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Autore: Sakura_____    26/12/2011    1 recensioni
La ragazza tolse la mano dal viso e tornò a posarla sulla grata, cercando ovunque le figure dei combattenti. Notò che il biondo era stato ferito al braccio, seppur lievemente mentre il moro era giunto allo stremo delle forze.
La sabbia continuava ad accerchiarli e la folla li acclamava affinché si uccidessero o decretassero il vincitore.
Poi la lotta tornò nel vivo e fu allora che la vera e propria violenza si scatenò, portando alla fine di tutto. Konan si voltò non volendo vedere più altre persone morire e strinse forte il ciondolo che aveva al collo, unica cosa rimastale dopo il saccheggio.
{Storia partecipante al Contest "Le Dodici Stanze" indetto da ellacowgirl in Madame_Butterfly sul Forum di EFP}
Terzo Turno.
[Jiraya e Konan]
Genere: Sentimentale, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jiraya, Konan
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Konan sfida le Dodici Stanze'
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Pater
 

 
 
 
"Lasciatemi!!" urlò la giovane donna mentre le guardie la trascinavano nella piccola stanza chiusa con ferrate. Konan si voltò e centinaia di grida le invasero le orecchie, alla fine la sua resistenza non era falsa a nulla. Sua madre glielo diceva sempre che quei nuovi conquistatori gioivano delle sofferenze altrui.
La grande arena era colma di persone avvolte nei loro eleganti abiti di seta e arricchiti con mantelle rosse e gioielli d'oro. Vi erano anche i cittadini più umili, a giudicare dal loro vestiario.
"Che entrino i gladiatori!" sentì urlare dalle guardie affiancante a due uomini, probabilmente i più ricchi e potenti, i Patrizi. Essi erano seduti comodamente nella parte più alta dell'arena ed osservavano l'entrata dei gladiatori da loro commissionati pronti ad uccidersi.
Konan osservò la scena aggrappandosi con forza alle gelide grate della piccola nicchia in cui era chiusa ed osservata da tutti; dovette ammettere che le leggende sui quei combattenti pronti a rischiare anche la vita erano tutte vere: si trattava di uomini provenienti dalle città conquistate, stranieri come lei, ma di straordinaria bellezza. Molte volte aveva sentito storie di donne romane impazzite per loro.
Nel frattempo le grida erano aumentate subito dopo la comparsa del primo gladiatore, dato per vincitore sicuro, un ragazzo moro, dalla carnagione chiara, gli occhi neri come la notte.
Questo si avvicinò alla zona dove sedevano i due uomini e si inchinò al cospetto del suo padrone che sogghignò con certezza. L'attenzione fu subito catturata dall'altro combattente entrato in arena. Anche lui molto giovane, rivestito da un’ armatura d'oro molto simile alla sua carnagione, che sembrava dello stesso materiale tra la sabbia ed il sole cocente. Capelli biondi, occhi azzurri e sorriso sfrontato. Anche lui si avvicinò al patrizio che l'aveva scelto, ma sfoderò la sua spada con un sonoro rumore e la puntò dritta e senza esitazione verso l'uomo seduto, a dimostrazione della sua sfrontatezza.
Konan ammirò quel gesto, anche lui era dunque prigioniero come lei, a giudicare dai segni sul suo corpo.
"Che la lotta abbia inizio!" urlò ancora la guardia, ritraendosi per lasciar spazio ai due gladiatori. Tutta l'arena era in subbuglio, grida di incoraggiamento o scherno si innalzarono tra la folla desiderosa di vedere chi dei due sarebbe morto.
I due combattenti si osservarono a lungo, il biondo con ancora la spada stretta in mano, l'altro freddo e spietato; poi iniziarono a muoversi come due leoni, in cerchio. Il primo ad attaccare fu il moro, subito ricambiato.
La sabbia si alzò tra i due, impedendo quasi di osservare la lotta. Konan dalla nicchia dovette ripararsi il volto con la manica lacerata del suo abito, una volta bianco, per non essere accecata dai minuscoli granelli che volavano. Non aveva paura, ne aveva già subite tante nella sua vita da quando i Romani avevano conquistato e saccheggiato la sua bella città, una delle poleis greche, bruciando tutto e deportando gli abitanti a Roma come schiavi.
Da allora giorno e notte aveva combattuto per sopravvivere a tanta malvagità, rimasta sola, molti cercavano di prenderla come schiava personale, ma lei rifiutava. Finchè non era stata trascinata a forza in quell'arena dove sarebbe stata consegnata nelle mani del patrizio che avrebbe vinto. In tutto ciò due gladiatori, che rappresentavano i due uomini, dovevano affrontarsi e il vincitore l'avrebbe avuta in dono.
La ragazza tolse la mano dal viso e tornò a posarla sulla grata, cercando ovunque le figure dei combattenti. Notò che il biondo era stato ferito al braccio, seppur lievemente mentre il moro era giunto allo stremo delle forze.
La sabbia continuava ad accerchiarli e la folla li acclamava affinché si uccidessero o decretassero il vincitore.
Poi la lotta tornò nel vivo e fu allora che la vera e propria violenza si scatenò, portando alla fine di tutto. Konan si voltò non volendo vedere più altre persone morire e strinse forte il ciondolo che aveva al collo, unica cosa rimastale dopo il saccheggio.
Infine avvertì come ovattate le voci euforiche dei presenti nell'arena, poiché le stesse guardie che l'avevano rinchiusa, ora la liberavano per gettarla sotto il dominio del suo nuovo padrone.
Cadde a terra e di nuovo la sabbia le diede fastidio agli occhi e alla ferita al ginocchio. Alzò il capo e guardò con ribrezzo e riluttanza l'uomo che le stava di fronte. Era abbastanza anziano, i lunghi capelli bianchi erano raccolti in una cosa bassa e prima di avvicinarsi alla sua nuova schiva, si riavvolse nel mantello rosso con impunture oro.
"Alzati" le disse semplicemente e Konan lo fece. Qualcosa però negli occhi di quell'uomo le trasmetteva pace, non quel solito ed ormai abituale senso di superiorità e potere.
Non le legarono i polsi come erano soliti fare, anzi il patrizio le diede una coperta bianca con la quale Konan si avvolse, né le diede l'ordine di seguirlo; si limitò a camminare precedendola quasi nell'intento di mostrarle la strada. Non una parola lungo tutto il tragitto, non una bastonata da parte delle guardie del nuovo padrone, non un ordine.
Arrivati nella domus policroma vide alcuni servi seduti alla panchina di attesa fuori dalla casa, entrò subito dopo il padrone che si diresse immediatamente nel triclino, ovvero nella sala ove venivano ricevuti gli ospiti e nella quale venivano consumati i pasti, sdraiati su lettini.
Konan rimase nell'ingresso vicino all'atrio. Alcuni istanti dopo due bambini, entrambi maschi, la raggiunsero e l' accerchiarono curiosi di sapere chi fosse e a Konan venne da sorridere osservando le loro facce allegre. Un tempo anche lei era così.
"Vieni, non restare lì" le disse il patrizio e ancora una volta la ragazza obbedì; lo raggiunse e arrivata al suo cospetto si tolse la coperta restituendogliela. L'uomo scoppiò in una risata forte e contagiosa. "Puoi tenerla" le disse.
"Come ti chiami?" domandò lui "Konan" rispose. "Non voglio che tu sia una mia schiava, tu vieni dalla Grecia..." continuò il patrizio, ricevendo un gesto affermativo del capo da Konan "...quindi conosci molte cose, voi avete un affascinante cultura. Vorrei che la insegnassi ai miei figli." concluse.
Konan non seppe cosa dire; era vero, nella sua città le era permesso andare a scuola durante il giorno, per poi lavorare in casa assieme alla madre. Nessuno tuttavia aveva mai visto e riconosciuto in lei un qualcosa di superiore, la trattavano sempre da schiava.
"Tu chi sei?" le venne da chiedere. "Io mi chiamo Jiraya e sono uno dei tre consoli in carica attualmente". La ragazza capì chi era, in fondo aveva avuto modo di imparare molte cose da quando era a Roma, poiché le altre culture l'avevano sempre affascinata.
"Farò tutto quello che tu vorrai" commentò lei, ringraziandolo di tanta benevolenza. Nuovamente Jiraya rise e alzandosi le diede la mano affettuosamente, come mai nessuno aveva fatto. Per la ragazza era come ricevere una stretta di mano dal proprio padre. Anche i due bambini la raggiunsero e festeggiarono allegri il suo ingresso in famiglia. Questa volta anche Konan sorrise con spontaneità, beandosi del tocco di quella grande mano sulla sua. Forse la sua vita poteva cambiare davvero.
Dopo venne accompagnata dalle altre serve della casa a fare un bagno e le vennero dati abiti nuovi. Fu pettinata e abbellita come quando era ancora nella sua città ed insegnò ai figli di Jiraya tutto quello che era stato insegnato a lei. Non dimenticò mai ciò che quell’uomo aveva fatto per lei, colui che considerava un padre ormai.
E non dovette mai più coprirsi il viso dalla sabbia.
                                                                                                                      
 
 
 




Appunti dell’autrice:

Salve miei cari, prima di tutto Buone Feste!
Sono finalmente riuscita a pubblicare questa shot, ora che queste benedette vacanze sono giunte! Yeah! *w*
Sappiate che questo capitolo mi piace in modo particolare e poi l’ho pure sognata tutta la vicenda ;), ah infine i due gladiatori se non si è capito sono Naruto e Sasuke eh! XD
Questo è il risultato di troppo studio e fatica a scuola, perciò non potete farci nulla! .-.
Ultimo e poi me ne vado, ringrazio sentitamente chiunque è arrivato a leggere fin qui o chiunque vorrà recensire per farmi sapere che ne pensa!
Ora scappo che ho altre mille (!) recensioni a cui rispondere!! *-*

Ancora auguri e alla prossima,
Sakura_____ 

   
 
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