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Autore: hibou    28/12/2011    2 recensioni
Le braccia si stendevano e flettevano, i pugni fendevano l’aria con ferocia. Gocce di sudore scivolavano a terra, come il sangue degli spettri che lui, ad ogni colpo, abbatteva.
Lo stava pensando? Avrebbe pianto per lui?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Decoy
 



 
Il calpestio degli stivaletti rimbombava nel silenzio della notte. Si sistemò la sacca che reggeva nella spalla destra, uscendo dal caldo tepore della casa e ritrovandosi faccia a faccia con la fredda aria primaverile.
Respirò a pieni polmoni e si inoltrò nel giardino, svoltando a sinistra.
Da lontano intravide la bianca cupola della sua destinazione e si impose di concentrarsi sulla propria missione, di non pensare a nient’altro se non il suo obbiettivo finale.
Proseguì con passo lento e sostenuto, ritrovandosi finalmente di fronte al globo nero e bianco che lo sovrastava.
Salì la rampa di scale che precedeva l’uscio e premette il pulsante alla sua destra. Lo sportello si aprì e lui mosse il primo passo all’interno dell’abitato.
Lanciò uno sguardo all’edificio alle sue spalle; la forma singolare, la grande macchia di intonaco rovinato dall’esplosione della camera gravitazionale, la quarta finestra del terzo piano, l’albero ai piedi della sua camera.
Guardò tutto per un’ultima volta, poi si voltò e chiuse il portellone dell’astronave, preparandosi alla partenza.
 

Chiudi gli occhi e convinciti
che qui è dove vuoi essere
dimenticando tutti i ricordi
cerca di dimenticare l'amore perché l'amore ha dimenticato me.



 
I loro corpi si muovevano all’unisono, danzavano al ritmo cadenzato dei loro sospiri e dei gemiti soffocati.
I ventri tremavano mentre la passione veniva bruciata a suon di spinte quasi furiose e baci infuocati.
Affondò le unghie nelle sua schiena, inarcandosi verso di lui senza più riuscire a trattenere il piacere che la pervase. Raggiunse l’estasi con lui, stringendolo forte al seno mentre i loro respiri affannati si placavano.
L’uomo chiuse gli occhi, ispirò il profumo della sua pelle e si fece cullare dalle sue carezze finché l’orgoglio riprese prepotentemente il controllo della propria mente, e del proprio cuore.
Ringhiando si scostò bruscamente da lei, voltandole le spalle.
Non passò molto tempo che sentì il lieve contatto delle sue mani circondargli la vita.
Era abituata, lei, a quel genere di trattamento. Sapeva che quel fragile abbraccio non sarebbe durato a lungo.
Lui, infatti, scacciò malamente le sue mani e si alzò a sedere nel letto, stropicciandosi gli occhi e strofinandosi il viso.
Allungò una mano nel materasso, afferrò i boxer e cominciò a vestirsi.
Lei lo guardò turbata: “Cosa stai facendo Vegeta?”
Non le diede attenzione, indaffarato a recuperare i propri vestiti.
“Mi sto vestendo, non lo vedi?”
“Perché?”
Si rabbuiò in viso. Un presentimento cominciò a farsi largo nella sua testa.
“Me ne vado.”
 
 

Beh, hey, hey, piccola, non è mai troppo tardi
presto non ti ricorderai più niente
e io sarò come una stella lontana
ricordandomi come il tuo cuore è stato sprecato con me

 
Il petto si sollevava a fatica, cadenzato dai respiri affaticati. Le braccia si flettevano e stendevano vibranti sotto la spinta di una forza gravitazionale superiore e inaccettabile per chiunque. L’allenamento era estenuante e duro, ma almeno teneva sgombra la mente.
Continuò la sessione di flessione per lungo tempo, finché, esausto, si accasciò al suolo.
Strizzò gli occhi, resistendo alla pressione che lo schiacciava sempre più al pavimento.
Li aprì lentamente, intravedendo tra le rosse luci della camera il monitor che regolava la gravità della stanza.
Si ricordò di quando lei gli propose di far installare un comando vocale per regolare il livello atmosferico e rimpianse di aver scartato quell’idea con un imprecazione schietta. Gli sarebbe stato utile, ora.
 
 
Le porte automatiche del laboratorio si aprirono, distraendo la donna dal proprio lavoro.
Alzò gli occhi dalle scartoffie che stava analizzando e sbruffò quando vide il cipiglio corrugato che le si presentò davanti il naso.
Prima che l’uomo potesse aprire bocca, la donna espose la mano aperta davanti il suo viso: “No!” esclamò; “oggi non ho tempo per te!”
“Trovalo” fu la risposta imperturbabile dell’uomo. “Devi aggiustarmi la camera gravitazionale”
Di risposta ricevette uno sguardo bieco: “Di nuovo?! Sei un disastro Vegeta” scosse la testa; “Chiedi a mio padre”.
L’uomo la guardò malevolo: “Ho bisogno di un lavoro immediato, lo farai tu”.
“Io non farò un bel niente!” precisò la donna; “soprattutto se me lo chiedi così gentilmente” sorrise sarcastica, poi si rituffò nel suo lavoro.
Vegeta digrignò i denti e sbatté la mano sul tavolo, spaventando la donna che emise un grido soffocato.
“Credo tu non abbia capito, donna” sussurrò, “tu adesso ti a…”
“IO adesso continuo a lavorare come ho sempre fatto…”  lo interruppe Bulma; “…e TU vai a farti un giro e la smetti di rompermi le palle una volta per tutte!”si alzò di scatto e gli puntò un dito al petto, i loro nasi quasi si toccavano.
Vegeta non sopportò oltre: afferrò la donna per le spalle, la avvicinò a sé e la baciò.
Presa alla sprovvista, la donna cercò di divincolarsi da quella stretta, ma ben presto si ritrovò immersa nelle sensazioni che quell’uomo le stava donando e rispose al bacio con enfasi.
Le mani erano diventate più audaci e avevano iniziato a perlustrare ogni centimetro del suo corpo quando lui si staccò rudemente: “e adesso vai ad aggiustare la camera gravitazionale”.
Uscì dal laboratorio con un sorriso sbieco, lasciandola sola e intontita dal bacio, ben sapendo che lei avrebbe esaudito ogni suo desiderio.
 

Non sei mai stata così usata come ora ti sto usando io, abusando di te
la mia piccola esca, non essere così triste
avresti dovuto capirlo
che ti sto usando
la mia piccola esca
la mia piccola esca


Le braccia si stendevano e flettevano, i pugni fendevano l’aria con ferocia. Gocce di sudore scivolavano a terra, come il sangue degli spettri che lui, ad ogni colpo, abbatteva.
Lo stava pensando? Avrebbe pianto per lui?

Non sono per niente dispiaciuto
(per niente dispiaciuto, per niente dispiaciuto)

 
Ringhiò e scagliò un calcio al vuoto. Girò su sé stesso e lanciò una nuova scarica di pugni, i muscoli tesi sotto la pelle.
Lui era il Principe dei Sayan, non avrebbe ceduto.
Dalle mani fece esplodere delle bianche luci di energia che, come un boomerang, tornarono indietro al mittente, come da lui previsto.
Le sfere si avvicinavano velocemente, si mise in posizione pronto all’attacco.
Quel bianco era quasi accecante, talmente puro da rimanerne incantati.
La sua corazza vacillò.

 

Non sarò dispiaciuto
(per niente dispiaciuto, per niente dispiaciuto)
lo rifarei di nuovo

 

Ricordi di notti insonni lo travolsero come un fulmine a ciel sereno, nella bollente atmosfera di quella stanza si ritrovò a desiderare una piccola oasi di pace e freschezza dalle fattezze umane.
Il bianco candore si avvicinava rapidamente, ma era come se il tempo avesse smesso il suo cadenzare antico. Si ritrovò a rimirarlo con gli occhi socchiusi, mentre studiava quel colore insolito, dalle sfumature turchesi. O le vedeva solo lui?

 

(non essere così triste)
la mia piccola esca
(avresti dovuto capirlo)
la mia piccola esca
(non sei mai stata così usata)


 
Fu troppo tardi per scostarsi e riprendere il controllo di sé. L’energia lo travolse in pieno e lo scagliò nel lato opposto della stanza, facendolo gemere e scivolare lungo il muro.
Si ritrovò seduto a terra, sfinito e addolorante. La sua mente era come un mare in tempesta alla ricerca di un’isolata spiaggia su cui abbattere la propria forza.
Chiuse gli occhi, ricordandosi chi fosse, il suo obbiettivo, il suo avversario, il suo nemico.
E l’oro che ricopriva la sua pelle.

 

La mia piccola esca.

 
 
 
***


 
Buon pomeriggio a tutti.
Le parti a destra e in corsivo sono frasi della canzone “Decoy  - Paramore”, di cui, però, non ho inserito tutte le strofe.
Vi ringrazio molto per l’attenzione, spero sia uscito un buon lavoro e che possa piacere ad alcuni di voi.
Tante buone cose,
 
gloom.

  
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