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Autore: Deilantha    25/12/2011    7 recensioni
Pasi è una diciannovenne impulsiva e socievole, dal futuro incerto ma dal buon cuore, che vive una situazione di conflitto in famiglia, sentendosi sempre la pecora nera rispetto ad una sorella apparentemente perfetta. Provando un vuoto affettivo tra le mura domestiche, Pasi si circonda di amici, che reputa la sua vera unità familiare.
Emile è il suo esatto opposto: non è un tipo socievole e vive esclusivamente per la musica, sul cui argomento è terribilmente arrogante. Ma il suo modo di essere così rigido e poco aperto agli altri, nasconde un dolore che il ragazzo si porta dietro dall’infanzia, dovuto ad una madre caduta vittima della depressione quando lui era ancora in fasce.
Emile e Pasi si scontreranno la prima volta che si vedranno, ma le loro vite sono destinate ad incrociarsi e farli crescere nella reciproca conoscenza.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Filrouge'
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Capitolo 24







 

«Pronto?»

«Alberto… sei in casa?»

«Bambina mia, ciao! Certo che sono in casa… qualcosa non va?»

«Posso venire a trovarti?»

«E cosa lo chiedi a fare piccola, certo che puoi venire! Quante volte devo dirtelo che questa è casa tua?»

«Grazie…»

«Di nulla piccola, ti aspetto.»

Lo scontro con mio padre mi aveva svuotato, mi sentivo fredda, stanca e terribilmente sola. Avevo bisogno d’urgenza di un abbraccio, di un conforto di qualsiasi tipo e mi resi conto che non lo cercavo né da Emile, né da Stè… Volevo ciò che non ero riuscita ad ottenere in quella casa, volevo un segnale di affetto, un incoraggiamento… da padre. Così corsi dalla persona che più di ogni altra vedevo come il genitore che avevo sempre sognato di avere: Alberto.

Mi accolse a braccia aperte e al solo vederlo sentii il magone chiudermi la gola: mi rifugiai tra le sue braccia e gli raccontai dello scontro con mio padre.  

«Bambina fatti forza, tuo padre ti vuole sicuramente bene, ma non riesce a dimostrarlo. Quel suo modo di parlarti con astio è un chiaro modo di dirti che è rimasto ferito dalla tua decisione di lasciare casa, perché ti vuole bene, perché ti vuole accanto.»

«Non lo so Alberto… non so più che pensare… so solo che ogni volta che parlo, o meglio che urlo con lui, mi sento più svuotata e delusa.»

«Sai piccola mia, in questo momento mi ricordi Claudine… anche lei ci stava male quando la sua famiglia le si rivoltava contro e veniva a sfogarsi con me… Probabilmente lei ti avrebbe capito più di chiunque.»

Il pensiero di Claudine e il tono di voce malinconico di Alberto, mi fecero sentire di colpo un’egoista immatura: ero lì a sfogarmi quando lui aveva un dolore atroce nel cuore… Ancora una volta avevo anteposto i miei problemi a quelli degli altri, proprio come avevo fatto con Sofia…

«Scusami Alberto, io sto qui a lagnarmi quando dovresti essere tu a chiedere conforto… sono un’insensibile!»

«Insensibile, tu? Piccola mia, decisamente non sei obiettiva su te stessa!»

Fece scorrere la sua mano sul mio bracci,o aggiungendo conforto al già presente conforto del suo abbraccio: «Coraggio, ora riprenditi un po’ nel frattempo che torna Emile… Io vado a preparare la cena, ti fermi qui vero?»

Sapevo che Emile era impegnato e che probabilmente non si sarebbe sentito a suo agio con la mia presenza lì, ma non volevo tornare a casa mia, avevo bisogno di stare con loro, avevo bisogno di una famiglia.

«Sì, resto.»

 

 

*****

«Per quale motivo è qui?»

«È andata a trovare i suoi genitori e ha avuto una discussione con suo padre.»

«…»

«Era proprio giù di morale… Povera piccola, non dev’essere facile per lei vedere i genitori così freddi nei suoi confronti.»

«…»

«Emile, cerca di tenere a bada quest’atteggiamento acido e duro verso di lei, non si merita questo trattamento!»

«Di cosa stai parlando?»

«Parlo della tua faccia, che si è rabbuiata quando l’hai vista, parlo del fatto che a causa di questa faccenda di Claudio, la stai evitando come se fosse tutta colpa sua.»

«Non voglio litigare con lei: se le dicessi cosa sta accadendo si sentirebbe ancora più in colpa ed io probabilmente non riuscirei a fermare la rabbia.»

«E allora non arrabbiarti con lei! Non ha nessuna colpa se Claudio continua a dare problemi, non credo proprio che sia stata lei a suggerirgli di mettere in mezzo i diritti per i vostri brani!»

«Certo che no! Ma se penso che sapeva, che Claudio l’aveva avvertita… Forse se me l’avesse detto avrei potuto prendere delle precauzioni in tempo, avrei potuto sbatterlo fuori in un altro modo e con metodo!»

«Col senno di poi non si costruisce nulla ragazzo mio, è inutile che serbi rancore per una cosa simile, soprattutto visto che le hai detto che non ha colpe.»

«Ed è per quello che non voglio affrontare il discorso con lei! Non voglio che veda che sono ancora arrabbiato, non voglio che si senta in colpa…»

«Certe volte sei proprio contorto… mi chiedo tu da chi abbia preso!»

«Probabilmente ho qualcosa che mi accomuna a quella gente

«Forza ragazzo, non fare il melodrammatico! Prima di tutto, è la tua famiglia e le devi rispetto, seconda cosa, vai a svegliare Pasi che si cena… e trattala bene, non merita questo comportamento da parte tua, soprattutto oggi che ha bisogno d’affetto più che mai!»

«Sissignore… ai tuoi ordini capo!»

 

La conversazione con mio padre doveva avermi spossato al punto da farmi addormentare: appena il cervello divenne più vigile mi accorsi di essere attorniata da alcune voci e presto le riconobbi come appartenenti ad Emile e Alberto. Fingere di dormire mi aiutò finalmente a capire cosa mi nascondesse il mio Pel di Carota e scoprire che fosse ancora arrabbiato con me mi fece male, ma da un lato mi sollevò. Quel suo “perdono” così istantaneo mi aveva sempre insospettito e anche dopo essersi sfogato per la morte della madre, continuava ad essere incredibilmente tranquillo e gentile nei miei confronti e non riuscivo a capacitarmi di come potesse essere accaduto.

Anche se non era stata mia intenzione farlo, avevo comunque contribuito a metterlo nei guai e sapendo quanto tenesse alla sua carriera, non potevo credere che il mio coinvolgimento in quella situazione, non fosse per lui motivo di rabbia. Inoltre avevo capito anche che Claudio stava continuando a dare problemi e che quindi le mie supposizioni erano state del tutto confermate.

«Dormigliona svegliati, la cena è pronta.»

Sentii le labbra di Emile che mi baciavano la fronte, mentre cercava di destarmi da un sonno che mi aveva già abbandonato da tempo e mi decisi a simulare il mio lento risveglio: non volevo fargli sapere di aver sentito, volevo dargli il tempo di trovare un modo per parlarmene, o forse volevo dare tempo a me per decidere come comportarmi…  Di sicuro non volevo discutere, non ancora  e non con lui. 

«Mmm… Emile… ma che ci fai qui?»

«Fino a prova contraria è casa mia…»

«Ah già… quindi mi sono addormentata qui.»

«A quanto sembra sì… dovevi essere stanca e di certo parlare con tuo padre non deve averti aiutato a rilassarti.»

Complimentandomi con me stessa per la perfetta  finta, mi sollevai su un braccio e arrivai allo stesso livello degli occhi di Emile, pronta a parlare senza più fingere.

«Sì… non è stata una bella discussione.»

Calai la testa per cacciare in dentro le lacrime, che stavano minacciosamente per fare capolino e sentii le dita di Emile sfiorarmi la guancia.

«Coraggio, non angosciarti ancora, non sarà facile, ma riuscirai a farli aprire a te, ne sono certo.» Emile era un attore più bravo di me:  quasi credetti di aver sognato tutto il dialogo tra lui e suo padre, come poteva essere arrabbiato al punto da evitarmi e dopo due secondi essere così gentile e dolce con me? Mi vennero in mente tutte le volte in cui, da quando Claudio mi aveva importunato, era stato altrettanto dolce e gentile: anche in tutte quelle occasioni manteneva dentro di sé la rabbia? Era capace in questo modo di celare i suoi veri sentimenti? Il pensiero di non conoscerlo affatto mi angosciò in quel momento, finché la sua voce non mi riportò alla realtà:

«Ehi, è tutto ok?» Feci un cenno affermativo col capo, incapace di guardarlo negli occhi. «Pasi… io sto sbagliando di nuovo con te… ti sto mettendo di nuovo da parte… non sai quanto mi dispiace, ma non posso fare altrimenti ora. Non riesco a parlartene, non ce la faccio proprio e ti capisco se sarai adirata con me per questo… ma non posso fare altrimenti. Puoi capirmi, in qualche modo?»

Beh, almeno aveva tentato di essere sincero, non era poi così infido… almeno volevo sperarlo!

Alzai gli occhi verso di lui, rincuorata da quel tentativo di parlare senza dire nulla e gli presi la mano che ancora era ferma sul mio viso:

«Non capisco completamente, ma credo che debba imparare ad accettarlo una volta per tutte, giusto? Come ti ho detto già l’altra volta, entrambi abbiamo qualcosa che non possiamo condividere tra di noi, quindi andiamo avanti e facciamocene una ragione!» Cercai di sorridergli, ma ero troppo amareggiata dagli ultimi eventi e sapere cosa si celava dentro di lui mentre mi guardava con quegli occhi addolorati, non mi aiutò affatto ad essere allegra, per cui il mio fu più uno stiramento di labbra che un sorriso vero e proprio. Emile dal canto suo mi osservò per un po’ e mi diede un bacio sulla fronte prima di aggiungere:

«La cena è pronta, mio padre si è dato da fare in tuo onore!» Fece un lieve sorriso sereno parlando di Alberto e almeno per quell’istante, mi rasserenai; forse evitando il discorso spinoso avremmo potuto anche goderci quella cena in tre, quella piccola cena familiare che tanto desideravo avere!

 

«Mmm che buono! Alberto, è squisito!»

 Una vera delizia. Era il riso alla cantonese più buono che avessi mai mangiato. Alberto aveva preparato una cena all’orientale degna di un pascià. Mi chiesi per quanto tempo avessi dormito, se nel frattempo aveva potuto preparare tutti quei piatti meravigliosi.

«Grazie bambina mia, ma non è solo merito mio, mi ha aiutato anche il ragazzo qui presente.» Emile mangiava in silenzio da un po’, assorto nei suoi pensieri, ma cercavo di non dargli peso concentrandomi sulle chiacchiere con Alberto. «Questo testone se la cava bene in cucina, del resto tutto quello che sa gliel’ho insegnato io.» 

Il padre di Emile si fece una bella risata scompigliando i capelli di suo figlio che, riprendendosi dai suoi pensieri, sorrise ironicamente:

«Diciamo che ho iniziato seguendo te e poi ho aggiunto le mie capacità innate.»

«Ma sentilo, che fanfarone! Se non fosse stato per me, saresti ancora a scottarti mani e piedi con l’acqua della pasta!»

«Vogliamo parlare del modo in cui condivi il pollo alle mandorle? Se non fosse stato per me non avresti mai assaggiato quel piatto cucinato alla perfezione!»

Osservai estasiata quel continuo botta e risposta tra padre e figlio: Alberto aveva un modo encomiabile di comunicare con Emile, in poche battute era riuscito a riportare la sua attenzione dal luogo tetro e malinconico in cui si stavano rifugiando i suoi pensieri.

Non avevo mai visto in vita mia due persone così legate e così capaci di comprendersi come quei due. Emile non si era mai adirato con suo padre, non si era mai ribellato ad una sua parola e se aveva avuto gesti d’insofferenza per il suo modo di fare, non erano mai stati così esasperati da mancargli di rispetto.

Dal canto suo Alberto capiva i momenti di tetraggine di suo figlio e non s’intrometteva nella sua vita, se non per fargli qualche ramanzina che nulla aveva delle prediche tipiche dei genitori. Alberto parlava direttamente al cuore di Emile e lui lo rispettava e l’amava allo stesso modo.

Avrei fatto carte false per avere anch’io un rapporto simile con i miei genitori e il pensiero mi portò un groppo in gola che mi fece intristire di colpo.

«Bambina che hai?» Alberto fu il primo ad accorgersi del mio stato d’animo e cercai di dissimulare per non appesantire l’atmosfera.

«Niente, non è nulla, devo avere ancora un po’ di sonno, tutto qui.» Feci del mio meglio per sorridere, ma non avrei mai ingannato Alberto e lo sapevamo entrambi benissimo: mi guardò in silenzio e poi disse:

«Io lo so che hai, sei triste perché sai benissimo quanto me che quel testone sta dicendo solo idiozie, vero? Di sicuro non è in grado di rivaleggiare con me in cucina!»

Fui grata per la vita ad Alberto per aver reagito in quel modo: era chiaro come il sole quali fossero i miei pensieri e aveva deliberatamente portato la mia attenzione su quel discorso frivolo, per distogliermi dai miei foschi pensieri.

«A dir la verità, non se la cava tanto male… ma tu sei insuperabile!» Gli feci un sorriso per comunicargli che tutto andava bene, che il suo intento era riuscito e continuammo a scherzare ai danni di Emile, che come al solito, non faceva una piega:

«Ovviamente, con tutti quegli anni in più addosso ha avuto modo di fare esperienza! Ma lo raggiungerò presto…»

«Ehi poppante, alla tua età nemmeno t’immagini cos’ero capace di fare, ed ora non sono da meno!»

«Sì certo, è la tipica frase di chi non accetta che sta invecchiando.»

«Guarda che tra noi due il vecchio sei tu, sempre con quei musi lunghi: sai Pasi che persino da bambino mi criticava? “Papà non dire questo, papà non fare quest’altro…” a volte mi chiedo chi dei due sia il genitore!»

«Qualcuno deve pur avere un po’ di giudizio, in questa casa!»

Ero estasiata: al diavolo tutti problemi, al diavolo i miei genitori, Claudio, Sofia… quasi come per un tacito accordo, d’improvviso nessuno di noi sembrava avere intenzione d’incupirsi quella sera e c’immergemmo in un’atmosfera intima, cameratesca e dettata solo dall’affetto. Quella fu davvero per me una meravigliosa cena in famiglia, come di quelle che avevo sempre sognato e mai avuto.

Dovevo smetterla di sentirmi sola, perché non lo ero affatto:  avevo i miei amici e avevo loro due e dovevo solo ringraziare il cielo per l’affetto che ricevevo da tutti loro, che erano diventati il mio punto di riferimento, la mia ancora di salvezza, la mia casa. 

Una canzone degli U2 riporta la frase: “Casa è dove sta il cuore*”, e mai frase sentii più mia in quel momento.

 

 

*****

 

«Sei venuta a continuare la tua opera di buona samaritana?»

«Ciao Sofi, è un piacere vederti anche per me…»

Sapevo che non mi avrebbe accolto con un sorriso, ma non volevo posticipare ulteriormente quell’incontro. Ci eravamo lasciate in malo modo, io ero andata da lei per esserle più amica, o meglio per diventarlo una volta per tutte e invece si era aperto un varco d’incomprensione maggiore del precedente…

Non volevo più varchi nella mia vita, soprattutto non con i miei amici: quello tra me e mio padre probabilmente non si sarebbe mai richiuso, ma se fosse mai stato possibile, non avrei permesso che si creasse qualcosa di simile con la famiglia che avevo scelto e Sofi ne era parte a tutti gli effetti.

Quest’ultima, dopo l’iniziale risentimento, assunse un’espressione più mite e mi fece accomodare in casa senza dire altro. Un silenzio teso si stese fra noi: Sofia probabilmente non voleva tornare sul discorso di qualche giorno fa ed io stavo cercando le parole giuste per esprimere ciò che sentivo:

«Questa casa ha il potere di zittirti, credevo che niente al mondo avesse potuto mai farlo!»

Il viso di Sofi era serio come sempre, eppure quella frase suonò quasi come una battuta più che come un commento acido e mi diede il coraggio per dire finalmente ciò che sentivo.

«Scusami Sofi, l’altra volta sono stata davvero una stupida impicciona… non volevo essere invadente, credimi! A volte mi faccio prendere troppo dall’entusiasmo e ci vado giù pesante, convinta di essere nel giusto e non riesco a frenarmi…»

Sofi in silenzio versò il caffè: «Lo so Pasi, so come sei fatta e so che avevi buone intenzioni, ma non tutte le persone sono disposte ad aprirsi e a raccontarti dei loro problemi solo perché tu senti di voler renderti utile.»

Osservai Sofi girare il caffè nelle tazzine prima di replicare:  «Credo di essermene accorta solo ora… sai  Fede ed Emile dicono che ho un gran potere, che riesco a far aprire gli altri ed io non c’ho mai creduto davvero… o almeno, pensavo che fosse così. Ma evidentemente dentro di me ho iniziato a crederlo davvero e ho pensato di poter essere in grado di farti sfogare, se solo mi fossi impegnata nel dimostrarti quanto ci tenessi  che lo facessi.»

«Ma perché proprio ora? Cosa stai cercando di ottenere da me? O da te stessa? Non mi sembra di averti mai detto o fatto capire che fossi scontenta del nostro rapporto, perché mai d’improvviso hai deciso di volermi essere “più amica” del solito?»

«Non lo so, Sofi! Forse perché da quando sono morte Simona e Claudine ho capito che non voglio più perdere le persone che amo, soprattutto prima di averle conosciute davvero… o forse perché ho iniziato a vedere il mondo anche con gli occhi di una persona introversa… tu, Stè, Fede e Rita siete la mia famiglia, così come lo sono diventati anche Emile e Alberto e voglio stare bene con tutti voi, non voglio che ci siano incomprensioni tra noi, non voglio che si crei astio o che si aprano dirupi… Per quanto possa essere possibile, voglio stare bene in compagnia di ognuno di voi, sapendo che tutto ciò che uno pensa dell’altro è chiaro e palese, senza recriminazioni o rancori.»

«Capisco… probabilmente potrei anche comprendere questo tuo punto di vista, dato che la mia famiglia non è proprio canonica e in pace e amore… ma io non sento il tuo stesso bisogno di circondarmi d’affetto, quindi posso andare avanti solo per logiche supposizioni. A me sta bene il rapporto che abbiamo ora Pasi, ma mi rendo conto che per te non è più così, quindi cercherò di venirti incontro per quanto posso, ma non aspettarti che d’improvviso io sia un libro aperto verso di te. Non ho mai amato parlare di me agli altri, per quanto fidati possano essere e non credo che cambierò mai quest’abitudine…  o per lo meno, non del tutto.»

«Sei autorizzata a dirmi senza peli sulla lingua quando esagero! Basta anche dirmi: “Stupida Pasi ora esageri” ed io mi fermerò!» Sofia fece un mesto sorriso e replicò:

«Non c’è bisogno che ti offenda, te lo farò capire diversamente.»

«Ok! Intanto tieniti libera per Sabato prossimo, ti aspetto a casa mia!»

 

 

 

Finalmente mi ero decisa ad organizzare una serata insieme ai miei amici, per inaugurare la mia casetta: Emile mi aveva dato un benvenuto da manuale, prendendosi anche la sua piccola vendetta su Stè che mi aveva aiutato nel trasloco, ma io sentivo il bisogno di celebrare quel trasferimento anche con i miei amici e finalmente giunse quel giorno, o meglio, quella sera.

Inizialmente non avevo incluso Emile nel gruppo, considerata la situazione tra noi e gli sforzi che stava facendo per non mostrare la sua ira nei miei confronti, ma quando gli dissi della mia idea di invitare i ragazzi a cena, mi assicurò che ci sarebbe stato anche lui.

«Emile, non sei obbligato a venire… voglio dire, visto che ultimamente hai bisogno di tenermi lontano da te, non è necessario che tu ti forzi  ad essere presente…»

«Non mi vuoi lì con te?» Il suo tono era sinceramente dispiaciuto… Mi ricordò d’un tratto l’altra occasione in cui mostrò di sentirsi rifiutato: quando si offrì di chiamarmi tutte le sere per starmi accanto, in seguito alla morte di Simona ed io non accettai…

«No, non è questo anzi, se c’è una cosa che mi manca è stare un po’ con te, ma visto che negli ultimi tempi sei lontano e ormai ho capito che quando fai così è perché vuoi darti del tempo, per affrontare qualcosa che ti fa star male e che immancabilmente è collegato a me, pensavo che volessi evitarmi il più possibile.» Sperai di non tradirmi con quel discorso e di non fargli capire che sapevo tutto… 

«Ti offro proprio una brutta immagine di me, non c’è che dire... Non preoccuparti, ci sarò e andrà tutto bene!»

 

*****

 

Fu una serata deliziosa: all’appello rispose persino Sofia, che dopo la nostra chiacchierata, sembrava essere lievemente più sorridente di prima; ne fui così stupita che mi chiesi persino se quel gesto le costasse sforzo! Stè come al solito riempì la serata con il suo allegro modo di fare: ci deliziò con gli aneddoti sulla sua vita di facoltà molto rilassata, sui colleghi e sulle follie che condividevano, roba che solo un estimatore dei numeri può comprendere… Ed infatti noi interlocutori ignoranti in materia, rimanemmo del tutto confusi!

E se Stè risultava essere il sole di quella serata, animandola di continuo, Emile ne era l’ombra: nonostante i suoi buoni propositi, era chiaro che non fosse a suo agio quella sera o che per lo meno, non fosse dell’umore adatto a stare in compagnia; non aveva detto una parola da quando ci eravamo accomodati a tavola e più Stè apriva bocca, più lo vedevo incupirsi… I miei nervi iniziarono a tendersi quando Testa di Paglia trovò il modo di esibirsi nel numero “facciamo a fette Pasi”, raccontando quanto fosse stato surreale vedermi in grembiule qualche sera prima… alla faccia della segretezza!

«Stèèèèèèè! Avevi promesso di non parlarne!»

«Ma Testarossa sono loro! Non sto mica raccontando i fatti tuoi a qualche estraneo!»

Stè aveva l’aria più innocente del mondo, c’erano momenti in cui sembrava non essere mai uscito dall’età dell’infanzia: aveva quella stessa ingenuità che si riscontra nei bambini e forse per questo motivo ci andava così d’accordo… Se le cose fossero andate come avevamo desiderato, magari in futuro avrebbe potuto essere un padre meraviglioso per i figli di mia sorella…

«Sì ok, però basta ora, possibile che debba essere sempre io la protagonista del tuo Cabaret? Prendi un po’ in giro Rita!»

Tentai di spostare l’attenzione su qualcun altro, nella speranza che l’atmosfera non diventasse d’improvviso  pesante.

«Ed io ora cosa c’entro, Pasi? Non ho nulla su cui farmi prendere in giro, vero Chicco?» Rita era abbracciata a Fede sul divano e stava mostrando anche lei il suo lato più infantile, anche se era di diversa natura: per quanto riuscisse ad essere matura sotto certi aspetti, quando era con Fede mostrava tutto il suo bisogno di attenzioni, diventando di colpo anche lei una bambina… Tra i suoi atteggiamenti e quelli di Testa di Paglia,  d’un tratto mi sembrò di essere tornata all’asilo!

«Oh certo che ce l’hai, ad esempio, il modo ridicolo in cui arricci i capelli e metti una cuffietta la notte, per ritrovarti con i boccoli al mattino. Quella si che è una visione divertente!» Ecco, avevo dato anche io il mio contributo alla serata dell’infanzia.

«Pasi! Questa è stata crudele, sai benissimo quanto non voglia far sapere certe cose!»  Rita era terribilmente vanitosa e non voleva rivelare ad anima viva il suo lato “casalingo” e più trascurato… Anche quando restava in casa non aveva mai un capello fuori posto o il viso non truccato e svelare che qualche volta perdeva il suo aspetto perfettamente curato, equivaleva ad un’onta terribile nei suoi confronti!

«Non posso essere messa alla berlina sempre e solo io, sacrificati un po’ anche tu, fallo per me!» Scherzai con un tono volutamente sdolcinato e Fede si fece una gran bella risata:

«Su Piccola, non mettere il broncio, Pasi non ha svelato alcun segreto, non ha mica fatto le foto!» e strinse a sé affettuosamente Rita, che replicò senza battere ciglio.

«Ci mancherebbe! Potrei anche sotterrarmi per la vergogna, dopo!»

«Secondo me, con questo comportamento dimostri di non amarti affatto Rita, nonostante tu sia quella che all’apparenza si cura di più di se stessa, alla fine sei colei che meno mostra il suo vero aspetto.»

Ta Dah! Il momento di “Filosofia con Sofia” era giunto anche quella sera e ringraziai il cielo che il discorso si fosse spostato dalla sottoscritta… anche se Stè non sembrava dello stesso parere:

«Sofia ora non iniziare con le tue teorie strambe! Non riesco mai a starti dietro quando inizi a parlare…»

«Questo perché tu non azioni mai il cervello, Stefano! Mi meraviglio che tu sia ancora in quella facoltà, evidentemente i neuroni funzionano solo quando devi fare i calcoli!»

«Infatti... e mi vanno totalmente in fumo, quindi ora voglio solo riposare!»

L’atmosfera era tornata conviviale come al solito, i battibecchi tra Stè e Sofi erano sempre un piacere da sentire. Ma evidentemente, quella sera era destino che qualcosa dovesse accadere, perché Testa di Paglia inavvertitamente, aprì un altro discorso spinoso:

«A proposito dei miei neuroni stanchi, stavo dimenticando di dirvi che i Tresnet  stanno per pubblicare un nuovo album! Conterrà le tracce cantate in questi ultimi live, magari ce ne sarà anche qualcuna tra quelle che abbiamo sentito noi!» …ed Emile, che si era trattenuto tutta la sera e che sull’argomento musica proprio non doveva sentire alcunché, all’improvviso andò in escandescenza:

«Sentite ancora quel gruppo di falliti? È grazie a tipi come voi se i veri musicisti fanno fatica ad emergere!» Come volevasi dimostrare, era stato un errore permettergli di essere lì quella sera, non era nelle condizioni adatte a sostenere determinati discorsi ed era stato di pessimo umore sin dall’inizio… Per fortuna Stè non era una persona facile ad adirarsi: 

«Ops, avevo dimenticato che non dovevo nominarli in tua presenza!» Testa di Paglia si fece un’allegra risata, per lui il discorso era chiuso lì, ma Emile non sembrava essere dello stesso parere:

«E perché mai? Forse non hai argomenti per difenderli? Vuoi evitare il discorso, sapendo di rimetterci?» Sembrava un treno in piena corsa, era come una diga straripante… Era il discorso peggiore che potesse essere sollevato quella sera e per di più aperto anche dalla persona sbagliata. Tra le preoccupazioni professionali e la perenne gelosia nei confronti di Stè, Emile era furente, aveva lo sguardo particolarmente freddo e tagliente, gli occhi erano due lastre grigie di ghiaccio che mi misero addosso una brutta ansia.  Testa di Paglia lo guardò perplesso ascoltandolo e gli rispose con la solita giovialità:

«Dai che in fondo non sono così male, scommetto che sotto sotto li apprezzi anche tu!» Il tono di Stè era conciliante e sicuramente voleva alleggerire la conversazione, ma io temevo la riposta di Emile.

«Apprezzarli, io? È solo grazie alla massiccia campagna di marketing se sono qualcuno, non sanno nemmeno cosa sia fare gavetta, cosa sia avere uno spartito davanti e comporre musica! Sono solo apparenza, dei bambocci messi sul palco senza sapere da che parte iniziare! No, decisamente non li apprezzo, quella non è musica!» 

Emile si stava infervorando troppo e la pazienza di Stè avrebbe avuto un limite… La mia dal canto suo era in lotta con l’apprensione e prima che la serata finisse nello sfascio totale, lo presi per il braccio e mi avvicinai a lui:

«Emile smettila! Stai esagerando, stai creando tensione!» Mi guardò con la stessa espressione tagliente che gli avevo visto prima:

«Se i tuoi amici non amano il confronto diretto, non è colpa mia! Io sto cercando di portare avanti una conversazione.»

Il mio tonò s’indurì, stavo iniziando ad alterarmi anch’io: «No Emile, tu stai cercando di mettere in imbarazzo Stè… ma sta avendo effetto su di me!»

Vidi un lampo passare tra quelle lastre di ghiaccio, prima che mi rispondesse:

«Vuoi dire che ti sto mettendo in imbarazzo?» Il suo tono era ironico  ma anche preoccupato; possibile che non si fosse reso conto di quello che stava facendo? 

«Sì Emile, mi stai mettendo in imbarazzo perché hai creato tensione in una serata tranquilla che aspettavo da giorni!» Mi guardò intensamente e vidi sparire il ghiaccio dai suoi occhi, per far posto al dispiacere.

«Scusami.» Chinò lievemente la testa e dopo qualche istante si rivolse direttamente a Stè: «Ti chiedo scusa, mi sono lasciato prendere troppo dal discorso e ti ho attaccato, non ho giustificazioni.»

Testa di Paglia ovviamente aveva assistito a tutto il nostro battibecco, come gli altri del resto: l’ambiente era troppo piccolo per poterci appartare in un angolo a parlare senza essere ascoltati e quell’anima buona del mio amico, comprendendo quanto fosse realmente mortificato Emile, non risultò minimamente alterato.

«No, ma dai, non ti preoccupare, abbiamo tutti degli argomenti che ci fanno saltare un po’ i nervi… non parliamone più e cambiamo discorso, così anche gli altri potranno partecipare.» Stè diede una pacca sulla spalla ad Emile in segno di cameratismo, ma su quel volto che amavo non era sparita la cupezza, che anzi rimase per tutto il resto della serata, gettando il mio Pel di Carota in un silenzio colpevole.

Quando i ragazzi fecero per andarsene, gli dissi a bassa voce: «Tu non te ne andare.» e attesi che tutti furono via, per potergli parlare a quattr’occhi.

Emile nel frattempo si alzò per ripulire il tavolo e lavare i piatti, così ci mettemmo a parlare tra una passata di detersivo e una sciacquata di stoviglie:

«Non era il caso che aggredissi in quel modo Stè… Potevi anche risparmiartelo!»  Mi passò un piatto da sciacquare senza dir nulla. «Stè non ti ha fatto nulla, non meritava quella reazione da parte tua.» Un altro piatto e un altro silenzio. «La vuoi smettere con questo gioco del silenzio? Parlami!»

Poggiai una mano sulla sua che mi porgeva l’ennesimo piatto per bloccarlo e obbligarlo a rispondermi; fece un sospiro e si decise a parlare:

«Scusami, ti ho rovinato la serata, sono un’idiota!»

Mantenni la presa sulla mano: «Non voglio altre scuse, già ti sei scusato abbastanza, voglio sapere perché hai reagito in quel modo!»

Emile guardava davanti a sé, poggiò l’altra mano sul bordo del lavello, come per sostenersi prima di parlare. «Sarebbe stato meglio se non fossi venuto stasera, non ero dell’umore adatto a sopportarlo.»

Su quello eravamo d’accordo…

«Ma perché ti ostini ad avercela con lui, non capisci che la tua è una gelosia stupida?» 

Si girò d’improvviso verso di me schizzando schiuma:  «Perché non lo sopporto! Ti conosce da una vita e sa cose di te che io ho perso per sempre, ti sta sempre appiccicato e stasera ha tirato in ballo anche quel gruppo di bambocci! Tu non hai idea dei problemi che sto avendo per ultimare quest’album e sentire quanto vengano elogiati quegli inetti, che senza avere un briciolo di talento hanno fama e fortuna, mi ha fatto perdere il lume della ragione!»

«Ma non puoi sfogare la tua rabbia su di lui, Emile! Stè non ha colpa se mi conosce da una vita e non ha colpa se ama un gruppo che tu non apprezzi! Se devi sfogarti con qualcuno fallo con me! È con me che sei arrabbiato, sono io che ho creato questo casino… dimmi la verità una volta per tutte!»

Non potevo sopportare che Emile usasse Stè come valvola di sfogo per non arrabbiarsi con me, così  presi il coraggio a quattro mani e decisi di affrontare l’argomento che lui non voleva nemmeno sfiorare in mia presenza. 

«Ti ho sentito l’altra sera… ho sentito mentre parlavi a tuo padre… so di Claudio, so che sta continuando a creare problemi e so che questo ti fa arrabbiare ancora con me. Quindi per favore, dimmi tutto una volta per tutte, io sono pienamente consapevole di essere responsabile di tutto questo e ancora mi meraviglio di non essere stata messa alla porta per cui, prima che questo davvero avvenga, perché se continui così davvero mi odierai, parla, dimmi tutto ciò che sta accadendo, non aver paura di ferirmi… Sfogati con me, Emile!»

Il suo viso assunse un’espressione sorpresa e dispiaciuta: aveva cercato di non farmi pesare il mio coinvolgimento in quella storia, ma non c’era riuscito ed ora di sicuro si stava dannando con se stesso per la sua mancanza di autocontrollo.

«Emile, ti prego… Non sono così fragile, posso sopportare di sapere cosa sta accadendo, a maggior ragione visto che è anche colpa mia!» Gli presi una mano per cercare di convincerlo con le buone, senza dover arrivare ad urlarci addosso.

«Mi dispiace Pasi… Non volevo che sapessi e non volevo fare una sceneggiata simile… Ho i nervi a pezzi e non sarei dovuto venire stasera.» calò il viso in atteggiamento colpevole e smise di parlare, ma io ormai volevo che si sfogasse e non avrei sopportato un altro silenzio.

«Ti prego Emile, quante volte devo chiedertelo? Ti prego, apriti a me, parlami! Come posso avere fiducia in noi due se sento che non vuoi farmi partecipe della tua vita? Soprattutto in questo caso… mi riguarda tutto questo e sono disposta a vedere emergere la tua rabbia verso di me, purché tu mi dica davvero cosa provi, non cercare ancora di evitare il confronto con me, ti prego!» Gli strinsi maggiormente la mano, nella speranza che comprendesse il mio bisogno di capirlo e sperai che alzasse finalmente quello sguardo, per affrontarmi una volta per tutte.

«Qualche settimana fa, Claudio si è presentato alla casa discografica e ha espressamente dichiarato che non concederà i diritti sui brani del nostro album, che le musiche composte da lui non devono essere parte delle nostre canzoni e che se vogliamo pubblicarle ancora, dovremmo trovare un altro arrangiamento, perché ciò che ha composto lui non sarà autorizzato ad essere incluso.»

Era terribile. Era un disastro totale.

Senza gli arrangiamenti di Claudio alla batteria, che dava il tempo ai brani, tutto era nullo, tutto era da rifare! Avrebbero dovuto ricomporre ogni brano daccapo, con un album che era ad un passo dall’essere completato! Sentii le gambe venirmi meno, ma mi sforzai di mantenermi salda e di non far trapelare il tremito nelle mie mani, che ancora tenevano quella di Emile: dovevo dimostrargli di essere in grado di sostenere quella verità scomoda, non dovevo vacillare, o non avrei più avuto la possibilità che si aprisse a me.

«Il produttore cosa ha detto?» Avrebbe dovuto essere ancora all’oscuro di tutto e vedersi piombare Claudio all’improvviso, in assetto di guerra doveva averlo destabilizzato… Non osavo immaginare quanto doveva essersi infuriato!

«È rimasto di sasso… Ci ha convocato immediatamente per discutere della situazione… E per poco non scatenavo una rissa in studio!» Alzò lievemente il capo permettendomi di scorgere un sorriso sarcastico sul suo viso: si stava amaramente maledicendo per quella reazione.

«È stata quella sera che eri qui, vero? Quando sei fuggito via…»

«Sì… Non ho avuto il tempo di far sbollire la rabbia e ritrovarmelo davanti con quell’aria bellicosa, pronto a demolirci, non mi ha fatto ragionare. Se non fosse stato per Francesco e Filippo che mi hanno trattenuto, avrei dato spettacolo.»

Tirai un sospiro per darmi coraggio; mi sentivo distrutta, avrei voluto svegliarmi da quello che sembrava un incubo senza fine… Ma non potevo cedere, dovevo essere forte, ancora una volta…  ma per lui, non per me. Per quanto mi riguardava mi sarei meritata  tutte le offese che avrebbe potuto darmi e le avrei accettate di buon grado a quel punto. Ciò che non sopportavo era la sua paura di ferirmi, lui che in quella situazione era il più colpito, quello che rischiava di più e che avrebbe avuto tutti i motivi per odiarmi… E invece si preoccupava per me, oltre ad avere un problema così grande da risolvere.

«Siete arrivati ad un accordo?»

«Non ancora… temo che ci vorranno gli avvocati, per giungere ad un compromesso che non crei disagi a noi e che faccia contento quel bastardo!» Emile si appoggiò al lavello e si lasciò andare a terra, mettendosi letteralmente le mani nei capelli sconfortato. «La cosa peggiore di tutte è che il produttore sta perdendo la pazienza: ha investito tantissimo in noi e con questa storia che minaccia di non dare mai alla luce l’album, è a dir poco furioso! Rischia di perdere un capitale e noi rischiamo di non avere più un’etichetta che ci produca.»

Mi accucciai accanto a lui, cercando di mantenere la calma, mentre dentro di me imperversava una tempesta di emozioni: il senso di colpa era enorme, ma il desiderio di aiutarlo e di risparmiargli tutto quel disastro conteneva il mio istinto di sfogarmi e cercai di focalizzare la mia attenzione sul bisogno di Emile di ricevere un qualche tipo di conforto.

«Non c’è tempo da perdere allora. Dovete chiamare un avvocato, dovete farvi aiutare da chi sa come gestire al meglio una situazione simile. Non potete permettere che quell’idiota rovini tutto così!» Presi nuovamente la sua mano tra le mie mentre mi ricordai di un particolare che forse faceva al caso nostro:

«Un amico di mio padre è avvocato, potrei chiedere a lui, sono sicura che tratterebbe il vostro caso con tutti i riguardi.»

Emile si girò finalmente a guardarmi, ma con un’espressione di totale stupore sul viso, come se gli avessi detto di essere  un’extraterrestre:

«Come potrei accettare una cosa simile? No Pasi, non voglio l’elemosina di tuo padre, nemmeno mi conosce e dovrei presentarmi a lui come uno stupido che si è cacciato nei guai? Assolutamente no!» Come volevasi dimostrare, era il solito orgoglioso che non ammette di scendere dal piedistallo.

«Non c’è bisogno di mettere in mezzo mio padre! Posso chiamare io Sandro e metterci d’accordo senza dover allertare anche lui! Fammi provare almeno, permettimi di aiutarti in qualche modo!»

«Pasi, non credi di aver messo mano anche troppo in questa faccenda?»

Eccola la stilettata, Emile aveva resistito fino a quel momento, ma non avrebbe potuto celare ancora la sua rabbia e nemmeno volevo che lo facesse. Quella frase creò una fitta all’interno del mio cuore che mi fece vacillare per un po’, ma resistetti e trovai la forza di rispondergli:

«Proprio per questo voglio chiudere il cerchio: ho messo mano nell’iniziare questa storia, e voglio aiutarti a concluderla.»

«Ti prego Pasi, stanne fuori, non voglio più vedere la tua faccia e il tuo nome associati a quelli di Claudio!»

«Ma qualcosa dovrai pur farlo! Non è da te abbatterti in questo modo, devi reagire Emile, devi far vedere a quell’idiota di che pasta sei fatto, devi dimostrargli che nessuno può intralciare la tua strada!»

«Ci sto provando! Cosa credi che abbia fatto negli ultimi giorni?! È una settimana che non dormo, cercando di capire come fare, cercando un compromesso che sia accettabile da entrambi i lati e che mi permetta di eseguire quei brani, senza dovergli concedere la presenza alla batteria!»

«Vuole tornare nel gruppo?!»

A che diavolo di gioco stava giocando quello spostato?

«Solo per il tour: ha dichiarato che ci concederà i diritti dei brani, solo a patto di essere presente durante i live promozionali.» Emile mi guardò con amarezza: «Capisci la sua manovra? Vuole imporre la sua presenza, per mettermi di nuovo alla prova, per testare quanto le mie parole siano vere: andrò oltre il suo comportamento verso di te, dimostrando che la band viene prima di tutto, oppure vanificherò ogni sforzo pur di non averlo davanti agli occhi?! Se non fosse tutto diretto contro di me, gli farei un applauso per quest’idea geniale!»

 Il mio Pel di Carota fece una risata sarcastica, totalmente sconfitto dalla malignità dei gesti di Claudio, mentre io mi sentii ribollire dalla rabbia.

«Emile prendilo con te! Fallo partecipare al tour! Non devi dargli questa soddisfazione! Hai sempre detto che avresti fatto qualsiasi cosa per la musica, che avresti fatto di tutto per emergere, non è da te avere questi dubbi ora! C’è in ballo il tuo futuro e la memoria di Claudine, non puoi bloccarti per una cosa simile! Claudio è un maiale e uno zotico ed è maligno e per questo è meglio se lo tieni sotto controllo e soprattutto, non devi permettergli di offuscare i tuoi obiettivi!»

«Ma come pensi che possa comportarmi con lui, dopo averlo cacciato via in quel modo e soprattutto dopo averlo visto mentre ti metteva le mani addosso?»

«È assurdo che sia proprio io a doverti dire questo, ma ti rendi conto che mi stai anteponendo alla musica? E che questo ti fa soffrire? Forse ora credi di fare la scelta giusta, ma così stai ripercorrendo i passi di tua madre, Emile! Non devi farti abbattere da un conflitto simile, non puoi permettere a Claudio di averla vinta, distruggendo tutto ciò per cui hai lavorato tanto in questi anni! La gente lavora tutti i giorni con persone che non sopporta, va avanti perché non ha scelta e lo fa. Quindi lo farai anche tu, terrai Claudio con te e farete questo benedetto tour insieme, diventerete famosi e la tua musica sarà ascoltata in mezzo mondo. E allora, solo allora, potrai permetterti il lusso di spedirlo a casa con un calcio nel sedere e ci sarò anche io ad aiutarti! Se c’è una cosa che amerei fare in questo momento, è proprio riempire la sua odiosa faccia di pugni!»

Mi ero accalorata così tanto nel parlargli da non rendermi conto di essermi alzata e di essere chinata verso Emile nel tentativo di spronarlo. Il mio Pel di Carota dal canto suo mi guardava con una strana espressione tra il sorpreso, il divertito… e l’ammirato!

«Non so se è possibile innamorarsi di qualcuno che già ami, ma è quello che sto provando ora nel vederti e nel sentirti: non ho mai conosciuto una donna più forte di te, Pasifae!»

Si alzò da quella posizione rannicchiata di resa in cui si era trovato poco prima e si erse in tutta la sua altezza davanti a me, appoggiando le mani sulle mie spalle: «Non so nemmeno da dove iniziare per spiegarti come mi sento: mi hai trasmesso la tua energia, mi hai riportato la forza d’animo che credevo esaurita, mi hai riportato su dal baratro a tuo discapito… Forse devo iniziare a credere a quel Filo Rosso del Destino, perché in questo momento ho la certezza che tu sia l’unica donna al mondo che potrei mai amare.»

Non so davvero come abbia potuto dire quelle parole ad Emile che, come aveva precisato anche lui, erano del tutto a mio discapito e contro tutto ciò che avevo sempre professato sulle priorità della vita: forse era stato il mio senso di colpa e il desiderio conseguente di fare qualcosa per aiutarlo ad uscire da quella situazione… Forse era stato l’istinto di chi non vuole veder crollare la persona che ama… Fatto sta, che furono le parole giuste da dire e che ero riuscita a ridare vitalità allo sguardo di Emile, che mi aveva appena detto una frase che ricorderò per tutta la vita.

«Allora siamo in due, stupido testone, ad avere accanto la persona giusta per noi.»

Mi prese dolcemente il viso tra le mani e mi guardò intensamente: «Ti amo.» si avvicinò al mio viso e mi diede un dolcissimo bacio.

 

*****

 

Qualche giorno dopo, ritrovai nella mia libreria il foglio che Emile aveva lasciato, preso dalla fretta di incontrare Claudio: nonostante ci fossimo visti in altre occasioni, avevo sempre dimenticato di restituirglielo e anche se probabilmente l’elenco degli aspiranti batteristi non era più così impellente e le strofe scritte sul retro non fossero qualcosa di interessante, di certo Emile non aveva la mente abbastanza libera da ricordarsi di un foglio volante abbandonato a casa mia, così a scanso di equivoci, decisi di riportarglielo una volta uscita da lavoro.

Terminai il mio turno a metà pomeriggio, così decisi di passare prima dal centro.

Fede stava studiando per superare i test d’ingresso in Scienze Infermieristiche e contemporaneamente aveva trovato un lavoro part-time in una pasticceria: quando era al centro ne approfittava per studiare, dato che i nostri “clienti” non formavano ancora un numero considerevole.

Entrando nell’anticamera però, sentii delle voci provenienti dal suo ufficio e compresi che avevamo ospiti. Non volendo disturbare Fede, andai nella mia stanza: era stata sistemata in modo simile a quella del mio amico, anche se gli scaffali erano più vuoti e sulla scrivania non c’era ancora alcun pc: in quei pochi mesi in cui l’avevamo messo su, eravamo riusciti a sistemarlo alla meglio, ma per arredarlo avevamo chiesto un po’ in giro, cercando mobili in disuso che non cadessero ancora a pezzi. Purtroppo non fu facile reperire anche due pc, così il mio ufficio, che per cause di forze maggiore risultava essere meno frequentato, era rimasto indietro nel suo allestimento.

Mi venne in mente di colpo che Simona aveva il suo in camera su cui elaborava i suoi studi e che ora era totalmente in disuso… Avrei dovuto tornare in quella casa e chiedere sfrontatamente il pc di mia sorella?

In quel momento non avevo voglia di rivedere i miei genitori: lo scontro con mio padre era ancora troppo fresco per potermi imbattere di nuovo in una litigata simile. Più andavo avanti e più mi rendevo conto che quella situazione mi faceva star male maggiormente da che non vivevo con loro, rispetto a quando condividevamo lo stesso tetto. Mi chiesi se fosse giunto mai il giorno in cui mi sarei abituata ad avere dei genitori distanti e diversi da quelli che avrei sempre voluto accanto a me…

Certo avere Alberto accanto non mi aiutava a farmene una ragione, ma allo stesso tempo la sua presenza sopperiva al vuoto che sentivo quando pensavo alla mia famiglia biologica…

Fui distratta dai miei pensieri, sentendo le porte dell’ufficio di Fede aprirsi: sbirciai dalla porta semi aperta della mia stanza e vidi una coppia andar via, con in mano alcuni depliants e Fede che sorridente li salutava: chissà chi erano? Curiosa da morire mi affrettai a raggiungere il mio amico che, trovandomi di fronte a lui all’improvviso, fece un salto:

«Pasi, da dove spunti?»

«Sono qui da un po’, ero nel mio studio, in attesa che finissi.»

«Ma potevi entrare, fai parte anche tu del centro, sei autorizzata quanto me a muoverti qui.»

«Mi sembrava poco delicato entrare così all’improvviso… era una coppia? Che problemi aveva?»  Fede fece un sorriso divertito, osservando il mio volto che doveva essere più curioso che seriamente preoccupato.

«È commovente l’interesse che vedo nei tuoi occhi, piccola curiosona!» Tornammo insieme nel suo ufficio e mi fece sedere prima di parlare. «Era una coppia di coniugi: sono preoccupati per il figlio, che sembra soffrire di bulimia.»

«Bulimia? Un ragazzo?»

«Un ragazzino, ha dodici anni.»

«Oh mio Dio, non è nemmeno uscito dall’infanzia!»

«Proprio per quello starà soffrendo: i suoi genitori mi hanno raccontato che hanno avuto dei problemi lo scorso anno e che contemporaneamente anche Patrizio ha avuto un calo scolastico… La crisi matrimoniale si è risolta, ma evidentemente deve aver sconvolto il bambino al punto da non riprendersi ancora.»

«Noi non possiamo far nulla per lui?»

«Nelle nostre condizioni attuali no, ma ho consigliato loro qualche esperto e anche qualche piccolo trucco per far sentire desiderato il loro bambino… me le ha dette Rita qualche tempo fa.» Fede sorrise soddisfatto all’idea che un discorso fatto con la sua ragazza, fosse tornato utile per qualcun altro che ne avesse avuto bisogno ed io non feci che confermare la mia teoria che quei due fossero fatti l’uno per l’altra. 

«Spero che tutto si risolva, mi rattrista sapere che si possa soffrire in questo modo ad un’età così precoce.»

«Lo so Pasi, purtroppo la mente umana non aspetta che il corpo cresca, subisce traumi quando è più debole e non c’è un limite d’età. Noi possiamo solo scegliere come affrontare il dolore e cercare di alleviarlo: quando arriva purtroppo, non c’è verso di evitarlo.»

Fede aveva perfettamente ragione, potevo affermare con tranquillità di essermi fatta una cultura sul dolore umano, soprattutto sui differenti modi di esternarlo e sapevo benissimo che quando arriva ti dà un colpo così forte da farti stramazzare al suolo e il modo di reagire a quel colpo è tutto nelle tue mani. Ma non ti è concesso di evitarlo, puoi solo decidere cosa fare con quel turbine di sofferenza che ti scava dentro.

 

Prima di dirigermi verso casa Castoldi diedi un’ultima occhiata alla mia stanza nel centro: mi resi conto di averla trascurata, presa com’ero stata dagli ultimi eventi… eventi che per la maggior parte riguardavano più la vita di Emile che la mia. A quel pensiero mi appoggiai sconsolata alla scrivania: non ero cambiata affatto. Nonostante cercassi in tutti i modi di non annullare la mia vita, in funzione di quella del ragazzo che amavo, continuavo ugualmente a ripetere quell’errore…

Eppure stranamente, non mi sentivo svuotata, non sentivo di aver perso di vista la mia vita.

Probabilmente era dovuto al fatto che mi sentissi del tutto coinvolta in quello che era accaduto ad Emile, o forse la nostra relazione durava da troppo poco tempo per risentire degli atteggiamenti sbagliati… Ma mi resi conto che pensare al mio ragazzo, non mi angosciava più.

Il nostro era un rapporto tutt’altro che piatto e come avevo già detto a Stè precedentemente, non saprei nemmeno dire se avessimo trascorso più tempo a litigare o ad andare d’accordo. Eppure quando pensavo a lui mi sentivo serena, sentivo un calore nel cuore e m’invadeva la sensazione di essere appagata e completa. In quel momento compresi Alberto, quando con la gioia negli occhi parlava di Claudine, potevo capire le sue parole, quando disse che pensare a sua moglie lo faceva star bene: Emile era l’amore della mia vita, lo sentivo nelle ossa, ne ero certa ogni giorno di più. Ci saremmo fatti del male, probabilmente mi avrebbe ferito più di chiunque altro al mondo, ma la felicità che sentivo quando ero con lui, la sensazione di completezza, di “essere a casa” era qualcosa di unico che non avrei provato con nessun altro al mondo.

Ero totalmente immersa in quei pensieri quando mi accorsi di essere giunta a casa Castoldi: fu Alberto ad accogliermi, Emile doveva ancora tornare da lavoro, per cui decisi di lasciare quel foglio con gli appunti in camera sua, prima di dimenticarmene nuovamente.

Ero sulle scale in procinto di scendere al piano terra e fare due chiacchiere con Alberto, quando bussarono alla porta: scesi i gradini e rimasi ai piedi delle scale in attesa di conoscere  l’identità dell’ospite. Probabilmente erano i ragazzi della band, da quando frequentavo quella casa non avevo mai visto altre persone, a parte loro o i miei amici, venire a far visita a quella famiglia. Ma quando aprì la porta,  Alberto rimase di stucco:

«Lucien?!»

«Bonsoir Oncle Albert.»

 

















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*”Home, that's where the heart is --- U2 - Walk On







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NDA
Signore e... Signore, questo è il capitolo più lungo che abbia scritto finora (ben 12 pagine di Word, incredibile ma vero!) e spero che la lettura sia stata piacevole ^ ^
Come promesso, è stato svelato cosa affliggeva Emile e per quale motivo è fuggito via da casa di Pasi in preda all'ira: dite la verità, Claudio vi sta ancora più simpatico ora, vero? xD
E chi sarà mai questo Lucien? La risposta ovviamente alla prossima puntata *me sempre più sadica* e sempre per restare nel tema sadismo, non ho tradotto la sua frase arbitrariamente, perchè voglio lasciarvi con la suspence xD
(E il traduttore di Google quel giorno, fece lo staordinario...)

Angolo dei Ringraziamenti
Questa volta i miei rigraziamenti saranno davvero lunghi. Durante questa settimana in cui ho pubblicato il capitolo 23, ho ricevuto due piacevolissime sorprese: prima tra tutte, la recensione di Kira1983, la mia adorata admin del forum su MARS (uno shojo manga che io ho impresso a fuoco nel cuore), che non paga di aver letto questa storia attraverso il forum, ha deciso di iscriversi per recensirmi e per iniziare la sua personale avventura qui su EFP, dopo avermi detto che le ho fatto tornare la voglia di scrivere!!!
Non potevo ricevere un elogio migliore e non vedo l'ora di leggere la sua storia, perché la ragazza ci sa fare davvero e merita di essere letta!
La seconda bellissima sorpresa me l'ha fatta Cicci: è donna di poche parole, ma quando decide di agire, sa esprimere tutto ciò che sente in una volta sola! Sta leggendo questa storia in ritardo rispetto alla pubblicazione dei capitoli, ma questo non le ha impedito di farsi prendere a tal punto, da realizzare una serie di covers degli album dei GAUS!!!!! Non potete immaginare la mia gioia quando ho visto tutte quelle immagini meravigliose! *_*
Vi mostro una fra tutte perchè è quella che ho visto per prima e che mi ha lasciato senza parole:


Vedere quel profilo dalla chioma infuocata e quella silhouette che canta mi ha fatto pensare che la mia Cicci avesse incontrato davvero Emile per fargli una foto!!!
(Sarà mica il tipo visto in stazione, che proprio Cicci aveva adocchiato??? Uhm Uhm....)
Non è meravigliosa??? :D
Io sono rimasta senza parole e ad un passo dalla commozione: vedere quanto vi siate appassionate a questa storia e ai miei ragazzi è sempre una sorpresa gratificante e davvero commovente, non smetterò mai di ringraziarvi tesore mie!!!!
E infatti ora passo ai ringraziamenti canonici, per le mie sorelline speciali:
Iloveworld/Fiorella Runco
, Vale, Saretta, Niky, Concy, che sempre e da sempre sono qui a sostenermi e ad emozionarsi con Pasi ed Emile.
Ana-chan ed Ely, che mi seguono in differita, ma che hanno sempre una parola di sostegno per me.
Un grazie speciale va a
ThePoisonofPrimula, e Dreamer_on_heart, che ogni volta riescono a trasmettermi quanto questa storia le abbia appassionate, ed ogni volta per me è una gioia leggere le loro recensioni *_*


Grazie un milione di volte anche a tutte voi che avete messo questa storia tra le preferite, le ricordate e le seguite:

kiki0882, lorenzabu
, samyolivieri, Tattii, Thebeautifulpeople, Aly_Swag, ArchiviandoSogni_, green apple,
Ami_chan, cara_meLLo, cris325, Drama_Queen/Camelia Jay, nickmuffin, Origin753, petusina, roxi, sel4ever, Veronica91, _Grumpy, _Calypso_

Tutte voi siete la migliore spinta che poessi mai avere ad andare avanti, ARIGATOU GOZAIMASU dal profondo del cuore!
E visto che ci siamo, auguro a tutte voi un

______ *.*.* FELICE E GIOIOSO NATALE!!!! *.*.* ______


Vi auguro di trascorrere questa giornata con chi amate e all'insegna della serenità e della gioia di stare in compagnia, al di là del Credo personale di ognuna di voi ^ ^


A presto!

   
 
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