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Autore: Funny_fun    29/12/2011    9 recensioni
La mia prima Destiel ç_ç
Siate clementi ve ne prego.. è una prova per vedere se posso lanciarmi anche in questo campo xD
Comunque la storia si ambienta prima della settima stagione. Castiel è divenuto il nuovo Dio, e Dean deve combattere contro il proprio dolore nell' aver perso il suo angelo..
Commentate, ne avrò bisogno ç_ç
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sesta stagione, Settima stagione
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Oh mio Dio, la mia prima Destiel!!!!
Allora.. si ambienta dopo la sesta stagione, prima della settima.. Cass è ormai divenuto il nuovo Dio, e Dean.. lui è rimasto solo, senza il suo angelo. *Possibile OOC*

Mi preparo per le verdure che mi lancerete addosso..
Che vergogna ç_ç
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Dannazione.

Pensavo che niente avrebbe potuto farmi piangere nel pieno della notte.
Pensavo che sarei stato abbastanza forte da sopportare il peso della vita e andare avanti.
Pensavo che, in un modo o nell'altro, avrei sempre trovato qualcosa per cui battermi, qualche dannata cosa per cui valeva la pena vivere, qualcosa che potessi amare e che potesse ricambiare con lo stesso doloroso bisogno.

Ogni notte quegli occhi.
Ogni notte quegli incubi, quelle parole, quei gelidi sguardi.
Quei dolorosi e ardenti ricordi. Ricordi che bruciano come fiamme nella testa.

Maledizione, pensavo che nel mondo ci fosse una persona solo per me, una persona capace di stringermi e di alleviare il dolore di questo vuoto che è diventata la mia anima.
Quella persona che sò non tornerà più. Quella persona che non avrò più il piacere di tenere dolcemente tra le mie braccia, o, semplicemente, seguirla con la coda dell' occhio in ogni movimento che esegue.
Pensavo che nei momenti peggiori, quella persona sarebbe stata con me e mi avrebbe sostenuto, in ogni caso, in ogni circostanza.
Pensavo che sarebbe stata ancora disposta a tendere una mano verso la mia, ad aiutarmi, a consolarmi. Ad essere quella perfetta creatura che avevo vicino nell' istante in cui Sam mi abbandonò, o nell' istante in cui mio fratello si gettò nelle profondità di una danantissima viscerale buca, sacrificandosi per la salvezza di questo imperfetto mondo.
Pensavo di meritare un amore al quale donare la mia vita..

Invece sono di nuovo qui, a piangere nella notte in questo freddo letto.
A implorare qualcuno di salvarmi, di far scoppiare quella bolla che mi tiene lontano da tutto e da tutti.
A chiedere aiuto alla notte che mi circonda, a chiederle di farmi compagnia per l'ennesima volta. Di essere la mia complice, la mia amica, la mia rivale.

Ad essere ancora una volta l'unico momento in cui posso abbandonare nell' aria le mie preghiere.
I miei insulzi supplizi.

- Dannazione, Cass. Perchè mi hai abbandonato? Perchè anche tu?

Io che piango.
Dannazione, stò diventando una femminuccia.

Solo ora mi rendo conto, senza sgomento, di essere andato alla deriva di un sogno irrealizzabile.
Mi accorgo di aver desiderato quegli occhi, come se fossero stati l' unica valida cosa nella mia vita.

Dopo aver perso le persone che amavo, dopo aver abbandonato Lisa, dopo aver capito cosa mio fratello fosse in realtà diventato.
Tu, Cass.. tu sei diventata l' unica certezza su cui addossare la ragione che mi spinge ad andare avanti in una situazione di merda del genere.

Ma oramai.. te ne sei andato.
Mi hai abbandonato anche tu.
Hai abbandonato me, l' unico essere in questo mondo che desiderava ardentemente la tua presenza.

Di notte le mie paure diventano reali, le mie incertezze mi inseguono fin dentro l'anima, la mia solitudine incombe su di me come una frana.
La tristezza riesce a rompere quella piccola porta che la tiene segregata durante il giorno e mi invade fin dentro le ossa, come un brivido di paura che ti scuote l'anima.
Di notte, le ombre mi accarezzano come la mano delle parche che accarezzano il filo della vita prima di tagliarlo, con calma e gentilezza.
come una fottuta promessa che sono venuti a riscuotere. Come la mano di una mamma che accarezza il bambino mentre questo piange dopo essere stato picchiato cercando di rassicurarlo.
Di notte sono finalmente me stesso: triste, insicuro, morto dentro.

Dannazione.

Ed è così, con il cuore colmo di collera, che mi alzo celere dalla fredda estremità del materasso, fermandomi dinnanzi alla finestra.
Rimanendo immobile, osservando le violente gocce della pioggia che sbattono sul vetro.

- Figlio di puttana, dove sei?

Trattengo a stento quel pianto, sperando che i singhiozzi incastrati in gola non mi tradiscano.

- Cass, torna da me.

Sono inerme, con le braccia lungo i fianchi, gli occhi pieni di dolore e le labbra screpolate.

Delle gocce di pioggia si riposano tristemente sul vetro della finestra, mentre le altre continuano la loro gara. Una dopo l'altra, vogliono toccare il suolo.
E' una sfida. Quelle che toccano il vetro, perdono. E io sono lì a consolarle.
Sono loro le lacrime di un cielo stanco, che cadono violentemente cercando di pulire un fottuto mondo, troppo vecchio per essere pulito.  

Il cielo piange perché il mondo è così bastardo. Il mondo lo fa soffrire.
Il cielo si sente troppo solo.
Il cielo è come me: abbandonato, disperato, in preda a un pianto sconforatante.
Quelle lacrime si fanno sempre più violente e interrompono l'assordante suono del silenzio.

- Dean, io non sono più Cass. Ora sono Dio.

Il suono di uno sbattito d' ali, un leggero vento che accarezza il volto, e quelle lenti, sicure e coerenti parole.

Allora alla fine sei arrivato davvero.
Allora queste stupide preghiere non sono state del tutto inutili.

Dannazione, Cass. Sò chi sei. Sò cosa sei diventato. Anche se cerco di nascondere la cosa, di rinnegarla, di far finta che non sia così.
Lo faccio per me. Perchè non sopporto il fatto di aver perso anche quella che ritenevo essere la mia unica ragione certa.
Quella ragione che mi spingeva a lottare, ad andare avanti.

Che stronzata.
Riesco addirittura ad avere compassione per me stesso.

I miei occhi restano immobili, fissi su quel cielo stanco.
Sento la tua presenza. I tuoi occhi puntati addosso. Il tuo tranquillo e pacato sguardo che mi scruta la schiena.
E nonostante tutto non riesco a voltarmi. Non riesco a far in modo che i nostri sguardi si incrocino.

- Perchè sei qui?

La mia domanda esce spontanea.

- Perchè tu mi hai chiamato.

- E allora? Che cosa ti avrebbe spinto a venire?

- Tu.

sento la tua mano accarezzarmi la spalla, come in segno di conforto. Scivola rapida verso il collo, lasciando una carezza sul mio viso.
Siano maledetti i tuoi sentimenti nascosti.

- Sei un figlio di puttana, lo sai?

Mi volto nella tua direzione, puntando finalmente i miei occhi con i tuoi.
Il tuo grande, freddo, pacato sguardo.
Uno sguardo in cui compare il mio riflesso.

E, ancora una volta, il mio corpo è fermo. Immobile.
In una detenzione dal quale vorrebbe fuggire.
In una situazione dal quale sarebbe meglio tirarsene fuori il prima possibile.

Tu mi hai abbandonato.
Tu che eri il mio angelo te ne sei andato, lasciandomi da solo.

- Sò cosa pensi, Dean.

- Cosa penso? Dimmelo.

I tuoi occhi si socchiudono celermente. Non parli.
Fai un solo, sicuro passo, scontrando le tue gambe con le mie.
Nessuna risposta.

- Che bastardo!

Senza riuscire a terminare nemmeno di pronunciare una sola parola, mi getto sul tuo corpo.
Afferrandoti le maniche di quel trench divenuto ormai il tuo segno particolare per eccellenza.
Stringendoti le tempie con i polpastrelli, e facendo scivolare rapidamente la mano lungo la tua schiena.

Ti spoglio da quel pesante impermeabile beige, e, ancora una volta, riavvicino i nostri visi, cosicchè i nostri occhi siano posti esattamente l' uno di fronte all' altro.
La mia mano destra fluttua pesante nell' aria, prima di cedere impetuosamente al di sopra della tua testa, spettinandoti.
Non ti muovi nemmeno di un istante.
Ti offri completamente ai miei intenti incestuosi.

Cazzo, quanto stò sbagliando.
E, cazzo, non me ne frega niente.

Ed ora, in un istantaneo incontro di respiri, strofino le mie labbra su una fredda e morbida superficie.
Faccio scivolare queste braccia lungo i tuoi fianchi, sfiorandoti la clavicola.
Dunque, dopo essermi leggermente distaccato, punto gli occhi ancora su quel tuo sicuro sguardo. Quello sguardo che si disperde nelle profondità della notte.
Noto quel modo impacciato che ti ha sempre contraddistinto scomparire dal tuo volto, noto il modo in cui ora anche tu prendi in mano la situazione.
Ti vedo accarezzarmi la guancia con fare sicuro e pacato.

Figlio di puttana, quanto sei strano.

Socchiudo gli occhi, avvicinandomi con la bocca semiaperta alla tua.
Ed è così, in uno sbattimento di palpebre, che lentamente ti rendo mio.
Con quel gesto, quel movimento, con le mani, con la lingua, tra le mie braccia.

Con un semplice ma intenso bacio.
Con quanto più di comune e naturale ci possa essere tra due amanti.

Strofinando la mia pelle contro la tua guancia, coperta da quel sottile strato di barbetta.
Leccandoti le labbra, mordendoti la lingua.

Cado con un lesto movimento sul letto, continuando a strusciare la mia testa lungo il tuo torace.
Celere ti abbassi alla mia postazione, gettandoti in mezzo alle mie gambe.
E restituendomi quel bacio offertoti prima.
Ancora una volta sento il tuo respiro sfiorarmi delicatamente il viso, e sento il tuo corpo che lentamente si scontra con il mio.

- Cos' è, un addio?

Sussurro lentamente, distaccandomi da quel perfetto attimo.

- Gli addi non esistono. E' solo il crudele nome con cui gli uomini indicano il periodo in cui non ci si vede più. Ma questo è un pensiero relativo.

- Mi sono mancati i tuoi stupidi ed insensati commenti, sai?

Stendendo un leggero sorrisino sulle labbra, ti alzi rapido da quella posizione, passandoti una mano tra i capelli.

- Devo andare, Dean.

Avrei desiderato non aver mai dovuto udire quelle parole. Avrei sperato di non dover mai ritrovarmi in questa situazione.

- Ci rivedremo?

- Probabilmente no, Dean. Probabilmente quanto è appena successo rimarrà un ombra nella tua mente.
  Chiamalo come vuoi.. e se lo ritieni corretto allora reputalo pure come un addio.

- Se io vorrei rivederti?

Ancora una volta mi offri il tuo ennesimo macabro sorriso. E abbassandoti lentamente con labbra semiaperte, mi rendi spettatore per l' ultima volta della tua calda voce.

- Forse dovresti provare a chiamarmi ancora.. nel cuore della notte.

A quelle lente e pronunciate parole, si sovrappone un innaturale vento alzatosi improvvisamente all' interno di quella squallida camera di motel.
Ancora una volta percepisco uno sbattimento d' ali. Ancora una volta sento lo stesso suono che aveva precedentemente segnato il tuo arrivo.
E, ancora una volta, sono rimasto solo.
A piangere all' interno di questa fredda e vuota stanza.

Sei arrivato, raggio di sole nella selva, e sei sparito subito dopo, tramonto fra le colline d'inverno.
Te ne sei andato, prima che tutto fosse compiuto, prima che fossi capace di accendere il fuoco per la notte.

Mi hai abbandonato di nuovo.
Mi hai lasciato a quella triste e impetuosa solitudine, dove non intravedo via di fuga.
Siamo solo io, la pioggia, queste quattro fottutissime mura, il gelo.. e tanti sovrastanti ricordi di attimi assopiti, perduti per sempre.

Torna presto, ti prego.
Torna, prima che questo freddo mi uccida.

Non riesco ad estirpare le mie fragili, stupide ali di carta. Quindi ripongo l' unica aspettativa alla pioggia, che le inzupperà e le sbriciolerà impietosa.
Perchè forse in me è nata una speranza, in cui tu mi salverai proprio nel momento che stò per cadere.
Quella speranza in cui tu comparirai e mi afferrerai da una spalla, strappandomi via da angoscie e sofferenze.

Ma questa non è una speranza su cui aggrapparsi.
Non è una speranza su cui posso riporre il mio destino.

Io sono ancora qui.
Pregando, piangendo, urlando ad un cielo infame e gonfio di desideri irrealizzabili.

- Io rivoglio il mio angelo.

Quell' angelo che avrebbe riempito la mia anima con il suo amore.
Quell'angelo che avrebbe apprezzato in ogni momento il mio vero essere senza volere nulla in cambio.
Quell’angelo che mi avrebbe salvato da una vita ormai priva di valore.

Il mio bastardo, innocente, incoerente, fessacchiotto, amatissimo.. angelo.
  
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