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Autore: MooNRiSinG    29/12/2011    5 recensioni
Questa fan fiction è il seguito di "Love Eventually".
L'estate è finita e Kurt e Blaine si preparano ad affrontare un nuovo anno alla McKinley: dovranno fare i conti con il segreto di Blaine e con i consueti drammi delle New Directions...
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Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Kurt si lasciò cadere sul divano e cominciò a sfogliare una copia dell’ultimo numero di Vogue. Finn e suo padre lo accolsero con un cenno del capo, senza nemmeno staccare gli occhi dallo schermo.
Fino a poco tempo prima la presenza di Kurt in salotto durante una partita li avrebbe sorpresi, ma negli ultimi tempi, soprattutto a causa del fatto che Blaine si fermava molto spesso ad assistere agli incontri assieme a Burt e a Finn, il ragazzo aveva preso l’abitudine di sedere accanto a loro, leggendo o armeggiando con il suo portatile e godendo dell’aria di sottile cameratismo che sembrava aleggiare nel soggiorno.
Il rumore della porta della cucina che sbatteva li fece sussultare e voltare di scatto: Carole se ne stava sulla soglia del soggiorno, completamente zuppa, fra le braccia una catasta di panni in condizioni non molto migliori delle sue.
Kurt si alzò immediatamente e la liberò del suo carico, affrettandosi a portare i vestiti gocciolanti nella lavanderia.
“Cosa diavolo è successo?” domandò Burt, la bocca ancora spalancata per la sorpresa.
“E’ successo che ho notato che il cielo si stava rannuvolando e ho pensato che sarebbe stata una buona idea ritirare il bucato steso in cortile.” Sibilò Carole, “Quello che non mi aspettavo è che nel giro di un minuto si sarebbe scatenato uno stramaledettissimo tifone e che mi sarei ritrovata bagnata fradicia in meno di trenta secondi!”
La donna accettò con uno sguardo di gratitudine il grande asciugamano che Kurt le stava porgendo e cominciò a tamponarsi i capelli, cercando di evitare di trasformare il pavimento in una sorta di pozza per le rane artigianale.
Kurt si avvicinò alla finestra con aria preoccupata e cominciò a tamburellare nervosamente con le dita sul vetro: “Chissà se Blaine è riuscito ad arrivare a casa…”
“Sono sicuro di sì,” lo rassicurò Burt con una pacca sulla spalla, “anche perché è partito più di due ore fa e a quest’ora ce l’avrebbe fatta ad arrivare perfino in triciclo… beh, in triciclo forse no. Sai, per via delle gambe corte.”
Finn si lasciò sfuggire un grugnito divertito e Carole rivolse al marito un’espressione scandalizzata: “Burt!”
“Ma è vero!” si difese lui, non riuscendo a trattenersi dal ridere, “Lo sai che il ragazzo mi piace, ma non si può certo dire che sia una stanga!”
Si voltò verso Kurt, aspettandosi di vederlo sputare fuoco dalla bocca, ma lui stava semplicemente continuando a fissare la tempesta che imperversava all’esterno.
Riconoscendo la sincera preoccupazione sul volto del figlio, Burt lasciò immediatamente perdere gli scherzi: “Perché non provi a chiamarlo? In questo modo riuscirai finalmente a tranquillizzarti e sarai in grado di concentrarti sulla notizia che io e Carole abbiamo intenzione di darvi a cena.”
“Sei incinta?” squittì eccitato Kurt, afferrando saldamente le mani di Carole.
Finn si lasciò sfuggire un verso di disgusto: “Cos… oh mio Dio, no, Kurt! Stai parlando di mia madre! Lei non le fa certe cose… vero, mamma, che non le fai..?”
Si voltò speranzoso verso la donna, che si limitò a tossicchiare diplomaticamente e a fissarsi le unghie.
“Grazie mille! Adesso sarò tormentato dagli incubi di voi due che fate quella… roba!” gemette disperato Finn, coprendosi la testa con uno dei cuscini del divano.
Kurt si voltò verso suo padre, che aveva raggiunto un’interessante gradazione di rosso vermiglio, e si affrettò a salvarlo dall’ennesimo infarto incombente: “Cominciate pure a sedervi: do un colpo di telefono a Blaine e vi raggiungo subito.”
Burt approfittò prontamente della scappatoia offertagli dal figlio e si tuffò in cucina con la prontezza di un diabetico che ha appena avvistato una fetta di meringata.
Kurt scosse la testa, ridacchiando fra sé e sé, e prese il suo cellulare. Dopo cinque squilli la sua chiamata fu dirottata alla segreteria telefonica e il sorriso si spense sul suo volto.
Si avviò in cucina mordicchiandosi le labbra, ripetendosi che non c’era assolutamente nulla di cui preoccuparsi.
Suo padre alzò lo sguardo dal piatto di arrosto, che stava evidentemente corteggiando in maniera molto sentita, e gli fece cenno di accomodarsi al tavolo: “Allora, hai sentito Blaine?”
Kurt scosse il capo con aria preoccupata: “No, non ha risposto, è partita la segreteria.”
Burt rimase per un attimo interdetto, poi si limitò ad alzare le spalle: “Beh, aveva detto che i suoi genitori avevano in programma una cena di famiglia stasera, no? Probabilmente si è dimenticato il cellulare in un’altra stanza e non riesce a sentire la suoneria.”
Il figlio annuì, tranquillizzandosi almeno in parte, e sorrise a Carole, che gli stava servendo una generosa porzione di verdure al forno.
“Allora, questa notizia?” biascicò Finn mentre masticava un boccone inumano di patate e carne.
“Ma che schifo!” esclamò Kurt con un gemito disgustato, “Finn, sei davvero un animale!”
Il ragazzo gli rispose con una smorfia e gli fece un gestaccio approfittando della protezione offerta dalla tovaglia.
Burt roteò gli occhi e decise di intervenire prima dello scatenarsi dell’ennesima lite fra i due. Si schiarì la voce per attirare la loro attenzione: “Qualche giorno fa ho ricevuto una telefonata alquanto preoccupante dal vostro insegnante del Glee Club, Mr, Shuester.”
Fece una pausa e Kurt e Finn si scambiarono una rapida occhiata, come a voler chiedere all’altro se avesse combinato qualcosa. Rassicurati dallo sguardo ricevuto in risposta, si voltarono di nuovo verso Burt con aria interrogativa.
L’uomo giunse le mani di fronte a sé e si accinse a spiegarsi meglio: “Mr. Shuester mi ha spiegato che Sue Sylvester ha intenzione di candidarsi per il consiglio come rappresentante per l’Ohio. Il punto di forza del suo programma è una lotta feroce contro l’insegnamento delle arti nelle scuole pubbliche.”
“Ma è vergognoso!” scattò subito Kurt, lasciando cadere la forchetta sul piatto.
Il padre annuì: “Sì, lo è. Ed è per questo che io e il vostro insegnante abbiamo deciso di provare a sabotare i suoi piani.”
“E come?” domandò incuriosito Finn, inclinando la testa.
“Lunedì scorso ho presentato la mia candidatura: concorrerò contro Sue nel corso delle prossime elezioni.” Annunciò finalmente Burt.
Entrambi i ragazzi si lasciarono sfuggire un gridolino eccitato (cosa che Kurt avrebbe probabilmente rinfacciato a Finn vita natural durante) e saltarono in piedi per abbracciare i genitori.
Proprio mentre stava rassicurando suo padre sul fatto che trovava la sua idea magnifica, Kurt sentì il suo cellulare squillare e vide il nome di Blaine lampeggiare sullo schermo.
Tirò un sospiro di sollievo e si spostò in salotto per rispondere alla chiamata: “Finalmente! Stavo cominciando a preoccuparmi, qua si è scatenata una tempesta con i fiocchi.”
Dall’altra parte della cornetta giunse un singhiozzo soffocato e lui si sentì gelare il sangue nelle vene: “Blaine? Blaine, cos’è successo?! Dove sei?”
Il resto della famiglia si affacciò preoccupato in salotto, ma Kurt non se ne accorse nemmeno.
Tutto quello che riusciva a sentire era il respiro rotto di Blaine, che sembrava incapace a rispondere alle sue domande, o anche solo di parlare.
“Blaine, devi spiegarmi cosa ti è successo.” Supplicò Kurt, cercando di mantenere un tono di voce pacato e rassicurante.
“Kurt…” singhiozzò il ragazzo.
“Sono qua.”
“Kurt, ti prego… vieni a prendermi.”
 
Burt vide il figlio chiudere la chiamata e voltarsi verso di lui con uno sguardo ansioso e avanzò istintivamente di un passo: “Che è successo?”
Kurt scosse il capo, inspirando profondamente per schiarirsi la mente: “Non lo so, Blaine non è riuscito a spiegarmelo. Tutto quello che so è che devo andare da lui.”
Burt annuì e si affrettò ad infilare il giubbotto: “Vengo con te, non è consigliabile uscire da soli con questo tempo. Inoltre se io guido, tu avrai più tempo per concentrarti su Blaine.”
Kurt annuì seccamente e lanciò al padre le chiavi del suo Navigator.
Il viaggio verso Westerville trascorse in un silenzio teso: erano entrambi troppo preoccupati per parlare e guidare sotto la pioggia battente assorbiva comunque tutta la concentrazione di Burt.
Alla fine, Blaine era riuscito a spiegare a Kurt dove si trovava. Quando il padre fermò la macchina di fronte all’entrata del piccolo parco, lui saltò giù senza nemmeno preoccuparsi di prendere un ombrello. Dopo pochi passi era già bagnato fino alle ossa.
Incurante del fango e della pioggia, Kurt si addentrò fra le altalene e gli scivoli, chiamando a gran voce il suo ragazzo.
Sentì un debole suono di risposta provenire da una struttura alla sua destra e si affrettò a correre in quella direzione, lasciandosi cadere a terra e strisciando con un’imprecazione all’interno di uno stretto tunnel colorato di rosso e giallo.
Blaine se ne stava rannicchiato contro la parete, le braccia strette attorno alle ginocchia. Non appena si accorse della presenza di Kurt, si gettò verso di lui, nascondendo il viso contro il suo petto e cominciando a singhiozzare disperatamente.
Kurt non aveva mai capito prima di allora il significato delle parole sentirsi spezzare il cuore. In quel momento, però, si sentì esattamente come se il cuore gli si fosse frantumato in migliaia di frammenti microscopici e tutto quello che riuscì a fare fu stringere a sé il suo ragazzo e cullarlo come se si fosse trattato di un bambino.
Gli posò un bacio sulla testa e gli sfiorò la guancia con la mano, ma Blaine si ritrasse di scatto con un sibilo.
Nella luce incerta dei lampioni, Kurt fu finalmente in grado di scorgere il suo viso e il respiro gli si mozzò in gola: un livido bluastro gli copriva la parte sinistra della faccia e il labbro superiore sembrava spaccato.
Per un attimo fu tentato di nascondere il volto fra le mani e piangere. Chi poteva aver fatto una cosa del genere a Blaine, al suo Blaine? Al suo dolce, gentile, coraggioso Blaine?
Si passò una mano fra i capelli, cercando di schiarirsi le idee: avrebbe avuto tempo più tardi per lasciarsi andare a una crisi isterica. Adesso doveva occuparsi del ragazzo di fronte a lui, che era tornato ad accasciarsi a terra, le ginocchia strette al petto.
“Blaine…” mormorò sommessamente, allungando con cautela una mano per toccarlo su una spalla, “Va tutto bene, sono qui. Non permetterò a nessuno di farti del male.”
L’altro alzò lo sguardo su di lui, gli occhi lucidi e sgranati dal terrore.
“Mio padre ci aspetta fuori in macchina all’entrata del parco per riportarci a casa, ma prima dobbiamo uscire da qui. Ce la fai a camminare?”
Blaine annuì, incerto, e dopo una breve esitazione prese la mano che Kurt gli stava tendendo.
Il ragazzo lo aiutò a uscire dal tunnel di cemento e ad alzarsi in piedi, poi lo guidò senza una parola verso l’auto. Aprì la portiera e si inerpicò con lui sul sedile posteriore, senza curarsi dello stato in cui il fango e la pioggia avrebbero ridotto la tappezzeria immacolata.
Burt si voltò verso di loro e si lasciò sfuggire un sibilo alla vista del viso di Blaine: “Cosa diavolo è successo?!”
Blaine si rannicchiò contro Kurt, che si affrettò a prenderlo fra le braccia e cominciò a sussurrargli parole senza senso all’orecchio per tranquillizzarlo.
Rivolse a suo padre uno sguardo eloquente. Non adesso. Per favore, andiamo.
Burt annuì e accese il motore. In silenzio imboccarono la strada che li avrebbe riportati a Lima.

 
   
 
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