Film > Sherlock Holmes
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Autore: Shadowolf    26/12/2011    2 recensioni
SPOILERS PER SHERLOCK HOLMES: A GAME OF SHADOWS: Cita due scene, tra cui il secondo "incontro" tra Holmes e Moriarty e la prima scena ambientata in Svizzera.
Così prese il coraggio a due mani, sapendo quanto faticoso sarebbe stato riuscire ad ottenere quel pezzo di informazione che gli mancava, e si avvicinò all’uomo al di là del separé, incrociandoci le braccia sopra e guardandolo con tenerezza.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Fu solo un paio di giorni dopo dall’accaduto che ebbe modo di chiederglielo. Non che quella domanda non gli stesse ronzando in testa fin da quando aveva notato la ferita profonda e già infetta che si allungava sotto l’ascella del suo compagno. Ma il primo momento di relativa quiete che avevano avuto dopo quella sera maledetta era stato sul treno, quando il cuore di Holmes aveva smesso di battere per alcuni lunghissimi e interminabili secondi, e lui aveva temuto di aver perso la cosa più importante che avesse mai avuto al mondo. E poi, una volta scongiurato il pericolo, la sua felicità era stata talmente tanta che aveva dimenticato tutto il resto, concentrandosi solamente sul suo obiettivo primario, che era quello di curargli ognuna di quelle ferite. Le altre cose erano solamente fesserie, e dio solo sapeva se il tempo non fosse prezioso in casi come quello.
Ma in quel momento, mentre si stavano preparando per andare a dormire nella mansarda dello chalet che Mycroft aveva procurato per tutti loro, alla vista di quella macchia ormai scura e per certi versi spaventosa che dominava la parte superiore del fianco destro del suo amico, il dottor Watson non poté non avvertire una fitta di dolore all’altezza dello stomaco, nonostante in tutta la sua onorata carriera tra le file dell’esercito di sua maestà ne aveva certamente viste di peggio. Ma nessuno di quegli uomini era arrivato a toccarlo così nel profondo come Sherlock Holmes. Nessuno lo aveva messo più a nudo, scavato più in fondo nei suoi sentimenti, nella sua anima di quanto avesse fatto lui. Nessuno. E Watson ne era pienamente consapevole.
Così prese il coraggio a due mani, sapendo quanto faticoso sarebbe stato riuscire ad ottenere quel pezzo di informazione che gli mancava, e si avvicinò all’uomo al di là del separé, incrociandoci le braccia sopra e guardandolo con tenerezza. Il detective continuò a tirarsi su la camicia da notte con attenzione, fissando la propria immagine riflessa nello specchio e stringendo forte i denti per non farsi scappare neanche un solo gemito, testimonianza del dolore ancora atroce che ormai lo accompagnava quasi sempre, da quella sera.
‹‹ So che ti fa male. ›› proruppe allora la voce del dottore, senza darsi pena di nascondere il tremolio di preoccupazione che lo affliggeva.
‹‹ Solo un leggero pizzicore, tutto qui. ›› cercò di sminuire l’altro, che al contrario stava impiegando ogni singolo muscolo della propria faccia per non lasciar traspirare alcuna emozione.
‹‹ Hai una ferita profonda lì, e meriterebbe certamente più attenzione di quanto gliene stiamo dando. ››
‹‹ Strano, a me sembra perfettamente il contrario, John. ››
Il suo tono era scocciato, sì, ma dopo tutto quel tempo Watson seppe ben distinguere quella piccola nota fuori dall’omogeneità del suo tono. Che bastò a dargli tutte le conferme di cui aveva bisogno.
Decise di lasciare andare la cosa per quel momento, e senza aggiungere altro si diresse verso il letto, infilandosi sotto le coperte e soffiando sulla candela del proprio comodino, lasciando l’intera stanza al buio, consapevole che Holmes avrebbe trovato la strada anche senza luce, talmente era abituato ai suoi pedinamenti notturni per le strade di Londra.
Dopo solo un paio di minuti infatti lo sentì scivolare tra le lenzuola, dalla sua parte del letto, e trattenere il fiato, ancora una volta per lasciarsi sfuggire alcuna esclamazione di pena, cercando una posizione comoda. Contrariamente alle proprie abitudini, Watson se ne rimase fermo ed immobile, fingendo di dormire. Soltanto così avrebbe avuto una possibilità di perseguire il suo intento. Rimase in silenzio quando Holmes lo chiamò, tre volte in totale, prima di abbandonare la sua voglia di attenzioni e convincersi che il dottore era davvero addormentato.
Resistette anche quando l’altro cominciò a gemere impercettibilmente, stringendo forte le coperte e ansimando piano, una volta che l’effetto del calmante che lui gli aveva somministrato prese a svanire. Stava soffrendo, lo sapeva, ma era ancora troppo presto per il suo scopo, come il passato gli aveva più volte dimostrato: Holmes avrebbe finto stupore e sorpresa, avrebbe cercato di convincerlo che non era altro che una sua immaginazione e infine avrebbe tentato la carta dell’incubo.
Ci volle più di un’ora, ma alla fine un pigolio leggero e doloroso cominciò a levarsi dall’altra parte del letto, seguito a breve distanza dal suono ovattato di singhiozzi che venivano soffocati, sempre di più a stento. Attese due minuti di più, poi aprì gli occhi e gli andò vicino, prendendolo delicatamente e con gentilezza tra le proprie braccia, accarezzandogli piano la testa e sospirando di amarezza, convinto che, appena gli fosse stato possibile, l’altro avrebbe sminuito il tutto, sforzandosi di farlo tornare a dormire.
Ma non questa volta.
‹‹ Mi sta divorando, John. ›› gemette, aggrappandosi con il braccio ancora sano al suo e abbandonando completamente il proprio controllo, cominciando a piangere sempre più forte, fin quando non prese addirittura a gridare dal dolore.
‹‹ Lo so... Lo so, Sherlock. ›› balbettò lui, improvvisamente incapace di fare qualunque altra cosa, come paralizzato da tutta l’umanità che il suo compagno stava manifestando a causa del dolore atroce. Poggiò le labbra sulla sua fronte e constatò che scottava. Come prevedibile, la febbre lo stava attaccando. Allungò una mano sul comodino e prese la siringa di emergenza che aveva preparato precedentemente dopo aver considerato il verificarsi dell’evento assai probabile, e senza pensarci oltre la iniettò nella vena del braccio del suo amico, mentre ancora lo stringeva a sé. Contrariamente al solito Holmes non oppose alcun tipo di resistenza, e anzi chiuse gli occhi e rimase in silenzio, in un tentativo che Watson attribuì a qualcuno di quegli strani esercizi di rilassamento che ogni tanto gli vedeva provare.
Un quarto d’ora dopo la febbre prese a scendere, anche se lentamente, e Watson smise di accarezzare il volto del suo compagno, credendolo ormai addormentato. Tirò un leggero sospiro di sollievo e lentamente prese a scostarlo da sé, per permettergli di dormire in una posizione più comoda e certamente migliore. Ma al primo suo movimento la mano di Holmes gli serrò il polso, impedendogli di proseguire la sua azione. Lui rimase lì, fermo e spiazzato, e abbassò lo sguardo sull’altro per cercare di capire il motivo della stretta.
Gli occhi bruni e profondi dell’investigatore gli rivolsero uno sguardo distrutto ed miserabile, anche se Watson non capiva ancora per cosa. Voleva chiedere, voleva sapere, ma allo stesso tempo continuava ad inghiottire quella domanda, perché adesso aveva letto qualcosa che mai prima d’ora era passata negli occhi del suo amico, e ne rimase spaventato egli stesso. Era paura.
‹‹ Cosa è successo lì dentro, Sherlock? ›› sentì poi la sua stessa voce sussurrare, ed avvertì le sue guance bagnarsi appena, mentre continuava a tenere gli occhi fissati in quelli dell’altro.
Ed a sorpresa il detective rispose, tra brividi e respiri mozzati, tenendosi stretto al braccio del suo dottore.
‹‹ Appeso come carne da macello, John. Un uncino conficcato nell’ascella. E continuava a dondolarmi, destra sinistra, sinistra destra. E quando mi fermava, continuava a chiedermi una domanda, sempre la stessa. E poi riprendeva a dondolarmi, destra sinistra, sinistra destra. Carne da macello, John. ››
‹‹ A-Avrei dovuto far prima, mi dispiace, io... Non avrei mai dovuto lasciarti andare da solo, ora... ora lui sa. ››
‹‹ No, John. Moriarty sa solo del telegramma. Non sa di te. Sei... Sei al sicuro. ›› concluse Holmes, poi distolse lo sguardo da quello di Watson e lasciò andare una lacrima, una soltanto. E lui la vide e l’asciugò con il suo pollice, abbracciando più forte il detective e poggiandogli un bacio sulle labbra, in silenzio.
Il loro amore era ancora al sicuro, grazie a lui.




AUTHOR'S CORNER: L'angst di questo film, madò. Tipo, che strillerei la maggior parte del tempo ogni volta. Ma vabbè. Sono troppo attaccata a questi due personaggi, non ci posso fare niente. E anche a Robert e Jude, quindi bon, beccatevi la fic super angst.

   
 
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