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Autore: Gondola89    27/12/2011    2 recensioni
Nitimur in vetitum semper cupimusque negata.
Genere: Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La tonaca del frate strusciava sulla pietra dei sotterranei.
L’anima gli ribolliva da giorni in un tumulto di desiderio e rabbia per quella passione così oscura e inconfessabile. Più volte aveva stretto i grani del rosario tra le mani, colpendosi il petto possente e la schiena; nel buio della sua cella, con le guance rigate e le lacrime che bagnavano la barba, aveva chiesto aiuto a Dio, aveva chiesto di placare quel fuoco che gli bruciava le viscere.

“Signore, abbi pietà di me, della mia carne che vive solo di sussulti; abbi pietà di me, metti fine a questo desiderio che tormenta le gambe, accende il corpo tutto in guizzi irresistibili, in furori a cui non so dare freno.”

Niente era bastato, niente aveva messo fine a quelle scosse e a quelle promesse di godimento. La voluttà degli occhi di lei, il rossore accennato delle guance, la purezza dello sguardo, i suoi occhi erano indimenticabili. Sperava di incontrarli lì, adesso, dietro la pietra grigia dei sotterranei, nel sacro silenzio del convento.

“Sorella Aurora...” sussurrò vedendola di spalle, senza che lei potesse sentirlo. Il velo lasciava scorgere, di profilo, un ciuffo di capelli ricci; la figura perfettamente riconoscibile: il rigore della postura era mosso dalla freschezza e dalla spontaneità tipica degli spiriti più gioviali; la morbidezza dei fianchi non lasciava respiro.
Il frate le afferrò la vita con un gesto repentino, sopraggiungendo di soppiatto. Sussultando, la suora lasciò cadere a terra la fiaccola, che rotolò; la stanza piombò nelle tenebre.

Assalito da un desiderio sempre più potente, il frate cominciò a palparle i seni, costretti nella veste. Strappò con un’unica mossa il saio di lei e la cintura che mortificava le carni. Al contatto di quel corpo nudo, il frate non poté reprimere un brivido di piacere, il suo sussulto tuonò nello stretto corridoio. La suora, invasa da una sensazione di calore inedita, avvinta da quella forza e come rapita da quei battiti, non riuscì a pronunciare una parola; credette di soffocare, di perdere i sensi e di perdersi in quella stretta.

Restò immobile, pietrificata, mentre il frate stracciava la veste e rimaneva completamente nudo. Strinse il corpo di lei al suo, tanto vicino che ella poté sentire i tagli delle ferite aperte dai colpi del rosario, il battito feroce del suo cuore. Cominciò ad ansimare con una forza imprevista, mai sentita prima; pareva difficile sopravvivere a quell’esplosione di sentimenti contrastanti, di paura eppure di piacere intimo, profondissimo, indescrivibile.
Con una spinta improvvisa, il frate strattonò la suora verso il muro; ella sentì il suo corpo stretto tra la pietra gelida e il corpo di lui, fremente, monumentale; sembrava che quel petto potesse, gonfio e palpitante, contenerla tutta; quelle mani, possenti e accese da una forza senza limiti, avrebbero potuto sbatterla a terra con un solo colpo.

Terrorizzata da quella proibita sensazione di piacere, cercò di dimenarsi, di urlare. Non un suono uscì dalla sua gola, mentre i colpi delle braccia furono annientati dalla forza di lui che la spinse ancor più violentemente contro il muro.
Sentì la lingua del frate insinuarsi nella bocca, le labbra bagnarsi di quel bacio rubato, violento, irresistibile.
Egli, vinto da un desiderio che sembrava accrescersi ad ogni contatto, le strinse i fianchi tra le mani, voltò il suo corpo e diede sfogo ai suoi istinti più selvaggi. Sentiva quell’uomo virile, a lungo represso, quella forza animale, quasi bestiale risorgere in lui e scuotere in mille brividi il corpo potente. Con una mano stringeva il seno di lei, con l’altra cercava furente ogni parte del suo corpo, mentre la bocca si posava avida sul collo.

Più i colpi si facevano violenti, più la suora si sentiva assalita da quella rude possanza e la sensazione di piacere sembrava accrescersi e dilatarsi, immobilizzando ogni arto. Lui si fece ancora più aggressivo, i suoi sussulti sempre più voraci. La suora, rapita dal godimento senza nome che la scuoteva tutta, lanciò un urlo di piacere tanto forte che risuonò nei sotterranei, rimanendo poi senza fiato. Il corpo di lui, completamente bagnato, la stringeva tra le gambe.
 
 
Dopo un lungo istante di silenzio, col respiro ancora affannato, il frate sussurrò, come riprendendo coscienza:
“Cosa abbiamo fatto...”
Quella voce. Quella voce, rotta da un pianto colpevole, era inconfondibile:
“Padre Diego...” eruppe lei, vinta da un sentimento di terrore.
“Che cosa abbiamo fatto...” ripeté lui, tra le lacrime, stringendola forte sul suo petto.
  
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