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Autore: Sciapy    30/06/2003    6 recensioni
Un incidente si è portato via l'unico amore di Anna... e lei è pronta ad appellarsi alla sua ultima possibilità di stare di nuovo insieme a lui...
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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::: ANNA :::
di Sciapy

Quando Anna entrò in camera, capii subito che aveva pianto. Già quando mi aveva telefonato, ero rimasto scosso dal suo tono di voce, quel brivido triste, e allora "Si, vieni subito, non stavo facendo nulla, no non disturbi". Che bugiardo, ero immerso nel lavoro fino ai capelli. Ma quando lei cercava il mio aiuto, mi era impossibile rifiutarle un appoggio.
Dieci minuti ed era arrivata, e stava davanti a me, con gli occhi luminosi, le guance rosse, i capelli freschi e disordinati. Le sorrisi. Gli angoli delle sue labbra cercarono invano di tirarsi su, ma vedevo che le costava fatica, uno sforzo morale che al momento non poteva sopportare.
Stava lì in piedi, appoggiata allo stipite della porta e mi fissava, senza una parola. La conoscevo abbastanza per capire che non si sarebbe mossa finchè io non l'avessi spostata. Quando si sentiva così persa, ogni molecola del suo corpo era indebolita. Le andai vicino, la presi per la vita (tesoro, sembri più magra) e la feci sedere.
A quel punto avrei dovuto cominciare l'interrogatorio. Era una persona ermetica, una di quelle che pretendono consolazione, ma non si consumano nelle spiegazioni dei loro guai. Comunque ero convinto di sapere già quale problema aveva. Dopo tanti anni di amicizia, potevo leggerle la testa con la facilità con cui si legge un cartellone pubblicitario e un suo unico respiro mi sarebbe bastato per conoscere la sua vita intera.
"Allora, piccola, cosa ti è successo?"
Mormorò qualcosa. Una parola che somigliava a "niente", ma il suo tono era troppo sconvolto perché io potessi intendere. Assunsi un'espressione interrogativa, ma lei smise di fissarmi e cominciò a guardarsi intorno. Inutile espediente per cercare di nascondermi quegli occhi spenti. Una volta erano stati vispi e vivaci, pieni di vitalità… molto tempo fa, prima dello schianto.
"Tesoro, parlami".
Mi guardò. Fece un enorme sospiro tremolante. Assurdamente notai che aveva una felpa troppo grande per lei. Forse cercava di nascondersi. Forse era una delle felpe del guardaroba di lui. era pazzesco che conservasse ancora ogni cosa, tutti i più piccoli oggetti.
"Anna?"
"Si… scusa".
Le presi una mano, gliela strinsi. Lei non ricambiò quella stretta, ma finalmente disse ciò che mi aspettavo avrebbe detto: "E' tornato".
Povera piccola Anna! Dopo cinque anni, sperava ancora che lui potesse starle vicino. Certo il loro amore era stato meraviglioso e io che ho seguito la loro storia passo dopo passo, vi assicuro che una coppia del genere si può vedere solo al cinema. Qualunque sognatore potrebbe credere che lui sia tornato dall'Aldilà per proteggerla e per amarla, come se niente fosse accaduto. Ma cavoli, è morto, si è spiaccicato contro un camion, perché quel giorno i freni hanno deciso di fare sciopero, possibile che ancora lei non lo accetti?
"Dolcezza… lui se n'è andato per sempre. Non può tornare. Devi fartene una ragione".
Scosse lentamente la testa. Sconsolata. Mai visto un visino più triste. Ripeté ancora un paio di volte: "E' tornato", poi i suoi occhi guardarono in basso. Sospirai sommessamente. Stavo per ricominciare a spiegarle come in realtà stavano i fatti, ma lei si mosse, prese la mia mano e se la portò su una guancia. Credo di non aver mai sentito una pelle più liscia della sua quel giorno.
"Non è una fantasia. È tornato davvero. Ma deve andare ancora via".
Ormai ero attonito. Altre volte mi aveva detto che sentiva la sua presenza in casa, o i suoi passi sulle scale, oppure la sua voce. Ma erano sempre fatti molto evanescenti, che la facevano piangere per la disperazione. Però qusta volta forse… forse mi sbagliavo. Forse la sua espressione non era di tristezza, bensì un misto di esaltazione, rimpianto, nostalgia.
Mi resi improvvisamente conto di essere terrorizzato. Una sensazione improvvisa di paura e una premonizione che qualcosa potesse accadere mi presero la testa. Dovetti lottare con me stesso per non mettermi ad urlare, per evitare di sbattere la testa contro il muro.
"Anna… cosa stai tentando di dirmi?"
"Oh, io… ho tanta paura!"
Cara, se solo avesse saputo quanta ne avevo io! L'abbracciai. I suoi abbracci mi facevano impazzire, perché il suo corpo era sempre caldo, anche durante l'inverno più rigido. Forse la strinsi troppo forte, ma lei non si divincolò; restò attaccata a me, con la testa appoggiata sulla mia spalla. Sentivo il suo particolare profumo.
Avrei voluto prendere quel corpicino debole, ormai esausto, ed infondergli un po' di vita, la mia vita. Era troppo stanca, troppo stremata e così dimagrita che avevo paura di soffocarla. Mi sentivo una montagna, sovrastando su di lei.
"Anna, cerca di spiegarmi ogni cosa."
Annuì e io pensai di restarle abbracciato, perché forse il contatto fisico le sarebbe servito a sfogarsi. D'altra parte, lei non accennò minimamente a staccarsi da me e restò abbandonata tra le mie braccia, parlando titubante: "Questa notte mi sono svegliata e l'ho visto. Era davanti a me, seduto sul mio letto, che mi guardava. Era buio, eppure distinguevo benissimo il verde dei suoi occhi da gatto".
Verdi? Ma non erano azzurri? Mi accorsi che non ricordavo più il suo aspetto, nonostante l'avessi visto migliaia di volte. Anna invece ricordava ogni minimo particolare. Questo mi indispettiva; non saprei dire il perché, ma ero un tantino geloso. Che persona corretta, geloso di un morto! Il pensiero mi innervosì talmente, che ebbi l'impulso di ridere. In qualche modo, riuscii a trattenermi.
"Mi ha fissata qualche minuto sorridendomi. Era il suo solito sorriso da bambino e io avrei voluto abbracciarlo e baciarlo, ma avevo tutti i muscoli paralizzati".
Be', tesorino, non è una cosa abituale ricevere come ospite un fantasma…
"Poi ha cominciato a parlare. Ha detto che era tornato per vedermi ancora una volta. E la sua voce era proprio la sua voce, non era cambiata; ha sempre gli stessi accenti, le stesse cadenze particolari, lo stesso timbro caldo!"
Ricordava anche il timbro della sua voce? La fitta di gelosia aumentava. E insieme ad essa aumentava l'assurdità. Dio, in quel momento avrei dato qualsiasi cosa per una sigaretta!
Cercate di immaginare il mio stato in quella situazione. Tenevo tra le braccia la ragazza che amavo e che amo ancora e non potevo baciarla o accarezzarla, perché mi stava raccontando il suo incontro con il fantasma del fidanzato morto! Credetemi, non avrei potuto essere più perso e confuso. E lei continuava a raccontare, senza rendersi conto che le lacrime avevano cominciato ad inondarmi le guance, formando piccole macchie scure sulla sua felpa troppo grande.
"Mi ha pregata di ringraziarti per quello che hai fatto in questi anni, per avermi consolata e sorretta e per tutte le notti insonni che hai trascorso. Inoltre… ha aggiunto che sei stato molto leale nei suoi confronti, resistendomi, nonostante ciò che provi. Non capisco. E' vero? Provi qualcosa per me?"
Piccola, ingenua Anna. Davvero pensava che tutti i miei abbracci e le mie parole dolci e le notti dedicate a lei, fossero puramente un segno di amicizia? Rimasi immobile a lungo prima di risponderle.
"Oh, tesoro, certo che no! Io ti voglio molto bene e ti considero la mia più cara amica, ma non potrei mai provare qualcosa di più per te!"
Fui meraviglioso. La mia recitazione riuscì alla grande. Eppure, per un attimo, mi balenò in testa l'idea che avrei potuto rimangiarmi ogni cosa. Avrei potuto dirle la verità, ammettere che la amavo ai limiti della follia e che lei era la persona più importante della mia intera vita. Ma a che scopo? Non avrei mai potuto competere con un fantasma.
Così rimasi zitto, aspettando la sua reazione, che non tardò ad arrivare. Emise un profondo sospiro di sollievo e dissi la frase che ebbe il potere di distruggere la mia vita: "Bene. Sono contenta. Perché ho deciso di seguirlo".
Non capii subito cosa intendeva. Avevo paura del significato di quelle parole e la mia mente decise di chiudersi per proteggermi dalla verità. Restammo abbracciati a lungo, mentre mi chiedevo cosa avrei dovuto fare. Mi sentivo strano. Mi sentivo perduto. Cominciai a piangere. Piangevo come un bambino, aggrappandomi alle sue fragili spalle, senza rendermi conto che avevo invertito i ruoli. Ora era lei a consolare me, ad accarezzarmi i capelli e cullarmi nel suo abbraccio.
"Non intendevo farti piangere. Non ne hai motivo. Io sono felice… da anni non sono più stata così sollevata! Ogni problema è svanito, perché ho trovato la soluzione definitiva. Cerca di essere felice per me, ti prego".
Credo fosse convinta di quello che diceva. Ma la sua richiesta era troppo assurda. Diamine, tutto era assurdo! Avrei dovuto darle una manata sulla faccia, urlarle i miei sentimenti, baciarla e fare l'amore con lei per farle ritrovare la gioia di vivere. Ma erano solo fantasie. Sapevo che non sarebbe servito.
"Anna… se tu morissi…"
"Io non morirò!" mi interruppe. "Io andrò da lui. finalmente lo riavrò". Con queste parole, realizzai che ormai la mia dolce Anna viveva su un altro pianeta. La presi per le spalle e la guardai fissa negli occhi, cercando di riportarla alla realtà.
"Anna, se tu morissi, io morirei con te."
"So che mi vuoi bene. Ma non hai bisogno di me. Io invece ho bisogno di lui."
Parole come frecce. Il mio cuore sanguinava.
"Io ho bisogno di te, Anna".
Lei sorrise. Fu un sorriso condiscendente, come il sorriso di una madre per il figlio. Poi mormorò: "Troverai un'altra che ti sveglierà alle due del mattino facendoti sentire importante". E allora glielo dissi. Non aveva più senso ormai, ma non potevo evitarlo. Volevo che restasse con me; credevo che il mio amore avrebbe vinto lo spettro del suo amore. Quindi confessai: "Ho bisogno di te… perché ti amo". La sua reazione mi stupì tanto da farmi male. Continuava a sorridere in quel modo tranquillo e comprensivo, ma notai dolore e rabbia nei suoi occhi. E quando parlò, sentii amarezza nella sua voce: "Diresti qualsiasi cosa per trattenermi, vero?"
Le sue parole mi sconvolsero nuovamente. Era troppo per me. Finalmente avevo trovato il coraggio di dirle ciò che provavo, dopo tanto tempo sentivo che avrei potuto confessarle tutto, mi ero sentito euforico e sicuro di me. Ma avevo scelto il momento sbagliato e ormai l'avevo persa. Non mi avrebbe mai creduto.
Interpretò il mio silenzio come un'ammissione di colpevolezza. Non sorrideva più. Il suo sguardo era sofferente e arrabbiato. I suoi occhi scuri lampeggiavano di collera.
"Ti credevo mio amico".
"Io sono tuo amico! È proprio perché sono tuo amico che non voglio farti commettere una follia!"
I suoi occhi si spalancarono.
"Follia? Credi che io sia pazza, vero? Pensi che il dolore mi abbia resa incapace di ragionare?" Un sorriso amaro fiorì sul suo volto. "Non sono più stata così lucida da molto tempo. Finalmente capisco cosa devo fare. Finalmente so con certezza qual è il mio destino".
Ora ero furioso anche io. La persona più importante della mia vita se ne stava seduta davanti a me, raccontandomi beatamente che voleva farla finita! E io non potevo dire o fare nulla per riportarla sulla via della ragione.
"Destino? Il tuo destino è il suicidio? Complimenti! Davvero! Vuoi che ti stringa la mano per farti i miei più sinceri auguri?"
"Non sei divertente".
"Non voglio essere divertente! Voglio solo…" il mio tono di voce si abbassò. "Voglio che resti con me".
Anna guardò fuori dalla finestra. Il suo viso era sereno e dolce come la prima volta che l'avevo vista. La sua bellezza nostalgica mi ferì, perché ora ero totalmente consapevole del fatto che non sarebbe mai stata mia. La vidi riflettere qualche minuto. Se avessi saputo cosa le stava passando per la testa in quegli istanti, avrei cercato di scuoterla.
Mi disse: "Penserò alle tue parole. Ti telefonerò", poi guardandomi nuovamente negli occhi: "Ti voglio bene".
"Anche io ti voglio bene, Anna".


Fu l'ultima volta che la vidi. Anna si uccise quella sera stessa. Sono passati dieci anni da allora. Ho una moglie paziente e un figlio meraviglioso. Ma non riesco a dimenticare Anna; la sua bellezza elegante e il suo dolce sorriso mi tormentano ogni notte. Durante il giorno, posso distrarmi e credere che lei non sia mai esistita. Ma quando sto per addormentarmi, il suo pallido viso riaffiora improvviso come un pugno.
L'ho anche sognata, sapete? E nei miei sogni la sua espressione è sempre serena, come quel giorno, mentre guardava fuori dalla finestra. Spesso credo che il suo suicidio sia simbolico. Si è gettata dalla finestra di casa sua. Le persone che l'hanno vista volare, hanno dichiarato che sembrava un angelo, con il vestito bianco che avrebbe dovuto indossare il giorno del suo matrimonio che le svolazzava attorno al corpo sinuoso e asciutto. È così che mi piace ricordarla. E voglio credere che adesso sia con il suo amore… anche se sarò sempre geloso di lei.
  
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