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Autore: kate95    26/12/2011    5 recensioni
Ogni cosa di lei lo attraeva, lo stregava, ogni pregio ed ogni suo difetto l’avevano fatto innamorare di lei.
Amava ogni singola espressione, ogni singolo gesto di lei.
Aveva sognato spesso loro due insieme, non poteva negarlo, l’aveva fatto così tante volte da aver perso il conto ormai.
L’unica cosa che gli rimaneva era la speranza che un giorno quelle sue fantasie sarebbero potute diventare realtà.
Aveva immaginato di poter restare a guardarla mentre lei dormiva, di poterla accarezzare dolcemente, di poter seguire con una mano il profilo del suo naso e scendere per arrivare alla sua bocca, al mento e proseguire lungo il collo, avrebbe voluto sentire il sapore delle sue labbra e il suo corpo vicino al suo.
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alexis Castle, Javier Esposito, Kate Beckett, Kevin Ryan, Martha Rodgers | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Quarta stagione
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Love, murders and bullets...

Capitolo 1- Sospettato

 

Kate Beckett odiava quella parte del suo lavoro.

Ovvero restare a guardare senza poter reagire.

Rimanere lì ferma con la consapevolezza di non poter fare assolutamente nulla.

Sapeva che sarebbe finita così: niente prove, soltanto supposizioni, uno dei più costosi avvocati a difendere quell’omicida.

Sapeva che non sarebbe riuscita ad arrestare quell’uomo spregevole.

La detective stava interrogando il suo sospettato, l’uomo che senza dubbio si era macchiato di crimini orribili come l’omicidio a sangue freddo di due persone.

Un uomo ricco sfondato, tanto che anche Castle in confronto a lui sembrava un poveretto. Un uomo d’affari di Los Angeles venuto nella Grande Mela per lavoro da ormai due settimane per stipulare un accordo tra la sua azienda e una di New York.

Se ne stava lì, seduto nella sala interrogatori con aria arrogante senza dire una parola, accanto il suo avvocato, che parlava al posto suo continuando a minare l’autocontrollo di Kate.

Ma lei non avrebbe ceduto: sapeva che quell’avvocato non aspettava altro che una sua mossa falsa così da potersi appigliare a qualsiasi cavillo legale per far scarcerare il suo assistito.

Non gli avrebbe dato quella soddisfazione.

Era anche per quel motivo che aveva proibito a Castle di entrare con lei, non voleva mandare all’aria quell’interrogatorio.

Era già abbastanza difficile così e non poteva permettersi errori, anche perché la presenza di un non poliziotto sarebbe stata sicuramente contestata da quel maledetto avvocato.

Kate aprì il fascicolo contenente i vari documenti sul caso e mostrò le foto delle due vittime all’assassino.

"Mi dica signor Parker: conosce queste due persone?"

L’uomo osservò le due foto in silenzio mentre il suo legale cominciava a parlare nuovamente al posto suo: "Il mio cliente non è tenuto a rispondere, detective"

"Il suo cliente è sospettato di duplice omicidio. Gli conviene rispondere.

Vede avvocato, tutto questo mistero, questo voler mettere a tacere ogni cosa potrebbe apparire sospetto. E io non credo che Parker voglia rovinare la sua carriera con delle false accuse" disse la donna.

"Detective Beckett le ricordo che io…" iniziò l’avvocato ma venne interrotto dall’indiziato: "Io sono innocente. Non ho nulla da nascondere. No, non conosco queste persone. Mi dispiace se sono morte"

"Certo, lo immagino" sussurrò la poliziotta tra i denti "e mi dica, dov’era la sera del primo omicidio?"

Beckett stava tentando di metterlo alle strette, voleva cercare di farlo cadere in trappola. I due crimini, il primo dei quali avvenuto lo scorso mercoledì

intorno alle 10.30 di sera, avevano sì fatto scalpore ma la stampa non aveva mai rivelato l’ora dell’omicidio.

Se il signor Parker avesse prontamente risposto fornendo un alibi senza chiedere chiarimenti avrebbe potuto quanto meno aggravare la sua posizione, dicendogli che nessuna persona, a parte la polizia e l’assassino stesso, poteva sapere quel piccolo ma importantissimo dettaglio.

Parker però era più furbo di quanto si potesse aspettare: "Non posso fornirgli nessun tipo di alibi se non mi dice quando i due crimini sono stati commessi" disse senza perdere neanche per un istante quella sua aria strafottente.

La detective sospirò sconsolata rispondendo: "Mercoledì sera intorno alle 10 e 30"

"Mi faccia pensare…. Ah sì, ero in albergo, e mi sono fatto portare una bottiglia di champagne con il servizio in camera per festeggiare una trattativa appena conclusa. Sono sicuro che la cameriera si ricorderà. Le ho anche lasciato una generosa mancia"

"Verificheremo"

Quell’uomo le dava sui nervi ma doveva cercare di controllarsi o la situazione si sarebbe aggravata.

Intanto nella stanza dietro lo specchio Castle, Ryan, Esposito e la Gates assistevano all’interrogatorio.

Erano passati ormai più di tre mesi dalla morte di Montgomery e al suo posto era subentrata quella donna che non piaceva a nessuno.

Imponeva a tutti regole ferree e pretendeva il massimo ordine al distretto.

Senza parlare del suo comportamento gelido e del poco feeling che era capace di instaurare con i detective.

Le cose tra Castle e Beckett dopo quanto successo al funerale erano peggiorate. Kate ricordava ogni parola che lui le aveva detto e ciò l’aveva impaurita. Dopo quella serata in cui entrambi avevano per qualche istante ceduto ai loro sentimenti, avevano ripreso la loro routine a poco a poco; entrambi sapevano ciò che provavano l’uno per l’altro ma era un momento difficile per Beckett e per questo avevano scelto di continuare il loro rapporto lavorativo, accantonando ciò che provavano.

Kate aveva lasciato Josh dopo meno di una settimana dal suo risveglio dal coma, consapevole che non poteva più continuare a fingere.

Dopo diverse discussioni con il nuovo capo perché non vedeva di buon occhio la presenza dello scrittore al distretto, tutto era apparentemente tornato alla normalità.

I due partner non parlavano dei loro sentimenti, evitavano l’argomento ma

in un certo senso il loro rapporto si era evoluto: ormai si erano rivelati tutto ciò che sentivano e sapevano di poter contare sull’aiuto reciproco nei momenti di bisogno.

La voce della Gates risuonò dura ed aspra nella piccola sala dietro lo specchio: "Non ci sono prove e sapete bene che non approvo questo metodo di lavoro. Non possiamo trattenerlo e sarebbe meglio finire al più presto questo interrogatorio ridicolo. Il signor Parker è un uomo illustre, molto conosciuto e questa falsa accusa potrebbe rovinare la reputazione del distretto. E non potete permettervelo! Sono stata chiara?"

"Ma…" iniziò Castle.

"Nessun ma, non lo accetto. Soprattutto da uno che non è neanche un poliziotto" ribatté per poi uscire dalla stanza sbattendo la porta.

Poco dopo anche Kate uscì dalla sala interrogatori arrabbiata e frustata più che mai.

Era stata costretta a rilasciare quel verme schifoso.

Rimase lì, ferma immobile a guardarlo camminare per il corridoio, prendere l’ascensore e tornare in libertà come se nulla fosse.

Andò in sala relax con l’intenzione di bere un caffè e cercare di contenere la sua delusione, la sua frustrazione.

Prese la caraffa e versò un po’ di liquido con la mano che tremava, rischiando di rovesciarne un po’ fuori.

Era così persa nei suoi pensieri che non si era accorta di Castle che l’aveva seguita ed era rimasto qualche istante in silenzio ad osservarla.

Anche Rick provava la stessa delusione per non essere riuscito a dimostrare la colpevolezza di Parker e capiva come lei si sentisse in quei momenti.

Era sicuro che si sentiva terribilmente in colpa.

Avrebbe voluto fare qualcosa per distrarla, qualsiasi cosa.

Dopo la loro discussione le cose tra loro erano cambiate e lui non sapeva se essere felice oppure deluso.

Erano successe tantissime cose, tutte insieme e troppo velocemente.

A volte si sentiva a disagio, non sapeva come comportarsi, pensava che la relazione con lei fosse troppo complicata, che forse avrebbe dovuto smetterla di sperare che la loro amicizia diventasse qualcosa di più.

Forse avrebbe fatto meglio a cercare l’amore da un’altra parte, dove tutto sarebbe stato più facile.

Ma poi quando la vedeva, quando i loro sguardi si incrociavano, quando lei gli sorrideva capiva che nessun’altra donna avrebbe potuto farlo sentire così.

Era difficile ma ne sarebbe assolutamente valsa la pena.

Ogni cosa di lei lo attraeva, lo stregava, ogni pregio ed ogni suo difetto l’avevano fatto innamorare di lei.

Amava ogni singola espressione, ogni singolo gesto di lei come quando si mordeva il labbro inferiore mentre elaborava qualche teoria insieme a lui, quando una ciocca di capelli le ricadeva ribelle sul viso e come lei la portasse dietro all’orecchio con un gesto delicato.

Aveva sognato spesso loro due insieme, non poteva negarlo, l’aveva fatto così tante volte da aver perso il conto ormai.

L’unica cosa che gli rimaneva era la speranza che un giorno quelle sue fantasie sarebbero potute diventare realtà.

Aveva immaginato di poter restare a guardarla mentre lei dormiva, di poterla accarezzare dolcemente, di poter seguire con una mano il profilo del suo naso e scendere per arrivare alla sua bocca, al mento e proseguire lungo il collo, avrebbe voluto sentire il sapore delle sue labbra e il suo corpo vicino al suo.

Si risvegliò da quei pensieri e si avvicinò alla donna, deciso a dirle qualsiasi cosa che potesse farla stare meglio.

   
 
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