crepes!”

“Un po’ pesante come pranzo, non trovi?” disse Usagi, celando tuttavia la sua natura irrefrenabilmente golosa.

“Abbiamo bisogno di energie!” esclamò lui, passandole una calda crepes con zucchero a velo.

“Energie per cosa?” chiese, quasi preoccupata della risposta.

“Per pattinare” sorrise lui, prendendola per il braccio e trascinandola poco distante da la.  

 

La pista da pattinaggio era perfettamente levigata, i cittadini erano talmente presi dagli ultimi acquisti da dimenticarsi della sua presenza, lasciandola così, sola e dall’aspetto triste perché nessuno si divertiva nel danzarvi sopra.

Seiya aiutò Usagi ad allacciarsi i pattini, proprio non riusciva a far combaciare i lacci nel loro posto, forse per sbadataggine, forse per nervosismo, nemmeno lei ne era sicura. Ogni volta che le dita di Seiya sfioravano le sue qualcosa di sconosciuto cresceva in lei e quel non sapere cosa fosse la terrorizzava. Ma soprattutto ciò che la spaventava di più era che qualunque cosa fosse non l’aveva mai provata prima. Nemmeno con il suo Mamoru.

“Bene sei pronta!” esclamò felice Seiya, alzandosi da terra dopo averle perfettamente allacciato i pattini “andiamo?” chiese, offrendogli la sua mano.

Usagi tentennò. Il timore di cadere e fare una brutta figura era tanto. Il timore di afferrargli la mano e provare di nuovo quella sensazione era anche di più. Tuttavia era una bella sensazione. Gliela strinse, alzandosi a sua volta.

“Non so pattinare” disse, volendo mettere le mani avanti nell’ipotesi di una caduta, più certa che probabile

“Non preoccuparti” rispose lui dolcemente “tieniti a me, ti insegno io! E poi non c’è nessuno, al massimo cadiamo in due senza che ci vedano”.

Il modo che aveva per risolvere qualsiasi problema, qualsiasi pensiero, era davvero incredibile.

Camminando in diagonale sul tappeto di moquette, raggiunsero la pista di ghiaccio. Tenendosi stretto alle sbarre coperte da un lungo tendone giallo che la circodavano, Seiya mise finalmente i piedi sul liscio ghiaccio, aiutando Usagi a salire dopo di lui. Le gambe le tremavano vistosamente, non riusciva a trovare l’equilibrio ma si sforzava di farlo al meglio.

“E’ più semplice di quanto pensi. Prima mandi avanti un piede, poi l’altro ancora”

“Prima uno, poi l’altro” disse Usagi, mentre si muoveva goffamente sul ghiaccio, sempre tenendosi ben attaccata al cappotto di Seiya che faceva i suoi stessi lenti passi per non lasciarla indietro “Proprio così, brava!” si complimentò lui, come fanno un po’ tutti quando cercano di infondere coraggio e fiducia in se stessi.

“Adesso rimani ferma qui, io vado un po’ avanti e tu mi raggiungi”

“Da sola? Non posso farcela!”

“Si che puoi, ne sono certo!” rispose, allontanandosi da lei e pattinando all’indietro per non toglierle gli occhi di dosso. Si fermò a una decina di metri di distanza, formando un piccolo cerchio con la punta d’acciaio dei pattini.

“Io ti aspetto qui!” sorrise, tenendo le braccia aperte come ad invitarla ad avvicinarsi a lui.

Usagi inspirò profondamente, voleva farcela, non voleva fare una brutta figura davanti a lui, non pensava le importasse così tanto ma era cosi.

Iniziò lentamente, prima un passo, poi l’altro, tenendo le braccia distese per tenersi in equilibrio e la schiena leggermente curva. Uno, due, tre, quattro passi. Un sorriso le si stampò sul viso. Ce la stava facendo, da sola. Seiya era sempre più vicino e lei era sempre più sicura. Allungò la gamba per slanciarsi un po’ di più e dare velocità a quella andatura stile bradipo.

Era quasi arrivata a destinazione quando scivolò con un piede, cadendo in avanti. Ma non toccò mai la superficie ghiacciata.

Seiya l’afferrò all’istante prima che potesse capitombolare a terra, prendendola per entrambe le braccia. La tirò su, aiutandola a rimettersi con la schiena dritta e tenendola stretta a se. Non erano mai stati così vicini da quando si erano incontrati quella mattina di quello stesso giorno.

Si fissarono negli occhi senza fiatare, la brutta figura nonostante l’impegno l’aveva fatta comunque ma non era quello a cui stavano pensando in quel momento. I loro occhi si stavano perdendo in domande a cui non riuscivano dare risposta, in pensieri che condividevano senza averne idea.

“A cosa stai pensando?” chiese lui, aspettando quella risposta tanto sconosciuta quanto sicura.

“Non riesco a capire” rispose Usagi, aderendo il petto con il suo, sentendo i battiti del cuore accelerare ad ogni sua parola.

“Cosa? Cosa non riesci a capire?”

“Non capisco come può essere successo, come possa sentirmi così legata a te dato che ci conosciamo da meno di ventiquattro ore” balbettò, non era convinta che aprirsi in quel modo fosse la cosa giusta ma sentiva che non poteva farne a meno.

“Forse…” tentennò, senza concludere la frase. Lo sentiva, lui, sentiva la difficoltà nel parlarle quando la guardava negli occhi.

“Forse cosa?” insistette Usagi

“…forse sono io la tua scorciatoia”.

Usagi non rispose. Quella frase l’aveva presa d’assalto, quella frase l’aveva stordita, quella frase l’aveva cambiata.

“Domani è Natale” disse, senza inizialmente avere un nesso logico con quello che le aveva detto “domani mi siederò a tavola con la mia famiglia, con i miei amici…con il mio ragazzo. E’ così che deve essere, non ci sono strade alternative. È così che deve essere”

“Usagi” rispose lui, togliendole lentamente le mani dai fianchi ed appoggiandole sulle sue guance cremisi “Non mi interessa cosa accadrà domani. Viviamo oggi”.

Non le diede il tempo di fiatare. Le sue labbra già aderivano su quelle di Usagi ancor prima che potesse dire qualsiasi cosa. Seiya le stringeva il viso con le mani gelide che s’intorpidirono con il caldo eccezionale delle guance di Usagi che rimase immobile, fino a socchiudere gli occhi, portare le braccia dietro al collo di Seiya e lasciarsi in quel bacio senza un concreto perché. Sapeva che stava sbagliando, che non era la cosa giusta da fare ma la voglia di stargli vicino, la voglia di sentire la sua bocca incrociarsi in quel bacio, era più grande di qualsiasi altro errore che potesse comprendere. Non riusciva a staccarsi da lui, non riusciva a lasciarlo andare. Non sentiva niente se non il desiderio di stare li.

Ma poi qualcosa sentì. Qualcosa di freddo, qualcosa di piccolo. Lo sentirono entrambi. Felici di quel bacio si guardarono negli occhi per poi rivolgerli a cielo vedendo come i pomposi fiocchi di neve scendevano leggeri, circondandoli. Abbracciati l’uno all’altro, Seiya e Usagi non riuscivano a levare lo sguardo dal cielo. Il freddo percepito dal tocco dei cristalli innevati era compensato dal calore dei loro corpi uniti.

L’atmosfera era a dir poco perfetta, Usagi vedeva finalmente la neve che aveva desiderato, che aveva sognato per quel Natale, che in cuor suo aveva previsto. Ciò che non aveva previsto era stare abbracciata a quello che in ogni caso era uno…sconosciuto. Già.

Aveva passato l’intera giornata insieme a lui, lo aveva seguito, abbracciato…baciato. Aveva baciato un ragazzo appena incontrato. Perché?

 

In pochi secondi quell’atmosfera idilliaca si tramutò in un incubo. La razionalità prese il sopravvento, non guardò più la neve scendere dal cielo, guardò lui, guardò le sue mani attorno al suo collo, guardò la vicinanza che c’era fra i loro visi, si guardò dentro, guardò se stessa e non si riconobbe, esattamente come non conosceva lui.

Indietreggiò, lasciandolo li, attonito dal suo comportamento, senza riuscir a capire cosa stesse succedendo, perché avesse rotto quell’attimo di pura magia.

“Io…io non posso” farfugliò Usagi, cercando di uscire dalla pista da pattinaggio “non posso mi dispiace”

“Usagi, aspetta!” urlò Seiya rincorrendola, ma Usagi si era già slacciata frettolosamente i pattini.

“Usagi, aspetta per favore!!” insistette Seiya

“Seiya no!! E’ stato uno sbaglio, tutto quanto, io non dovrei nemmeno essere qui!”

“Non è stato uno sbaglio! E se credi nel destino non pensi che sia stato proprio il fato a farci incontrare? Non credi che non fosse una semplice coincidenza che fosse rimasto un solo cd in quello scaffale?”.

Usagi indugiò, era nella piena confusione.

Il rintocco del solito orologio le fece venire i brividi. Controllò l’ora, aveva completamente perso la cognizione del tempo. Le 18.00 in punto.

“E’ tardissimo, io devo andare, devo andare!!” disse, dandogli le spalle

“Ti prego, dimmi che ti rivedrò…” disse Seiya, fermandola per il polso “posso rivederti?”.

Usagi lo fissò, senza però rispondere. Si sciolse dalla presa ed iniziò a camminare freneticamente. Poi si fermò, guardando tutti i pacchetti regalo chiusi nella borsa, regali che grazie a lui non avrebbe mai potuto fare.

Tornò indietro, trovandolo ancora li, inamovibile nella sua delusione. Si avvicinò, dandogli un esile bacio sulla guancia “Buon Natale, Seiya” disse, riprendendo la sua corsa senza però tornare indietro questa volta.

“Buon Natale, Usagi” rispose lui, vedendola ormai lontana.

 

Usagi corse, pensando e ripensando a quello che era successo, a quanto aveva vissuto in quella giornata, più di quanto avesse fatto nella sua vita fin’ora. Entro in casa velocemente, sbattendo le scarpe all’entrata già inzuppatesi con la neve fresca, per poi chiudersi in camera, distendersi sul pavimento e non muoversi più da li.

 

“Usagi! Usagi! Ti muovi a scendere!”. Usagi si alzò di colpo. Erano passate due ore dal suo ritorno a casa ma quel colpo di sonno improvviso che l’aveva rapita portandola nei posti più remoti dei sogni, era passato in un lampo.

Si alzò da terra, risistemandosi i codini scompigliati e dandosi una pulita in fretta e furia. Scese le scale, raggiungendo i suoi famigliari in salotto, già seduti attorno ad una tavola imbandita di qualsiasi pietanza con al centro un ampio centro tavola intrecciato con pezzi di legno e bacche rosse che richiamavano i colori più puri del Natale.

Si sedette al suo posto, l’unico rimasto vuoto, sforzando un sorriso come poteva. Non era difficile capire come i suoi pensieri fossero rivolti altrove. Distribuite le portate sui piatti perfettamente bianchi, Usagi si preparò ad iniziare la cena della Vigilia ma non fece in tempo a dare un morso alla primissima tartina che il campanello suonò, interrompendola. Non aveva la minima intenzione di alzarsi per andare a vedere chi fosse ma tutti guardavano solo lei, costringendola quasi implicitamente.

Sospirò e dopo aver strisciato la sedia rumorosamente, tanto per farne capire lo sforzo, andò alla porta, aprendola all’istante. Ma non c’era nessuno davanti a lei, solo il freddo che entrava svelto ed indesiderato. Fece qualche passo avanti per guardarsi intorno e capire se fosse uno scherzo o meno. Ma quando urtò qualcosa col piede capì che era tutt’altro.

S’inginocchiò, raccogliendo il cd posto all’entrata. Il cuore iniziò a palpitare celermente, il respiro a mala pena l’aiutava a stare in piedi. Guardò quel cd, quello che voleva tanto, quello per cui si era battuta per tutta la giornata. Poi guardò a destra e a sinistra, lasciando cadere il cd a terra. Non lo voleva più. Ciò che voleva aveva un’importanza molto più grande di quanto s’aspettasse.

 

Prese il cappotto appeso dietro alla porta ed uscì, lasciando perdere ciò che avrebbero pensato i suoi genitori non vedendola tornare. La razionalità l’aveva abbandonata. Ora c’era solo il cuore.

Corse in fretta verso la strada principale, sapeva che non poteva essere andato troppo lontano.

Poi lo vide. Camminava solo a testa bassa e mani dentro le tasche come un uomo che ha perso tutto, come un uomo che si è arreso, che non ha più speranze.

Non servì chiamarlo. Lui si fermò, percependo chissà cosa dentro di lui, per poi voltarsi e vederla li, davanti, a pochi metri di distanza.

Non dissero nulla, non fecero nulla, rimasero solo li, fermi, a guardarsi. Fra di loro non c’era altro che il silenzio, un eterno silenzio circondato dai rumori cittadini delle auto e dalle campanelle appese alle porte dei negozi che finalmente si accingevano a chiudersi per un lungo riposo. Ma quei rumori loro non li sentivano, si erano perfettamente isolati nel silenzio delle loro parole che venivano trasmesse con il semplice sguardo.

Non serviva parlare, non serviva fare alcun gesto, si stavano capendo già così, si sentivano già così, come non si erano mai sentiti in tutta la giornata. In quel momento stavano ascoltando qualcosa che va al di là di qualsiasi frase detta, al di là di qualsiasi cenno inviato. Si stavano dicendo tutto ciò che c’era da dire.

 

E nel silenzio di quel immane momento, Usagi lo fissò.

E nel silenzio di quel giorno senza tempo, Seiya la fissò.

E nel silenzio di quell’attimo di vita…Usagi rispose.

 

 

The end

 

 

   
 
Leggi le 10 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Sailor Moon / Vai alla pagina dell'autore: Etoiles