Libri > Le Cronache di Narnia
Ricorda la storia  |      
Autore: _eco    27/12/2011    5 recensioni
[Post "The last battle"] [Susan Pevensie]
« Lucy ci credeva, Peter ed Edmund ci credevano; e sono morti, Charlie! Non crederci anche tu, te ne prego » , lo supplicò la donna, il petto scosso dai singhiozzi.
Era inconcepibile, per lei, scoprire che anche il suo bambino, curioso e innocente tanto quanto lo era Lucy, fosse caduto nella trappola che aveva condotto i suoi fratelli alla morte.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Susan Pevensie
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Informazioni previa lettura: Per Natale ho ricevuto il dvd originale de "Il principe Caspian" e, nonostante l'abbia già visto almeno cinque o sei volte, ho deciso di riguardarlo qualche giorno fa. Oggi ho rivisto il "Viaggio del veliero". E sarà per questo clima "narniano" che sto respirando in questo periodo, ma mi sono messa a cercare video su video, finchè non ne ho trovato uno che mi ha rapita dall'inizio alla fine - eccolo qua, per chiunque volesse vederlo: http://www.youtube.com/watch?v=aWrpHnnRISI -  e che mi ha dato l'ispirazione giusta per scrivere. Charlie è un personaggio di mia inventiva, già comparso in un'altra mia shot su Narnia, "Snow". Che dire? Spero vi piaccia. Ah, leggetela ascoltando "There's a place for us" la versione che preferite (io ho ascoltato quella dei Sonhora, malgrado non gradisca la loro musica) e capirete tutto ancora meglio.
Ci si legge a fondo pagina. :D


- Allora non era un addio -  
 

Charlie Harris era tutto ciò che un bambino di otto anni possa essere: amava la cioccolata, detestava la verdura e i legumi, borbottava di continuo, non sapeva stare fermo durante le lezioni – specie quelle di geografia –, si divertiva a sguazzare nelle pozzanghere di fango, incurante dei rimproveri dei genitori, e credeva che la sua mamma fosse la più bella fra tutte; ma Charlie, a differenza di molti suoi coetanei, aveva una profonda passione per tutto ciò che poteva essere letto.
Anche quella sera si era rinchiuso nella sua cameretta al timido bagliore di un lumetto da comodino, gli occhi di cioccolato che rincorrevano parole dopo parole, avidi di sapere, impazienti di scoprire. Finiti tutti i libri a sua disposizione, qualche giorno prima, il piccolo Charlie si era messo alla ricerca di un nuovo, avvincente volume sul quale poter costruire sogni e avventure. Ne aveva trovato uno dal grosso spessore per un bambino di soli otto anni, ma l’aspetto del libro non aveva intimidito il piccolo Charlie, che si era arrampicato sino al terzo scaffale della libreria e lo aveva sfilato via, raccogliendolo fra le mani. Corso in camera, si era apprestato a controllare che la mamma non fosse nei paraggi - «Dal secondo scaffale in su non ci sono libri che fanno per te, Charlie», gli aveva ricordato più volte Susan – e si era immerso nella lettura silenziosa del nuovo volume recuperato, qualche volta interrotta dai dentini da latte che sgranocchiavano noccioline e leccornie.
«O figlia di Eva che vieni dalla città di Guarda Roba nel paese felice di Stanza Vuota, dove regna l’estate eterna, che ne diresti di venire a casa mia a prendere un tè? ».
«Mille grazie, signor Tumnus » rispose educatamente Lucy. «Mi chiedevo se non farei meglio a tornare indietro…»”.
Charlie ridacchiò appena, stando attento a non stropicciare troppo la sottile pagina ingiallita. Com’era possibile che esistesse un fauno – Tumnus – tanto stolto da non capire che Stanza Vuota e Guarda Roba non sono regioni o città? Charlie pensò che Lucy dovesse essere una bambina davvero paziente e accomodante, dal momento che non lo aveva ancora preso per pazzo e, invece, continuava a discorrere con lui. Desiderò di poter essere lì, accanto a lei, magari nascosto dietro un cespuglio innevato, rapito dalla fiamma del lampione – “Lucy si domandò a  chi possa venire in mente di piazzare un lampione in mezzo al bosco” – tanto per vedere con i suoi stessi occhi la barba ricciuta del fauno che, nonostante la sua ignoranza in fatto di geografia, sulla quale Charlie poteva anche sorvolare, dal momento che nemmeno lui amava quella materia, gli faceva una certa simpatia.
Un delicato bussare spezzò il silenzio, il bambino fu costretto ad abbandonare il suo libro che, ad ogni secondo che passava, gli sembrava esser fatto di neve, foglie e scalpiccii di zoccoli su di un mantello candido e morbido, non più di semplice carta invecchiata e inchiostro deteriorato. Un altro particolare che Charlie aveva da subito notato è che la calligrafia non richiamava per niente quella impeccabile stampata a caratteri chiari, bensì si trattava di una grafia più curata, elegante, certe volte troppo sciolta e rotondeggiante per essere compresa subito. Eppure quel particolare sembrava piacergli.
Susan entrò nella cameretta del figlio, avvolta in una calda vestaglia color panna, i lunghi capelli che le piovevano sulle spalle, le mani curate che nascondevano piccole increspature ruvide dovute alle faccende domestiche che svolgeva solitamente. Premette il dito sull’interruttore e il flebile bagliore del lumetto si mimetizzò con quello più acceso del lampadario di vetro.
«Sei ancora sveglio? », domandò, ma la risposta non tardò ad arrivare: una zazzera di capelli corvini sbucava dal piumone di flanella, accompagnata da occhi d’inchiostro che si mescolava a quello delle lettere stese sulle pagine sottili.
«Mmm mmm », fece il bambino, chiudendo il libro e badando a non perdere il segnale.
«Leggi sempre », constatò la madre, con un sorriso fiero sul volto; di quei sorrisi che, per essere definiti tali, non hanno bisogno di mostrare i denti bianchi e perfetti.
A Charlie piaceva il sorriso della sua mamma, soprattutto quando anche gli occhi celesti cominciavano a brillare.
Susan si avvicinò con passo elegante, che però non nascondeva del tutto la stanchezza che le si era depositata sul viso sotto forma di violacee occhiaie e sottili rughe, lasciando strisciare la cinta della vestaglia sul pavimento. Sbirciò con sguardo divertito la copertina del libro del figlio non appena si fu seduta sul bordo del letto. Sulle prime restò in silenzio, la schiena rigida e percorsa da brividi di terrore, la gola attorcigliata in un nodo indissolubile, le lunghe ciglia vibranti. Era una copertina come tante, nulla di particolare: un prato verde, un cielo azzurro e limpido, fiori variopinti che pendevano da rami robusti, e un leone possente in piedi, vicino ad un ciliegio, la criniera dorata e lo sguardo docile e mansueto. Nulla di particolare, sì, ma non per lei che sapeva, non per lei che, nonostante combattesse contro se stessa, riusciva a vedere dell’altro in quel disegno.
«E’ proprio bello, questo libro, sai, mamma? Non è proprio un libro: ce ne sono sette, ecco perché è così grosso; ma ho già letto il primo. Tu non lo hai mai letto? C’è un bambino, si chiama Digory, che ha la mamma malata, poveretto. E ha un’amica, Polly – che nome buffo Polly, mamma! – e insieme scoprono un mondo dove all’inizio non c’è nulla. Poi, però, arriva un leone grande e grosso, che all’inizio mette paura a tutti…però poi si scopre che è buono. Grazie a lui gli animali possono parlare. E sai cosa fanno, mamma? Una cosa buffissima! Credono che lo zio di Digory, quello brutto e antipatico, sia un albero o qualcosa di simile, e lo piantano per terra per farlo crescere! Ora sono ancora all’inizio del secondo, e sai una cosa?, c’è una bambina che si chiama proprio come te! », disse tutto d’un fiato Charlie, gesticolando entusiasta, scoppiando a ridere e facendosi nuovamente serio alla fine.
Quando aveva letto dei “quattro bambini che si chiamavano Peter, Susan, Edmund e Lucy”, si era posto non poche domande sul perché quella bambina si chiamasse proprio come la sua mamma, mentre gli altri gli parevano avere i nomi degli zii dei quali Susan gli aveva raramente parlato.
« Dove hai preso questo libro, Charlie? », lo interrogò la madre, la voce atona e seria, lo sguardo che combatteva contro la tentazione di poggiarsi sulla copertina.
«Io…mi dispiace…io, forse non dovevo, mamma, però è tanto bello…e poi fa proprio per me, magari ci è finito per sbaglio nel terzo scaffale, visto che è un libro di fantasia, non come i manuali di papà…», farfugliò il bambino, le gote rosse per la mortificazione di aver disobbedito alla mamma.
«No, Charles, – lo chiamò per nome, come soleva fare soltanto quando era davvero arrabbiata – questo libro doveva e deve rimanere lì  », ribatté a denti stretti, afferrando il volume in malo modo, tanto che una pagina si strappò a metà.
Una lacrima sfuggì al controllo di Susan, cominciando a serpeggiare lungo le sue gote piene; altre s’incastrarono fra le ciglia lunghe, sciogliendo l’inchiostro scuro del trucco che portava di solito.
«Non preoccuparti, mamma », tentò di tranquillizzarla Charlie, prendendole il libro dalle mani e aprendolo dove la pagina si era stracciata,«per fortuna ho già letto questa parte. La so a memoria, guarda: “«Caro, che frutto meraviglioso », disse la mamma con un filo di voce ”, - recitò sbirciando di tanto in tanto il discorso che poteva ricostruire unendo le due parti di foglio – e, siccome non ho una buona grafia, posso dettartela mentre tu la riscrivi ». 
Ma Susan era ancora rigida come prima, la mascella contratta in una smorfia di dolore che sembrava lacerarle il petto. Charlie ne soffriva, non capiva come mai la mamma non si fosse ancora tranquillizzata dopo che lui le aveva assicurato di poter rimediare al danno fatto.
«Perché piangi? », borbottò con voce tremula, agitando la mano sottile della donna con la sua, più pacioccona e appiccicaticcia di noccioline e caramelle.
Susan tirò su col naso, gli occhi rossi per il pianto trattenuto.
«Capisco », la precedette Charlie, «forse hai paura che mi spavento se leggo un libro con un leone, ma stai tranquilla, mamma, questo è un leone buono, il più buono che abbia mai conosciuto: non mi farebbe mai spavento », assicurò ancora una volta.
«I leoni non sono mai buoni », lo contraddisse Susan, asciugandosi con il dorso della mano il mento che grondava lacrime, «i leoni buoni non portano via la tua famiglia, non ti lasciano sola », continuò a denti stretti, conversando con il vuoto.
«Aslan è buono », insistette Charlie, «e lui non lascia solo nessuno: fa parlare gli animali! ».
«Lucy ci credeva, Peter ed Edmund ci credevano; e sono morti, Charlie! Non crederci anche tu, te ne prego », lo supplicò la donna, il petto scosso dai singhiozzi.
Era inconcepibile, per lei, scoprire che anche il suo bambino, curioso e innocente tanto quanto lo era Lucy, fosse caduto nella trappola che aveva condotto i suoi fratelli alla morte.
«Ti hanno salutato prima di andar via?»volle sapere il piccolo.
«No, io ero…avevamo litigato », confessò la madre, la voce rapita dai ricordi di un sabato mattina di quindici anni prima.
Nella sua mente rimbombarono le voci di Edmund e Peter, roche, appassionate, sprezzanti nei suoi confronti, e quella sottile di Lucy, vana nel tentativo di portare pace nel bel mezzo di quell’animata discussione.
«Allora non c’è niente di cui preoccuparsi », sorrise innocentemente il bambino,    « se non ti hanno salutata vuol dire che non era un addio ».
Susan gli scompigliò la chioma folta e scura, liberandosi in una risata mista a singhiozzi.
«E questa dove l’hai sentita?», chiese.
«La dice sempre papà, non ricordi? », rispose lui.
La donna annuì, protese le mani in avanti e rimboccò le coperte del piccolo Charlie, sorridendogli dolcemente. Sistemò il libro sul comodino di mogano e poggiò un bacio sulla fronte del bambino.
« Charlie? », lo chiamò dall’uscio della stanza, quando si fu poggiata allo stipite della porta.
Attese che la zazzera d’ebano sbucasse da guanciale e piumone.
«Sapresti ricordare quella pagina sino a domattina?», domandò.
«Credo di sì ».
« Allora domani la riscriviamo », promise, premendo il dito sull’interruttore.

 

Note dell'autrice: Diciamo che grazie ad alcune bellissime shot, a video davvero ben fatti e ad una buona dose di immaginazione personale, ho sempre creduto che Susan sia rimasta sulla terra anche per raccontare la storia di Narnia ai posteri, in modo che nulla venga dimenticato o tralasciato. Nel video, sempre che l'abbiate guardato, vi sono le immagini di una Susan anziana che finalmente riincontra Aslan. Ecco, io credo che un giorno anche lei tornerà a Narnia, in un modo o nell'altro.
 

  • Il libro che Charlie legge è scritto a mano da Lucy.
  • I discorsi in corsivo sono tratti da "Il leone, la strega e l'armadio" e "Il nipote del mago".
  • Charlie usa un lessico forbito per un bambino di soli otto anni, e la cosa è voluta poichè è un bambino che, comunque, leggendo molto, ha una sua cultura e un suo vocabolario più o meno ampio.
  • Per come la vedo io Susan cercherà in tutti i modi di tenere Charlie distante da Narnia, perché l'associa alla morte dei fratelli, e non vuole che anche suo figlio segua il loro percorso. Inoltre, credo che Susan sia sempre stata terrorizzata dalla somiglianza fra Charlie e Lucy in quanto ad innocenza e curiosità.

Con questo ho detto tutto.
Spero che la shot vi sia piaciuta. Accetto e apprezzo critiche, consigli, complimenti (se ce ne sono) e qualsiasi altro tipo di recensione si attenga al regolamento di EFP.
Gradirei un vostro parere perché ho fatto un lungo lavoro con questa shot e non vorrei che passasse troppo inosservata.
Saluti.
S.

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Le Cronache di Narnia / Vai alla pagina dell'autore: _eco