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Autore: Dafne_Shady    25/12/2011    0 recensioni
Intrighi e mlintesi,, in un'avvincente storia d'amore in cui tra inganni e scontri un angelo bianco e un demone si affronteranno per conquistare la mano della loro bella. Chi vincerà?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Poiché ogni minimo movimento, ogni prezioso istante, ogni futile respiro mi sembrava infinito.
Ero di fronte a lui, ammiravo e memorizzavo ogni particolare di quel corpo marmoreo, quel corpo liscio come i petali di una rosa ed esotico, quel corpo così brillante e scolpito simile ad una divinità: proprio così, una divinità al di sopra di tutto e di tutti, ed infine quel viso angelico incorniciato da corti boccoli morbidi, soffici come se fossero sospinti dal vento tiepido, vento di mezz’estate, boccoli profumati e quasi fragili al contatto umano, labbra rosee come boccioli di rosa e morbidi come schiuma di mare, troppo belle per sembrare reali, labbra che in quel momento stavano sorridendo dolcemente nel guardarmi, labbra dolci ed insostituibili che oltre ogni immaginazione sono dolci come miele e zucchero, con aromi di cannella e cuoio, fiori estivi ed esotici, ed infine quegli occhi; occhi che m’hanno osservata mentre dormivo e che m’hanno ammirata e voluta ancor prima di conoscermi, quegli occhi che sembravano pozzi oscuri circondati da sfumature fredde ma dolci, occhi pericolosi e potrei anche dire quasi magnetici. Si, non volevo altro dalla vita. Avevo qualcuno che m’amava, amici, una casa, una scuola ed una famiglia; no, non volevo altro, solo vivere questa vita. Questa vita che m’è stata strappata via.
Lo osservo meglio:si è quello che voglio, mi dico.
Mi sorride e con una ferma e forte mano mi avvicina a se e m’abbraccia. Abbraccio tenero e dolce, soffocato da lenti, adorabili e soffici baci: quei baci che m’hanno sempre tolto il respiro, che m’hanno sempre preso di sorpresa e che si sono fatti desiderare.
Alzò la testa e continuando a sorridermi, mi prese per mano e mi trascinò all’aperto; una luce bianca ci accecò. Mi trovai ricoperta di petali di fiori e piccole gocce di rugiada, risplendevo riflettendo i raggi del sole e ammiravo il luogo dove mi aveva condotta.
Una piccola radura, sfumata dai colori più vivace che ci siano mai stati; alberi rosa, verdi, viola e gialli, piccoli, anzi no, minuscoli fiorellini di un dorato accecante erano messi in risalto dal profondo blu dell’erba. Mi pervase un profumo di mele dolci, un profumo di rose e campanule, di ananas, fragole e cocco, spezzato da un acre ma piacevole tonalità di legno bruciato.
Mi guardò compiaciuto e mi trascinò all’interno della radura: << Il cuore della radura>> mi disse. Non ebbi tempo di ammirare ciò che mi circondava che udì un silenzio irreale all’improvviso interrotto dal fragore di una cascata e dallo scorrere di un ruscello, poi il tempo fu come se si fosse fermato.
Un albero completamente d’oro s’intrecciava con uno d’argento, circondati da raggi e riflessi di luci ampliate da cristalli appesi ai rami, cristalli di colori e forme più strane. Mi sentì svenire: era tutto così spettacolare, mi sembrava di essere in un sogno, che per quanto bello non aveva su di me l’effetto che mi faceva lui: mi faceva sentire unica e speciale.
Mi raccontò la storia di due amanti che erano ostacolati da tutto e da tutti e pur di rimanere insieme ben oltre la morte si trasformarono in due alberi e durante la trasformazione rimasero intrecciati per l’eternità come quei due alberi di fronte a me.
Mi sorrise ed ancora una volta quel sorriso si trasformò in un bacio, anzi no, in una serie di molti baci; delicati e passionali come non mai, mi baciò il collo, piccoli baci lenti e romantici, distanziati l’uno dall’altro da dolci parole sussurrate e come se fossero spifferi di vento mi facevano venire pelle d’oca per la felicità e per il piacere.
Lentamente percorreva la mia pelle con piccoli cerchi delle dita e mi accarezzava. Volevo assaporare ogni piccolo istante prima che ce ne andassimo da quel posto.
Mi senti avvolgere da una strana sensazione di pericolo. Avevo momentaneamente chiuso gli occhi, ma appena gli riaprii mi trovai sola in un deserto di lava e fuoco. Urlai.
Mi guardai in giro ma non lo vidi. Urlai il suo nome, ma non mi rispose.
La battaglia era conclusa. Avevo vinto io. Ma a quale prezzo? Lui era morto.
Lui.
Quello che mi aveva salvata nel momento più buio della mia vita. Quello che mi aveva fatta sorridere di nuovo.
Lui.
Quello che mi aveva confusa. Quello che mi amava.
Dovevo alzarmi, correre, se non riuscivo a correre dovevo camminare, zoppicare o strisciare se fosse stato necessario; l’importante era muoversi e raggiungerlo. Non poteva essere morto. Non dopo tutto quello che avevamo passato insieme.
Il problema era che non riuscivo a muovermi, mi sentivo così pesante, così debole, così dolorante. E tutto attorno era così buio. Perché era così buio? Era giorno quando tutto era finito. Possibile che fosse passato così tanto tempo senza che me ne accorgesse? No, non era trascorso molto tempo. Doveva essere ancora giorno, dietro tutto quel buio doveva ancora esserci il sole.
Voleva sentire il calore del sole, magari mi avrebbe ridato un po’ di forza.
Il sole però non ricompariva e io avevo freddo … e paura. Eccola che arrivava e mi soffocava, la paura. La peggior nemica.
Il segreto, dicevano, era fare respiri profondi. Facile a dirsi. Mi era difficile persino fare brevi sospiri figurarsi respirare profondamente!
Sentì un frastuono improvviso e questo certo non migliorò i miei già scarsi tentativi di non avere paura. L’attimo successivo però desiderai ardentemente tornare ai quei futili tentativi di stare calma. Il frastuono era causato dal muro che crollava proprio di fronte a me, proprio sopra le mie gambe che, mi rese conto con orrore, non sentivo più.
E al diavolo i tentativi di non avere paura! mi sentivo perso ormai; era tutto finito. Ad essere ottimisti sarei morta di lì a qualche ora, forse prima. Sarei morta senza sapere cosa era accaduto a loro; senza sapere cosa era accaduto a lui.
Svenni. O mi addormentai. O forse morì.
Ora il buio mi circondava completamente, quel buio che ti schiaccia e ti soffoca.
Alla mia destra comparve un raggio di luce. No, non era un raggio di luce. Era lui.
Ah beh, allora eravamo davvero morti perché non è possibile che adesso, oltre alle gambe, non sentissi neanche tutto il resto del corpo.
Lui corse ad abbracciarmi, a stringermi, a chiamarmi. Le braccia attorno a me non le sentì, ma la sua voce si e fu il suono più dolce e triste del mondo. Piangeva lui. Era sconvolto, tutto scarmigliato e ferito.
Mi chiamò ancora e io tentai di rispondergli. Mi uscì un sospiro incomprensibile.
E di colpo tornai a sentire tutto il dolore di prima. Tornai a vedere di nuovo tutto quello che mi circondava.
Dicono che la morte non è dolorosa, ma in fondo, come fanno a saperlo? I morti non parlano, non possono dirti se hanno sofferto.
E io stavo soffrendo parecchio.
Volevo solo che tutto quello finisse, volevo solo abbracciarlo, stringerlo e dirgli che l’amavo sopra tutto e tutti.
Volevo solo tornare a volare stretta nel suo abbraccio. Lo avevamo fatto molte volte, volare.
Sopra gli oceani, sopra i monti, tra le nuvole bianche e spumose, tanto in su da sentire la forza di gravità spingerci nuovamente giù. Erano alcuni dei ricordi più belli che conservavo stretti stretti nel mio cuore.
Forse furono proprio quei ricordi a darmi la forza di stringermi a lui e di sussurrargli tutto il mio amore.
- Ti prometto che ritorneremo a volare insieme, lassù nel cielo, vivi o morti che siamo.
Vidi appena il sorriso sulle sue labbra e nuove lacrime mi sgorgarono dagli occhi prima di ricadere per l’ennesima volta nell’oblio.
Poi la zolla di terra su cui mi trovavo sprofondò e io finii nelle fiamme. Urlai per l’ultima volta prima di precipitare nelle tenebre.                                                                                                 
 
  
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