Capitolo 24
«Pronto?»
«Alberto…
sei in casa?»
«Bambina
mia, ciao! Certo che sono in casa… qualcosa non
va?»
«Posso
venire a trovarti?»
«E
cosa lo chiedi a fare piccola, certo che puoi venire! Quante volte devo
dirtelo
che questa è casa tua?»
«Grazie…»
«Di
nulla piccola, ti aspetto.»
Lo
scontro con mio padre mi aveva svuotato, mi sentivo fredda, stanca e
terribilmente sola. Avevo bisogno d’urgenza di un abbraccio,
di un conforto di
qualsiasi tipo e mi resi conto che non lo cercavo né da
Emile, né da Stè… Volevo
ciò che non ero riuscita ad ottenere in quella casa, volevo
un segnale di
affetto, un incoraggiamento… da padre. Così corsi
dalla persona che più di ogni
altra vedevo come il genitore che avevo sempre sognato di avere:
Alberto.
Mi
accolse a braccia aperte e al solo vederlo sentii il magone chiudermi
la gola:
mi rifugiai tra le sue braccia e gli raccontai dello scontro con mio
padre.
«Bambina
fatti forza, tuo padre ti vuole sicuramente bene, ma non riesce a
dimostrarlo.
Quel suo modo di parlarti con astio è un chiaro modo di
dirti che è rimasto
ferito dalla tua decisione di lasciare casa, perché ti vuole
bene, perché ti
vuole accanto.»
«Non
lo so Alberto… non so più che pensare…
so solo che ogni volta che parlo, o
meglio che urlo con lui, mi sento più svuotata e
delusa.»
«Sai
piccola mia, in questo momento mi ricordi Claudine… anche
lei ci stava male
quando la sua famiglia le si rivoltava contro e veniva a sfogarsi con
me… Probabilmente
lei ti avrebbe capito più di chiunque.»
Il
pensiero di Claudine e il tono di voce malinconico di Alberto, mi
fecero
sentire di colpo un’egoista immatura: ero lì a
sfogarmi quando lui aveva un
dolore atroce nel cuore… Ancora una volta avevo anteposto i
miei problemi a
quelli degli altri, proprio come avevo fatto con Sofia…
«Scusami
Alberto, io sto qui a lagnarmi quando dovresti essere tu a chiedere
conforto…
sono un’insensibile!»
«Insensibile,
tu? Piccola mia, decisamente non sei obiettiva su te stessa!»
Fece
scorrere la sua mano sul mio bracci,o aggiungendo conforto al
già presente
conforto del suo abbraccio: «Coraggio, ora riprenditi un
po’ nel frattempo che
torna Emile… Io vado a preparare la cena, ti fermi qui
vero?»
Sapevo
che Emile era impegnato e che probabilmente non si sarebbe sentito a
suo agio
con la mia presenza lì, ma non volevo tornare a casa mia,
avevo bisogno di
stare con loro, avevo bisogno di una famiglia.
«Sì,
resto.»
*****
«Per
quale motivo è qui?»
«È
andata a trovare i suoi genitori e ha avuto una discussione con suo
padre.»
«…»
«Era
proprio giù di morale… Povera piccola, non
dev’essere facile per lei vedere i
genitori così freddi nei suoi confronti.»
«…»
«Emile,
cerca di tenere a bada quest’atteggiamento acido e duro verso
di lei, non si
merita questo trattamento!»
«Di
cosa stai parlando?»
«Parlo
della tua faccia, che si è rabbuiata quando l’hai
vista, parlo del fatto che a
causa di questa faccenda di Claudio, la stai evitando come se fosse
tutta colpa
sua.»
«Non
voglio litigare con lei: se le dicessi cosa sta accadendo si sentirebbe
ancora
più in colpa ed io probabilmente non riuscirei a fermare la
rabbia.»
«E
allora non arrabbiarti con lei! Non ha nessuna colpa se Claudio
continua a dare
problemi, non credo proprio che sia stata lei a suggerirgli di mettere
in mezzo
i diritti per i vostri brani!»
«Certo
che no! Ma se penso che sapeva, che Claudio l’aveva
avvertita… Forse se me
l’avesse detto avrei potuto prendere delle precauzioni in
tempo, avrei potuto
sbatterlo fuori in un altro modo e con metodo!»
«Col
senno di poi non si costruisce nulla ragazzo mio, è inutile
che serbi rancore
per una cosa simile, soprattutto visto che le hai detto che non ha
colpe.»
«Ed
è per quello che non voglio affrontare il discorso con lei!
Non voglio che veda
che sono ancora arrabbiato, non voglio che si senta in
colpa…»
«Certe
volte sei proprio contorto… mi chiedo tu da chi abbia
preso!»
«Probabilmente
ho qualcosa che mi accomuna a quella
gente!»
«Forza
ragazzo, non fare il melodrammatico! Prima di tutto, è la
tua famiglia e le
devi rispetto, seconda cosa, vai a svegliare Pasi che si
cena… e trattala bene,
non merita questo comportamento da parte tua, soprattutto oggi che ha
bisogno
d’affetto più che mai!»
«Sissignore…
ai tuoi ordini capo!»
La
conversazione con mio padre doveva avermi spossato al punto da farmi
addormentare: appena il cervello divenne più vigile mi
accorsi di essere
attorniata da alcune voci e presto le riconobbi come appartenenti ad
Emile e
Alberto. Fingere di dormire mi aiutò finalmente a capire
cosa mi nascondesse il
mio Pel di Carota e scoprire che fosse ancora arrabbiato con me mi fece
male,
ma da un lato mi sollevò. Quel suo
“perdono” così istantaneo mi aveva
sempre
insospettito e anche dopo essersi sfogato per la morte della madre,
continuava
ad essere incredibilmente tranquillo e gentile nei miei confronti e non
riuscivo a capacitarmi di come potesse essere accaduto.
Anche
se non era stata mia intenzione farlo, avevo comunque contribuito a
metterlo
nei guai e sapendo quanto tenesse alla sua carriera, non potevo credere
che il mio
coinvolgimento in quella situazione, non fosse per lui motivo di
rabbia.
Inoltre avevo capito anche che Claudio stava continuando a dare
problemi e che
quindi le mie supposizioni erano state del tutto confermate.
«Dormigliona
svegliati, la cena è pronta.»
Sentii
le labbra di Emile che mi baciavano la fronte, mentre cercava di
destarmi da un
sonno che mi aveva già abbandonato da tempo e mi decisi a
simulare il mio lento
risveglio: non volevo fargli sapere di aver sentito, volevo dargli il
tempo di
trovare un modo per parlarmene, o forse volevo dare tempo a me per
decidere
come comportarmi… Di
sicuro non volevo
discutere, non ancora e
non con lui.
«Mmm…
Emile… ma che ci fai qui?»
«Fino
a prova contraria è casa mia…»
«Ah
già… quindi mi sono addormentata qui.»
«A
quanto sembra sì… dovevi essere stanca e di certo
parlare con tuo padre non
deve averti aiutato a rilassarti.»
Complimentandomi
con me stessa per la perfetta finta,
mi
sollevai su un braccio e arrivai allo stesso livello degli occhi di
Emile, pronta
a parlare senza più fingere.
«Sì…
non è stata una bella discussione.»
Calai
la testa per cacciare in dentro le lacrime, che stavano minacciosamente
per
fare capolino e sentii le dita di Emile sfiorarmi la guancia.
«Coraggio,
non angosciarti ancora, non sarà facile, ma riuscirai a
farli aprire a te, ne
sono certo.» Emile era un attore più bravo di me: quasi credetti di aver
sognato tutto il
dialogo tra lui e suo padre, come poteva essere arrabbiato al punto da
evitarmi
e dopo due secondi essere così gentile e dolce con me? Mi
vennero in mente
tutte le volte in cui, da quando Claudio mi aveva importunato, era
stato
altrettanto dolce e gentile: anche in tutte quelle occasioni manteneva
dentro
di sé la rabbia? Era capace in questo modo di celare i suoi
veri sentimenti? Il
pensiero di non conoscerlo affatto mi angosciò in quel
momento, finché la sua
voce non mi riportò alla realtà:
«Ehi,
è tutto ok?» Feci un cenno affermativo col capo,
incapace di guardarlo negli
occhi. «Pasi… io sto sbagliando di nuovo con
te… ti sto mettendo di nuovo da
parte… non sai quanto mi dispiace, ma non posso fare
altrimenti ora. Non riesco
a parlartene, non ce la faccio proprio e ti capisco se sarai adirata
con me per
questo… ma non posso fare altrimenti. Puoi capirmi, in
qualche modo?»
Beh,
almeno aveva tentato di essere sincero, non era poi così
infido… almeno volevo
sperarlo!
Alzai
gli occhi verso di lui, rincuorata da quel tentativo di parlare senza
dire
nulla e gli presi la mano che ancora era ferma sul mio viso:
«Non
capisco completamente, ma credo che debba imparare ad accettarlo una
volta per
tutte, giusto? Come ti ho detto già l’altra volta,
entrambi abbiamo qualcosa
che non possiamo condividere tra di noi, quindi andiamo avanti e
facciamocene
una ragione!» Cercai di sorridergli, ma ero troppo
amareggiata dagli ultimi
eventi e sapere cosa si celava dentro di lui mentre mi guardava con
quegli
occhi addolorati, non mi aiutò affatto ad essere allegra,
per cui il mio fu più
uno stiramento di labbra che un sorriso vero e proprio. Emile dal canto
suo mi
osservò per un po’ e mi diede un bacio sulla
fronte prima di aggiungere:
«La
cena è pronta, mio padre si è dato da fare in tuo
onore!» Fece un lieve sorriso
sereno parlando di Alberto e almeno per quell’istante, mi
rasserenai; forse
evitando il discorso spinoso avremmo potuto anche goderci quella cena
in tre,
quella piccola cena familiare che tanto desideravo avere!
«Mmm
che buono! Alberto, è squisito!»
Una
vera delizia. Era il riso alla cantonese
più buono che avessi mai mangiato. Alberto aveva preparato
una cena
all’orientale degna di un pascià. Mi chiesi per
quanto tempo avessi dormito, se
nel frattempo aveva potuto preparare tutti quei piatti meravigliosi.
«Grazie
bambina mia, ma non è solo merito mio, mi ha aiutato anche
il ragazzo qui
presente.» Emile mangiava in silenzio da un po’,
assorto nei suoi pensieri, ma
cercavo di non dargli peso concentrandomi sulle chiacchiere con
Alberto. «Questo
testone se la cava bene in cucina, del resto tutto quello che sa
gliel’ho
insegnato io.»
Il
padre di Emile si fece una bella risata scompigliando i capelli di suo
figlio
che, riprendendosi dai suoi pensieri, sorrise ironicamente:
«Diciamo
che ho iniziato seguendo te e poi ho aggiunto le mie
capacità innate.»
«Ma
sentilo, che fanfarone! Se non fosse stato per me, saresti ancora a
scottarti
mani e piedi con l’acqua della pasta!»
«Vogliamo
parlare del modo in cui condivi il pollo alle mandorle? Se non fosse
stato per
me non avresti mai assaggiato quel piatto cucinato alla
perfezione!»
Osservai
estasiata quel continuo botta e risposta tra padre e figlio: Alberto
aveva un
modo encomiabile di comunicare con Emile, in poche battute era riuscito
a
riportare la sua attenzione dal luogo tetro e malinconico in cui si
stavano
rifugiando i suoi pensieri.
Non
avevo mai visto in vita mia due persone così legate e
così capaci di
comprendersi come quei due. Emile non si era mai adirato con suo padre,
non si
era mai ribellato ad una sua parola e se aveva avuto gesti
d’insofferenza per
il suo modo di fare, non erano mai stati così esasperati da
mancargli di
rispetto.
Dal
canto suo Alberto capiva i momenti di tetraggine di suo figlio e non
s’intrometteva nella sua vita, se non per fargli qualche
ramanzina che nulla
aveva delle prediche tipiche dei genitori. Alberto parlava direttamente
al
cuore di Emile e lui lo rispettava e l’amava allo stesso
modo.
Avrei
fatto carte false per avere anch’io un rapporto simile con i
miei genitori e il
pensiero mi portò un groppo in gola che mi fece intristire
di colpo.
«Bambina
che hai?» Alberto fu il primo ad accorgersi del mio stato
d’animo e cercai di
dissimulare per non appesantire l’atmosfera.
«Niente,
non è nulla, devo avere ancora un po’ di sonno,
tutto qui.» Feci del mio meglio
per sorridere, ma non avrei mai ingannato Alberto e lo sapevamo
entrambi
benissimo: mi guardò in silenzio e poi disse:
«Io
lo so che hai, sei triste perché sai benissimo quanto me che
quel testone sta
dicendo solo idiozie, vero? Di sicuro non è in grado di
rivaleggiare con me in
cucina!»
Fui
grata per la vita ad Alberto per aver reagito in quel modo: era chiaro
come il
sole quali fossero i miei pensieri e aveva deliberatamente portato la
mia
attenzione su quel discorso frivolo, per distogliermi dai miei foschi
pensieri.
«A
dir la verità, non se la cava tanto male… ma tu
sei insuperabile!» Gli feci un
sorriso per comunicargli che tutto andava bene, che il suo intento era
riuscito
e continuammo a scherzare ai danni di Emile, che come al solito, non
faceva una
piega:
«Ovviamente,
con tutti quegli anni in più addosso ha avuto modo di fare
esperienza! Ma lo
raggiungerò presto…»
«Ehi
poppante, alla tua età nemmeno t’immagini
cos’ero capace di fare, ed ora non
sono da meno!»
«Sì
certo, è la tipica frase di chi non accetta che sta
invecchiando.»
«Guarda
che tra noi due il vecchio sei tu, sempre con quei musi lunghi: sai
Pasi che persino
da bambino mi criticava? “Papà non dire questo,
papà non fare quest’altro…” a
volte mi chiedo chi dei due sia il genitore!»
«Qualcuno
deve pur avere un po’ di giudizio, in questa casa!»
Ero
estasiata: al diavolo tutti problemi, al diavolo i miei genitori,
Claudio,
Sofia… quasi come per un tacito accordo,
d’improvviso nessuno di noi sembrava
avere intenzione d’incupirsi quella sera e
c’immergemmo in un’atmosfera intima,
cameratesca e dettata solo dall’affetto. Quella fu davvero
per me una
meravigliosa cena in famiglia, come di quelle che avevo sempre sognato
e mai
avuto.
Dovevo smetterla di sentirmi sola, perché non lo ero affatto: avevo i miei amici e avevo loro due e dovevo solo ringraziare il cielo per l’affetto che ricevevo da tutti loro, che erano diventati il mio punto di riferimento, la mia ancora di salvezza, la mia casa.
Una canzone degli U2 riporta la frase:
“Casa è
dove sta il cuore*”,
e mai frase
sentii più mia in quel momento.
*****
«Sei
venuta a continuare la tua opera di buona samaritana?»
«Ciao
Sofi, è un piacere vederti anche per
me…»
Sapevo
che non mi avrebbe accolto con un sorriso, ma non volevo posticipare
ulteriormente quell’incontro. Ci eravamo lasciate in malo
modo, io ero andata
da lei per esserle più amica, o meglio per diventarlo una
volta per tutte e
invece si era aperto un varco d’incomprensione maggiore del
precedente…
Non
volevo più varchi nella mia vita, soprattutto non con i miei
amici: quello tra
me e mio padre probabilmente non si sarebbe mai richiuso, ma se fosse
mai stato
possibile, non avrei permesso che si creasse qualcosa di simile con la
famiglia
che avevo scelto e Sofi ne era parte a tutti gli effetti.
Quest’ultima,
dopo l’iniziale risentimento, assunse
un’espressione più mite e mi fece
accomodare in casa senza dire altro. Un silenzio teso si stese fra noi:
Sofia
probabilmente non voleva tornare sul discorso di qualche giorno fa ed
io stavo
cercando le parole giuste per esprimere ciò che sentivo:
«Questa
casa ha il potere di zittirti, credevo che niente al mondo avesse
potuto mai
farlo!»
Il
viso di Sofi era serio come sempre, eppure quella frase
suonò quasi come una
battuta più che come un commento acido e mi diede il
coraggio per dire
finalmente ciò che sentivo.
«Scusami
Sofi, l’altra volta sono stata davvero una stupida
impicciona… non volevo
essere invadente, credimi! A volte mi faccio prendere troppo
dall’entusiasmo e
ci vado giù pesante, convinta di essere nel giusto e non
riesco a frenarmi…»
Sofi
in silenzio versò il caffè: «Lo so
Pasi, so come sei fatta e so che avevi buone
intenzioni, ma non tutte le persone sono disposte ad aprirsi e a
raccontarti
dei loro problemi solo perché tu senti di voler renderti
utile.»
Osservai
Sofi girare il caffè nelle tazzine prima di replicare: «Credo di
essermene accorta solo ora…
sai Fede ed Emile
dicono che ho un gran
potere, che riesco a far aprire gli altri ed io non c’ho mai
creduto davvero… o
almeno, pensavo che fosse così. Ma evidentemente dentro di
me ho iniziato a
crederlo davvero e ho pensato di poter essere in grado di farti
sfogare, se
solo mi fossi impegnata nel dimostrarti quanto ci tenessi che lo facessi.»
«Ma
perché proprio ora? Cosa stai cercando di ottenere da me? O
da te stessa? Non
mi sembra di averti mai detto o fatto capire che fossi scontenta del
nostro
rapporto, perché mai d’improvviso hai deciso di
volermi essere “più amica” del
solito?»
«Non lo so, Sofi! Forse perché da quando
sono
morte Simona e Claudine ho capito
che non voglio più perdere le persone che amo, soprattutto
prima di averle
conosciute davvero… o forse perché ho iniziato a
vedere il mondo anche con gli
occhi di una persona introversa… tu, Stè, Fede e
Rita siete la mia famiglia,
così come lo sono diventati anche Emile e Alberto e voglio
stare bene con tutti
voi, non voglio che ci siano incomprensioni tra noi, non voglio che si
crei
astio o che si aprano dirupi… Per quanto possa essere
possibile, voglio stare
bene in compagnia di ognuno di voi, sapendo che tutto ciò
che uno pensa
dell’altro è chiaro e palese, senza recriminazioni
o rancori.»
«Capisco…
probabilmente potrei anche comprendere questo tuo punto di vista, dato
che la
mia famiglia non è proprio canonica e in pace e
amore… ma io non sento il tuo
stesso bisogno di circondarmi d’affetto, quindi posso andare
avanti solo per
logiche supposizioni. A me sta bene il rapporto che abbiamo ora Pasi,
ma mi
rendo conto che per te non è più così,
quindi cercherò di venirti incontro per
quanto posso, ma non aspettarti che d’improvviso io sia un
libro aperto verso
di te. Non ho mai amato parlare di me agli altri, per quanto fidati
possano
essere e non credo che cambierò mai
quest’abitudine… o
per lo meno, non del tutto.»
«Sei
autorizzata a dirmi senza peli sulla lingua quando esagero! Basta anche
dirmi:
“Stupida Pasi ora esageri” ed io mi
fermerò!» Sofia fece un mesto sorriso e
replicò:
«Non
c’è bisogno che ti offenda, te lo farò
capire diversamente.»
«Ok!
Intanto tieniti libera per Sabato prossimo, ti aspetto a casa
mia!»
Finalmente
mi ero decisa ad organizzare una serata insieme ai miei amici, per
inaugurare
la mia casetta: Emile mi aveva dato un benvenuto da manuale,
prendendosi anche
la sua piccola vendetta su Stè che mi aveva aiutato nel
trasloco, ma io sentivo
il bisogno di celebrare quel trasferimento anche con i miei amici e
finalmente
giunse quel giorno, o meglio, quella sera.
Inizialmente
non avevo incluso Emile nel gruppo, considerata la situazione tra noi e
gli
sforzi che stava facendo per non mostrare la sua ira nei miei
confronti, ma
quando gli dissi della mia idea di invitare i ragazzi a cena, mi
assicurò che
ci sarebbe stato anche lui.
«Emile,
non sei obbligato a venire… voglio dire, visto che
ultimamente hai bisogno di
tenermi lontano da te, non è necessario che tu ti forzi ad essere
presente…»
«Non
mi vuoi lì con te?» Il suo tono era sinceramente
dispiaciuto… Mi ricordò d’un
tratto l’altra occasione in cui mostrò di sentirsi
rifiutato: quando si offrì
di chiamarmi tutte le sere per starmi accanto, in seguito alla morte di
Simona
ed io non accettai…
«No,
non è questo anzi, se c’è una cosa che
mi manca è stare un po’ con te, ma visto
che negli ultimi tempi sei lontano e ormai ho capito che quando fai
così è
perché vuoi darti del tempo, per affrontare qualcosa che ti
fa star male e che
immancabilmente è collegato a me,
pensavo
che volessi evitarmi il più possibile.» Sperai di
non tradirmi con quel
discorso e di non fargli capire che sapevo tutto…
«Ti
offro proprio una brutta immagine di me, non c’è
che dire... Non preoccuparti,
ci sarò e andrà tutto bene!»
*****
Fu
una serata deliziosa: all’appello rispose persino Sofia, che
dopo la nostra
chiacchierata, sembrava essere lievemente
più sorridente di prima; ne fui così stupita che
mi chiesi persino se quel
gesto le costasse sforzo! Stè come al solito
riempì la serata con il suo
allegro modo di fare: ci deliziò con gli aneddoti sulla sua
vita di facoltà
molto rilassata, sui colleghi e sulle follie che condividevano, roba
che solo
un estimatore dei numeri può comprendere… Ed
infatti noi interlocutori
ignoranti in materia, rimanemmo del tutto confusi!
E
se Stè risultava essere il sole di quella serata, animandola
di continuo, Emile
ne era l’ombra: nonostante i suoi buoni propositi, era chiaro
che non fosse a
suo agio quella sera o che per lo meno, non fosse dell’umore
adatto a stare in
compagnia; non aveva detto una parola da quando ci eravamo accomodati a
tavola
e più Stè apriva bocca, più lo vedevo
incupirsi… I miei nervi iniziarono a
tendersi quando Testa di Paglia trovò il modo di esibirsi
nel numero “facciamo
a fette Pasi”, raccontando quanto fosse stato surreale
vedermi in grembiule
qualche sera prima… alla faccia della segretezza!
«Stèèèèèèè!
Avevi promesso di non parlarne!»
«Ma
Testarossa sono loro! Non sto mica raccontando i fatti tuoi a qualche
estraneo!»
Stè
aveva l’aria più innocente del mondo,
c’erano momenti in cui sembrava non
essere mai uscito dall’età
dell’infanzia: aveva quella stessa ingenuità che
si
riscontra nei bambini e forse per questo motivo ci andava
così d’accordo… Se le
cose fossero andate come avevamo desiderato, magari in futuro avrebbe
potuto
essere un padre meraviglioso per i figli di mia sorella…
«Sì
ok, però basta ora, possibile che debba essere sempre io la
protagonista del
tuo Cabaret? Prendi un po’ in giro Rita!»
Tentai
di spostare l’attenzione su qualcun altro, nella speranza che
l’atmosfera non
diventasse d’improvviso
pesante.
«Ed
io ora cosa c’entro, Pasi? Non ho nulla su cui farmi prendere
in giro, vero Chicco?»
Rita era abbracciata a Fede sul divano e stava mostrando anche lei il
suo lato
più infantile, anche se era di diversa natura: per quanto
riuscisse ad essere
matura sotto certi aspetti, quando era con Fede mostrava tutto il suo
bisogno
di attenzioni, diventando di colpo anche lei una bambina…
Tra i suoi
atteggiamenti e quelli di Testa di Paglia, d’un
tratto mi sembrò di essere tornata
all’asilo!
«Oh
certo che ce l’hai, ad esempio, il modo ridicolo in cui
arricci i capelli e
metti una cuffietta la notte, per ritrovarti con i boccoli al mattino.
Quella
si che è una visione divertente!» Ecco, avevo dato
anche io il mio contributo
alla serata dell’infanzia.
«Pasi!
Questa è stata crudele, sai benissimo quanto non voglia far
sapere certe cose!» Rita
era terribilmente vanitosa e non voleva
rivelare ad anima viva il suo lato “casalingo” e
più trascurato… Anche quando
restava in casa non aveva mai un capello fuori posto o il viso non
truccato e
svelare che qualche volta perdeva il suo aspetto perfettamente curato,
equivaleva ad un’onta terribile nei suoi confronti!
«Non
posso essere messa alla berlina sempre e solo io, sacrificati un
po’ anche tu,
fallo per me!» Scherzai con un tono volutamente sdolcinato e
Fede si fece una
gran bella risata:
«Su
Piccola, non mettere il broncio, Pasi non ha svelato alcun segreto, non
ha mica
fatto le foto!» e strinse a sé affettuosamente
Rita, che replicò senza battere
ciglio.
«Ci
mancherebbe! Potrei anche sotterrarmi per la vergogna, dopo!»
«Secondo
me, con questo comportamento dimostri di non amarti affatto Rita,
nonostante tu
sia quella che all’apparenza si cura di più di se
stessa, alla fine sei colei
che meno mostra il suo vero aspetto.»
Ta
Dah! Il momento di “Filosofia con Sofia” era giunto
anche quella sera e
ringraziai il cielo che il discorso si fosse spostato dalla
sottoscritta… anche
se Stè non sembrava dello stesso parere:
«Sofia
ora non iniziare con le tue teorie strambe! Non riesco mai a starti
dietro
quando inizi a parlare…»
«Questo
perché tu non azioni mai il cervello, Stefano! Mi meraviglio
che tu sia ancora
in quella facoltà, evidentemente i neuroni funzionano solo
quando devi fare i
calcoli!»
«Infatti...
e mi vanno totalmente in fumo, quindi ora voglio solo
riposare!»
L’atmosfera
era tornata conviviale come al solito, i battibecchi tra Stè
e Sofi erano
sempre un piacere da sentire. Ma evidentemente, quella sera era destino
che
qualcosa dovesse accadere, perché Testa di Paglia
inavvertitamente, aprì un
altro discorso spinoso:
«A
proposito dei miei neuroni stanchi, stavo dimenticando di dirvi che i Tresnet
stanno per pubblicare un nuovo album! Conterrà
le tracce cantate in
questi ultimi live, magari ce ne sarà anche qualcuna tra
quelle che abbiamo
sentito noi!» …ed Emile, che si era trattenuto
tutta la sera e che
sull’argomento musica proprio non doveva sentire
alcunché, all’improvviso andò
in escandescenza:
«Sentite
ancora quel gruppo di falliti? È grazie a tipi come voi se i
veri musicisti
fanno fatica ad emergere!» Come volevasi dimostrare, era
stato un errore
permettergli di essere lì quella sera, non era nelle
condizioni adatte a
sostenere determinati discorsi ed era stato di pessimo umore sin
dall’inizio… Per
fortuna Stè non era una persona facile ad adirarsi:
«Ops,
avevo dimenticato che non dovevo nominarli in tua presenza!»
Testa di Paglia si
fece un’allegra risata, per lui il discorso era chiuso
lì, ma Emile non
sembrava essere dello stesso parere:
«E
perché mai? Forse non hai argomenti per difenderli? Vuoi
evitare il discorso,
sapendo di rimetterci?» Sembrava un treno in piena corsa, era
come una diga
straripante… Era il discorso peggiore che potesse essere
sollevato quella sera
e per di più aperto anche dalla persona sbagliata. Tra le
preoccupazioni
professionali e la perenne gelosia nei confronti di Stè,
Emile era furente, aveva
lo sguardo particolarmente freddo e tagliente, gli occhi erano due
lastre
grigie di ghiaccio che mi misero addosso una brutta ansia. Testa di Paglia lo
guardò perplesso
ascoltandolo e gli rispose con la solita giovialità:
«Dai
che in fondo non sono così male, scommetto che sotto sotto
li apprezzi anche
tu!» Il tono di Stè era conciliante e sicuramente
voleva alleggerire la
conversazione, ma io temevo la riposta di Emile.
«Apprezzarli,
io? È solo grazie alla massiccia campagna di marketing se
sono qualcuno, non
sanno nemmeno cosa sia fare gavetta, cosa sia avere uno spartito
davanti e
comporre musica! Sono solo apparenza, dei bambocci messi sul palco
senza sapere
da che parte iniziare! No, decisamente non li apprezzo, quella non
è musica!»
Emile
si stava infervorando troppo e la pazienza di Stè avrebbe
avuto un limite… La
mia dal canto suo era in lotta con l’apprensione e prima che
la serata finisse
nello sfascio totale, lo presi per il braccio e mi avvicinai a lui:
«Emile
smettila! Stai esagerando, stai creando tensione!» Mi
guardò con la stessa
espressione tagliente che gli avevo visto prima:
«Se
i tuoi amici non amano il confronto diretto, non è colpa
mia! Io sto cercando
di portare avanti una conversazione.»
Il
mio tonò s’indurì, stavo iniziando ad
alterarmi anch’io: «No Emile, tu stai
cercando di mettere in imbarazzo Stè… ma sta
avendo effetto su di me!»
Vidi
un lampo passare tra quelle lastre di ghiaccio, prima che mi
rispondesse:
«Vuoi
dire che ti sto mettendo in imbarazzo?» Il suo tono era
ironico ma anche
preoccupato; possibile che non si
fosse reso conto di quello che stava facendo?
«Sì
Emile, mi stai mettendo in imbarazzo perché hai creato
tensione in una serata
tranquilla che aspettavo da giorni!» Mi guardò
intensamente e vidi sparire il
ghiaccio dai suoi occhi, per far posto al dispiacere.
«Scusami.»
Chinò lievemente la testa e dopo qualche istante si rivolse
direttamente a Stè:
«Ti chiedo scusa, mi sono lasciato prendere troppo dal
discorso e ti ho attaccato,
non ho giustificazioni.»
Testa
di Paglia ovviamente aveva assistito a tutto il nostro battibecco, come
gli
altri del resto: l’ambiente era troppo piccolo per poterci
appartare in un
angolo a parlare senza essere ascoltati e quell’anima buona
del mio amico,
comprendendo quanto fosse realmente mortificato Emile, non
risultò minimamente
alterato.
«No,
ma dai, non ti preoccupare, abbiamo tutti degli argomenti che ci fanno
saltare
un po’ i nervi… non parliamone più e
cambiamo discorso, così anche gli altri potranno
partecipare.» Stè diede una pacca sulla spalla ad
Emile in segno di
cameratismo, ma su quel volto che amavo non era sparita la cupezza, che
anzi
rimase per tutto il resto della serata, gettando il mio Pel di Carota
in un
silenzio colpevole.
Quando
i ragazzi fecero per andarsene, gli dissi a bassa voce: «Tu
non te ne andare.»
e attesi che tutti furono via, per potergli parlare a
quattr’occhi.
Emile
nel frattempo si alzò per ripulire il tavolo e lavare i
piatti, così ci
mettemmo a parlare tra una passata di detersivo e una sciacquata di
stoviglie:
«Non
era il caso che aggredissi in quel modo Stè…
Potevi anche risparmiartelo!»
Mi passò un piatto da sciacquare senza dir
nulla. «Stè non ti ha fatto nulla, non meritava
quella reazione da parte tua.»
Un altro piatto e un altro silenzio. «La vuoi smettere con
questo gioco del
silenzio? Parlami!»
Poggiai
una mano sulla sua che mi porgeva l’ennesimo piatto per
bloccarlo e obbligarlo
a rispondermi; fece un sospiro e si decise a parlare:
«Scusami,
ti ho rovinato la serata, sono un’idiota!»
Mantenni
la presa sulla mano: «Non voglio altre scuse, già
ti sei scusato abbastanza,
voglio sapere perché hai reagito in quel modo!»
Emile
guardava davanti a sé, poggiò l’altra
mano sul bordo del lavello, come per
sostenersi prima di parlare. «Sarebbe stato meglio se non
fossi venuto stasera,
non ero dell’umore adatto a sopportarlo.»
Su
quello eravamo d’accordo…
«Ma
perché ti ostini ad avercela con lui, non capisci che la tua
è una gelosia
stupida?»
Si
girò d’improvviso verso di me schizzando schiuma: «Perché
non lo sopporto! Ti conosce da una
vita e sa cose di te che io ho perso per sempre, ti sta sempre
appiccicato e
stasera ha tirato in ballo anche quel gruppo di bambocci! Tu non hai
idea dei
problemi che sto avendo per ultimare quest’album e sentire
quanto vengano
elogiati quegli inetti, che senza avere un briciolo di talento hanno
fama e
fortuna, mi ha fatto perdere il lume della ragione!»
«Ma
non puoi sfogare la tua rabbia su di lui, Emile! Stè non ha
colpa se mi conosce
da una vita e non ha colpa se ama un gruppo che tu non apprezzi! Se
devi sfogarti
con qualcuno fallo con me! È con me che sei arrabbiato, sono
io che ho creato
questo casino… dimmi la verità una volta per
tutte!»
Non
potevo sopportare che Emile usasse Stè come valvola di sfogo
per non
arrabbiarsi con me, così presi
il
coraggio a quattro mani e decisi di affrontare l’argomento
che lui non voleva nemmeno
sfiorare in mia presenza.
«Ti
ho sentito l’altra sera… ho sentito mentre parlavi
a tuo padre… so di Claudio,
so che sta continuando a creare problemi e so che questo ti fa
arrabbiare
ancora con me. Quindi per favore, dimmi tutto una volta per tutte, io
sono
pienamente consapevole di essere responsabile di tutto questo e ancora
mi
meraviglio di non essere stata messa alla porta per cui, prima che
questo
davvero avvenga, perché se continui così davvero
mi odierai, parla, dimmi tutto
ciò che sta accadendo, non aver paura di ferirmi…
Sfogati con me, Emile!»
Il
suo viso assunse un’espressione sorpresa e dispiaciuta: aveva
cercato di non
farmi pesare il mio coinvolgimento in quella storia, ma non
c’era riuscito ed
ora di sicuro si stava dannando con se stesso per la sua mancanza di
autocontrollo.
«Emile,
ti prego… Non sono così fragile, posso sopportare
di sapere cosa sta accadendo,
a maggior ragione visto che è anche colpa mia!»
Gli presi una mano per cercare
di convincerlo con le buone, senza dover arrivare ad urlarci addosso.
«Mi
dispiace Pasi… Non volevo che sapessi e non volevo fare una
sceneggiata simile…
Ho i nervi a pezzi e non sarei dovuto venire stasera.»
calò il viso in
atteggiamento colpevole e smise di parlare, ma io ormai volevo che si
sfogasse
e non avrei sopportato un altro silenzio.
«Ti
prego Emile, quante volte devo chiedertelo? Ti prego, apriti a me,
parlami!
Come posso avere fiducia in noi due se sento che non vuoi farmi
partecipe della
tua vita? Soprattutto in questo caso… mi riguarda tutto
questo e sono disposta
a vedere emergere la tua rabbia verso di me, purché tu mi
dica davvero cosa
provi, non cercare ancora di evitare il confronto con me, ti
prego!» Gli
strinsi maggiormente la mano, nella speranza che comprendesse il mio
bisogno di
capirlo e sperai che alzasse finalmente quello sguardo, per affrontarmi
una
volta per tutte.
«Qualche
settimana fa, Claudio si è presentato alla casa discografica
e ha espressamente
dichiarato che non concederà i diritti sui brani del nostro
album, che le
musiche composte da lui non devono essere parte delle nostre canzoni e
che se
vogliamo pubblicarle ancora, dovremmo trovare un altro arrangiamento,
perché
ciò che ha composto lui non sarà autorizzato ad
essere incluso.»
Era
terribile. Era un disastro totale.
Senza
gli arrangiamenti di Claudio alla batteria, che dava il tempo ai brani,
tutto
era nullo, tutto era da rifare! Avrebbero dovuto ricomporre ogni brano
daccapo,
con un album che era ad un passo dall’essere completato!
Sentii le gambe
venirmi meno, ma mi sforzai di mantenermi salda e di non far trapelare
il
tremito nelle mie mani, che ancora tenevano quella di Emile: dovevo
dimostrargli di essere in grado di sostenere quella verità
scomoda, non dovevo
vacillare, o non avrei più avuto la possibilità
che si aprisse a me.
«Il
produttore cosa ha detto?» Avrebbe dovuto essere ancora
all’oscuro di tutto e
vedersi piombare Claudio all’improvviso, in assetto di guerra
doveva averlo
destabilizzato… Non osavo immaginare quanto doveva essersi
infuriato!
«È
rimasto di sasso… Ci ha convocato immediatamente per
discutere della
situazione… E per poco non scatenavo una rissa in
studio!» Alzò lievemente il
capo permettendomi di scorgere un sorriso sarcastico sul suo viso: si
stava
amaramente maledicendo per quella reazione.
«È
stata quella sera che eri qui, vero? Quando sei fuggito
via…»
«Sì…
Non ho avuto il tempo di far sbollire la rabbia e ritrovarmelo davanti
con
quell’aria bellicosa, pronto a demolirci, non mi ha fatto
ragionare. Se non
fosse stato per Francesco e Filippo che mi hanno trattenuto, avrei dato
spettacolo.»
Tirai
un sospiro per darmi coraggio; mi sentivo distrutta, avrei voluto
svegliarmi da
quello che sembrava un incubo senza fine… Ma non potevo
cedere, dovevo essere
forte, ancora una volta…
ma per lui, non
per me. Per quanto mi riguardava mi sarei meritata
tutte le offese che avrebbe potuto darmi e le
avrei accettate di buon grado a quel punto. Ciò che non
sopportavo era la sua
paura di ferirmi, lui che in quella situazione era il più
colpito, quello che
rischiava di più e che avrebbe avuto tutti i motivi per
odiarmi… E invece si
preoccupava per me, oltre ad avere un problema così grande
da risolvere.
«Siete
arrivati ad un accordo?»
«Non
ancora… temo che ci vorranno gli avvocati, per giungere ad
un compromesso che
non crei disagi a noi e che faccia contento quel bastardo!»
Emile si appoggiò
al lavello e si lasciò andare a terra, mettendosi
letteralmente le mani nei
capelli sconfortato. «La cosa peggiore di tutte è
che il produttore sta
perdendo la pazienza: ha investito tantissimo in noi e con questa
storia che
minaccia di non dare mai alla luce l’album, è a
dir poco furioso! Rischia di
perdere un capitale e noi rischiamo di non avere più
un’etichetta che ci
produca.»
Mi
accucciai accanto a lui, cercando di mantenere la calma, mentre dentro
di me
imperversava una tempesta di emozioni: il senso di colpa era enorme, ma
il
desiderio di aiutarlo e di risparmiargli tutto quel disastro conteneva
il mio
istinto di sfogarmi e cercai di focalizzare la mia attenzione sul
bisogno di
Emile di ricevere un qualche tipo di conforto.
«Non
c’è tempo da perdere allora. Dovete chiamare un
avvocato, dovete farvi aiutare
da chi sa come gestire al meglio una situazione simile. Non potete
permettere
che quell’idiota rovini tutto così!»
Presi nuovamente la sua mano tra le mie
mentre mi ricordai di un particolare che forse faceva al caso nostro:
«Un
amico di mio padre è avvocato, potrei chiedere a lui, sono
sicura che
tratterebbe il vostro caso con tutti i riguardi.»
Emile
si girò finalmente a guardarmi, ma con
un’espressione di totale stupore sul
viso, come se gli avessi detto di essere
un’extraterrestre:
«Come
potrei accettare una cosa simile? No Pasi, non voglio
l’elemosina di tuo padre,
nemmeno mi conosce e dovrei presentarmi a lui come uno stupido che si
è cacciato
nei guai? Assolutamente no!» Come volevasi dimostrare, era il
solito orgoglioso
che non ammette di scendere dal piedistallo.
«Non
c’è bisogno di mettere in mezzo mio padre! Posso
chiamare io Sandro e metterci
d’accordo senza dover allertare anche lui! Fammi provare
almeno, permettimi di
aiutarti in qualche modo!»
«Pasi,
non credi di aver messo mano anche troppo in questa
faccenda?»
Eccola
la stilettata, Emile aveva resistito fino a quel momento, ma non
avrebbe potuto
celare ancora la sua rabbia e nemmeno volevo che lo facesse. Quella
frase creò
una fitta all’interno del mio cuore che mi fece vacillare per
un po’, ma
resistetti e trovai la forza di rispondergli:
«Proprio
per questo voglio chiudere il cerchio: ho messo mano
nell’iniziare questa
storia, e voglio aiutarti a concluderla.»
«Ti
prego Pasi, stanne fuori, non voglio più vedere la tua
faccia e il tuo nome associati
a quelli di Claudio!»
«Ma
qualcosa dovrai pur farlo! Non è da te abbatterti in questo
modo, devi reagire
Emile, devi far vedere a quell’idiota di che pasta sei fatto,
devi dimostrargli
che nessuno può intralciare la tua strada!»
«Ci
sto provando! Cosa credi che abbia fatto negli ultimi giorni?!
È una settimana
che non dormo, cercando di capire come fare, cercando un compromesso
che sia
accettabile da entrambi i lati e che mi permetta di eseguire quei
brani, senza
dovergli concedere la presenza alla batteria!»
«Vuole
tornare nel gruppo?!»
A
che diavolo di gioco stava giocando quello spostato?
«Solo
per il tour: ha dichiarato che ci concederà i diritti dei
brani, solo a patto
di essere presente durante i live promozionali.» Emile mi
guardò con amarezza:
«Capisci la sua manovra? Vuole imporre la sua presenza, per
mettermi di nuovo
alla prova, per testare quanto le mie parole siano vere:
andrò oltre il suo
comportamento verso di te, dimostrando che la band viene prima di
tutto, oppure
vanificherò ogni sforzo pur di non averlo davanti agli
occhi?! Se non fosse
tutto diretto contro di me, gli farei un applauso per
quest’idea geniale!»
Il
mio Pel di Carota fece una risata
sarcastica, totalmente sconfitto dalla malignità dei gesti
di Claudio, mentre
io mi sentii ribollire dalla rabbia.
«Emile
prendilo con te! Fallo partecipare al tour! Non devi dargli questa
soddisfazione! Hai sempre detto che avresti fatto qualsiasi cosa per la
musica,
che avresti fatto di tutto per emergere, non è da te avere
questi dubbi ora!
C’è in ballo il tuo futuro e la memoria di
Claudine, non puoi bloccarti per una
cosa simile! Claudio è un maiale e uno zotico ed
è maligno e per questo è meglio
se lo tieni sotto controllo e soprattutto, non devi permettergli di
offuscare i
tuoi obiettivi!»
«Ma
come pensi che possa comportarmi con lui, dopo averlo cacciato via in
quel modo
e soprattutto dopo averlo visto mentre ti metteva le mani
addosso?»
«È
assurdo che sia proprio io a doverti dire questo, ma ti rendi conto che
mi stai
anteponendo alla musica? E che questo ti fa soffrire? Forse ora credi
di fare
la scelta giusta, ma così stai ripercorrendo i passi di tua
madre, Emile! Non
devi farti abbattere da un conflitto simile, non puoi permettere a
Claudio di
averla vinta, distruggendo tutto ciò per cui hai lavorato
tanto in questi anni!
La gente lavora tutti i giorni con persone che non sopporta, va avanti
perché
non ha scelta e lo fa. Quindi lo farai anche tu, terrai Claudio con te
e farete
questo benedetto tour insieme, diventerete famosi e la tua musica
sarà
ascoltata in mezzo mondo. E allora, solo allora, potrai permetterti il
lusso di
spedirlo a casa con un calcio nel sedere e ci sarò anche io
ad aiutarti! Se c’è
una cosa che amerei fare in questo momento, è proprio
riempire la sua odiosa
faccia di pugni!»
Mi
ero accalorata così tanto nel parlargli da non rendermi
conto di essermi alzata
e di essere chinata verso Emile nel tentativo di spronarlo. Il mio Pel
di
Carota dal canto suo mi guardava con una strana espressione tra il
sorpreso, il
divertito… e l’ammirato!
«Non
so se è possibile innamorarsi di qualcuno che già
ami, ma è quello che sto
provando ora nel vederti e nel sentirti: non ho mai conosciuto una
donna più
forte di te, Pasifae!»
Si
alzò da quella posizione rannicchiata di resa in cui si era
trovato poco prima
e si erse in tutta la sua altezza davanti a me, appoggiando le mani
sulle mie
spalle: «Non so nemmeno da dove iniziare per spiegarti come
mi sento: mi hai trasmesso
la tua energia, mi hai riportato la forza d’animo che credevo
esaurita, mi hai
riportato su dal baratro a tuo discapito… Forse devo
iniziare a credere a quel
Filo Rosso del Destino, perché in questo momento ho la
certezza che tu sia
l’unica donna al mondo che potrei mai amare.»
Non
so davvero come abbia potuto dire quelle parole ad Emile che, come
aveva
precisato anche lui, erano del tutto a mio discapito e contro tutto
ciò che
avevo sempre professato sulle priorità della vita: forse era
stato il mio senso
di colpa e il desiderio conseguente di fare qualcosa per aiutarlo ad
uscire da
quella situazione… Forse era stato l’istinto di
chi non vuole veder crollare la
persona che ama… Fatto sta, che furono le parole giuste da
dire e che ero
riuscita a ridare vitalità allo sguardo di Emile, che mi
aveva appena detto una
frase che ricorderò per tutta la vita.
«Allora
siamo in due, stupido testone, ad avere accanto la persona giusta per
noi.»
Mi
prese dolcemente il viso tra le mani e mi guardò
intensamente: «Ti amo.» si
avvicinò al mio viso e mi diede un dolcissimo bacio.
*****
Qualche
giorno dopo, ritrovai nella mia libreria il foglio che Emile aveva
lasciato,
preso dalla fretta di incontrare Claudio: nonostante ci fossimo visti
in altre
occasioni, avevo sempre dimenticato di restituirglielo e anche se
probabilmente
l’elenco degli aspiranti batteristi non era più
così impellente e le strofe
scritte sul retro non fossero qualcosa di interessante, di certo Emile
non
aveva la mente abbastanza libera da ricordarsi di un foglio volante
abbandonato
a casa mia, così a scanso di equivoci, decisi di
riportarglielo una volta
uscita da lavoro.
Terminai
il mio turno a metà pomeriggio, così decisi di
passare prima dal centro.
Fede
stava studiando per superare i test d’ingresso in Scienze
Infermieristiche e
contemporaneamente aveva trovato un lavoro part-time in una
pasticceria: quando
era al centro ne approfittava per studiare, dato che i nostri
“clienti” non
formavano ancora un numero considerevole.
Entrando
nell’anticamera però, sentii delle voci
provenienti dal suo ufficio e compresi
che avevamo ospiti. Non volendo disturbare Fede, andai nella mia
stanza: era
stata sistemata in modo simile a quella del mio amico, anche se gli
scaffali
erano più vuoti e sulla scrivania non c’era ancora
alcun pc: in quei pochi mesi
in cui l’avevamo messo su, eravamo riusciti a sistemarlo alla
meglio, ma per
arredarlo avevamo chiesto un po’ in giro, cercando mobili in
disuso che non
cadessero ancora a pezzi. Purtroppo non fu facile reperire anche due
pc, così
il mio ufficio, che per cause di forze maggiore risultava essere meno
frequentato, era rimasto indietro nel suo allestimento.
Mi
venne in mente di colpo che Simona aveva il suo in camera su cui
elaborava i
suoi studi e che ora era totalmente in disuso… Avrei dovuto
tornare in quella
casa e chiedere sfrontatamente il pc di mia sorella?
In
quel momento non avevo voglia di rivedere i miei genitori: lo scontro
con mio
padre era ancora troppo fresco per potermi imbattere di nuovo in una
litigata
simile. Più andavo avanti e più mi rendevo conto
che quella situazione mi
faceva star male maggiormente da che non vivevo con loro, rispetto a
quando
condividevamo lo stesso tetto. Mi chiesi se fosse giunto mai il giorno
in cui
mi sarei abituata ad avere dei genitori distanti e diversi da quelli
che avrei
sempre voluto accanto a me…
Certo
avere Alberto accanto non mi aiutava a farmene una ragione, ma allo
stesso
tempo la sua presenza sopperiva al vuoto che sentivo quando pensavo
alla mia
famiglia biologica…
Fui
distratta dai miei pensieri, sentendo le porte dell’ufficio
di Fede aprirsi:
sbirciai dalla porta semi aperta della mia stanza e vidi una coppia
andar via,
con in mano alcuni depliants e Fede che sorridente li salutava:
chissà chi
erano? Curiosa da morire mi affrettai a raggiungere il mio amico che,
trovandomi di fronte a lui all’improvviso, fece un salto:
«Pasi,
da dove spunti?»
«Sono
qui da un po’, ero nel mio studio, in attesa che
finissi.»
«Ma
potevi entrare, fai parte anche tu del centro, sei autorizzata quanto
me a
muoverti qui.»
«Mi
sembrava poco delicato entrare così
all’improvviso… era una coppia? Che
problemi aveva?» Fede
fece un sorriso
divertito, osservando il mio volto che doveva essere più
curioso che seriamente
preoccupato.
«È
commovente l’interesse che vedo nei tuoi occhi, piccola
curiosona!» Tornammo
insieme nel suo ufficio e mi fece sedere prima di parlare.
«Era una coppia di
coniugi: sono preoccupati per il figlio, che sembra soffrire di
bulimia.»
«Bulimia?
Un ragazzo?»
«Un
ragazzino, ha dodici anni.»
«Oh
mio Dio, non è nemmeno uscito
dall’infanzia!»
«Proprio
per quello starà soffrendo: i suoi genitori mi hanno
raccontato che hanno avuto
dei problemi lo scorso anno e che contemporaneamente anche Patrizio ha
avuto un
calo scolastico… La crisi matrimoniale si è
risolta, ma evidentemente deve aver
sconvolto il bambino al punto da non riprendersi ancora.»
«Noi
non possiamo far nulla per lui?»
«Nelle
nostre condizioni attuali no, ma ho consigliato loro qualche esperto e
anche
qualche piccolo trucco per far sentire desiderato il loro
bambino… me le ha
dette Rita qualche tempo fa.» Fede sorrise soddisfatto
all’idea che un discorso
fatto con la sua ragazza, fosse tornato utile per qualcun altro che ne
avesse avuto
bisogno ed io non feci che confermare la mia teoria che quei due
fossero fatti
l’uno per l’altra.
«Spero
che tutto si risolva, mi rattrista sapere che si possa soffrire in
questo modo
ad un’età così precoce.»
«Lo
so Pasi, purtroppo la mente umana non aspetta che il corpo cresca,
subisce
traumi quando è più debole e non
c’è un limite d’età. Noi
possiamo solo
scegliere come affrontare il dolore e cercare di alleviarlo: quando
arriva
purtroppo, non c’è verso di evitarlo.»
Fede
aveva perfettamente ragione, potevo affermare con
tranquillità di essermi fatta
una cultura sul dolore umano, soprattutto sui differenti modi di
esternarlo e
sapevo benissimo che quando arriva ti dà un colpo
così forte da farti
stramazzare al suolo e il modo di reagire a quel colpo è
tutto nelle tue mani.
Ma non ti è concesso di evitarlo, puoi solo decidere cosa
fare con quel turbine
di sofferenza che ti scava dentro.
Prima
di dirigermi verso casa Castoldi diedi un’ultima occhiata
alla mia stanza nel
centro: mi resi conto di averla trascurata, presa com’ero
stata dagli ultimi
eventi… eventi che per la maggior parte riguardavano
più la vita di Emile che
la mia. A quel pensiero mi appoggiai sconsolata alla scrivania: non ero
cambiata affatto. Nonostante cercassi in tutti i modi di non annullare
la mia
vita, in funzione di quella del ragazzo che amavo, continuavo
ugualmente a
ripetere quell’errore…
Eppure
stranamente, non mi sentivo svuotata, non sentivo di aver perso di
vista la mia
vita.
Probabilmente
era dovuto al fatto che mi sentissi del tutto coinvolta in quello che
era
accaduto ad Emile, o forse la nostra relazione durava da troppo poco
tempo per
risentire degli atteggiamenti sbagliati… Ma mi resi conto
che pensare al mio
ragazzo, non mi angosciava più.
Il
nostro era un rapporto tutt’altro che piatto e come avevo
già detto a Stè
precedentemente, non saprei nemmeno dire se avessimo trascorso
più tempo a
litigare o ad andare d’accordo. Eppure quando pensavo a lui
mi sentivo serena,
sentivo un calore nel cuore e m’invadeva la sensazione di
essere appagata e
completa. In quel momento compresi Alberto, quando con la gioia negli
occhi
parlava di Claudine, potevo capire le sue parole, quando disse che
pensare a
sua moglie lo faceva star bene: Emile era l’amore della mia
vita, lo sentivo nelle
ossa, ne ero certa ogni giorno di più. Ci saremmo fatti del
male, probabilmente
mi avrebbe ferito più di chiunque altro al mondo, ma la
felicità che sentivo
quando ero con lui, la sensazione di completezza, di “essere
a casa” era
qualcosa di unico che non avrei provato con nessun altro al mondo.
Ero
totalmente immersa in quei pensieri quando mi accorsi di essere giunta
a casa
Castoldi: fu Alberto ad accogliermi, Emile doveva ancora tornare da
lavoro, per
cui decisi di lasciare quel foglio con gli appunti in camera sua, prima
di
dimenticarmene nuovamente.
Ero
sulle scale in procinto di scendere al piano terra e fare due
chiacchiere con
Alberto, quando bussarono alla porta: scesi i gradini e rimasi ai piedi
delle
scale in attesa di conoscere l’identità
dell’ospite. Probabilmente erano i ragazzi della band, da
quando frequentavo
quella casa non avevo mai visto altre persone, a parte loro o i miei
amici,
venire a far visita a quella famiglia. Ma quando aprì la
porta, Alberto
rimase di stucco:
«Lucien?!»
«Bonsoir
Oncle Albert.»
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*”Home, that's where the heart is” --- U2 - Walk On
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NDA
Come promesso, è stato svelato cosa affliggeva Emile e per quale motivo è fuggito via da casa di Pasi in preda all'ira: dite la verità, Claudio vi sta ancora più simpatico ora, vero? xD
E chi sarà mai questo Lucien? La risposta ovviamente alla prossima puntata *me sempre più sadica* e sempre per restare nel tema sadismo, non ho tradotto la sua frase arbitrariamente, perchè voglio lasciarvi con la suspence xD
(E il traduttore di Google quel giorno, fece lo staordinario...)
Angolo dei Ringraziamenti
Questa volta i miei rigraziamenti saranno davvero lunghi. Durante questa settimana in cui ho pubblicato il capitolo 23, ho ricevuto due piacevolissime sorprese: prima tra tutte, la recensione di Kira1983, la mia adorata admin del forum su MARS (uno shojo manga che io ho impresso a fuoco nel cuore), che non paga di aver letto questa storia attraverso il forum, ha deciso di iscriversi per recensirmi e per iniziare la sua personale avventura qui su EFP, dopo avermi detto che le ho fatto tornare la voglia di scrivere!!!
Non potevo ricevere un elogio migliore e non vedo l'ora di leggere la sua storia, perché la ragazza ci sa fare davvero e merita di essere letta!
La seconda bellissima sorpresa me l'ha fatta Cicci: è donna di poche parole, ma quando decide di agire, sa esprimere tutto ciò che sente in una volta sola! Sta leggendo questa storia in ritardo rispetto alla pubblicazione dei capitoli, ma questo non le ha impedito di farsi prendere a tal punto, da realizzare una serie di covers degli album dei GAUS!!!!! Non potete immaginare la mia gioia quando ho visto tutte quelle immagini meravigliose! *_*
Vi mostro una fra tutte perchè è quella che ho visto per prima e che mi ha lasciato senza parole:
Vedere quel profilo dalla chioma infuocata e quella silhouette che canta mi ha fatto pensare che la mia Cicci avesse incontrato davvero Emile per fargli una foto!!!
(Sarà mica il tipo visto in stazione, che proprio Cicci aveva adocchiato??? Uhm Uhm....)
Non è meravigliosa??? :D
Io sono rimasta senza parole e ad un passo dalla commozione: vedere quanto vi siate appassionate a questa storia e ai miei ragazzi è sempre una sorpresa gratificante e davvero commovente, non smetterò mai di ringraziarvi tesore mie!!!!
E infatti ora passo ai ringraziamenti canonici, per le mie sorelline speciali:
Iloveworld/Fiorella Runco, Vale, Saretta, Niky, Concy, che sempre e da sempre sono qui a sostenermi e ad emozionarsi con Pasi ed Emile.
Ana-chan ed Ely, che mi seguono in differita, ma che hanno sempre una parola di sostegno per me.
Un grazie speciale va a ThePoisonofPrimula, e Dreamer_on_heart, che ogni volta riescono a trasmettermi quanto questa storia le abbia appassionate, ed ogni volta per me è una gioia leggere le loro recensioni *_*
Grazie un milione di volte anche a tutte voi che avete messo questa storia tra le preferite, le ricordate e le seguite:
kiki0882, lorenzabu, samyolivieri, Tattii, Thebeautifulpeople, Aly_Swag, ArchiviandoSogni_, green apple,
Tutte voi siete la migliore spinta che poessi mai avere ad andare avanti, ARIGATOU GOZAIMASU dal profondo del cuore!
E visto che ci siamo, auguro a tutte voi un
______ *.*.* FELICE E GIOIOSO NATALE!!!! *.*.* ______
A presto!